Corte di giustizia (Seconda Sezione) 29 giugno 2023
«Inadempimento di uno Stato – Ambiente – Direttiva 92/43/CEE – Conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche – Zone speciali di conservazione – Regione biogeografica atlantica – Articolo 4, paragrafo 4, e articolo 6, paragrafo 1 – Mancata designazione di zone speciali di conservazione e mancata fissazione degli obiettivi di conservazione – Assenza o insufficienza di misure di conservazione»

SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)

29 giugno 2023 (*)

Indice

I. Contesto normativo

II. Procedimento precontenzioso e procedimento dinanzi alla Corte

III. Sul ricorso

A. Sulla prima censura relativa alla mancata designazione delle zone speciali di conservazione

1. Argomenti delle parti

2. Giudizio della Corte

B. Sulla seconda censura relativa alla mancata fissazione degli obiettivi di conservazione

1. Argomenti delle parti

2. Giudizio della Corte

C. Sulla terza censura relativa ad una violazione dell’obbligo di stabilire le misure di conservazione necessarie

1. Argomenti delle parti

a) Siti che, secondo la Commissione, non sono oggetto di alcuna misura di conservazione o che sono oggetto di misure di conservazione parziali

b) Siti che, secondo la Commissione, sono oggetto di misure di conservazione non basate sugli obiettivi di conservazione

c) Prassi costante e sistematica consistente nello stabilire misure di conservazione che non sono sufficientemente precise e che non consentono di far fronte a tutte le pressioni e minacce significative

2. Giudizio della Corte

a) Osservazioni preliminari

b) Siti che non sono oggetto di alcuna misura di conservazione o che sono oggetto di misure di conservazione incomplete

c) Siti che sono oggetto di misure di conservazione non basate sugli obiettivi di conservazione

d) Prassi costante e sistematica consistente nello stabilire misure di conservazione che non sono sufficientemente precise e che non consentono di far fronte a tutte le pressioni e minacce significative

Sulle spese

«Inadempimento di uno Stato – Ambiente – Direttiva 92/43/CEE – Conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche – Zone speciali di conservazione – Regione biogeografica atlantica – Articolo 4, paragrafo 4, e articolo 6, paragrafo 1 – Mancata designazione di zone speciali di conservazione e mancata fissazione degli obiettivi di conservazione – Assenza o insufficienza di misure di conservazione»

Nella causa C‑444/21,

avente ad oggetto il ricorso per inadempimento, ai sensi dell’articolo 258 TFUE, proposto il 16 luglio 2021,

Commissione europea, rappresentata da C. Hermes e M. Noll-Ehlers , in qualità di agenti,

ricorrente,

contro

Irlanda, rappresentata da M. Browne, M. A. Joyce M. Lane e J. Quaney, in qualità di agenti, assistiti da E. Barrington, SC, A. Carroll, BL, e M. Gray, SC,

convenuta,

sostenuta da:

Repubblica federale di Germania, rappresentata da J. Möller e A. Hoesch, in qualità di agenti,

interveniente,

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta da A. Prechal, presidente di sezione, M.L. Arastey Sahún (relatrice), F. Biltgen, N. Wahl e J. Passer, giudici,

avvocato generale: T. Ćapeta

cancelliere: C. Strömholm, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 9 novembre 2022,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 9 febbraio 2023,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con il suo ricorso, la Commissione europea chiede che la Corte voglia dichiarare che:

–        non avendo designato come zone speciali di conservazione, il più rapidamente possibile e entro un termine massimo di sei anni, 217 dei 423 siti di importanza comunitaria della regione biogeografica atlantica inseriti nell’elenco fissato dalla decisione 2004/813/CE della Commissione, del 7 dicembre 2004, che stabilisce, ai sensi della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, l’elenco di siti di importanza comunitaria per la regione biogeografica atlantica (GU 2004, L 387, pag. 1), aggiornato dalla decisione    2008/23/CE della Commissione, del 12 novembre 2007, che stabilisce, ai sensi della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, un primo elenco aggiornato di siti di importanza comunitaria per la regione biogeografica atlantica (GU 2008, L 12, pag. 1), e dalla decisione 2009/96/CE della Commissione, del 12 dicembre 2008, che adotta, ai sensi della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, un secondo elenco aggiornato di siti di importanza comunitaria per la regione biogeografica atlantica (GU 2009, L 43, pag. 466) (in prosieguo: i «siti di importanza comunitaria di cui trattasi»);

–        non avendo definito obiettivi dettagliati di conservazione specifici per ciascun sito in relazione a 140 dei 423 siti di importanza comunitaria di cui trattasi, e

–        non avendo adottato le misure di conservazione necessarie e conformi alle esigenze ecologiche dei tipi di habitat naturali di cui all’allegato I e delle specie di cui all’allegato II della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (GU 1992, L 206, pag. 7), come modificata dalla direttiva 2013/17/UE del Consiglio, del 13 maggio 2013 (GU 2013, L 158, pag. 193) (in prosieguo: la «direttiva “habitat”»), presenti nei 423 siti di importanza comunitaria di cui trattasi,

l’Irlanda è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 4, paragrafo 4, e dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva «habitat».

I.      Contesto normativo

2        Il terzo e l’ottavo considerando della direttiva «habitat» così recitano:

«considerando che la presente direttiva, il cui scopo principale è promuovere il mantenimento della biodiversità, tenendo conto al tempo stesso delle esigenze economiche, sociali, culturali e regionali, contribuisce all’obiettivo generale di uno sviluppo durevole; che il mantenimento di detta biodiversità può in taluni casi richiedere il mantenimento e la promozione di attività umane;

(...)

considerando che, in ciascuna zona designata, occorre attuare le misure necessarie in relazione agli obiettivi di conservazione previsti».

3        L’articolo 1, lettera l), di tale direttiva dispone quanto segue:

«Ai fini della presente direttiva si intende per

(...)

l)      Zona speciale di conservazione: un sito di importanza comunitaria designato dagli Stati membri mediante un atto regolamentare, amministrativo e/o contrattuale in cui sono applicate le misure di conservazione necessarie al mantenimento o al ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, degli habitat naturali e/o delle popolazioni delle specie per cui il sito è designato».

4        Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, della direttiva in parola:

«Le misure adottate a norma della presente direttiva sono intese ad assicurare il mantenimento o il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, degli habitat naturali e delle specie di fauna e flora selvatiche di interesse comunitario».

5        L’articolo 3, paragrafi 1 e 2, della stessa direttiva prevede quanto segue:

«1.      È costituita una rete ecologica europea coerente di zone speciali di conservazione, denominata Natura 2000. Questa rete, formata dai siti in cui si trovano tipi di habitat naturali elencati nell’allegato I e habitat delle specie di cui all’allegato II, deve garantire il mantenimento ovvero, all’occorrenza, il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, dei tipi di habitat naturali e degli habitat delle specie interessati nella loro area di ripartizione naturale.

La rete «Natura 2000» comprende anche le zone di protezione speciale classificate dagli Stati membri a norma della direttiva 79/409/CEE.

2.      Ogni Stato membro contribuisce alla costituzione di Natura 2000 in funzione della rappresentazione sul proprio territorio dei tipi di habitat naturali e degli habitat delle specie di cui al paragrafo 1. A tal fine, conformemente all’articolo 4, esso designa siti quali zone speciali di conservazione, tenendo conto degli obiettivi di cui al paragrafo 1».

6        L’articolo 4 della direttiva «habitat» così dispone:

«1.      In base ai criteri di cui all’allegato III (fase 1) e alle informazioni scientifiche pertinenti, ogni Stato membro propone un elenco di siti, indicante quali tipi di habitat naturali di cui all’allegato I e quali specie locali di cui all’allegato II si riscontrano in detti siti. Per le specie animali che occupano ampi territori, tali siti corrispondono ai luoghi, all’interno dell’area di ripartizione naturale di tali specie, che presentano gli elementi fisici o biologici essenziali alla loro vita o riproduzione. Per le specie acquatiche che occupano ampi territori, tali siti vengono proposti solo se è possibile individuare chiaramente una zona che presenta gli elementi fisici e biologici essenziali alla loro vita o riproduzione. Gli Stati membri suggeriscono, se del caso, un adattamento di tale elenco alla luce dell’esito della sorveglianza di cui all’articolo 11.

L’elenco viene trasmesso alla Commissione entro il triennio successivo alla notifica della presente direttiva, contemporaneamente alle informazioni su ogni sito. Tali informazioni comprendono una mappa del sito, la sua denominazione, la sua ubicazione, la sua estensione, nonché i dati risultanti dall’applicazione dei criteri specificati nell’allegato III (fase 1) e sono fornite sulla base di un formulario elaborato dalla Commissione secondo la procedura di cui all’articolo 21.

2.      In base ai criteri di cui all’allegato III (fase 2) e nell’ambito di ognuna delle nove regioni biogeografiche di cui all’articolo 1, lettera c), punto iii), e dell’insieme del territorio di cui all’articolo 2, paragrafo 1, la Commissione elabora, d’accordo con ognuno degli Stati membri, un progetto di elenco dei siti di importanza comunitaria, sulla base degli elenchi degli Stati membri, in cui sono evidenziati i siti in cui si riscontrano uno o più tipi di habitat naturali prioritari o una o più specie prioritarie.

Gli Stati membri i cui siti con tipi di habitat naturali e specie prioritari rappresentano oltre il 5% del territorio nazionale, possono, d’accordo con la Commissione, chiedere che i criteri elencati nell’allegato III (fase 2) siano applicati in maniera più flessibile per la selezione dell’insieme dei siti di importanza comunitaria nel loro territorio.

L’elenco dei siti selezionati come siti di importanza comunitaria in cui sono evidenziati i siti in cui si riscontrano uno o più tipi di habitat naturali prioritari o una o più specie prioritarie è fissato dalla Commissione secondo la procedura di cui all’articolo 21.

3.      L’elenco menzionato al paragrafo 2 è elaborato entro un termine di sei anni dopo la notifica della presente direttiva.

4.      Quando un sito di importanza comunitaria è stato scelto a norma della procedura di cui al paragrafo 2, lo Stato membro interessato designa tale sito come zona speciale di conservazione il più rapidamente possibile e entro un termine massimo di sei anni, stabilendo le priorità in funzione dell’importanza dei siti per il mantenimento o il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, di uno o più tipi di habitat naturali di cui all’allegato I o di una o più specie di cui all’allegato II e per la coerenza di Natura 2000, nonché alla luce dei rischi di degrado e di distruzione che incombono su detti siti.

5.      Non appena un sito è iscritto nell’elenco di cui al paragrafo 2, terzo comma, esso è soggetto alle disposizioni dell’articolo 6, paragrafi 2, 3 e 4».

7        Ai sensi dell’articolo 6 di tale direttiva:

«1.      Per le zone speciali di conservazione, gli Stati membri stabiliscono le misure di conservazione necessarie che implicano all’occorrenza appropriati piani di gestione specifici o integrati ad altri piani di sviluppo e le opportune misure regolamentari, amministrative o contrattuali che siano conformi alle esigenze ecologiche dei tipi di habitat naturali di cui all’allegato I e delle specie di cui all’allegato II presenti nei siti.

2.      Gli Stati membri adottano le opportune misure per evitare nelle zone speciali di conservazione il degrado degli habitat naturali e degli habitat di specie nonché la perturbazione delle specie per cui le zone sono state designate, nella misura in cui tale perturbazione potrebbe avere conseguenze significative per quanto riguarda gli obiettivi della presente direttiva.

