T.A.R. Campania (NA) Sez. VI sent. 3674 del 16 Aprile 2007
Beni Ambientali. Annullamento di autorizzazione paesaggistica in relazione ad intervento “di recupero, avente essenzialmente il contenuto del restauro e risanamento conservativo”

REPUBBLICA    ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
   

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania - Sezione Sesta

ha pronunciato la seguente
   
   
   

SENTENZA

sul ricorso n.9441 del 2004 proposto da

FERRIGNO ROSALBA e BUONO FRANCESCA, rappresentate e difese dall’avv.Giancarlo Di Meglio, con il quale sono domiciliate presso la Segreteria del TAR,

CONTRO

MINISTERO DEI BENI E DELLE ATTIVITA’ CULTURALI, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato presso i cui Uffici è legalmente domiciliato in Napoli alla via A. Diaz n.11,

COMUNE DI LACCO AMENO, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio,

per l’annullamento

previa sospensiva della nota 19.4.2004, prot. n.5040 della Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio di Napoli e Provincia, a firma del Responsabile del procedimento, arch. Paolo Mascilli Migliorini, relativa al decreto sindacale n.2 del 16.2.20204 del Comune di Lacco Ameno di autorizzazione paesaggistica in sanatoria per un intervento di ristrutturazione di un vecchio edificio con riduzione della volumetria preesistente, con la quale, nell’ambito del procedimento attivato per accertamento di conformità ex art. 13 della L.47/85 (ora art.36 del D.P.R. 6.6.001, n.380) è stata richiesta, ad integrazione della documentazione inviata, attestazione del Comune che l’abuso in questione non ricade entro le aree di addensamento dell’edilizia abusiva, come dall’articolo 19 del vigente PTP, e dichiarato l’interruzione del termine perentorio stabilito per l’esercizio della potestà di annullamento dall’art. 151 del D.Lgs.29.10.1990, n.490.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione resistente;

Vista la propria Ordinanza 13.9.2004, n.4518,

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore, alla udienza del 7 marzo 2007, il Cons. Maria Abbruzzese;

Uditi i difensori presenti come da verbale di udienza;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

F A T T O

Le ricorrenti impugnano gli atti meglio indicati in epigrafe recanti annullamento di autorizzazione paesaggistica già rilasciata dal Comune di Lacco Ameno in relazione ad intervento “di recupero, avente essenzialmente il contenuto del restauro e risanamento conservativo” (cfr. pag.2 del ricorso), di un vecchio edificio sito in Lacco Ameno alla via Pannella n.114, oggetto di degrado accentuato dagli eventi sismici del 1980 e già inserito in un Piano di Recupero adottato dal Comune; per effetto di interventi eseguiti senza titolo abilitativi, l’autorizzazione paesaggistica, su conforme parere della Commissione Edilizia Integrata, è stata rilasciata in sanatoria nel contesto di un procedimento di accertamento di conformità sollecitato dalle ricorrenti, tenuto conto che l’art. 9 delle Norme di attuazione del vigente P.T.P. consente comunque gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, di restauro e di risanamento conservativo e di ristrutturazione edilizia, senza incremento delle volumetrie esistenti, interventi tra i quali certamente ricade quello in questione; senonchè con l’atto impugnato la Soprintendenza, cui l’autorizzazione era stata inoltrata per gli eventuali provvedimenti di competenza, ha ritenuto di richiedere attestazione del Comune che l’abuso non ricade entro le aree di addensamento dell’edilizia abusiva, come dall’art. 19 del PTP, ed ha dichiarato la interruzione del termine perentorio stabilito per l’esercizio della potestà di annullamento dall’art. 151 del D.Lgs. 29.10.1999, n.490.

Il ricorso deduce: Eccesso di potere per travisamento. Violazione del giusto procedimento. Omessa ponderazione della situazione contemplata. Sviamento. Difetto dei presupposti. Illogicità. Violazione egli articoli 9, 19 Norme di attuazione PTP. Difetto di motivazione: la richiesta di integrazione documentale è intesa solo ad allungare i termini per l’esercizio dell’eventuale potestà di annullamento in maniera arbitraria ed ingiustificata, attesa la assoluta irrilevanza della documentazione richiesta; infatti, l’art. 19 del P.T.P. cui si fa riferimento riguarda solo i pareri previsti dall’art. 32 della L.47/85, resi in riferimento alle pratiche di condono edilizio ancora inevase, e non è applicabile al diverso procedimento di autorizzazione paesaggistica in sanatoria nel contesto di un accertamento di conformità; l’intervento eseguito è del tutto compatibile con le disposizioni del PTP che espressamente consente tale tipologia di intervento in tutte le zone dello stesso PTP, anche in deroga alle prescrizioni dettate per ciascuna di esse; sotto altro profilo, la Soprintendenza ha chiesto l’integrazione documentale in relazione ad atti ed elementi ulteriori rispetto a quelli posti a base della autorizzazione comunale; la richiesta è stata inviata solo in data 27.4.2004, coevamente all’inoltro alla Soprintendenza del sollecito delle ricorrenti al rilascio del titolo in sanatoria, circostanza che vieppiù dimostra la natura meramente dilatoria dell’atto; il procedimento è anche viziato da difetto di motivazione in quanto l’Amministrazione non ha compiutamente esplicitato le ragioni poste a base dello stesso; invero, una richiesta documentale e di integrazione da parte dell’autorità statale è giustificata solo se motivata con riferimento alla necessità istruttoria che si intende soddisfare ed ai presupposti di fatto dai quali trae origine, risultando, in mancanza, violato il principio di leale collaborazione.

