TAR Lazio (Roma) Sez. I ter n.9178 del 23 novembre 2011
Beni Ambientali. Individuazione aree naturali protette

In ragione di quanto previsto dalla legge 6 dicembre 1991 n. 394 e della legge regionale 6 ottobre 1997, n. 29, le riserve naturali – rientranti nella più ampia categoria delle aree naturali protette – sono costituite da “aree terrestri, fluviali, lacuali o marine che contengono una o più specie naturalisticamente rilevanti della flora e della fauna, ovvero presentino uno o più ecosistemi importanti per le diversità biologiche o per la conservazione delle risorse genetiche” (art. 2, comma 3, l. n. 394/1991), rispetto alle quali sussistono particolari esigenze di tutela, sotto il profilo non solo della conservazione dello stato dei luoghi ma anche del rapporto tra attività antropiche ed ambiente naturale. In altri termini, si tratta di zone che – in ragione delle peculiarità che le connotano – impongono integrazione tra politiche di conservazione e di sviluppo ma anche attenzione nel perseguimento del miglioramento del rapporto tra attività antropiche ed ambiente naturale (in primis, del rapporto tra la gestione degli spazi ed il mantenimento degli equilibri degli ecosistemi). L’attività di individuazione di dette aree richiede, dunque, particolare attenzione, rivestendo un ruolo di indiscussa importanza in ragione dell’inerenza alle finalità essenziali della tutela della natura la quale – tenuto, tra l’altro, conto della sua rilevanza costituzionale – ben può determinare il sacrificio di pur validi interessi privati.

N. 09178/2011 REG.PROV.COLL.

N. 11256/2006 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 11256 del 2006, proposto da:
Pellegrini Luigi, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giuseppe Lavitola e Maria Enrica Cavalli, con domicilio eletto presso lo studio dei difensori, situato in Roma, via Costabella n. 23;

contro

la Regione Lazio, in persona del Presidente p.t., rappresentata e difesa dall'avv. Elisa Caprio ed elettivamente domiciliata presso il difensore nella sede dell’Avvocatura regionale, situata in Roma, via Marcantonio Colonna, 27;
l’Ente Regionale per la Gestione del Sistema delle Aree Naturali Protette nel Comune di Roma, in persona del legale rappresentante p.t., n.c.;

per l'annullamento

in parte qua, della deliberazione del Consiglio Regionale del 12 luglio 2006, n. 27, pubblicata nel Supplemento Ordinario n. 1 al B.U.R.L. n. 25 del 9 settembre 2006, avente ad oggetto: “Approvazione del Piano della Riserva Naturale dell’Insugherata di cui all’art. 26 della legge regionale 6 ottobre 1997 n. 29 <Norme in materia di Aree Naturali Protette Regionali> e successive modifiche ed integrazioni”, nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Lazio;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 ottobre 2011 il Consigliere Antonella Mangia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

 

FATTO

Attraverso l’atto introduttivo del presente giudizio, notificato in data 14 novembre 2006 e depositato il successivo 5 dicembre 2006, il ricorrente impugna la deliberazione del Consiglio Regionale del 12 luglio 2006, n. 27, di “Approvazione del Piano della Riserva Naturale dell’Insugherata”, nella parte in cui ricomprende nel perimetro della Riserva, alla zona D, sottozona D6, un immobile di sua proprietà, contraddistinto al nuovo Catasto Urbano del Comune di Roma con gli identificativi foglio 205, p.lla 77, sub 506 e sub 507, su cui insiste una costruzione per un totale di mq. 106 con destinazione ad uso residenziale.

Ai fini dell’annullamento il ricorrente deduce i seguenti motivi di diritto:

I – ECCESSO DI POTERE PER CARENZA DEI PRESUPPOSTI E D’ISTRUTTORIA. ERRORE E CONFUSIONE. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 2, COMMA 3, L. 394/91 E DELL’ART. 5, COMMA 3, L.R. LAZIO N. 29/97. L’immobile di proprietà del ricorrente è in una posizione assolutamente marginale nell’ambito del perimetro definitivo della Riserva, “si trova a ridosso sia del cavalcavia che permette alla via Trionfale di scavalcare il G.R.A., che delle gallerie attualmente in costruzione nell’ambito del progetto di allargamento del G.R.A. stesso ed è, inoltre, confinante con un manufatto industriale che è stato escluso dal perimetro della Riserva”. Ciò detto, l’inclusione della Riserva appare inappropriata. Nel contempo, appare affetta da eccesso di potere sotto il profilo dell’errore e della confusione perché “nella planimetria della perimetrazione provvisoria” l’area risulta fuori dal perimetro stesso.

