Consiglio di Stato Sez. IV n. 1044 del 1 febbraio 2024
Beni ambientali.Rapporto tra la tutela paesaggistica del bosco e vincolo idrogeologico

L’autorizzazione alla trasformazione di boschi insistenti su terreni vincolati per scopi idrogeologici costituisce un elemento dello schema normativo attraverso cui il R.D. 30 dicembre 1923, n. 3267 articola la funzione conservativa e protettiva dei boschi, intesi nella loro naturale funzione di strumenti di difesa geologica e idrica del territorio, dispiegantesi attraverso la forza immobilizzatrice delle radici del complesso boscato e con l’azione regimante delle acque esercitata dal cotico erboso; perciò, ai fini della predetta autorizzazione, rileva la valutazione dell'interesse pubblico della difesa del suolo dal punto di vista idrico e geologico, per le conseguenze negative di danno o anche di pericolo che la trasformazione stessa può comportare per i suoli interessati. In tale ottica, i presupposti per il rilascio del nulla osta idrogeologico sono indicati dalla specifica disciplina e possono riguardare anche interventi irrilevanti paesaggisticamente ma incidenti sulla stabilità dei terreni. Pertanto, la tutela derivante dal vincolo idrogeologico si estende anche agli interventi edificatori interessanti terreni non boschivi, purché compresi nell’area vincolata per cui la trasformazione dei terreni, cui fa riferimento l'art. 7 del R.D. 616 maggio 1926, n. 1126, e i lavori di trasformazione, previsti dal successivo art. 21, consentono alla p.a. di adottare non già mere prescrizioni operative, bensì misure restrittive ed anche impeditive di ogni tipo di intervento che, per le sue caratteristiche e per i mezzi impiegati, incidano sul territorio in modo non dissimile dalle utilizzazioni per scopi agricoli

Pubblicato il 01/02/2024

N. 01044/2024REG.PROV.COLL.

N. 02568/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2568 del 2023, proposto dalla società Torre Castiglione Camping s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Pier Luigi Portaluri e Giorgio Portaluri, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

la Regione Puglia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Carmela Patrizia Capobianco, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
il Ministero della cultura, il Ministero dell’interno, il Ministero dell’agricoltura e della sovranità alimentare e delle foreste, il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica, l’Autorità di bacino distrettuale dell’Appenino meridionale, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi 12;
il Comune di Porto Cesareo, non costituitosi in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, Sezione staccata di Lecce (Sezione seconda) n. 01394/2022, resa tra le parti;

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Puglia, del Ministero della cultura, del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica, del Ministero dell’interno, del Ministero dell’agricoltura e della sovranità alimentare, dell’Autorità di bacino distrettuale dell’Appenino meridionale;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 7 dicembre 2023 il consigliere Silvia Martino;

Viste le conclusioni delle parti come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con il ricorso di primo grado la società odierna appellante, titolare di una struttura turistico-ricettiva denominata “Campeggio Torre Castiglione” sita in Torre Lapillo (Porto Cesareo), domandava l’annullamento del provvedimento con cui la Regione Puglia aveva espresso parere idrogeologico sfavorevole al progetto presentato dalla stessa società per l’ampliamento della predetta struttura nonché, nei limiti del proprio interesse, dell’atto, con cui la Giunta della Regione Puglia aveva approvato il Piano paesaggistico territoriale regionale (c.d. P.P.T.R.).

1.1. Il ricorso era affidato ad un unico complesso motivo (esteso da pag. 13 a pag. 26).

2. Il T.a.r., nella resistenza della Regione Puglia, ha:

- estromesso dal giudizio il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare;

- respinto l’eccezione di inammissibilità del ricorso per carenza di interesse ex art. 100 c.p.c., sollevata dalla difesa regionale;

- accolto l’eccezione di irricevibilità dell’impugnazione del Piano paesaggistico territoriale regionale (P.P.T.R.);

- respinto, per il resto, il ricorso e condannato la ricorrente alla rifusione delle spese di lite.

3. L’appello della società è affidato ai seguenti motivi:

I. Violazione ed erronea applicazione del r.d.l. n. 3267/’23 nonché del r.d. n. 1126/’26. Violazione ed erronea applicazione del regol. reg. n. 9/’15. Violazione ed erronea applicazione del d.lgs. n. 227/’01. Violazione ed erronea applicazione dell’art. 142, d.lgs. n. 42/’04. Violazione ed erronea applicazione degli artt. 40 ss. c.p.a. Eccesso di potere (travisamento dei fatti, difetto d’istruttoria, difetto di motivazione). Error in iudicando. Omessa pronuncia.

