TAR Friuli VG Sez. I n. 102 del 13 marzo 2020
Ambiente in genere.VIA di competenza regionale
 
La diretta efficacia dell’art. 27-bis del D. Lgs. n. 152 del 2006 (introdotto dall’art. 16, 2° co. del D. Lgs. n. 104 del 2017), rispetto alle istanze inoltrate agli organi della Regione, risulta subordinata, a norma del successivo art. 23, 4° co., al mancato adeguamento dell’ordinamento regionale nel termine perentorio di 120 giorni dall’entrata in vigore delle nuove disposizioni. Prescrive infatti l'art. 23, 4° co.: “le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano adeguano i propri ordinamenti esercitando le potestà normative di cui all'articolo 7-bis, comma 8, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, come introdotto dall'articolo 5 del presente decreto, entro il termine perentorio di centoventi giorni dall'entrata in vigore del presente decreto. Decorso inutilmente il suddetto termine, in assenza di disposizioni regionali o provinciali vigenti idonee allo scopo, si applicano i poteri sostitutivi di cui all'articolo 117, quinto comma, della Costituzione, secondo quanto previsto dagli articoli 41 e 43 della legge 24 dicembre 2012, n. 234”. Considerato, dunque, che il D. Lgs. n. 104 del 2017 è entrato in vigore dal 21 luglio 2017, la possibilità per le Regioni di adeguare i propri ordinamenti è venuta a scadere non prima del 21 novembre 2017.

Pubblicato il 13/03/2020

N. 00102/2020 REG.PROV.COLL.

N. 00310/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 310 del 2018, proposto da
Comune di Pradamano, in persona del sindaco - legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Simonetta Rottin e Nausicaa De Nicolo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Regione Friuli Venezia Giulia, in persona del presidente - legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Beatrice Croppo e Ettore Volpe, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso gli uffici dell’Avvocatura della Regione Regione Friuli Venezia Giulia, in Trieste, piazza Unità D'Italia 1;

nei confronti

Consorzio Estrazione Inerti F.V.G. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Adriana Battistutta e Mauro Dolegna, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

(a) della delibera G.R. n. 1041 dd. 30/05/2018 (pubblicata sul BUR in data 20/06/2018), recante il parere di compatibilità ambientale con prescrizioni sul progetto di coltivazione e ripristino della cava denominata S. Martino (Remanzacco);

(b) della nota regionale n. 0044079/P del 03/09/2018 recante il diniego alla richiesta di annullamento in autotutela pervenuta all'amministrazione comunale di Pradamano in pari data;

(c) di ogni altro provvedimento presupposto, connesso o conseguenziale a quelli impugnati, anche non noto al ricorrente.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Fvg e di Consorzio Estrazione Inerti F.V.G. S.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 dicembre 2019 il dott. Nicola Bardino e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il Comune ricorrente impugna la deliberazione della Giunta Regionale n. 1041 del 2018, in epigrafe descritta, con la quale è stato approvato il parere di compatibilità ambientale con prescrizioni sul progetto, presentato dalla controinteressata società Consorzio Estrazione Inerti F.V.G. S.r.l., di coltivazione e ripristino della cava denominata S. Martino (sita nel vicino Comune di Remanzacco, località Prati). Censura inoltre il provvedimento regionale con il quale è stata respinta la richiesta di annullamento in autotutela del suddetto parere.

Segnala che il progetto recherebbe un forte impatto negativo sul territorio comunale e si duole, in ragione di tale rilievo, di non essere stato individuato dalla Regione nel procedimento di valutazione impatto ambientale.

2. Ricorda di avere prodotto le proprie osservazioni e, con esse, di avere fatto presente “che l’apertura della nuova cava avrebbe comportato un notevole incremento del traffico dei mezzi pesanti lungo le vie Mazzini, Pertini e Cussignacco del medesimo comune ove sono presenti edifici residenziali, esercizi commerciali e produttivi”.

Precisa di avere inoltre chiesto di specificare “l’impatto del traffico potenzialmente insostenibile per il proprio territorio e soprattutto che i contenuti progettuali della succitata TAV. 7 VIABILITA’ E TRAFFICO, abbiano natura prescrittiva in sede di autorizzazione dell’intervento in relazione all’uso dei tracciati ivi indicati”, con particolare riferimento all’attraversamento del guado sul torrente Malina.