II – IN SUBORDINE ECCESSO DI POTERE PER TOTALE CARENZA DEI PRESUPPOSTI, ILLOGICITA’, CARENZA D’ISTRUTTORIA E DIFETTO DI MOTIVAZIONE. VIOLAZIONE DELL’ART. 42 COST., tenuto conto che l’immobile risulta ricompreso nella zona D6 ma non presenta affatto le caratteristiche all’uopo previste, ossia “non sussiste alcuna possibilità residua di utilizzazione dell’immobile in .. termini agricoli”. In definitiva, la destinazione a zona D6 dimostra che il Piano è stato redatto “a tavolino”, senza tenere in alcun conto la situazione reale dello stato dei luoghi. Etichettare, poi, con una destinazione agricola un immobile ormai urbano “significa in sostanza espropriare senza indennizzo”.

III – IN ULTERIORE SUBORDINE VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 145 D.LGS. N. 42/2004. VIOLAZIONE DELLO IUS UTENDI. In ogni caso, la disciplina della zona D6 non può essere letta nel senso di essere impeditiva degli interventi di manutenzione straordinaria e restauro conservativo perché, altrimenti, sarebbe illegittima per violazione dell’art. 145 in esame, il quale impone la conformazione del piano dell’area naturale protetta alle previsioni del piano paesaggistico.

Con atto depositato in data 29 settembre 2009 si è costituita la Regione Lazio, la quale – nel prosieguo e precisamente in data 1 dicembre 2010 ed in data 10 dicembre 2010 – ha prodotto documenti ed una memoria, i cui contenuti possono essere così sintetizzati: - l’area su cui insiste l’immobile sanato di parte ricorrente era già da tempo “sottoposta a vincolo paesaggistico”; - la stessa area era già inserita nel perimetro istitutivo della Riserva (L.R. 29/1997); - tale scelta è stata confermata perché sono state individuate aree margine di “filtro” tra le aree interne della Riserva e gli ambienti esterni dell’area naturale protetta più urbanizzati; - “il rilievo secondo cui l’area del ricorrente non ha caratteristiche di pregio perché inserita in zona ampiamente compromessa … comporta, contrariamente a quanto sostenuto, che eventualmente, proprio per tale motivo, è ulteriormente rafforzata l’esigenza di tutelare dette aree”; - la classificazione di una zona come agricola non presuppone necessariamente che il terreno ivi inserito sia effettivamente destinato ad un’attività agricola; - la tutela apprestata agli interessi ambientali e paesaggistici costituisce espressione di discrezionalità tecnica, non suscettibile di essere sindacata se non per manifesti profili di illogicità ed irrazionalità che, nel caso di specie, non sussistono né risultano sufficientemente evidenziati da parte ricorrente; - come risulta da relazione tecnica della Direzione Ambiente prodotta agli atti, all’interno della sottozona D6 (area del ricorrente) sono ammesse categorie di intervento edilizio, a prescindere dalla destinazione d’uso del fabbricato e, pertanto, le censure afferenti l’esercizio dello ius utendi risultano del tutto ingiustificate; - il piano delle aree naturali ha, poi, valore di piano urbanistico e sostituisce i piani territoriali o urbanistici di qualsiasi livello, ai sensi dell’art. 26 comma 6 l. r. 29/1997.

In data 3 dicembre 2010 il ricorrente ha prodotto documenti, tra cui una relazione tecnica.

Con memorie depositate in date 13 e 23 dicembre 2010 il ricorrente ha reiterato le censure formulate. Ha, altresì, sostenuto che sull’area non sussistono vincoli di natura paesaggistica né di natura archeologica nonché evidenziato che – in ragione delle precisazioni della Direzione Regionale Ambiente in ordine alle categorie di intervento edilizio ammesse “a prescindere dalla destinazione d’uso del fabbricato” – il terzo motivo di ricorso è da ritenersi superato.