Il T.a.r. ha ritenuto tardiva solo l’impugnazione del P.P.T.R. della Regione Puglia e dei relativi atti presupposti, ossia degli atti precedenti all’approvazione del piano regionale; non si sarebbe invece pronunciato in merito alla delibera comunale di adeguamento del P.U.G. allo stesso P.P.T.R. parimenti gravata.

L’appellante ribadisce che, a suo dire, la Regione si sarebbe basata esclusivamente sulla circostanza che sull’area d’intervento il P.P.T.R. individui un bosco.

Ed è per questa ragione che la società afferma di avere impugnato sia la pianificazione paesaggistica regionale che la pianificazione urbanistica comunale.

La lesività delle previsioni di tali piani deriverebbe dalla scelta della Regione di fondare le proprie determinazioni sulle cartografie del P.P.T.R. le quali sono ex se irrilevanti per l’espressione di un parere idrogeologico.

L’impugnativa sarebbe quindi tempestiva perché il suo dies a quo decorrerebbe non già dalla pubblicazione del P.P.T.R. sul B.U.R.P. ma dalla formazione per silentium del parere idrogeologico.

II. Violazione ed erronea applicazione del r.d.l. n. 3267/’23 nonché del r.d. n. 1126/’26. Violazione ed erronea applicazione del regol. reg. n. 9/’15. Violazione ed erronea applicazione del d.lgs. n. 227/’01. Violazione ed erronea applicazione dell’art. 142, d.lgs. n. 42/’04. Eccesso di potere (travisamento dei fatti, difetto d’istruttoria, difetto di motivazione). Eccesso di potere giurisdizionale. Error in iudicando. Omessa pronuncia.

Sarebbe altresì evidente il difetto istruttorio e motivazionale del parere in quanto non sarebbe stata svolta una concreta e compiuta verifica dell’incidenza delle opere sul vincolo.

In particolare la Regione non avrebbe analizzato:

- quale sia la reale natura della vegetazione presente sull’area;

- quali siano le reali opere oggetto dell’intervento e dove ricadano;

- quali siano le ricadute concrete ed effettive sulla vegetazione realmente esistente;

- infine, se l’intervento sia tale da compromettere la vegetazione e gli interessi tutelati dal vincolo idrogeologico.

La società sostiene altresì che, in violazione dell’art. 66 c.p.a., l’ordinanza istruttoria del T.a.r. avrebbe affidato al verificatore non l’accertamento di uno specifico elemento di fatto, ma la complessiva attività istruttoria, valutativa e motivazionale che non sarebbe stata compiuta dalla Regione.

Anche il verificatore ha peraltro riconosciuto che, per tipologia e distribuzione, la vegetazione presente nella particella n. 929 non è ascrivibile alla categoria “bosco” ai sensi della vigente normativa (art. 3, comma 3, d.lgs. n. 34 del 2018).

Quanto al profilo dell’unitarietà dell’intervento, valorizzato dal T.a.r, l’appellante ritiene che il primo giudice non abbia correttamente inteso la dichiarazione resa a verbale dalla società nell’udienza di merito.

La società non ha infatti interesse solo alla realizzazione integrale del progetto ma anche ad un intervento disgiunto sulle particelle in esame.

Il T.a.r avrebbe quindi dovuto accogliere quantomeno la domanda subordinata articolata con riferimento alle porzioni dell’intervento per le quali lo stesso verificatore ha escluso la presenza del bosco e, conseguentemente, l’esistenza di interferenze tra le opere e il vincolo idrogeologico.

Secondo il consulente di parte, inoltre, l’effetto di compattazione del suolo, di rottura e di trauma delle radici degli alberi derivante dalle opere previste in progetto nella particella 270, non sarebbe ipotizzabile perché la presenza dei fruitori del camping sul soprassuolo rimarrebbe limitata a un periodo molto breve, vale a dire ai soli mesi di luglio e agosto.

Eventuali traumi a carico della parte ipogea sarebbero pertanto facilmente superati e compensati con lo sviluppo degli apparati radicali nel corso dei restanti dieci mesi dell’anno.

All’interno della particella 270 non sarebbero quindi configurabili nemmeno fenomeni di ruscellamento superficiale.