3.      Qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna valutazione dell’incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. Alla luce delle conclusioni della valutazione dell’incidenza sul sito e fatto salvo il paragrafo 4, le autorità nazionali competenti danno il loro accordo su tale piano o progetto soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l’integrità del sito in causa e, se del caso, previo parere dell’opinione pubblica.

4.      Qualora, nonostante conclusioni negative della valutazione dell’incidenza sul sito e in mancanza di soluzioni alternative, un piano o progetto debba essere realizzato per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica, lo Stato membro adotta ogni misura compensativa necessaria per garantire che la coerenza globale di Natura 2000 sia tutelata.

(...)».

II.    Procedimento precontenzioso e procedimento dinanzi alla Corte

8        Con la decisione 2004/813, la Commissione ha adottato un elenco di siti di importanza comunitaria della regione biogeografica atlantica, di cui 413 sono situati nel territorio dell’Irlanda. Il termine di sei anni per la designazione di tali siti come zone speciali di conservazione, previsto all’articolo 4, paragrafo 4, della direttiva «habitat», è scaduto il 7 dicembre 2010. Tale elenco è stato aggiornato con le decisioni 2008/23 e 2009/96, disponendo, per quanto riguarda l’Irlanda, la fusione di due siti e aggiungendone 11, portando in tal modo a 423 il numero totale dei siti ubicati nel territorio di tale Stato membro.

9        Con lettera del 23 aprile 2013, la Commissione ha chiesto all’Irlanda di fornirle informazioni sulle misure adottate per rispettare le disposizioni dell’articolo 4, paragrafo 4, nonché dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva «habitat» e, in particolare, sullo stato di avanzamento della designazione come zone speciali di conservazione dei siti di importanza comunitaria di cui trattasi, nonché sullo stato di preparazione degli obiettivi e delle misure di conservazione.

10      Alla luce della risposta dell’Irlanda dell’11 settembre 2013, la Commissione ha ritenuto che tale Stato membro fosse venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza delle disposizioni summenzionate e gli ha inviato, il 27 febbraio 2015, una lettera di diffida.

11      Dopo aver esaminato la risposta fornita dall’Irlanda con lettera del 5 maggio 2015 nonché le relazioni sullo stato di avanzamento presentate da tale Stato membro, il 29 aprile 2016 la Commissione ha emesso un parere motivato, in applicazione dell’articolo 258, primo comma, TFUE, contestando a tale Stato membro di essere venuto meno:

–        all’obbligo di designare come zone speciali di conservazione, conformemente alle prescrizioni dell’articolo 4, paragrafo 4, della direttiva «habitat», il più rapidamente possibile e entro un termine massimo di sei anni, 401 dei siti di importanza comunitaria di cui trattasi;

–        all’obbligo di stabilire, conformemente a detta disposizione, gli obiettivi di conservazione per 335 di tali siti di importanza comunitaria;

–        all’obbligo di adottare, conformemente all’articolo 6, paragrafo 1, di tale direttiva, le misure di conservazione necessarie per tutti detti siti di importanza comunitaria.

12      Nella sua risposta del 27 giugno 2016, l’Irlanda, per quanto riguarda gli obblighi derivanti dall’articolo 4, paragrafo 4, della direttiva «habitat», ha evidenziato la complessità del processo di designazione dei siti di importanza comunitaria come zone speciali di conservazione. Tale Stato membro prevedeva quindi di completare la designazione delle zone speciali di conservazione nel 2017. Esso riteneva tuttavia che i siti di cui trattasi fossero già protetti dalla legge irlandese in quanto «siti candidati alla designazione di zone speciali di conservazione» (in prosieguo: i «siti candidati»).

13      Con lettera del 9 novembre 2018, ricevuta lo stesso giorno dall’Irlanda, la Commissione ha inviato a tale Stato membro un parere motivato supplementare. Essa invitava le autorità irlandesi a conformarsi a tale parere entro un termine di due mesi a decorrere dalla sua ricezione. La stessa riteneva ormai che gli inadempimenti di tale Stato membro riguardassero:

–        255 siti di importanza comunitaria, in relazione alla mancata designazione dei siti di importanza comunitaria come zone speciali di conservazione,

–        198 siti di importanza comunitaria, in relazione alla mancata fissazione di obiettivi di conservazione dettagliati,

–        tutti i 423 siti di importanza comunitaria di cui trattasi in relazione alla mancata adozione  di misure di conservazione.

14      Con lettera dell’11 gennaio 2019, l’Irlanda ha riferito che prevedeva di designare i siti restanti come zone speciali di conservazione nonché di stabilire gli obiettivi di conservazione per tali siti entro la fine del 2020 e che questi ultimi erano già protetti in quanto siti candidati. Essa indicava inoltre un programma di attuazione delle misure di conservazione.

15      Con messaggi di posta elettronica del 26 aprile, del 2 maggio, dell’11 ottobre e del 12 dicembre 2019, nonché del 14 gennaio e del 14 aprile 2020, l’Irlanda ha informato la Commissione dello stato di avanzamento delle procedure relative alla designazione dei siti di importanza comunitaria di cui trattasi come zone speciali di conservazione e alla fissazione degli obiettivi di conservazione.

16      Il 16 luglio 2021, la Commissione, ritenendo che l’Irlanda non avesse quindi adottato le misure necessarie per conformarsi agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 4, paragrafo 4, e dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva «habitat», ha proposto il presente ricorso.

17      Con decisione del presidente della Corte del 6 dicembre 2021 la Repubblica federale di Germania è stata ammessa ad intervenire a sostegno dell’Irlanda.

III. Sul ricorso

18      A sostegno del suo ricorso, la Commissione deduce tre censure, le prime due vertenti su una violazione dell’articolo 4, paragrafo 4, della direttiva «habitat» e la terza su una violazione dell’articolo 6, paragrafo 1, di tale direttiva. Essa sostiene, in primo luogo, che 217 dei siti di importanza comunitaria di cui trattasi non sono stati designati come zone speciali di conservazione, in secondo luogo, che non sono stati fissati obiettivi di conservazione per 140 dei siti di importanza comunitaria di cui trattasi e, in terzo luogo, che non è stata stabilita alcuna misura di conservazione sufficiente per i siti di importanza comunitaria di cui trattasi.

19      L’Irlanda chiede il rigetto del ricorso per inadempimento. La Repubblica federale di Germania, intervenuta a suo sostegno, prende tuttavia posizione solo per quanto riguarda la terza censura.

A.      Sulla prima censura relativa alla mancata designazione delle zone speciali di conservazione

1.      Argomenti delle parti

20      Con la prima censura, la Commissione contesta all’Irlanda di avere violato gli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 4, paragrafo 4, della direttiva «habitat», in quanto l’Irlanda non ha designato 217 dei siti di importanza comunitaria di cui trattasi come zone speciali di conservazione, il più rapidamente possibile e entro un termine massimo di sei anni a decorrere dalle date di adozione delle decisioni 2004/813 e 2009/96.

21      Tale istituzione ritiene che la giurisprudenza della Corte, vale a dire le sentenze del 27 febbraio 2003, Commissione/Belgio, (C‑415/01, EU:C:2003:118, punti 22 e 23), nonché del 14 ottobre 2010, Commissione/Austria, (C‑535/07, EU:C:2010:602, punto 64), relativa alle zone di protezione speciale previste nella direttiva 2009/147/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2009, concernente la conservazione degli uccelli selvatici (GU 2010, L 20, pag. 7), come modificata dalla direttiva 2013/17 (in prosieguo: la «direttiva “uccelli”»), sia applicabile al caso di specie, tenuto conto degli obiettivi di conservazione perseguiti dalle direttive «habitat» e «uccelli». Applicando detta giurisprudenza, la delimitazione di tali zone e le specie protette dovrebbero quindi essere oggetto di pubblicazione per godere di un’efficacia cogente incontestabile, affinché sia soddisfatta l’esigenza di certezza del diritto.

22      Come risulterebbe dalla nota della Commissione sulla designazione di zone speciali di conservazione del 14 maggio 2012, la denominazione e l’ubicazione del sito, delle specie e dei tipi di habitat per i quali è designata la zona speciale di conservazione dovrebbero essere chiaramente indicati, così come i confini di detta zona, l’obiettivo della designazione, nonché le disposizioni di protezione applicabili a una siffatta zona.

23      L’Irlanda avrebbe informato la Commissione che tale designazione veniva effettuata mediante atti normativi secondari. Senza opporsi a un siffatto metodo di designazione, essa sottolinea tuttavia che tale designazione ha riguardato solo 206 dei siti di importanza comunitaria di cui trattasi alla scadenza del termine fissato nel parere motivato supplementare, data a decorrere dalla quale doveva essere valutato l’inadempimento. Infatti, l’Irlanda avrebbe riconosciuto di aver designato solo 212 siti, tra cui sei siti, ossia la Hempton’s Turbot Bank SAC, la Porcupine Bank Canyon SAC, la South-East Rockall Bank, la Codling Fault Zone SAC, la Blackwater Bank SAC e la West Connacht Coast SAC, che non farebbero parte dei 423 siti di importanza comunitaria di cui trattasi. Alla data di deposito del ricorso, 154 siti rimarrebbero ancora in attesa di designazione.

24      Il riconoscimento di una protezione ai siti sin dal loro inserimento nell’elenco dei siti di importanza comunitaria non metterebbe in discussione l’obbligo di designarli come zone speciali di conservazione ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 4, della direttiva «habitat».

25      Nel suo controricorso, l’Irlanda ricorda che l’articolo 6 della direttiva «habitat» persegue l’obiettivo generale di imporre agli Stati membri una serie di obblighi intesi a mantenere o a ripristinare, in uno stato di conservazione soddisfacente, habitat naturali e specie di fauna e flora selvatiche di interesse per l’Unione europea, al fine di conseguire l’obiettivo più generale di tale direttiva che è quello di garantire un livello elevato di tutela dell’ambiente [sentenze del 17 aprile 2018, Commissione/Polonia (Foresta di Białowieża), C‑441/17, EU:C:2018:255, punto 106, nonché del 7 novembre 2018, Holohan e a., C‑461/17, EU:C:2018:883, punto 30 e giurisprudenza ivi citata].

26      Tale Stato membro sostiene, in primo luogo, che le misure previste dalla Commissione e ricordate al punto 22 della presente sentenza sono state adottate per tutti i siti di importanza comunitaria di cui trattasi in virtù della protezione riconosciuta dal diritto irlandese a tutti i «siti europei», nozione del diritto irlandese che includerebbe anche i siti candidati e, di conseguenza, i siti di importanza comunitaria. L’obiettivo consistente nel conseguire un livello elevato di tutela dell’ambiente e nel contribuire alla costituzione della rete Natura 2000 sarebbe stato dunque raggiunto per tutti i siti di importanza comunitaria di cui trattasi.

27      In tal senso, un sito candidato beneficerebbe della stessa protezione delle zone speciali di conservazione.

28      A titolo illustrativo, la quarta e la quinta parte dell’European Communities (Birds and Natural Habitats) Regulations 2011 (regolamento del 2011 recante attuazione delle direttive «uccelli» e «habitat» delle Comunità europee; in prosieguo: il «regolamento di attuazione») imporrebbero al Ministro dell’Edilizia abitativa, dell’amministrazione locale e del patrimonio (in prosieguo: il «ministro competente») taluni obblighi riguardanti le attività, i piani o i progetti che possono incidere sui siti europei. Esse proteggerebbero quindi allo stesso modo i siti a prescindere dal fatto che siano stati o meno formalmente designati come zone speciali di conservazione.