Con ordinanza n. 2002 del 4 marzo 2011 la Sezione ha disposto incombenti istruttori a carico dell’Amministrazione resistente.

A tali incombenti l’Amministrazione ha provveduto, depositando in data 12 maggio 2011 una relazione tecnica esplicativa, in cui è ribadita la giustezza della scelta effettuata in ragione dell’individuazione di aree di margine quali zone filtro tra le aree interne della Riserva e gli ambienti esterni.

In data 27 luglio 2011 la Regione Lazio ha depositato una memoria, in cui ha riaffermato l’ampia discrezionalità che connota le scelte del tipo di quella in contestazione nonchè la logicità e la razionalità dell’inclusione nel perimetro della Riserva dell’area del ricorrente.

Con memoria depositata in data 28 luglio 2011 il ricorrente ha insistito sulla fondatezza delle censure formulate, affermando – tra l’altro - che le “aree di margine”, invocate dalla Regione, “sono del tutto sconosciute alla normativa”.

In data 15 settembre 2011 e in data 21 settembre 2011 le parti in causa hanno prodotto ulteriori scritti difensivi, a supporto delle proprie posizioni.

All’udienza pubblica del 13 ottobre 2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Il ricorso è fondato e, pertanto, va accolto.

2. Come esposto nella narrativa che precede, il ricorrente lamenta l’illegittimità della deliberazione del Consiglio Regionale n. 27 del 12 luglio 2006, di approvazione del “Piano della Riserva Naturale dell’Insugherata”, nella parte in cui ha inserito nel perimetro della Riserva – in particolare, in zona D, sottozona D6 - anche un’area di sua proprietà, posta “in una posizione assolutamente marginale”.

Ai fini dell’annullamento, denuncia, tra l’altro, violazione di legge (in particolare, art. 2, comma 3, della legge 394/1991 e art. 5, comma 3, della legge regionale n. 29/97) ed eccesso di potere sotto svariati profili, sostenendo che la scelta operata dall’Amministrazione “appare assolutamente inappropriata”, atteso che “l’immobile di proprietà non presentava assolutamente quelle caratteristiche intrinseche necessarie per essere ricompreso nell’ambito di una riserva naturale”

La censura in esame è meritevole di condivisione.

3. In ragione di quanto previsto dalla legge 6 dicembre 1991 n. 394 e della legge regionale 6 ottobre 1997, n. 29, le riserve naturali – rientranti nella più ampia categoria delle aree naturali protette – sono costituite da “aree terrestri, fluviali, lacuali o marine che contengono una o più specie naturalisticamente rilevanti della flora e della fauna, ovvero presentino uno o più ecosistemi importanti per le diversità biologiche o per la conservazione delle risorse genetiche” (art. 2, comma 3, l. n. 394/1991), rispetto alle quali sussistono particolari esigenze di tutela, sotto il profilo non solo della conservazione dello stato dei luoghi ma anche del rapporto tra attività antropiche ed ambiente naturale.

In altri termini, si tratta di zone che – in ragione delle peculiarità che le connotano – impongono integrazione tra politiche di conservazione e di sviluppo ma anche attenzione nel perseguimento del miglioramento del rapporto tra attività antropiche ed ambiente naturale (in primis, del rapporto tra la gestione degli spazi ed il mantenimento degli equilibri degli ecosistemi).

L’attività di individuazione di dette aree richiede, dunque, particolare attenzione, rivestendo un ruolo di indiscussa importanza in ragione dell’inerenza alle finalità essenziali della tutela della natura (cfr., tra le altre, Corte Cost., sent. 12 ottobre 2011, n. 263), la quale – tenuto, tra l’altro, conto della sua rilevanza costituzionale – ben può determinare il sacrificio di pur validi interessi privati.

In ogni caso, si tratta di un’attività che - oltre a dover seguire determinate procedure, nel rispetto, tra l’altro, della massima partecipazione dei soggetti interessati - implica scelte discrezionali inerenti il merito amministrativo e, precisamente, scelte che – pur non potendo trascendere da ragioni di carattere oggettivo (cfr., tra le altre, TAR Lazio, Roma, Sez. II, 24 maggio 2011, n. 4620) – comunque presuppongono la valutazione della preminenza dell’interesse pubblico su quello privato, ritenendo il bene pubblico dell’ambiente paesaggistico, naturalistico ed archeologico prevalente rispetto ad altri termini.