4. Si è costituita, per resistere, la Regione Puglia.

5. La Regione ha depositato una memoria conclusionale.

6. La società appellante ha depositato una memoria di replica.

7. L’appello, infine, è stato trattenuto per la decisione alla pubblica udienza del 7 dicembre 2023.

8. Si può prescindere dall’esame delle eccezioni sollevate dalla Regione in quanto l’appello è infondato nel merito e deve essere respinto.

Al riguardo, si osserva quanto segue.

9. Il Collegio rileva, in primo luogo, che non è contestata l’effettiva insistenza nell’area in questione del vincolo idrogeologico, secondo quanto previsto dall’articolo 1 del R.D.L. 30 dicembre 1923, n. 3267.

Tale vincolo riguarda direttamente e specificamente i terreni e non già i boschi in quanto tali e ha come finalità la prevenzione di smottamenti e movimenti franosi in genere (Cons. Stato, sez. V, 10 settembre 2009, n. 5424).

Secondo la disposizione testé richiamata, infatti, “Sono sottoposti a vincolo per scopi idrogeologici i terreni di qualsiasi natura e destinazione che, per effetto di forme di utilizzazione contrastanti con le norme di cui agli artt. 7, 8 e 9 possono con danno pubblico subire denudazioni, perdere la stabilità o turbare il regime delle acque”.

Come ricordato dal primo giudice, il vincolo idrogeologico è un vincolo conformativo che limita l’uso di “terreni di qualsiasi natura e destinazione che, per effetto di determinate forme d’utilizzazione, possono con danno pubblico subire denudazioni, perdere stabilità o turbare il regime delle acque” (art. 2, comma 1 del Regolamento regionale pugliese 11 marzo 2015, n. 9 - “Norme per i terreni sottoposti a vincolo idrogeologico”) ed il relativo parere “è rilasciato ove non sia compromessa la stabilità del sito in rapporto ai lavori e alle opere da realizzare” (cfr. art. 26, ultimo comma, Reg. Reg. cit.).

10. Distinto da quello in esame è il quadro normativo in materia di tutela paesaggistica di boschi e foreste.

Come noto, i “territori coperti da foreste e da boschi, ancorché percorsi o danneggiati dal fuoco, e quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento” sono stati sottoposti a vincolo paesaggistico con l’art. 1, primo comma, lettera g), del decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312 (Disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale), convertito, con modificazioni, nella legge 8 agosto 1985, n. 431 (c.d. legge Galasso).

Il vincolo stesso - poi trasfuso nell’art. 146, comma 1, lettera g), del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, a norma dell'articolo 1 della legge 8 ottobre 1997, n. 352), che ha abrogato e sostituito la legge Galasso - è ora contenuto all’art. 142, comma 1, lettera g), del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137), secondo cui “Sono comunque di interesse paesaggistico e sono sottoposti alle disposizioni di questo Titolo: [...] i territori coperti da foreste e da boschi, ancorché percorsi o danneggiati dal fuoco, e quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento, come definiti dall'articolo 2, commi 2 e 6, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227”, recante «Orientamento e modernizzazione del settore forestale, a norma dell'articolo 7 della legge 5 marzo 2001, n. 57».

La definizione di bosco originariamente contenuta nel citato art. 2 del d.lgs. n. 227 del 2001 è confluita ora nell’art. 3 del decreto legislativo 3 aprile 2018, n. 34 (Testo unico in materia di foreste e filiere forestali), il quale equipara i termini “bosco, foresta e selva” (comma 1) e distingue a seconda che la definizione stessa riguardi materie di competenza esclusiva dello Stato (comma 3) o delle Regioni (comma 4).

In relazione alle prime, sono definite bosco “le superfici coperte da vegetazione forestale arborea, associata o meno a quella arbustiva, di origine naturale o artificiale in qualsiasi stadio di sviluppo ed evoluzione, con estensione non inferiore ai 2.000 metri quadri, larghezza media non inferiore a 20 metri e con copertura arborea forestale maggiore del 20 per cento” (comma 3).

Mentre per le seconde è facoltà delle Regioni adottare, “per quanto di loro competenza e in relazione alle proprie esigenze e caratteristiche territoriali, ecologiche e socio-economiche, [...] una definizione integrativa di bosco rispetto a quella dettata al comma 3, nonché definizioni integrative di aree assimilate a bosco e di aree escluse dalla definizione di bosco di cui, rispettivamente, agli articoli 4 e 5, purché non venga diminuito il livello di tutela e conservazione così assicurato alle foreste come presidio fondamentale della qualità della vita”(comma 4).