29      A tal riguardo, l’articolo 28 del regolamento di attuazione imporrebbe al ministro competente, qualora ritenga che un’attività possa avere un effetto significativo su un sito europeo, di vietare, in linea di principio, tale attività. Detto regolamento conterrebbe, a tal fine, un elenco delle attività soggette ad autorizzazione. Inoltre, le autorità pubbliche dovrebbero prendere in considerazione l’elenco delle attività soggette ad autorizzazione in sede di esame di una domanda di autorizzazione nell’ambito di qualsiasi regime legislativo o in sede di proposta di adozione dei propri piani o progetti.

30      Peraltro, la quinta parte di tale regolamento prevedrebbe una procedura con la quale un’autorità pubblica effettua, se del caso, un’opportuna valutazione di un piano o di un progetto per il quale tale autorità pubblica abbia ricevuto una richiesta di autorizzazione o che intenda intraprendere.

31      Ai sensi dell’articolo 11 di detto regolamento, l’individuazione di un sito quale sito candidato alla designazione come sito di importanza comunitaria dovrebbe essere consultabile presso il gabinetto del ministro competente, su Internet, ed essere oggetto di informazione per gli organismi ivi specificati, per i proprietari fondiari e per tutta la popolazione. Le informazioni disponibili in tale sede comprenderebbero, in particolare, una mappa con l’indicazione dei confini del sito, la sua denominazione, la sua ubicazione e la sua estensione, nonché la ragione dell’individuazione del sito quale sito candidato alla designazione come sito di importanza comunitaria.

32      In secondo luogo, l’Irlanda sottolinea, fermo restando quanto precede, la complessità della procedura di designazione formale dei siti di importanza comunitaria di cui trattasi come zone speciali di conservazione, la quale comporterebbe il più delle volte l’obbligo di informare i proprietari interessati e di consentire loro di sollevare obiezioni a tale designazione, il che sarebbe essenziale al fine di garantire loro una tutela giuridica. Pertanto, la designazione formale dei siti interessati avrebbe comportato la necessità di dialogare con 18 516 proprietari e di trattare i 674 ricorsi proposti da tali proprietari.

33      Inoltre, tra i siti non ancora designati, 20 siti sarebbero torbiere alte per le quali la conclusione della procedura di designazione dipenderebbe da un accordo con la Commissione in merito alla soluzione di gestione globale della rete di siffatte torbiere alte che è oggetto di un dialogo approfondito con detta istituzione.

34      Nella sua replica, la Commissione contesta che il processo di designazione di tali 20 torbiere alte dipenda dall’esito delle discussioni sulle modalità da seguire nella loro gestione e rileva che, per quanto riguarda l’eventuale complessità del processo di designazione formale nel diritto irlandese, ad esempio la necessità di trattare i ricorsi dei proprietari terrieri, secondo la giurisprudenza costante della Corte, gli Stati membri non possono eccepire disposizioni, prassi o situazioni del loro ordinamento giuridico interno per giustificare l’inosservanza degli obblighi risultanti dal diritto dell’Unione [sentenza del 12 novembre 2019, Commissione/Irlanda (Centrale eolica di Derrybrien), C‑261/18, EU:C:2019:955, punto 89 e giurisprudenza ivi citata].

35      Tale istituzione ritiene che dal contesto dell’articolo 4, paragrafo 4, della direttiva «habitat» risulti l’obbligo di completare il processo previsto da tale articolo mediante la designazione di un sito come zona speciale di conservazione. L’interpretazione opposta fornita dall’Irlanda tenderebbe a privare il paragrafo 4 di detto articolo di qualsiasi effetto utile.

36      L’obbligo di proteggere i siti prima della loro designazione come zone speciali di conservazione sarebbe, peraltro, previsto dall’articolo 4, paragrafo 5, della direttiva «habitat».

37      Peraltro, la protezione garantita ai siti candidati in forza del diritto irlandese sarebbe inferiore a quella che deve essere garantita alle zone speciali di conservazione, che sono le sole interessate dall’obbligo di stabilire misure di conservazione ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, di tale direttiva.

38      Tale tutela non risponderebbe, inoltre, all’esigenza di chiarezza e di certezza del diritto. Infatti, l’elenco dei siti candidati potrebbe essere modificato in funzione delle obiezioni formulate dagli interessati.

39      Nella sua controreplica, l’Irlanda sottolinea che dalla nota della Commissione di cui al punto 22 della presente sentenza risulta che la procedura per la designazione delle zone speciali di conservazione rientra nel diritto interno degli Stati membri. Conformemente al suo margine di discrezionalità, l’Irlanda avrebbe scelto di designare le zone speciali di conservazione conferendo loro, in quanto siti europei, tutte le tutele richieste.

40      Secondo tale Stato membro, l’affermazione della possibile modifica del perimetro dei siti prima della designazione formale non è dimostrata. Peraltro, la designazione delle zone speciali di conservazione non renderebbe definitivi i loro confini, potendo questi ultimi essere modificati successivamente alla loro designazione in caso di errore scientifico.

41      L’interpretazione fornita dall’Irlanda non priverebbe di effetto utile l’articolo 4, paragrafo 4, della direttiva «habitat». Infatti, il diritto irlandese soddisferebbe gli obblighi derivanti da tale paragrafo e garantirebbe così la protezione dei siti interessati imponendo di applicare il principio di precauzione e di procedere alle valutazioni di cui all’articolo 6, paragrafo 3, di tale direttiva.

42      La protezione offerta dalla normativa irlandese ai siti candidati andrebbe oltre quella derivante dall’articolo 4, paragrafo 5, della direttiva «habitat», dato che tale normativa prevederebbe la pubblicazione di informazioni dettagliate sul sito interessato e della sua estensione, dei legittimi interessi, nonché di un elenco di attività il cui svolgimento necessita di una previa autorizzazione.

43      Alla data del deposito della controreplica, l’Irlanda afferma di aver completato la designazione formale di 339 dei 423 siti di importanza comunitaria di cui trattasi.

2.      Giudizio della Corte

44      In via preliminare, occorre ricordare che l’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva «habitat» impone agli Stati membri di contribuire alla costituzione della rete Natura 2000 in funzione della rappresentazione, sui loro rispettivi territori, dei tipi di habitat naturali di cui all’allegato I di tale direttiva e degli habitat delle specie di cui all’allegato II di detta direttiva, e di designare, a tal fine, conformemente all’articolo 4 della medesima direttiva e al termine della procedura stabilita da quest’ultima, siti quali zone speciali di conservazione.

45      La procedura di designazione dei siti quali zone speciali di conservazione, quale prevista all’articolo 4 della direttiva «habitat», si svolge in quattro fasi. A norma di tale articolo 4, paragrafo 1, ogni Stato membro propone un elenco di siti indicante quali tipi di habitat naturali e quali specie locali si riscontrano in detti siti e trasmette tale elenco alla Commissione (prima fase). Conformemente al paragrafo 2 di detto articolo 4, la Commissione elabora, d’accordo con ognuno degli Stati membri, un progetto di elenco dei siti di importanza comunitaria, sulla base degli elenchi degli Stati membri (seconda fase). Sulla base di tale progetto di elenco, la Commissione fissa l’elenco dei siti selezionati (terza fase). Ai sensi del paragrafo 4 del medesimo articolo 4, quando un sito di importanza comunitaria è stato scelto, lo Stato membro interessato designa tale sito come zona speciale di conservazione il più rapidamente possibile e entro un termine massimo di sei anni, stabilendo le priorità in funzione dell’importanza dei siti per il mantenimento o il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, di uno o più tipi di habitat naturali o di una o più specie e per la coerenza di Natura 2000 (quarta fase) (v., in tal senso, sentenza del 12 giugno 2019, CFE, C‑43/18, EU:C:2019:483, punto 37).

46      L’Irlanda non contesta il fatto che, alla data in cui è scaduto il termine impartito nel parere motivato supplementare, non tutti i 217 siti in questione sono stati oggetto di una designazione formale come zone speciali di conservazione. Essa invoca, tuttavia, il fatto che la protezione che essa offre ai siti candidati è analoga a quella offerta alle zone speciali di conservazione, cosicché gli obiettivi della direttiva «habitat» sarebbero soddisfatti.

47      A tal proposito, occorre ricordare che, nell’ambito di un ricorso per inadempimento contro la Repubblica portoghese, tale Stato membro aveva sollevato, a titolo di difesa, l’argomento secondo cui le misure e i programmi nazionali di conservazione esistenti, in quanto giuridicamente vincolanti per l’amministrazione pubblica, si applicano ai siti di importanza comunitaria di cui trattasi a decorrere dalla data della comunicazione alla Commissione dell’elenco redatto dalla Repubblica portoghese ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva «habitat» [v., in tal senso, sentenza del 5 settembre 2019, Commissione/Portogallo (Designazione e protezione delle zone speciali di conservazione), C‑290/18, EU:C:2019:669, punto 31].

48      In risposta a tale argomento, da un lato, la Corte ha dichiarato che le disposizioni di una direttiva devono essere attuate con un’efficacia cogente incontestabile, con la specificità, la precisione e la chiarezza necessarie per soddisfare l’esigenza di certezza del diritto [sentenza del 5 settembre 2019, Commissione/Portogallo (Designazione e protezione delle zone speciali di conservazione), C‑290/18, EU:C:2019:669, punto 35].

49      Dall’altro lato, la Corte ha rilevato che la Repubblica portoghese, sostenendo che le procedure di designazione dei siti di importanza comunitaria di cui trattasi come zone speciali di conservazione non erano completate da un punto di vista formale, non contestava il fatto che, alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato, essa non aveva ancora designato tali siti come zone speciali di conservazione [sentenza del 5 settembre 2019, Commissione/Portogallo (Designazione e protezione delle zone speciali di conservazione), C‑290/18, EU:C:2019:669, punto 37].

50      Un siffatto ragionamento trova applicazione anche alla difesa avanzata dall’Irlanda, secondo cui la protezione fornita dalla normativa irlandese in relazione ai siti di importanza comunitaria e ai siti candidati è sufficiente a soddisfare gli obblighi derivanti dall’articolo 4, paragrafo 4, della direttiva «habitat».

51      Nel caso di specie, occorre constatare che la normativa nazionale invocata dall’Irlanda, a sostegno della sua risposta alla prima censura del ricorso della Commissione, normativa che, secondo tale Stato membro, fornisce una protezione sufficiente ai siti di importanza comunitaria di cui trattasi in assenza della designazione di questi ultimi come zone speciali di conservazione, non è tale da soddisfare l’obbligo specifico, previsto dall’articolo 4, paragrafo 4, della direttiva «habitat», di designare formalmente i siti di importanza comunitaria come zone speciali di conservazione.

52      Infatti, un siffatto obbligo costituisce una fase necessaria del regime di protezione degli habitat e delle specie prevista da tale direttiva.

53      A tale obbligo si aggiungono quelli di determinare gli obiettivi di conservazione, conformemente all’articolo 4, paragrafo 4, della direttiva «habitat», e di stabilire le misure di conservazione, conformemente all’articolo 6, paragrafo 1, di tale direttiva (v., in tal senso, sentenza del 17 dicembre 2020, Commissione/Grecia , C‑849/19, EU:C:2020:1047, punto 50).

54      Quest’ultimo obbligo per gli Stati membri di adottare le misure di conservazione necessarie per proteggere le zone speciali di conservazione, previsto dall’articolo 6 della direttiva «habitat», è distinto dall’obbligo formale per tali Stati, previsto dall’articolo 4, paragrafo 4, di detta direttiva, di designare i siti di importanza comunitaria come zone speciali di conservazione, conformemente alla giurisprudenza citata al punto 45 della presente sentenza.