Concludeva per l’accoglimento del ricorso e dell’istanza cautelare.

Si costituiva l’Amministrazione statale con atto di stile.

Con Ordinanza 13.9.2004, n.4518 l’adito TAR respingeva la proposta istanza cautelare.

All’esito della pubblica udienza del 7 marzo 2007, il Collegio riservava la decisione in camera di consiglio.

DIRITTO

Il ricorso contesta l’atto con il quale la Soprintendenza per i Beni Architettonici di Napoli, in relazione ad un’autorizzazione paesaggistica in sanatoria già rilasciata dal Comune di Lacco Ameno in relazione ad intervento di ristrutturazione edilizia eseguito alla via Pannella su un vecchio edificio, ha richiesto un’integrazione documentale ed esattamente attestazione del Comune di Lacco Ameno che l’abuso non ricade entro le aree di addensamento dell’edilizia abusiva; tanto richiamando l’art.19 del PTP vigente nel Comune di Lacco Ameno.

Con evidenza ed esplicitamente la nota soprintendentizia ha l’effetto di sospendere l’efficacia dell’autorizzazione paesaggistica in sanatoria rilasciata dal Comune di Lacco Ameno e per il suo carattere soprassessorio sospensivo del provvedimento autorizzatorio è lesiva dell’interesse legittimo delle ricorrente a veder concluso il procedimento di sanatoria.

Tanto premesso, giova ricordare che nell’attuale sistema normativo sussiste concorrenza di poteri (non eguali o almeno non equivalenti) dello Stato e delle Regioni in materia di protezione delle bellezze naturali, regolata dal principio di leale collaborazione; al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica da parte della Regione o dell’autorità subdelegata, fa riscontro, nel procedimento seguito nel caso di specie e tuttora vigente nel sistema provvisorio disegnato dal D.Lvo 42/2004, un potere di annullamento del Ministero dei Beni e delle attività culturali dell’autorizzazione per soli motivi di legittimità (TAR Campania, sez.VI, n.4720/2005).

Pertanto, il rilascio dell’autorizzazione regionale o dell’ente locale delegato è il presupposto dell’esercizio doveroso del successivo potere statale, posto a garanzia estrema del vincolo paesaggistico; detto potere di annullamento è da considerarsi espressione di un’ulteriore fase necessaria e non autonoma del procedimento di autorizzazione che non si risolve in un mero potere di controllo di legittimità sugli atti autorizzativi quanto piuttosto in una potestà di cogestione dell’interesse paesistico, tutelato dallo Stato attraverso il procedimento di “riesame” delle autorizzazioni paesaggistiche, con il quale si incide sul momento costitutivo degli effetti delle autorizzazioni e sulla conseguente modificabilità delle aree sottoposte a salvaguardia (cf. Cons. di Stato, Ad. Pl. n.9/2001; sez.VI, n.685/2001).

Nell’ambito del procedimento, l’attività istruttoria pertiene primariamente all’autorità titolare del potere di rilasciare l’atto ampliativo, laddove l’autorità chiamata ad esercitare il controllo, proprio in applicazione del medesimo principio di “leale collaborazione”, opportunamente bilanciato con quello di effettività, che si concreta nella possibilità di “utile esercizio” della funzione attribuita, può svolgere ulteriore attività istruttoria, solo ove questa sia astrattamente ma strettamente necessaria, nel senso che la documentazione trasmessa a corredo dell’autorizzazione paesaggistica, per la sua incompletezza o inconferenza, non consenta l’esercizio della funzione (TAR Campania, sez.VI, n.4720/2005).

E la valutazione di “incompletezza o inconferenza” va svolta evidentemente ex ante ed è come tale sindacabile anche in via giurisdizionale, con la conseguenza che una richiesta istruttoria inidonea ad integrare il concetto di “necessaria istruttoria”, che giustifica anche la interruzione del termine perentorio per l’esercizio della facoltà eventuale di annullamento di sessanta giorni, non dispiega alcuna efficacia né sospensiva né interruttiva sul detto termine (cfr. Cons. di Stato, sez.VI, n.1740/2003).