10.1. Nella Regione Puglia, in epoca successiva agli atti impugnati è intervenuta la l.r. n. 1 del 21 marzo 2023, la quale ha provveduto al “riordino e all'aggiornamento della normativa regionale in materia di foreste e filiere forestali, in coerenza con quanto disposto dal decreto legislativo 3 aprile 2018, n. 34”.

In precedenza, la definizione di bosco era contenuta nell’art. 58 delle NTA del P.P.T.R., il quale richiama quella contenuta nell’art. 2, commi 2 e 6 del cit. d.lgs. n. 227 del 2001.

In particolare, l’articolo 2, comma 6 di tale decreto specifica che “Nelle more dell'emanazione delle norme regionali di cui al comma 2 e ove non diversamente già definito dalle regioni stesse si considerano bosco i terreni coperti da vegetazione forestale arborea associata o meno a quella arbustiva di origine naturale o artificiale, in qualsiasi stadio di sviluppo, i castagneti, le sugherete e la macchia mediterranea, ed esclusi i giardini pubblici e privati, le alberature stradali, i castagneti da frutto in attualità di coltura e gli impianti di frutticoltura e d'arboricoltura da legno di cui al comma 5 [...]. Le suddette formazioni vegetali e i terreni su cui essi sorgono devono avere estensione non inferiore a 2.000 metri quadrati e larghezza media non inferiore a 20 metri e copertura non inferiore al 20 per cento, con misurazione effettuata dalla base esterna dei fusti. [...]”

10.2. Alla luce del quadro normativo di riferimento, è agevole osservare che il vincolo boschivo, in quanto rilevante ex lege, prescinde dal suo effettivo recepimento negli atti di pianificazione generale ovvero dalla sua rappresentazione cartografica nella pianificazione paesaggistica, che al riguardo non interviene con effetti costituitivi limitandosi ad operare una mera ricognizione circa l’effettiva esistenza del bene tutelato in base alle sue qualità intrinseche (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 9 febbraio 2022, n.935).

10.3. Nel caso in esame, l’esistenza di un “bosco”, così come definito dalle norme in precedenza richiamate, non risulta dirimente poiché gli atti impugnati attengono specificamente al vincolo idrogeologico, rispetto al quale la disciplina di riferimento richiede la verifica, in concreto, dell’equilibrio geologico e idraulico esistente, al fine di evitare che eventuali iniziative dei privati nelle zone vincolate siano suscettibili di arrecare nocumento alla conservazione dell’ambiente.

10.4. Da quanto precede deriva che le censure svolte in primo grado (e riproposte in appello) avverso il P.P.T.R. della Regione Puglia, nonché avverso il P.U.G. comunale, sono non solo irricevibili (come rilevato dal T.a.r.) ma anche inammissibili per carenza di interesse in quanto:

- il vincolo di cui si verte non ha natura paesaggistica;

- le cartografie del P.P.T.R. (e, a maggior ragione, quelle dei piani urbanistici comunali) hanno non già natura costitutiva bensì meramente ricognitiva del vincolo boschivo.

10.5. Infondato è poi l’ulteriore profilo del primo motivo di appello secondo cui la Regione avrebbe espresso il proprio parere non già sulla base dell’analisi concreta dei luoghi bensì della mera rilevazione che le cartografie del P.P.T.R. segnalano, sulle particelle interessate dall’intervento, l’esistenza di un bosco.

Il provvedimento impugnato non si fonda infatti, sic et simpliciter, su tale circostanza ma è sorretto da una complessa motivazione relativa alla funzione di salvaguardia svolta dalle essenze arboree presenti in rapporto alle caratteristiche idro-geomorfologiche dell’area.