55      Per quanto riguarda la complessità della procedura di designazione formale sottolineata dall’Irlanda, la quale deriva, in particolare, dalla proposizione, da parte dei proprietari dei siti in questione, di ricorsi giuridici contro una siffatta designazione, si deve rammentare che gli Stati membri non possono eccepire disposizioni, prassi o situazioni del loro ordinamento giuridico interno per giustificare l’inosservanza degli obblighi risultanti dal diritto dell’Unione [sentenza del 12 novembre 2019, Commissione/Irlanda (Centrale eolica di Derrybrien), C‑261/18, EU:C:2019:955, punto 89 e giurisprudenza ivi citata].

56      Ciò premesso, occorre constatare che, non avendo designato come zone speciali di conservazione, il più rapidamente possibile ed entro un termine massimo di sei anni, 217 dei 423 siti di importanza comunitaria di cui trattasi, l’Irlanda è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 4, paragrafo 4, della direttiva «habitat».

57      Pertanto, la prima censura deve essere accolta.

B.      Sulla seconda censura relativa alla mancata fissazione degli obiettivi di conservazione

1.      Argomenti delle parti

58      Con la sua seconda censura, la Commissione contesta all’Irlanda di aver violato gli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 4, paragrafo 4, della direttiva «habitat» non avendo fissato obiettivi di conservazione dettagliati per 140 dei siti di importanza comunitaria di cui trattasi.

59      Tale istituzione deduce l’obbligo di fissare obiettivi di conservazione dettagliati per ciascun sito entro il termine massimo di sei anni dall’articolo 4, paragrafo 4, della direttiva «habitat» come interpretato dalla Corte nella sentenza del 17 dicembre 2020, Commissione/Grecia (C‑849/19, EU:C:2020:1047, punti da 46 a 52).

60      Alla data di scadenza del termine fissato nel parere motivato supplementare, l’Irlanda sarebbe venuta meno a tale obbligo riguardo a 140 dei 423 siti di importanza comunitaria di cui trattasi.

61      Nel suo controricorso, l’Irlanda riconosce di non aver concluso la procedura di individuazione e di pubblicazione degli obiettivi di conservazione specifici per tutti i 423 siti di importanza comunitaria di cui trattasi.

62      Tale Stato membro riferisce di aver compiuto notevoli sforzi per individuare e pubblicare obiettivi di conservazione specifici. La pandemia di COVID-19 avrebbe, tuttavia, ritardato il completamento dei lavori. Alla data del controricorso dell’Irlanda, 371 siti disporrebbero di obiettivi di conservazione. Alla data della controreplica di tale Stato membro, gli obiettivi di conservazione sarebbero stati fissati per tutti i siti.

63      Tenuto conto dei progressi realizzati, non sussisterebbe alcuna violazione sostanziale dell’articolo 4, paragrafo 4, della direttiva «habitat».

2.      Giudizio della Corte

64      Per quanto riguarda i termini dell’articolo 4, paragrafo 4, della direttiva «habitat», si deve constatare che, sebbene il testo di tale disposizione non menzioni espressamente l’obbligo di fissare obiettivi di conservazione, tale disposizione esige, tuttavia, che le autorità competenti dello Stato membro interessato, in sede di designazione della zona speciale di conservazione, stabiliscano le priorità in funzione dell’importanza dei siti per il mantenimento o il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, di uno o più tipi di habitat. Orbene, stabilire tali priorità implica che detti obiettivi di conservazione siano già stati fissati (sentenza del 17 dicembre 2020, Commissione/Grecia, C‑849/19, EU:C:2020:1047, punto 46).

65      Pertanto, tenendo conto anche del contesto e della finalità dell’articolo 4, paragrafo 4, della direttiva «habitat», la Corte ha stabilito che, sebbene da tale disposizione risulti che la designazione delle zone speciali di conservazione e la definizione delle priorità in materia di conservazione devono essere effettuate il più rapidamente possibile e, in ogni caso, entro un termine massimo di sei anni a decorrere dal momento in cui un sito di importanza comunitaria è stato selezionato nell’ambito della procedura di cui al paragrafo 2 di tale articolo, tale termine si applica anche alla fissazione degli obiettivi di conservazione, in quanto gli stessi sono necessari per la definizione di tali priorità e devono perciò precedere la definizione di queste ultime (v., in tal senso, sentenza del 17 dicembre 2020, Commissione/Grecia, C‑849/19, EU:C:2020:1047, punti da 47 a 53).

66      Si deve aggiungere che soltanto obiettivi specifici e precisi possono essere qualificati come «obiettivi di conservazione», ai sensi della direttiva «habitat» (v., in tal senso, sentenza del 17 dicembre 2020, Commissione/Grecia , C‑849/19, EU:C:2020:1047, punto 59).

67      Nel caso di specie, i termini di sei anni impartiti all’Irlanda per designare i siti il cui elenco è contenuto nelle decisioni 2004/813 e 2009/96 sono scaduti rispettivamente il 7 dicembre 2007 e il 12 dicembre 2014.

68      L’Irlanda riconosce che, alla scadenza del termine previsto dal parere motivato supplementare, vale a dire il 9 gennaio 2019, essa non aveva adottato nell’ordinamento giuridico nazionale gli obiettivi di conservazione specifici relativi ai 140 siti di importanza comunitaria per i quali la Commissione solleva la seconda censura.

69      Ciò premesso, occorre constatare che, non avendo definito obiettivi dettagliati di conservazione specifici per ciascun sito riguardo a 140 dei 423 siti di importanza comunitaria di cui trattasi, l’Irlanda è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 4, paragrafo 4, della direttiva «habitat».

70      Pertanto, la seconda censura deve essere accolta.

C.      Sulla terza censura relativa ad una violazione dell’obbligo di stabilire le misure di conservazione necessarie

1.      Argomenti delle parti

71      Nel suo ricorso, la Commissione contesta all’Irlanda di essere venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva «habitat» non avendo adottato le misure di conservazione necessarie. Anzitutto, non sarebbe stata adottata alcuna misura di conservazione in relazione a 230 siti. Le misure di conservazione adottate in altri 149 siti sarebbero poi solo frammentarie. Inoltre, le misure dei 44 siti oggetto di misure di conservazione complete non sarebbero valide in quanto sarebbero state adottate prima della fissazione degli obiettivi di conservazione. Infine, si contesta all’Irlanda di aver adottato una prassi generale consistente nello stabilire misure di conservazione non sufficientemente precise.

a)      Siti che, secondo la Commissione, non sono oggetto di alcuna misura di conservazione o che sono oggetto di misure di conservazione parziali

72      La Commissione ritiene che le misure di conservazione richieste avessero dovuto essere adottate entro il termine di sei anni previsto all’articolo 4, paragrafo 4, di tale direttiva e applicabile alla designazione di zone speciali di conservazione. Essa sostiene che le misure di conservazione ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva «habitat» devono, secondo le sentenze del 5 settembre 2019, Commissione/Portogallo (Designazione e protezione delle zone speciali di conservazione), (C‑290/18, EU:C:2019:669, punto 52), e del 17 dicembre 2020, Commissione/Grecia, (C‑849/19, EU:C:2020:1047, punto 76) essere stabilite e attuate nell’ambito di tali zone speciali di conservazione e quindi entro il termine di designazione di queste ultime.

73      La Commissione ritiene che dalla formulazione dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva «habitat» emerga chiaramente che lo Stato membro in questione deve attuare misure di conservazione per tutte le zone speciali di conservazione del suo territorio.

74      Orbene, da un lato, l’Irlanda non le avrebbe comunicato alcuna misura di conservazione in ordine a 230 siti sui 423 siti di importanza comunitaria di cui trattasi.

75      Dall’altro lato, per quanto riguarda i 193 siti rimanenti, che sono oggetto di misure di conservazione, la Commissione sostiene, sulla base delle sentenze del 5 settembre 2019, Commissione/Portogallo (Designazione e protezione delle zone speciali di conservazione), (C‑290/18, EU:C:2020:669, punto 55), e del 17 dicembre 2020, Commissione/Grecia, (C‑849/19, EU:C:2020:1047, punto 86), che le misure di conservazione devono essere stabilite in funzione di ciascuna specie e di ciascun tipo di habitat presenti in ciascuno dei siti di cui trattasi. Orbene, l’Irlanda avrebbe adottato misure di conservazione solo per una parte delle specie e/o dei tipi di habitat protetti in 149 siti.

76      La Commissione riferisce di essere pervenuta a tale cifra confrontando il numero di elementi ammissibili dei siti, indicato dall’Irlanda nei formulari standard di dati pertinenti, e il numero di tali elementi per i quali l’Irlanda riferiva di aver stabilito misure di conservazione.

77      Le misure indicate dall’Irlanda nella risposta al parere motivato della Commissione non sarebbero sufficienti per ridurre il numero di siti che sono oggetto di misure di conservazione parziali. Infatti, secondo la Commissione, la maggior parte di tali misure sarebbe soltanto in corso di elaborazione, più precisamente in fase preparatoria. Inoltre, l’Irlanda non avrebbe fornito alcuna informazione che consenta di concludere che le misure menzionate completino tutte le misure di conservazione e si applichino quindi a tutti gli elementi dei siti in questione che presentano un interesse.

78      Nel suo controricorso, l’Irlanda riferisce di aver attuato misure di conservazione globali e dettagliate attraverso dieci programmi nazionali. Detti programmi sarebbero elaborati per tipi di habitat e per specie e non già per sito. Tuttavia, l’attuazione di detti programmi sarebbe realizzata in modo specifico per ciascun sito. Tali elementi dimostrerebbero che detto Stato membro non solo rispetta l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva «habitat», ma intende altresì conformarsi maggiormente alle prescrizioni di tale disposizione in modo pragmatico garantendo una protezione adeguata delle specie e degli habitat in questione.

79      Più specificamente, tale Stato membro riferisce di aver adottato misure di conservazione complete per 79 siti che figurano nell’allegato al controricorso e produce le misure adottate per un campione di 6 siti a titolo illustrativo. Misure di conservazione almeno parziali sarebbero in vigore in numerosi siti.

80      L’Irlanda sostiene che il regolamento di attuazione contiene misure di conservazione in quanto impone una previa autorizzazione per l’esercizio di un’attività e mira in tal modo ad evitare che il sito in questione subisca un pregiudizio. Pertanto, ciascuno dei siti di cui trattasi sarebbe oggetto di misure di conservazione.

81      L’Irlanda riconosce che il modo in cui le informazioni erano trasmesse alla Commissione potrebbe risultare manchevole. Tenuto conto della mancanza di un sistema centralizzato di gestione dei dati per raccogliere gli interventi e le misure di gestione dei siti di cui trattasi, sarebbe difficile per la stessa trasmettere in modo esaustivo i risultati, sulla base di elementi di prova, dal livello locale di gestione dei siti verso il livello nazionale. Sarebbe prevista una piattaforma centralizzata dei dati.

82      La Commissione rileva che i 10 programmi nazionali menzionati dall’Irlanda e l’elenco di 79 siti asseritamente oggetto di misure di conservazione complete riguardano, congiuntamente, solo 137 siti. L’Irlanda ammetterebbe quindi che vi sarebbero almeno 286 siti sprovvisti di misure di conservazione.