Nel caso di specie, il Collegio osserva che la nota impugnata si appalesa illegittima laddove, sul presupposto dell’incompletezza o insufficienza della documentazione trasmessa dall’Amministrazione comunale, richiede la trasmissione dell’attestazione di non ricadenza dell’immobile de quo entro le aree di addensamento dell’edilizia abusiva, come dall’art. 19 del vigente PTP.

Il presupposto della richiesta integrazione è evidentemente la incidenza dell’eventuale insistenza dell’immobile nelle dette aree sull’autorizzabilità o meno dell’intervento.

L’art. 19 del PTP, titolato “piano di dettaglio delle opere abusive”, testualmente recita: “Il presente piano territoriale paesistico è stato redatto valutando ai fini della tutela paesaggistica lo stato di fatto del territorio in presenza di tutte le costruzioni esistenti riportate nelle ortofotocarte sulle quali è stata disegnata la zonizzazione, parte integrante del piano stesso. Nelle aree, anche vaste, dove si addensano le opere abusivamente eseguite, il parere di cui all’art. 32 della L.47/85 verrà reso in confronto alle prescrizioni contenute in un piano di dettaglio da redigersi entro il termine di dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente piano a cura del Ministero per i BB.CC.A. e con il supporto degli Uffici tecnici di Comuni interessati. Detto piano è finalizzato ad una valutazione specifica della compatibilità delle opere abusivamente realizzate con il grado di compromissione ambientale della relativa area”.

Orbene, come perspicuamente deduce la difesa ricorrente, l’articolato in esame riguarda unicamente il procedimento relativo alla sanatoria edilizia “straordinaria” (condono ex art. 32 L. n.47/85) e non già il diverso caso, nel quale si verte nella specie, di sanatoria a regime, ex art. 13 L. n.47/85 (ora art.36 D.P.R. 380/2001), che riguarda, com’è noto, immobili solo formalmente abusivi, giacché non muniti di previo titolo abilitativo, ma sostanzialmente regolari perché conformi alla normativa urbanistico-edilizia vigente sia al momento della realizzazione degli immobili che dell’esame della domanda di sanatoria.

E dunque il piano di dettaglio previsto dal detto art. 19 e le prescrizioni in esso contenute non affatto incidono sulle autorizzazioni paesaggistiche rilasciabili ex post ma al di fuori dell’ambito procedimentale del condono edilizio e non sono in detti procedimenti opponibili.

Sotto altro profilo, proprio la ratio espressa del citato art. 19 esclude la sua rilevanza nel caso di specie.

Il Piano di dettaglio delle opere abusive si giustifica invero, per espresso riferimento normativo, sul presupposto della redazione del piano paesistico sulla base dello stato di fatto del territorio in presenza di tutte le costruzioni esistenti riportate nelle ortofotocarte; il piano di dettaglio delle opere abusive riguarda dunque appunto le opere abusive, al fine di pervenire “ad una valutazione specifica della compatibilità delle opere abusivamente realizzate con il grado di compromissione ambientale della relativa area”, e non già le opere di ristrutturazione o risanamento di immobili preesistenti, regolarmente censiti e regolari, come non è contestato essere quello per il quale si controverte.

Da questo punto di vista, non è superfluo considerare che, secondo l’art. 9 delle Norme di Attuazione del PTP, per tutte le zone comprese nel piano, sono espressamente ammessi, anche in deroga alle norme e prescrizioni delle singole zona, “interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, di restauro e di risanamento conservativo, interventi di ristrutturazione edilizia…senza alcun incremento delle volumetrie esistenti”.

Le opere in questione, così come descritte nella relazione tecnica in atti per ing. Benito Trani, rientrano certamente tra quelle ammissibili anche a termini del PTP, costituendo con evidenza interventi non aventi natura innovativa dell’esistente ma migliorativa e conservativa dello stesso (consolidamento con parziale sostituzione della muratura perimetrale originaria, sostituzione delle strutture orizzontali, rifacimento intonaco impianti, infissi pavimenti, rivestimenti, ecc.) con riguardo ad un fabbricato risultante da cartografia risalente al 1968 e dunque estraneo alla diversa problematica dell’addensamento edilizio abusivo.

L’iniziativa della Soprintendenza di ampliare l’istruttoria ad elementi non pertinenti si rivela dunque non giustificata.

 Il ricorso va pertanto accolto con conseguente annullamento degli atti impugnati.

Sussistono giusti motivi di equità, in ragione della peculiarità della questione, per compensare le spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania - Sezione VI, definitivamente pronunciando sul ricorso di cui in epigrafe, lo accoglie e per l’effetto annulla l’atto impugnato.

Compensa le spese del presente giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli, nella camera di consiglio del 7 marzo 2007, con l’intervento dei Magistrati:

Filippo         GIAMPORTONE                -     Presidente

Maria            ABBRUZZESE                  -     Componente est.

Ida                 RAIOLA                             -    Componente