10.5.1. Nello specifico, la Regione ha ritenuto che “le struttura proposte abbiano effetti negativi sulle funzioni riconosciute ai boschi; in particolare la numerosità delle piazzole camping con i relative posti auto, insieme alla altre opere pur indicate come mobili, anche se solo per il periodo estivo, hanno un effetto di compattamento del terreno, di trauma e rottura delle radici più piccole degli alberi – che sono le più attive nell’assorbimento – con conseguente minore vitalità degli stessi e nel tempo, prematuro invecchiamento e morte; inoltre il continuo calpestio e gli inevitabili sfalci non consentono l’affermazione della vegetazione del sottobosco, che insieme alla componente arborea migliora la qualità idrologica dei suoli (funzione di microlaminazione diffusa), che sostanzialmente aumenta la capacità di invaso (di immagazzinamento idrico) delle aree coperta da bosco: nonché migliora l’ancoraggio e la stabilizzazione dello strato del terreno maggiormente interessato da instabilità superficiali; aumenta la protezione dall’azione erosiva delle piogge battenti e dai deflussi superficiali per mezzo della copertura del sottobosco.

Il contenimento e l’eliminazione del sottobosco inoltre non permette al bosco la naturale evoluzione in relazione alle vicende climatiche ed edafiche del sito, destinando lo stesso a rarefarsi fino a scomparire, una volta che lo strato arboreo ha terminato il suo ciclo; tra l’altro la presenza massiccia e diffusa di persona snatura totalmente il bosco rendendolo una semplice alberata, ed invece è bosco perché è costituito non solo dagli alberi ma dall’insieme (ecologico) dei soggetti della cenosi di cui fanno anche parte specie erbacee, arbustive, arborescenti, insetti e vari componenti del regno animale, che evidentemente non possono traslocare durante i periodi estivi per poi riaffacciarsi nel resto dell’anno”.

L’Amministrazione ha quindi concluso che “la proposta progettuale allo stato costituisca una vera e propria trasformazione boschiva e determini un peggioramento idrologico dell’area”.

10.5.2. Circa il rapporto tra la tutela paesaggistica del bosco e il vincolo idrogeologico, questo Consiglio ha da tempo sottolineato che l’autorizzazione alla trasformazione di boschi insistenti su terreni vincolati per scopi idrogeologici costituisce un elemento dello schema normativo attraverso cui il R.D. 30 dicembre 1923, n. 3267 “articola la funzione conservativa e protettiva dei boschi, intesi nella loro naturale funzione di strumenti di difesa geologica e idrica del territorio, dispiegantesi attraverso la forza immobilizzatrice delle radici del complesso boscato e con l’azione regimante delle acque esercitata dal cotico erboso; perciò, ai fini della predetta autorizzazione, rileva la valutazione dell'interesse pubblico della difesa del suolo dal punto di vista idrico e geologico, per le conseguenze negative di danno o anche di pericolo che la trasformazione stessa può comportare per i suoli interessati” (Cons. Stato Sez. VI, 20 dicembre 1989, n. 1).

In tale ottica “I presupposti per il rilascio del nulla osta idrogeologico sono indicati dalla specifica disciplina e possono riguardare anche interventi irrilevanti paesaggisticamente ma incidenti sulla stabilità dei terreni” (Cons. Stato, sez. II, 19 febbraio 2020, n. 1262).

Pertanto, la tutela derivante dal vincolo idrogeologico si estende anche agli interventi edificatori interessanti terreni non boschivi, purché compresi nell’area vincolata “per cui la trasformazione dei terreni, cui fa riferimento l'art. 7 del R.D. 616 maggio 1926, n. 1126, e i lavori di trasformazione, previsti dal successivo art. 21, consentono alla p.a. di adottare non già mere prescrizioni operative, bensì misure restrittive ed anche impeditive di ogni tipo di intervento che, per le sue caratteristiche e per i mezzi impiegati, incidano sul territorio in modo non dissimile dalle utilizzazioni per scopi agricoli” (Cons. Stato, sez. V, 28 gennaio 1997, n. 89).

10.6. Nella fattispecie in esame, il T.a.r. ha fatto eseguire una verificazione intesa ad “accertare, previa ricognizione dei luoghi ed in contraddittorio tra le parti, le caratteristiche idro-geomorfologiche delle aree oggetto del prefato parere regionale (caratterizzate dal vigente P.P.T.R. a bosco), avuto particolare riguardo al rapporto tra le opere progettate dalla ricorrente e la vegetazione che caratterizza quel bosco”.

10.7. La verificazione ha confermato la valutazione della Regione circa gli effetti negativi delle strutture proposte in termini di compattazione del suolo.