83      Per quanto riguarda tali 79 siti nonché i siti supplementari contemplati dai 10 programmi nazionali invocati dall’Irlanda facendo riferimento al contenuto dei documenti allegati al suo controricorso, la Commissione afferma che tale Stato membro non indica, nel suo controricorso, in quale parte degli allegati si discuterebbe del carattere asseritamente «esaustivo e completo» delle misure di conservazione relative a tali 79 siti, né rinvia ai 10 programmi, che esso avrebbe sintetizzato in uno di tali allegati, per confutare in particolare il carattere incompleto delle misure di conservazione. Pertanto, conformemente all’articolo 124, paragrafo 1, lettera b), del regolamento di procedura della Corte, non occorrerebbe tener conto delle informazioni contenute in tali allegati.

84      Inoltre, quattro di tali dieci programmi sarebbero stati adottati successivamente alla scadenza del termine fissato nel parere motivato supplementare. Dall’allegato al controricorso risulterebbe altresì che alcuni di tali programmi riguarderebbero solo parzialmente gli elementi ammissibili dei siti.

85      Nella sua controreplica, l’Irlanda sostiene che l’interpretazione dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva «habitat» seguita dalla Commissione secondo la quale tale disposizione richiederebbe che sia dimostrato che sono state attuate misure di conservazione in tutti i siti e che tali misure sono operanti è irrealizzabile e non tiene conto del contesto reale. Tale interpretazione non troverebbe fondamento né nella direttiva né nella giurisprudenza della Corte.

86      Le misure di conservazione necessiterebbero, per loro natura, di adeguamenti, cosicché l’individuazione di misure supplementari o diverse non sarebbe sufficiente a dimostrare un inadempimento dell’Irlanda. Sarebbe sufficiente che l’Irlanda garantisca costantemente un monitoraggio delle misure di conservazione attuate in tutta la rete Natura 2000, al fine di assicurarsi che le minacce e le pressioni individuate per i diversi siti siano prese in considerazione. Tale interpretazione sarebbe corroborata dagli articoli 11 e 17 della direttiva «habitat», che prevedono la valutazione delle misure di conservazione nonché, se necessario, l’adeguamento della loro attuazione per garantirne l’efficacia.

87      Il fatto che i programmi di conservazione non siano espressamente collegati ai confini dei siti non metterebbe in discussione l’efficacia di tali misure. Al contrario, l’attuazione di programmi globali, e non già di misure individuali per ciascun sito, avrebbe conseguenze globali sulla protezione delle specie e degli habitat e rifletterebbe il necessario coordinamento delle azioni per rispondere alla complessità dell’obiettivo di conservazione.

88      In allegato alla sua controreplica, l’Irlanda produce le misure di conservazione adottate riguardo a 6 siti supplementari, compresi nell’elenco di 79 siti, a 21 siti relativi al pipistrello Rhinolophus hipposideros, nonché elementi supplementari riguardanti i pochi siti da essa selezionati a titolo illustrativo nel suo controricorso.

89      Nella sua memoria di intervento, la Repubblica federale di Germania dissente dall’interpretazione secondo cui le misure di conservazione dovrebbero riguardare ciascuna specie o ciascun tipo di habitat presenti nei siti in questione.

90      La giurisprudenza della Corte farebbe riferimento a un obbligo di adottare misure di conservazione non già specifiche o individuali per ciascuna specie o tipo di habitat, bensì stabilite sulla base delle esigenze ecologiche di ciascuna specie e di ciascun tipo di habitat [v. in tal senso, sentenza del 5 settembre 2019, Commissione/Portogallo (Designazione e protezione delle zone speciali di conservazione), C‑290/18, non pubblicata, EU:C:2019:669, punto 55].

91      Nella sentenza del 7 dicembre 2000, Commissione/Francia (C‑374/98, EU:C:2000:670, punto 20) riguardante la direttiva «uccelli», ma applicabile alla direttiva «habitat», la Corte avrebbe respinto la censura dedotta nei confronti della Repubblica francese, secondo cui le misure di conservazione speciali sarebbero state insufficienti in assenza di disposizioni specifiche per ciascuna delle specie di uccelli selvatici presente nella zona in questione con la motivazione che le disposizioni nazionali di cui trattasi, laddove prevedevano il divieto di attività idonee a ledere l’integrità dei biotipi di cui trattasi, giovavano a tutta l’avifauna che frequenta le zone coperte da detta normativa.

92      A seconda del contesto, o sarebbero sufficienti divieti generali per prevenire i principali rischi o minacce nel sito, o sarebbero necessarie misure differenziate. Sarebbe quindi eccessivamente formalistico esigere sistematicamente misure specifiche per ciascuna zona.

93      Nella sua comparsa di risposta alla memoria di intervento della Repubblica federale di Germania, la Commissione nega ogni formalismo.

94      Tale istituzione concorda con la Repubblica federale di Germania sul fatto che una misura di conservazione potrebbe riguardare diversi elementi se questi ultimi presentano esigenze ecologiche simili. Tuttavia, ciascun habitat e ciascuna specie presenti nel sito dovrebbero beneficiare delle misure di conservazione necessarie basate su obiettivi di conservazione specifici. Ciò non si verificherebbe nel caso di specie, poiché l’Irlanda avrebbe comunicato misure solo per un sottoinsieme degli elementi pertinenti.

b)      Siti che, secondo la Commissione, sono oggetto di misure di conservazione non basate sugli obiettivi di conservazione

95      Nel suo ricorso, la Commissione contesta all’Irlanda di aver adottato misure di conservazione mentre gli obiettivi di conservazione non erano ancora stabiliti riguardo ai 44 siti in questione, oggetto di misure di conservazione complete.

96      Secondo tale istituzione, dalla giurisprudenza della Corte, in particolare dalla sentenza del 17 dicembre 2020, Commissione/Grecia, (C‑849/19, EU:C:2020:1047, punti da 46 a 52), risulta che le misure di conservazione devono essere basate su obiettivi di conservazione.

97      Detta istituzione ne deduce l’obbligo giuridico di fondare le misure di conservazione su obiettivi di conservazione specifici per ciascun sito e chiaramente definiti, comprendenti una componente materiale (gli obiettivi e le misure devono essere correlati) e una componente sequenziale (gli obiettivi devono precedere le misure). Tale approccio sarebbe confermato dall’interpretazione sistematica dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva «habitat» alla luce dell’articolo 6, paragrafo 3, di tale direttiva, il quale prevede che la valutazione dei progetti che possano avere incidenze su una zona speciale di conservazione deve tener conto degli obiettivi di conservazione.

98      Nel suo controricorso, l’Irlanda contesta l’interpretazione della sentenza del 17 dicembre 2020, Commissione/Grecia (C‑849/19, EU:C:2020:1047), sostenuta dalla Commissione, che sarebbe troppo letterale e non terrebbe conto né dello spirito né della lettera dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva «habitat». Nella causa che ha dato luogo a tale sentenza, non sarebbe stato fissato alcun obiettivo di conservazione. Occorrerebbe distinguere un caso siffatto dal caso di specie in cui sono stati fissati obiettivi di conservazione successivamente all’adozione delle misure di conservazione.

99      Nella sua replica, la Commissione aggiunge che il fatto che gli obiettivi di conservazione debbano precedere le misure di conservazione si impone alla luce dell’oggetto e della finalità della direttiva «habitat». Infatti, gli obiettivi di conservazione definiscono i parametri che consentono di valutare se le misure di conservazione raggiungano tali obiettivi. Se gli obiettivi di conservazione fossero stabiliti successivamente alle misure di conservazione, vi sarebbe il rischio che tali obiettivi si limitino a riflettere misure di conservazione previamente definite.

100    Nella sua controreplica, l’Irlanda sottolinea che l’interpretazione della Commissione comporta l’esclusione delle misure di conservazione attuate dagli Stati membri ai fini della direttiva «habitat» per via del fatto che esse sono anteriori alla pubblicazione degli obiettivi di conservazione.

101    Orbene, le misure di conservazione di cui trattasi sarebbero basate su una valutazione adeguata delle minacce e delle pressioni.

102    Nella sua memoria di intervento, la Repubblica federale di Germania ritiene, anch’essa, che un inadempimento non possa derivare dal semplice fatto che la fissazione degli obiettivi di conservazione non ha preceduto l’adozione delle misure di conservazione. L’elemento decisivo alla luce del quale deve essere valutata la sussistenza di un inadempimento sarebbe l’efficacia delle misure di conservazione, indipendentemente dalla data in cui esse sono adottate.

103    Una diversa interpretazione imporrebbe, in modo puramente formale, di adottare nuovamente le misure di conservazione ancorché le misure adottate siano efficaci e soddisfino pienamente i criteri sostanziali di cui all’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva «habitat». L’imposizione di tale prescrizione formale sarebbe in contrasto con la giurisprudenza della Corte, in particolare con la sentenza del 17 aprile 2018, Commissione/Polonia (Foresta di Białowieża), (C-441/17, EU:C:2018:255, punto 213), secondo cui l’elemento principale consisterebbe nell’effettiva attuazione delle misure di conservazione necessarie.

104    La Repubblica federale di Germania ravvisa inoltre una contraddizione nel ragionamento della Commissione. Da un lato, tale istituzione riterrebbe che gli obiettivi di conservazione debbano essere stabiliti sin dal momento in cui un sito è designato come sito di importanza comunitaria. Dall’altro lato, essa ammetterebbe che si applichi alla fissazione di tali obiettivi il termine di 6 anni previsto all’articolo 4, paragrafo 4, della direttiva «habitat».

105    Nella sua comparsa di risposta alla memoria d’intervento della Repubblica federale di Germania, la Commissione sostiene che l’ipotesi in cui le misure di conservazione, adottate prima della fissazione degli obiettivi di conservazione, rispondano a tali obiettivi, rientra nella pura coincidenza. Sussisterebbe, al contrario, il rischio che gli obiettivi di conservazione ex post non svolgano la loro funzione di determinazione del contributo potenziale di un sito alla rete Natura 2000, in quanto rifletterebbero semplicemente lo scopo delle misure di conservazione esistenti che non erano basate su obiettivi di conservazione e, pertanto, non erano incentrate sull’obiettivo generale perseguito dalla direttiva «habitat», vale a dire il mantenimento e il ripristino di uno stato di conservazione soddisfacente. Tale problema sarebbe accentuato qualora, come nel caso di specie, le misure fossero sistematicamente anteriori alla fissazione degli obiettivi.

106    Detta istituzione nega, peraltro, qualsiasi contraddizione nella sua interpretazione. L’ordine imposto dalla direttiva «habitat» seguirebbe la formulazione degli articoli 4 e 6 di tale direttiva.

c)      Prassi costante e sistematica consistente nello stabilire misure di conservazione che non sono sufficientemente precise e che non consentono di far fronte a tutte le pressioni e minacce significative

107    Nel suo ricorso, la Commissione deduce che le misure di conservazione devono essere chiare e precise. Non sarebbero sufficienti misure generiche, misure di orientamento o misure che richiedono provvedimenti di esecuzione per la loro attuazione effettiva (sentenza del 17 dicembre 2020, Commissione/Grecia, C‑849/19, EU:C:2020:1047, punti 77 e 78 nonché giurisprudenza ivi citata).

108    Inoltre, l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva «habitat» prevederebbe anche un requisito qualitativo, vale a dire che tali misure devono consentire di far fronte a tutte le principali pressioni o minacce.

109    Nel caso di specie, le misure di conservazione adottate dall’Irlanda sarebbero, in modo sistematico e costante, non sufficientemente precise e dettagliate per far fronte a tutte le pressioni e le minacce significative.