Ciò detto, è evidente che l’esercizio di detta attività non è sindacabile se non entro ben precisi limiti, da individuare essenzialmente nel rispetto degli usuali canoni di ragionevolezza e logicità.

Procedendo alla valutazione del piano in contestazione, il Collegio ritiene che il vizio afferente propriamente la “scelta” – definita “inappropriata” - sussista.

Come già accennato, l’immobile di proprietà del ricorrente è stato inserito nel perimetro della riserva naturale dell’Insugherata, già istituita nel Comune di Roma con l’art. 44, comma 1, della legge regionale 6 ottobre 1997, n. 29.

Al riguardo, non si ravvisano valide e pertinenti ragioni giustificatrici.

In particolare, va rilevato che:

- il ricorrente ha comprovato che si tratta di un’area ubicata in “una posizione assolutamente marginale nell’ambito del detto perimetro” e, comunque, tale circostanza non è oggetto di contestazione;

- nel contempo, il ricorrente ha comprovato che si tratta di un’area su cui insistono costruzioni, ossia di un’area definibile “antropizzata”;

- a fronte di tali rilievi, la documentazione agli atti si rivela inidonea a dimostrare che l’area de qua è specificamente connotata nei termini definibili di “rilevanza” ai sensi della legge 6 dicembre 1991, n. 394. In altre parole, non consente di ravvisare circostanze utili per qualificare tale area come interessata da specie naturalisticamente rilevanti della flora o della fauna, ovvero necessaria per la tutela di diversità biologiche o per la conservazione delle risorse genetiche;

- anche a seguito del sollecito di cui all’ordinanza di questo Tribunale n. 2002/2011, l’Amministrazione si è limitata a richiamare il concetto di “aree di margine quali zone filtro tra le aree interne della Riserva Naturale che presentino caratteristiche di rilevanza paesistica e ambientale e gli ambienti esterni dell’area naturale protetta urbanizzati” e, dunque, si è astenuta dal dare conto dell’effettiva sussistenza di quegli elementi oggettivi che – secondo criteri di ragionevolezza e logicità – si rivelano idonei a giustificare scelte di tal genere;

- del resto, non può essere sottaciuto che il concetto di cui sopra non figura nell’ordinamento e, comunque, è noto che le aree filtro sono – solitamente – identificate con le c.d. “aree contigue” di cui all’art. 32 della legge 6 dicembre 1991, n. 394, ossia con aree esterne al perimetro della riserva naturale, ritenute utili per “assicurare la conservazione dei valori delle aree protette”.

Posto, pertanto, che:

- secondo il dettato della normativa che regolamenta la materia, la perimetrazione di una riserva naturale con l’inclusione di determinare aree non può che trovare giustificazione nelle peculiarità delle aree stesse, le quali devono rivelarsi intrinsecamente ed immediatamente “rilevanti” sotto i profili della tutela e della gestione dei valori desumibili dall’art. 2 di cui sopra;

- nel caso di specie, la giustificazione de qua non è ravvisabile e/o comunque non risultano addotti dall’Amministrazione elementi idonei a darne conto;

si perviene alla conclusione che l’inserimento della propriètà del ricorrente nel perimetro della riserva naturale dell’Insugherata si rivela “incongruo” e, dunque, non correttamente disposto.

4. Tanto è sufficiente per l’accoglimento del ricorso, con assorbimento delle ulteriori censure formulate.

Tenuto conto delle peculiarità della vicenda, si ravvisano giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese di lite tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso 11256/2006, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato nei limiti dell’interesse del ricorrente e, precisamente, nella parte in cui include l’area di proprietà di quest’ultimo nel perimetro della Riserva Naturale dell’Insugherata.

Compensa le spese di giudizio tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nelle camere di consiglio dei giorni 13 e 27 ottobre 2011 con l'intervento dei Magistrati:

Linda Sandulli, Presidente

Pietro Morabito, Consigliere

Antonella Mangia, Consigliere, Estensore





L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE










DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 23/11/2011