10.7.1. Nello specifico, è emerso che gli interventi di ampliamento previsti sono “riconducibili sostanzialmente alle particelle n. 929 (per la gran parte della sua estensione) e n. 270 del foglio n. 14 del Comune di Porto Cesareo [...]. Con riferimento alla particella n. 929, classificata nel Piano Paesaggistico Territoriale Regionale (PPTR) della Regione Puglia come “bosco” per oltre la metà della sua superficie e come “area di rispetto dei boschi” per la restante parte, […] la tipologia di vegetazione presente, così come la sua distribuzione, […] NON rendono possibile nei fatti la classificazione di tale particella come bosco ai sensi della definizione di cui alla normativa vigente in materia, vale a dire l’art. 3 c. 3 del D. Lgs. n. 34/2018 - Testo Unico in materia di Foreste e filiere forestali (TUFF). Relativamente alla particella n. 270, identificata nel PPTR come area a bosco, si ritiene corretta tale classificazione dello strumento urbanistico regionale in quanto rispondente alla definizione di bosco di cui alla normativa sopra specificata”.

La predetta area “è occupata da pineta di Pino d’Aleppo di origine artificiale, dell’età di circa 30 anni; al riguardo si ritiene necessario sottolineare come TUTTE le pinete salentine siano di origine artificiale e di struttura non dissimile a quella oggetto di verifica; in effetti in quasi tutte le opere di rimboschimento effettuate nello scorso secolo è stata utilizzata la stessa specie (il Pino d’Aleppo) presente sulla particella oggetto di verifica, che quindi non si discosta da tutte le altre aree boschive a pineta”.

In tal senso è “proprio la specie utilizzata, nonché la sua piantumazione a pieno campo a rendere quel soprassuolo un ‘bosco’ e non un giardino”.

Il verificatore ha anche sottolineato che è “l’azione antropica, contrastante la naturale evoluzione ecologica verso ecosistemi forestali più evoluti a determinare il mancato sviluppo di un ecosistema forestale più evoluto, non la cattiva qualità delle condizioni ecologiche stazionali”.

In questa prospettiva, egli ha ritenuto corrette “le osservazioni della Regione Puglia Dipartimento Agricoltura, Sviluppo rurale e ambientale — Servizio Territoriale Le-Br, in merito alle conseguenze dell’intervento proposto sul suolo forestale, sia in termini di danneggiamento dell’apparato radicale superficiale, oltretutto in presenza di suolo piuttosto superficiale come nel caso di specie (All. n. 4 - Foto n. 9), sia per l’effetto di compattazione, che può essere definito come la compressione delle particelle del suolo in un volume minore a seguito della riduzione degli spazi esistenti tra le particelle stesse. Tale compattazione di norma si accompagna a cambiamenti significativi nelle proprietà strutturali e nel comportamento del suolo, nonché del suo regime termico e idrico, nell’equilibrio e nelle caratteristiche delle fasi liquide e gassose che lo compongono, ed i suoi effetti consistono sinteticamente in: 1) Riduzione della porosità; 2) Aumento della resistenza alla penetrazione; 3) Riduzione della capacità di infiltrazione dell’acqua e dell’aria; 4) Riduzione della crescita delle radici; 5) Asfissia radicale. I fenomeni predetti comportano un aumento del runoff superficiale (fenomeno di ruscellamento) e di conseguenza il potenziale innesco di fenomeni erosivi, per quanto la pendenza limitata non lasci presuppone possibili manifestazioni di rilevante entità”.

10.8. Inoltre, se è vero che il verificatore non ha riscontrato l’esistenza di un bosco (ai sensi della definizione recata dal d.lgs. n. 34 del 2018) sulla particella n. 929, va comunque sottolineato che, relativamente ad essa, egli non ha esplicitamente disconosciuto la rilevanza della vegetazione presente sul piano idrogeologico.

A ciò si aggiunga che il progetto presentato dalla società appellante interessa anche la particella 270 in cui, come rilevato dal T.a.r. “è prevista la realizzazione di opere coessenziali ed inscindibili nella complessiva ottica progettuale (in particolare, nella particella n. 270 è prevista la realizzazione della gran parte delle piazzole di sosta per campeggiatori: cfr. allegato n. 8, depositato da parte ricorrente il 14.11.2018, ma si veda anche la planimetria di progetto di cui all’allegato n. 1, depositato della Regione in data 30.11.2021)”.

10.10. Né può ravvisarsi una illegittimità nel fatto che non sia stato espresso un parere “parzialmente” favorevole, non spettando certo all’Amministrazione il compito di rielaborare il progetto presentato (cfr. Cons. Stato sez. IV, 3 gennaio 2018, n.32).