110    La Commissione potrebbe, in forza dell’articolo 258 TFUE, far dichiarare che le disposizioni di una direttiva non sono state rispettate in quanto una prassi generalizzata contraria alle stesse sarebbe stata adottata dalle autorità di uno Stato membro, di cui le situazioni specifiche rappresenterebbero, eventualmente, l’esempio. (sentenza del 26 aprile 2005, Commissione/Irlanda, C‑494/01, EU:C:2005:250, punto 27).

111    Tale istituzione sostiene, sulla base di una valutazione qualitativa di un’ampia gamma di siti irlandesi oggetto di misure di conservazione esistenti, che le misure di conservazione in vigore nei siti irlandesi erano sistematicamente e costantemente di qualità insufficiente in quanto non sufficientemente precise e dettagliate, o che le stesse non erano sufficienti per far fronte a tutte le pressioni e minacce significative.

112    La Commissione illustra tali carenze sistemiche con una valutazione dettagliata incentrata su due tipi di habitat prioritari importanti che sono presenti in un’ampia gamma di siti irlandesi, vale a dire, da un lato, le lagune costiere nonché le torbiere di copertura e, dall’altro, una specie particolarmente minacciata, l’ostrica perlifera d’acqua dolce.

113    Tali esempi sarebbero rappresentativi e, di conseguenza, rivelatori di una violazione generale e costante da parte dell’Irlanda dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva «habitat». Essi riguarderebbero un gran numero di siti che sarebbero stati scelti in particolare a causa del loro stato di conservazione - sfavorevole o cattivo - rilevato nelle relazioni dell’Irlanda elaborate ai sensi dell’articolo 17 di tale direttiva e dell’importanza degli habitat e delle specie di cui trattasi, poiché, in particolare, l’Irlanda ospita gran parte delle torbiere di copertura e delle ostriche perlifere d’acqua dolce. Infine, la ripartizione geografica dei siti esaminati sarebbe rappresentativa della configurazione geografica della rete dei siti di importanza comunitaria e delle zone speciali di protezione in Irlanda.

114    La Commissione fornisce quindi, anzitutto, l’esempio delle lagune costiere, per le quali sarebbero state comunicate, in particolare, le misure di conservazione di «interramento» e di «immersione» nonché quella di «gestione dei livelli d’acqua». Tali misure non sarebbero sufficientemente specifiche in termini quantitativi e di indicazione dei soggetti responsabili o delle attività da attuare e non farebbero fronte in particolare alla pressione relativa all’inquinamento delle acque.

115    L’ampia gamma di pressioni su tale tipo di habitat e l’insufficienza di dette misure sarebbero confermate dalla relazione elaborata dall’Irlanda nel 2019 ai sensi della direttiva «habitat», secondo la quale lo stato delle lagune è cattivo e peggiora.

116    La Commissione fornisce poi l’esempio delle torbiere di copertura. Le misure di conservazione dei siti in questione sarebbero troppo generiche. In tale contesto, detta istituzione menziona elementi quali la «rimozione meccanica di torba», l’«estrazione di torba», l’«abbruciamento», il «disboscamento», il «pascolo», la «gestione forestale generale», la «gestione dei livelli d’acqua», «altre conseguenze connesse alle attività turistiche e ricreative», la «caccia», la «rimozione della boscaglia», la «rimozione/controllo delle specie vegetali», nonché la «posa di recinzioni».

117    Dalla relazione dell’Irlanda per il 2013 ai sensi della direttiva «habitat» risulterebbe che tali misure sono incentrate sulla minaccia rappresentata dal pascolo eccessivo, ma non fanno fronte sufficientemente alle altre pressioni e minacce significative gravanti sulle torbiere di copertura, quali, come risulta dalla relazione dell’Irlanda per il 2019, gli impianti eolici e altre infrastrutture, il taglio della torba, l’erosione, l’abbruciamento, il disboscamento, le attività agricole che comportano un deposito di azoto o il drenaggio. Tali relazioni indicherebbero che lo stato di tali torbiere è cattivo e peggiora.

118    La Commissione fornisce infine l’esempio dei siti di protezione dell’ostrica perlifera d’acqua dolce e ritiene che le misure di conservazione di tali siti facciano riferimento, in modo molto generico, agli «scarichi», allo «smaltimento dei rifiuti domestici», all’«inquinamento dell’acqua» o all’«irrigazione» senza prevedere misure di conservazione corredate da termini quantitativi, da soggetti responsabili o da calendari.

119    Inoltre, essa ritiene che tali misure non facciano fronte alle pressioni, individuate dall’Irlanda, derivanti dall’«inquinamento diffuso delle acque superficiali dovuto alle attività agricole e forestali», dall’«estrazione di acque superficiali per l’approvvigionamento pubblico di acqua», da «incendi» o dalla «piantagione forestale su terreni scoperti».

120    Le misure del progetto KerryLIFE, al quale l’Irlanda rinvia nella sua risposta al parere motivato supplementare della Commissione, sarebbero insufficienti, in particolare perché non pongono rimedio alle pressioni esercitate dalla silvicoltura sui siti in questione. L’Irlanda farebbe altresì riferimento al progetto di partenariato europeo per l’innovazione che riguarda sette siti di protezione dell’ostrica perlifera d’acqua dolce, ma non fornirebbe informazioni sul modo in cui le misure associate facciano fronte a ciascuna delle principali pressioni e minacce che la specie in questione si trova ad affrontare in tali siti.

121    La relazione elaborata dall’Irlanda per il 2019 ai sensi della direttiva «habitat» confermerebbe le pressioni esercitate su detti siti e dimostrerebbe l’insufficienza delle misure di conservazione di questi ultimi, poiché lo stato complessivo degli stessi è ivi ritenuto cattivo e «in peggioramento».

122    Nel suo controricorso, l’Irlanda riferisce, a titolo illustrativo, che sono stati elaborati piani di ripristino e di drenaggio specifici per ciascun sito per tutta la rete di torbiere alte dell’Irlanda designate come zone speciali di conservazione, tra cui 53 siti in questione, e misure di conservazione sono attualmente eseguite in tutta tale rete. Le misure di conservazione esposte in ciascun piano sarebbero concepite al fine di raggiungere, per ciascuna zona speciale di conservazione, gli scopi previsti dall’obiettivo di conservazione specifico del sito per l’habitat «torbiere alte attive» di cui all’allegato I della direttiva «habitat». Tali piani sarebbero attualmente in esecuzione sulla base di diverse parti del programma di conservazione delle torbiere alte.

123    Nella sua replica, la Commissione sostiene che le spiegazioni sommarie contenute nel controricorso e nei suoi allegati non dimostrano che le misure adottate siano sufficientemente precise e dettagliate per i tipi di habitat e le specie contemplati dalla presente censura. L’Irlanda non avrebbe precisato «chi fa che cosa, dove e quando», e se le misure adottate siano sufficienti per far fronte a tutte le pressioni e minacce essenziali.

124    Inoltre, tra i 6 siti di cui al punto 79 della presente sentenza, che fanno parte dei 79 siti per i quali l’Irlanda sostiene di aver adottato misure di conservazione complete, il sito Carrownagappul Bog SAC sarebbe uno dei siti di torbiere alte per i quali esistono piani di ripristino ancora soltanto allo stato di progetto e il sito Slieve Bloom Mountains riguarderebbe una torbiera di copertura, che necessita di un ripristino attivo e per la quale non è stato ancora elaborato alcun piano di ripristino.

125    L’assenza di misure di conservazione volte a far fronte ai problemi posti dalla silvicoltura nel bacino idrografico dei siti che ospitano ostriche perlifere d’acqua dolce sarebbe, dal canto suo, corroborata dall’ultima analisi scientifica sulla specie e sulla sua conservazione. Il progetto KerryLIFE sarebbe ivi criticato in quanto non ha consentito di ripristinare zone che sono state drenate per la silvicoltura.

126    Nella sua controreplica, l’Irlanda sottolinea il suo lavoro di miglioramento delle misure di conservazione. Tale Stato membro ritiene che l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva «habitat» non richieda che le misure di conservazione facciano necessariamente fronte a tutte le minacce e pressioni gravanti su un sito in un determinato momento.

127    Nella sua memoria di intervento, la Repubblica federale di Germania contesta il livello di esaustività e di precisione richiesto dalla Commissione e si oppone alla presa in considerazione delle relazioni elaborate dall’Irlanda ai sensi dell’articolo 17 della direttiva «habitat» al fine di provare tale inadempimento.

128    Quanto al carattere esaustivo delle misure, sarebbe talvolta possibile, attraverso un mero divieto generale di commettere atti nocivi, prevenire tutti i principali rischi e minacce. Esigere in via generale che misure specifiche e apposite per ciascuna zona siano sempre adottate per ciascuna minaccia o per ciascuna specie o habitat naturale rientrerebbe nel puro formalismo.

129    Per quanto riguarda il livello di precisione, tale Stato membro ritiene che non si debba dedurre dall’obbligo di misure di conservazione chiare e precise che queste ultime debbano sempre comportare obiettivi quantitativi, termini per operare o specificare «chi fa che cosa, dove e quando».

130    Infatti, dalla sentenza del 10 maggio 2007, Commissione/Austria (C‑508/04, EU:C:2007:274, punto 76), risulterebbe che la direttiva «habitat» impone l’adozione di misure di conservazione necessarie e limita le eventuali facoltà regolamentari o decisionali delle autorità nazionali ai mezzi da impiegare ed alle scelte tecniche da operare nell’ambito delle dette misure. Inoltre, nella sentenza del 14 ottobre 2010, Commissione/Austria (C‑535/07, EU:C:2010:602, punto 60), relativa alla direttiva «uccelli», la Corte avrebbe dichiarato che tale direttiva, vincolando ogni Stato membro cui è rivolta per quanto riguarda il risultato da raggiungere, affida agli organi nazionali la competenza in merito alla forma e ai mezzi di attuazione di detta direttiva.

131    Per quanto riguarda l’utilizzo delle relazioni elaborate dall’Irlanda ai sensi dell’articolo 17 della direttiva «habitat», la Repubblica federale di Germania sottolinea che tali relazioni si riferiscono non già specificamente alla situazione dei siti di cui trattasi, bensì a quella dell’intero territorio in questione. Pertanto, non sarebbe consentito trarne una conclusione sull’efficacia delle misure adottate nei siti di cui trattasi.

132    Inoltre, gli sviluppi osservati in tali relazioni potrebbero derivare dal fatto che si tratta di popolazioni e di ecosistemi naturali con una fluttuazione talvolta elevata – dovuta alla natura – o una dinamica propria, dinamica che potrebbe inoltre essere rafforzata, accompagnata o ostacolata da diverse influenze antropiche, che non possono essere sempre compensate da misure specifiche per le zone protette.

133    Nella sua comparsa di risposta alla memoria di intervento della Repubblica federale di Germania, la Commissione afferma che è certamente possibile che una misura di conservazione si applichi a vari elementi se questi ultimi hanno esigenze ecologiche simili. Tuttavia, il problema riguardante numerosi siti irlandesi sarebbe stato il fatto che l’Irlanda avrebbe comunicato, riguardo a numerosi siti, le misure solo per un sottoinsieme degli elementi pertinenti.

134    Inoltre, la Commissione sostiene che il margine di discrezionalità lasciato agli Stati membri per i mezzi di attuazione delle misure di conservazione sarebbe limitato. Anzitutto, dall’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva «habitat» risulterebbe che le misure di conservazione devono far fronte a tutte le principali pressioni o minacce che possono incidere sui tipi di habitat e sulle specie esistenti nel sito. Le misure di conservazione dovrebbero poi essere chiare e precise. Infine, la Corte avrebbe stabilito che le misure di conservazione non sarebbero sufficienti qualora fossero di natura generica e orientativa o qualora richiedessero provvedimenti di esecuzione per la loro effettiva attuazione [sentenze del 5 settembre 2019, Commissione/Portogallo (Designazione e protezione delle zone speciali di conservazione), C‑290/18, EU:C:2019:669, punto 55, nonché del 17 dicembre 2020, Commissione/Grecia, C‑849/19, EU:C:2020:1047, punto 82]. La qualità delle misure di conservazione, compresa la loro precisione, non sarebbe quindi lasciata alla libera valutazione degli Stati membri.

135    Peraltro, la relazione elaborata ai sensi dell’articolo 17 della direttiva «habitat» indicherebbe che lo stato di conservazione per i tipi di habitat «lagune costiere» e «torbiere di copertura», nonché per una specie particolarmente minacciata, l’ostrica perlifera d’acqua dolce, registrerebbero una tendenza «in peggioramento» all’interno della rete Natura 2000. Essa si riferirebbe quindi espressamente alla situazione nelle zone Natura 2000.

2.      Giudizio della Corte

a)      Osservazioni preliminari

136    In via preliminare, occorre ricordare che l’articolo 6 della direttiva «habitat» sottopone gli Stati membri a una serie di obblighi e prevede procedure specifiche intese ad assicurare, come emerge dall’articolo 2, paragrafo 2, della medesima direttiva, il mantenimento o, all’occorrenza, il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, degli habitat naturali e delle specie di flora e fauna selvatiche di interesse per l’Unione, al fine di conseguire l’obiettivo più generale della suddetta direttiva che è quello di garantire un livello elevato di tutela dell’ambiente per quanto riguarda i siti protetti in forza della stessa (sentenza del 7 novembre 2018, Holohan e a., C‑461/17, EU:C:2018:883, punto 30, nonché giurisprudenza ivi citata).

137    In particolare, in forza dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva «habitat», per ciascuna zona speciale di conservazione, gli Stati membri devono stabilire le misure di conservazione necessarie che siano conformi alle esigenze ecologiche dei tipi di habitat naturali di cui all’allegato I di tale direttiva e delle specie di cui all’allegato II della medesima presenti nel sito interessato [sentenza del 17 aprile 2018, Commissione/Polonia (Foresta di Białowieża), C‑441/17, EU:C:2018:255, punto 207].

138    Gli obblighi che incombono agli Stati membri ai sensi dell’articolo 6 della direttiva «habitat», compreso l’obbligo di adottare le misure di conservazione necessarie previsto al paragrafo 1 di tale articolo, devono essere adempiuti in modo efficace e mediante misure complete, chiare e precise [sentenza del 5 settembre 2019, Commissione/Portogallo (Designazione e protezione delle zone speciali di conservazione) C‑290/18, EU:C:2019:669, punto 53 e giurisprudenza ivi citata].

139    Nel caso di specie, occorre rilevare che, come constatato al punto 56 della presente sentenza, l’Irlanda non ha designato come zone speciali di conservazione, il più rapidamente possibile e entro un termine massimo di sei anni, 217 dei 423 siti di importanza comunitaria di cui trattasi. Orbene, le misure di conservazione necessarie, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva «habitat», devono essere stabilite e attuate nell’ambito di tali zone speciali di conservazione [v., in tal senso, sentenza del 5 settembre 2019, Commissione/Portogallo (Designazione e protezione delle zone speciali di conservazione), C‑290/18, EU:C:2019:669, punto 52].

140    La circostanza che l’Irlanda sia venuta meno all’obbligo derivante dall’articolo 4, paragrafo 4, della direttiva «habitat» di designare come zone speciali di conservazione i siti di importanza comunitaria di cui trattasi non la sottrae, per quanto riguarda gli stessi siti, all’obbligo di stabilire le misure di conservazione necessarie, conformemente all’articolo 6, paragrafo 1, di detta direttiva e a un accertamento di inadempimento in caso di violazione di quest’ultimo obbligo [v., in tal senso, sentenza del 5 settembre 2019, Commissione/Portogallo (Designazione e protezione delle zone speciali di conservazione), C‑290/18, EU:C:2019:669, punti da 52 a 54].

b)      Siti che non sono oggetto di alcuna misura di conservazione o che sono oggetto di misure di conservazione incomplete

141    Ciò precisato, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante relativa all’onere della prova nell’ambito di un procedimento per inadempimento ai sensi dell’articolo 258 TFUE, spetta alla Commissione dimostrare l’esistenza del presunto inadempimento. Ad essa incombe l’onere di fornire alla Corte gli elementi necessari alla verifica, da parte di quest’ultima, dell’esistenza di tale inadempimento, senza potersi basare su una qualunque presunzione [sentenza del 2 settembre 2021, Commissione/Svezia (Impianti di trattamento), C‑22/20, EU:C:2021:669, punto 143 e giurisprudenza ivi citata].

142    Tuttavia, gli Stati membri sono tenuti, a norma dell’articolo 4, paragrafo 3, TUE, ad assistere la Commissione nello svolgimento del suo compito, che consiste, segnatamente, ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, TUE, nel vigilare sull’applicazione delle disposizioni del Trattato FUE nonché delle misure adottate dalle istituzioni in forza di quest’ultimo. In particolare, si deve tener conto del fatto che, nel verificare la corretta applicazione pratica delle disposizioni nazionali destinate a garantire la concreta attuazione di una direttiva, la Commissione, che non dispone di propri poteri di indagine in materia, dipende in ampia misura dagli elementi forniti da eventuali denuncianti nonché dallo Stato membro interessato [sentenza del 2 settembre 2021, Commissione/Svezia (Impianti di trattamento), C‑22/20, EU:C:2021:669, punto 144 e giurisprudenza ivi citata].

143    Ne discende, in particolare, che, quando la Commissione fornisce elementi sufficienti a dimostrare determinati fatti, spetta allo Stato membro contestare in modo sostanziale e dettagliato i dati forniti dalla Commissione (sentenza del 26 aprile 2005, Commissione/Irlanda, C‑494/01, EU:C:2005:250, punto 44).

144    Nel caso di specie, la Commissione ha sostenuto che l’Irlanda non le ha comunicato alcuna misura di conservazione riguardo a 230 siti sui 423 siti di importanza comunitaria di cui trattasi. Inoltre, sulla base del confronto di cui al punto 71 della presente sentenza, essa deduce che, tra i 193 siti rimanenti per i quali esisterebbero misure di conservazione, 149 siti non sono oggetto di misure complete, che si applicano a ciascuna specie e a ciascun tipo di habitat presenti in modo significativo.

145    In risposta a tale argomento, da un lato, l’Irlanda sostiene che le misure di conservazione sono attuate attraverso dieci programmi nazionali elaborati in funzione dei tipi di habitat e delle specie, nonché mediante il regolamento di attuazione, il quale prevede una previa autorizzazione per l’esercizio di un’attività che può avere conseguenze significative o negative o danneggiare un sito di importanza comunitaria.

146    Dall’altro lato, tale Stato membro riferisce di aver adottato misure di conservazione complete per 79 dei siti di importanza comunitaria di cui trattasi.

147    A tal proposito, in primo luogo, per quanto riguarda detto regolamento di attuazione, occorre ricordare che l’articolo 6 della direttiva «habitat» ripartisce le misure in tre categorie, ossia in misure di conservazione, misure di prevenzione e misure di compensazione, rispettivamente previste ai paragrafi 1, 2 e 4 di detto articolo (sentenza del 21 luglio 2016, Orleans e a., C‑387/15 e C‑388/15, EU:C:2016:583, punto 33).

148    I paragrafi 2 e 3 dell’articolo 6 della direttiva «habitat» prevedono rispettivamente l’obbligo di evitare il degrado dei siti e l’opportuna valutazione dei piani e dei progetti che possono avere incidenze significative sui siti. L’obiettivo di tali due paragrafi consiste quindi nel proteggere i siti dal degrado.

149    Ai fini dell’attuazione dell’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva «habitat», può essere necessario adottare sia misure dirette ad ovviare ai danni e alle perturbazioni provenienti dall’esterno e causati dall’uomo, sia misure per neutralizzare evoluzioni naturali che potrebbero comportare un degrado dello stato di conservazione delle specie e degli habitat naturali nelle zone speciali di conservazione (sentenza del 20 ottobre 2005, Commissione/Regno Unito, C‑6/04, EU:C:2005:626, punto 34).

150    Le misure di conservazione di cui all’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva «habitat» non possono, a maggior ragione, in linea di principio, limitarsi alle misure destinate ad ovviare ai danni e alle perturbazioni provenienti dall’esterno e causati dall’uomo e dovrebbero comprendere, se necessario, le misure proattive positive per il mantenimento o il ripristino del sito in uno stato di conservazione.

151    Ciò premesso, si deve constatare che il regolamento di attuazione, che si limita a prevedere una previa autorizzazione per l’esercizio di un’attività che può avere conseguenze significative o negative o danneggiare un sito di importanza comunitaria, non è sufficiente per soddisfare gli obblighi di cui all’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva «habitat».

152    Per quanto riguarda, in secondo luogo, i 10 programmi nazionali elaborati dall’Irlanda in funzione dei tipi di habitat e delle specie, nonché l’elenco di 79 siti per i quali tale Stato membro sostiene di aver adottato misure di conservazione complete, occorre rilevare, sotto un primo profilo, che le informazioni presentate alla Corte da tale Stato membro non sono sufficienti per confutare l’argomento della Commissione secondo cui non esistono misure di conservazione per i 230 siti oggetto della presente censura.

153    Sotto un secondo profilo, le informazioni presentate alla Corte dall’Irlanda non consentono di accertare che le misure adottate da tale Stato membro includano, per tutti i 193 siti di cui al punto 144 della presente sentenza e oltre ai 44 siti per i quali la Commissione lo riconosce, sistematicamente misure di conservazione stabilite in funzione delle esigenze ecologiche di ciascuna specie e di ciascun tipo di habitat presenti in tali siti. Orbene, l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva «habitat» esige che le misure di conservazione siano stabilite in funzione delle esigenze ecologiche di ciascuna specie e di ciascun tipo di habitat presenti in ciascuno dei siti di importanza comunitaria di cui trattasi [v., in tal senso, sentenza del 5 settembre 2019, Commissione/Portogallo (Designazione e protezione delle zone speciali di conservazione), C‑290/18, EU:C:2019:669, punto 55].

154    Pertanto, occorre dichiarare che detto Stato membro è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva «habitat», da un lato, non avendo adottato le misure di conservazione per 230 dei 423 siti in questione e, dall’altro, non avendo adottato le misure di conservazione complete per 149 dei 193 siti restanti.

c)      Siti che sono oggetto di misure di conservazione non basate sugli obiettivi di conservazione

155    Come risulta dalla giurisprudenza della Corte, gli Stati membri sono tenuti a stabilire le misure di conservazione necessarie e conformi alle esigenze ecologiche, la cui individuazione presuppone la fissazione degli obiettivi di conservazione (v., in tal senso, sentenza del 17 dicembre 2020, Commissione/Grecia, C‑849/19, EU:C:2020:1047, punto 49).

156    La Corte ha dichiarato che la fissazione degli obiettivi di conservazione costituisce un presupposto necessario nell’ambito della definizione delle priorità e delle misure di conservazione (v., in tal senso, sentenza del 17 dicembre 2020, Commissione/Grecia , C‑849/19, EU:C:2020:1047, punto 50).