10.11. Per il resto, l’appellante si diffonde sulla contrapposizione tra la valutazione dei propri tecnici e quella della Regione, in particolare per quanto riguarda gli effetti dell’uso estivo dell’area e le conseguenze per la stabilità del terreno e lo sviluppo delle radici derivanti dall’iniziativa in progetto.

10.12. Al riguardo, giova ricordare che le scelte tecnico-valutative, specie ove discendenti dall’applicazione di cognizioni tecnico-scientifiche proprie di settori caratterizzati da ampi margini di opinabilità, sono sindacabili in sede giudiziale esclusivamente sotto i profili della logicità, coerenza e completezza della valutazione, eventualmente anche sotto l’aspetto della correttezza del criterio tecnico e del procedimento applicativo prescelto, fermo restando il limite della relatività delle valutazioni scientifiche.

In sede di giurisdizione di legittimità può essere pertanto censurata la sola valutazione che si ponga al di fuori dell’ambito di opinabilità, poiché diversamente il sindacato giudiziale diverrebbe sostitutivo di quello dell’Amministrazione attraverso la sovrapposizione di una valutazione alternativa, parimenti opinabile (cfr., ex multis, Cons. Stato, Sez. V, 30 novembre 2018, n. 6819).

10.13. Nel caso in esame:

- non è stato dedotto un travisamento dei presupposti di fatto, quanto che lo stato di fatto non corrisponderebbe al paradigma normativo relativo alla tutela del bosco, con particolare riferimento alla particella 270;

- al riguardo, va tuttavia rimarcato che alcun rilievo, nel senso preteso della ricorrente, possono avere l’origine “artificiale” del bosco ovvero il “sesto di impianto”, atteso che le varie definizioni normative succedutesi nel tempo, prendono esplicitamente ed esclusivamente in considerazione le “superfici coperte da vegetazione forestale arborea associata o meno a quella arbustiva, di origine naturale o artificiale in qualsiasi stadio di sviluppo ed evoluzione, con estensione non inferiore ai 2.000 metri quadri.”; in sostanza, ai fini dell’identificazione del bosco, la legislazione statale include anche la vegetazione arborea di origine artificiale, mentre non attribuisce alcun rilievo al “sesto di impianto”;

- non è stata dimostrata l’inattendibilità, sul piano tecnico – scientifico, della valutazione della Regione circa il fatto che l’ingresso delle specie tipiche del sottobosco avvenga più lentamente a causa della ripetuta azione dell’uomo che va a contrastare la naturale evoluzione del sistema forestale;

- al contrario, l’affermazione del consulente di parte secondo cui eventuali traumi a carico della parte ipogea della vegetazione arborea verrebbero compensati con lo sviluppo degli apparati radicali nel corso dei restanti dieci mesi dell’anno, non è supportata da alcuno studio scientifico; d’altro canto, anche sul piano logico, non è chiaro come la vegetazione possa riprendersi e svilupparsi se viene periodicamente compromessa o eliminata dall’azione antropica.

10.14. In definitiva, va condivisa la valutazione del T.a.r. secondo cui, “in relazione all’area di proprietà della società ricorrente ricompresa nella particella catastale n. 270, vi è effettivamente un bosco” e “le opere ivi previste contrastano con la funzione idrogeologica ad esso riconosciuta, ciò che rende legittimo il presupposto da cui ha preso le mosse il diniego qui contestato”.

11. Per quanto sopra argomentato, l’appello deve essere respinto.

12. Le spese del grado seguono la soccombenza nei rapporti con la Regione, mentre devono essere compensate rispetto alle Amministrazioni difese dall’Avvocatura dello Stato (che in appello non ha svolto difese).

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, n. 2568 del 2023, lo respinge.

Condanna l’appellante alla rifusione delle spese del grado in favore della Regione Puglia, che liquida complessivamente in euro 5.000,00 (cinquemila/00), oltre agli accessori di legge, se dovuti.

Compensa le spese nei confronti delle Amministrazioni difese dall’Avvocatura dello Stato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 dicembre 2023 con l'intervento dei magistrati:

Vincenzo Neri, Presidente

Silvia Martino, Consigliere, Estensore

Giuseppe Rotondo, Consigliere

Luigi Furno, Consigliere

Ofelia Fratamico, Consigliere