157    Ne consegue che la fissazione degli obiettivi di conservazione è una fase obbligatoria e necessaria tra la designazione delle zone speciali di conservazione e l’attuazione delle misure di conservazione (sentenza del 17 dicembre 2020, Commissione/Grecia, C‑849/19, EU:C:2020:1047, punto 52).

158    È pur vero che, come risulta dai punti da 64 a 70 della presente sentenza e dalla sentenza del 17 dicembre 2020 Commissione/Grecia (C‑849/19, EU:C:2020:1047, punti da 42 a 61), la mancata adozione da parte di uno Stato membro di obiettivi di conservazione specifici e precisi deve essere considerata un inadempimento degli obblighi incombenti a tale Stato ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 4, della direttiva «habitat».

159    Tuttavia, come rilevato in sostanza dall’avvocato generale nei paragrafi da 85 a 88 delle sue conclusioni, l’articolo 6, paragrafo 1, di tale direttiva non richiede che le misure di conservazione siano adottate necessariamente dopo la fissazione degli obiettivi di conservazione.

160    Resta nondimeno il fatto che, anche nel caso in cui detti obiettivi siano definiti dopo l’adozione delle misure di conservazione, è necessario che dette misure siano conformi a tali obiettivi.

161    Orbene, nella presente causa, per quanto riguarda i 44 siti che, secondo la Commissione, sono stati oggetto di misure di conservazione complete, essa non ha dimostrato che le misure di conservazione concrete, adottate dall’Irlanda, non corrispondessero a obiettivi di conservazione fissati successivamente all’adozione di tali misure.

162    Ciò premesso, si deve constatare che il solo fatto di aver adottato misure di conservazione per i siti di importanza comunitaria di cui trattasi prima di aver definito gli obiettivi di conservazione non costituisce una violazione dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva «habitat», cosicché la Commissione non ha dimostrato, per i 44 siti in questione, che le misure di conservazione adottate non fossero conformi alle prescrizioni di detta disposizione.

d)      Prassi costante e sistematica consistente nello stabilire misure di conservazione che non sono sufficientemente precise e che non consentono di far fronte a tutte le pressioni e minacce significative

163    Si deve rammentare che la direttiva «habitat» impone l’adozione di misure di conservazione necessarie, il che esclude ogni margine discrezionale in materia degli Stati membri e limita le eventuali facoltà regolamentari o decisionali delle autorità nazionali ai mezzi da impiegare ed alle scelte tecniche da operare nell’ambito delle dette misure (sentenza del 10 maggio 2007, Commissione/Austria, C‑508/04, EU:C:2007:274, punto 76).

164    Nel caso di specie, la Commissione fornisce, a titolo illustrativo, tre esempi che comprendono, a suo avviso, un’ampia gamma di siti, e che si riferiscono a due tipi di habitat prioritari, vale a dire le lagune costiere e le torbiere di copertura, nonché a una specie prioritaria, ossia l’ostrica perlifera d’acqua dolce, per dimostrare che le misure di conservazione adottate e applicate in Irlanda sono, in modo sistematico e costante, di qualità insufficiente, in quanto non sufficientemente precise e dettagliate, o in quanto inadeguate a far fronte a tutte le pressioni e minacce significative.

165    A tal proposito, occorre ricordare che, fatto salvo l’obbligo della Commissione di adempiere, in entrambi i casi, all’onere della prova su di essa gravante, nulla vieta a quest’ultima, a priori, di perseguire simultaneamente l’accertamento di inadempimenti a talune disposizioni della direttiva in base all’atteggiamento adottato dalle autorità di uno Stato membro con riferimento a situazioni concrete, specificamente identificate, e l’accertamento di inadempimenti a tali disposizioni derivanti dall’adozione, da parte di tali autorità, di una prassi generalizzata contraria alle stesse, di cui le situazioni specifiche citate rappresenterebbero, eventualmente, l’esempio (sentenza del 26 aprile 2005, Commissione/Irlanda, C‑494/01, EU:C:2005:250, punto 27).

166    Quando la Commissione ha fornito elementi sufficienti da cui risulti che le autorità di uno Stato membro hanno sviluppato una prassi reiterata e persistente contraria alle disposizioni di una direttiva, spetta a tale Stato membro contestare in modo sostanziale e dettagliato i dati in tal modo forniti nonché le conseguenze che ne derivano (sentenza del 26 aprile 2005, Commissione/Irlanda, C‑494/01, EU:C:2005:250, punto 47).

167    Allo stesso tempo, alla luce dell’onere che le incombe di provare l’inadempimento dedotto, la Commissione non può, con il pretesto di addebitare allo Stato membro interessato un inadempimento generale e costante degli obblighi ai quali quest’ultimo è tenuto in forza del diritto dell’Unione, dispensarsi dall’assolvere tale onere di provare l’inadempimento addebitato sulla base di elementi concreti che caratterizzano la violazione delle disposizioni specifiche che essa deduce e basarsi su semplici presunzioni o causalità schematiche [v., in tal senso, sentenza del 5 settembre 2019, Commissione/Italia (Batterio Xylella fastidiosa), C‑443/18, EU:C:2019:676, punto 80].

168    Il presente ricorso verte su 423 siti di importanza comunitaria della regione biogeografica atlantica.

169    Detta regione è caratterizzata da un gran numero di siti oggetto della censura sollevata dalla Commissione e, come risulta dal fascicolo di cui dispone la Corte, da una notevole diversità delle specie e degli habitat presenti in tali siti.

170    In tal caso, tenuto conto della giurisprudenza citata al punto 167 della presente sentenza, spetta alla Commissione dimostrare, come ha rilevato in sostanza l’avvocato generale al paragrafo 106 delle sue conclusioni, che gli esempi di specie e di habitat forniti da tale istituzione a sostegno della censura volta a far dichiarare un inadempimento generale e costante degli obblighi derivanti dalla direttiva «habitat» sono rappresentativi di tutti i siti di importanza comunitaria di cui trattasi.

171    Orbene, nella presente causa, la Commissione non ha soddisfatto l’onere della prova di cui al punto precedente.

172    È pur vero che, nel suo ricorso, la Commissione ha sostenuto che, alla scadenza del termine fissato nel parere motivato supplementare, essa ha ritenuto, sulla base di una valutazione qualitativa di un’ampia gamma di siti irlandesi oggetto di misure di conservazione esistenti, che le misure di conservazione in vigore fossero sistematicamente e costantemente di qualità insufficiente in quanto non erano sufficientemente precise e dettagliate, o che tali misure non fossero sufficienti per far fronte a tutte le pressioni e minacce significative.

173    Tuttavia, né nel ricorso né nella replica la Commissione ha adeguatamente dimostrato, mediante argomenti e dati sufficientemente precisi, chiari e dettagliati, che gli esempi da essa forniti a titolo illustrativo, vale a dire, nel caso di specie, le lagune costiere, le torbiere di copertura, nonché l’ostrica perlifera d’acqua dolce, siano rappresentativi per tutti i siti di importanza comunitaria di cui trattasi.

174    In particolare, per quanto concerne l’affermazione della Commissione, secondo cui la ripartizione geografica dei siti esaminati rappresenta la configurazione geografica della rete dei siti di importanza comunitaria e delle zone speciali di conservazione in Irlanda, occorre osservare che la Commissione rinvia al riguardo agli allegati A.21 e A.22 del suo ricorso che contengono mappe dell’Irlanda. Orbene, l’esame di tali mappe non consente di per sé, in mancanza di un’interpretazione da parte della Commissione dei dati ivi contenuti, presentata nel ricorso in modo preciso, dettagliato ed esaustivo, di trarre una conclusione per quanto riguarda la questione di quanto i tre esempi menzionati al punto precedente possano essere considerati rappresentativi per l’insieme dei siti di importanza comunitaria di cui trattasi.

175    Ciò premesso, l’argomento della Commissione secondo cui le misure di conservazione attuate dall’Irlanda erano in modo generale, sistematico e costante di qualità insufficiente in quanto non sufficientemente precise e dettagliate, oppure in quanto non sufficienti a far fronte a tutte le pressioni e le minacce significative, non può essere accolto.

176    Di conseguenza, la terza censura è fondata solo nei limiti in cui l’Irlanda non ha adottato le misure di conservazione necessarie e conformi alle esigenze ecologiche dei tipi di habitat naturali di cui all’allegato I e delle specie di cui all’allegato II della direttiva «habitat» per i 423 siti di importanza comunitaria di cui trattasi.

177    Alla luce di tutte le precedenti considerazioni, si deve dichiarare che:

–        non avendo designato come zone speciali di conservazione, il più rapidamente possibile e entro un termine massimo di sei anni, 217 dei 423 siti di importanza comunitaria di cui trattasi, l’Irlanda è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 4, paragrafo 4, della direttiva «habitat»;

–        non avendo definito obiettivi dettagliati di conservazione specifici per ciascun sito riguardo a 140 dei 423 siti di importanza comunitaria di cui trattasi, l’Irlanda è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 4, paragrafo 4, della direttiva «habitat»;

–        non avendo adottato le misure di conservazione necessarie e conformi alle esigenze ecologiche dei tipi di habitat naturali di cui all’allegato I e delle specie di cui all’allegato II della direttiva «habitat» presenti nei 423 siti di importanza comunitaria di cui trattasi, l’Irlanda è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 6, paragrafo 1, di tale direttiva.

178    Il ricorso è respinto quanto al resto.

 Sulle spese

179    Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. L’Irlanda, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese, conformemente alla domanda della Commissione.

180    Conformemente all’articolo 140, paragrafo 1, del regolamento di procedura, secondo il quale gli Stati membri intervenuti nella causa si fanno carico delle proprie spese, la Repubblica federale di Germania si farà carico delle proprie spese.

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara e statuisce:

1)      Non avendo designato come zone speciali di conservazione, il più rapidamente possibile e entro un termine massimo di sei anni, 217 dei 423 siti di importanza comunitaria inseriti nell’elenco di cui alla decisione 2004/813/CE della Commissione, del 7 dicembre 2004, che stabilisce, ai sensi della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, l’elenco di siti di importanza comunitaria per la regione biogeografica atlantica, aggiornato dalla decisione 2008/23/CE della Commissione, del 12 novembre 2007, che stabilisce, ai sensi della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, un primo elenco aggiornato di siti di importanza comunitaria per la regione biogeografica atlantica, e dalla decisione 2009/96/CE della Commissione, del 12 dicembre 2008, che adotta, ai sensi della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, un secondo elenco aggiornato di siti di importanza comunitaria per la regione biogeografica atlantica, l’Irlanda è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 4, paragrafo 4, della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, come modificata dalla direttiva 2013/17/UE del Consiglio, del 13 maggio 2013.

2)      Non avendo definito obiettivi dettagliati di conservazione specifici per ciascun sito riguardo a 140 dei 423 siti di importanza comunitaria di cui al punto 1 del dispositivo, l’Irlanda è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 4, paragrafo 4, della direttiva 92/43, come modificata dalla direttiva 2013/17.

3)      Non avendo adottato le misure di conservazione necessarie e conformi alle esigenze ecologiche dei tipi di habitat naturali di cui all’allegato I e delle specie di cui all’allegato II della direttiva 92/43, come modificata dalla direttiva 2013/17, presenti nei 423 siti di importanza comunitaria di cui al punto 1 del dispositivo, l’Irlanda è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 92/43, come modificata.

4)      Il ricorso è respinto quanto al resto.

5)      L’Irlanda si fa carico, oltre che delle proprie spese, di quelle sostenute dalla Commissione europea.

6)      La Repubblica federale di Germania si fa carico delle proprie spese.

Firme