3. Con la deliberazione oggetto del gravame venivano recepite le integrazioni rese su tali punti controversi dal soggetto proponente, e previsto, in sede di parere di compatibilità ambientale, l’”obbligo, a carico dei conducenti dei mezzi pesanti, di percorrere il guado sul torrente Malina al fine di evitare l’attraversamento del centro abitato di Pradamano”.

Il Comune, tuttavia, riteneva inadeguata tale prescrizione sostenendo, anche per la supposta inidoneità statica del guado a sostenere il traffico veicolare, che essa sarebbe risultata incongrua rispetto allo scopo di prevenire gli effetti pregiudizievoli derivanti dall’apertura della cava: chiedeva conseguentemente l’annullamento in autotutela della suddetta deliberazione. Quest’ultima istanza era però rigettata.

4. Nel presente giudizio, sono ora sostanzialmente riproposti i rilievi emersi nel corso del procedimento.

L’Amministrazione comunale, sottolineando la speciale incidenza che si andrebbe a produrre sulla propria viabilità a causa dell’apertura della cava e della contestuale inutilizzabilità del guado, deduce un unico articolato motivo, rubricato come segue: “Violazione e falsa applicazione degli artt. 14 e 14 ter l. 241/1990, art. 27 bis d.lgs. n. 152/2006, art. 22 l.r. 7/2000 e art. 37 l.r. 12/2016 siccome interpretato dall’art. 4 l.r. 20/2018; nonché eccesso di potere per carenza/difetto di motivazione e di istruttoria”.

4.1 Pur circoscrivendo il proprio interesse al solo profilo attinente all’impegno della viabilità locale da parte dei mezzi pesanti diretti alla cava, il Comune contesta la violazione dell’art. 37 1° co. lett. c), L.R. 12 del 2016, in quanto il consorzio non avrebbe potuto chiedere il rilascio dell’autorizzazione all’apertura di una nuova cava fino all’approvazione (non ancora intervenuta) del Piano Regionale per le Attività Estrattive; in mancanza della pianificazione di settore, non sarebbe stato possibile neppure avviare il procedimento di Valutazione di Impatto Ambientale. Analogo vizio (punto 1.2) affliggerebbe il diniego opposto all’istanza di autotutela, in quanto la Regione non si sarebbe avveduta della circostanza che “la procedura di VIA conclusasi col provvedimento impugnato in realtà non poteva nemmeno essere avviata in considerazione del divieto dell’art. 37 sopra riportato (lungi dall’essere stato rispettato), non essendo riconducibile alle ipotesi di deroga previste dal comma 3 che fa riferimento a “progetti (già) in istruttoria (anche) presso il servizio regionale competente in materia di VIA”.

4.2 Contesta inoltre che il procedimento finalizzato al rilascio della VIA avrebbe dovuto essere istruito nell’ambito di un'unica conferenza di servizi (in modalità sincrona) avente ad oggetto il rilascio del titolo autorizzatorio, il quale, tuttavia, non avrebbe potuto essere formato non essendo stato approvato il Piano Regionale per le Attività Estrattive (1.3).

4.3 Censura, da ultimo, l’istruttoria del procedimento, segnalando l’inadeguatezza statica del guado sul torrente Malina, indicato come parte della viabilità alternativa utilizzata per raggiungere la cava (1.4).

5. Costituitesi in giudizio, la Regione e la società Consorzio Estrazioni Inerti F.V.G. hanno resistito al ricorso, chiedendone la reiezione.

6. Infine, chiamata all’udienza pubblica del 4 dicembre 2019, la causa è passata in decisione.

7. Il ricorso è infondato.

7.1 Con il primo rilievo, viene sostanzialmente contestato che l’art. 37, 1° co., lett. c), L.R. n. 12 del 2016, vieterebbe la presentazione di domande di autorizzazione prima che il PRAE sia divenuto efficace, condizione che non si era in effetti verificata; ciò, a detta del Comune, avrebbe impedito di avviare legittimamente il procedimento di VIA.

7.1.1 Tale assunto non può essere condiviso. Deve essere innanzitutto ricordato che la disposizione richiamata, la quale non ammette “la presentazione di domande di autorizzazione all'esercizio dell'attività estrattiva” “nelle more dell'assunzione di efficacia del PRAE”, non preclude testualmente la presentazione di istanze volte al preliminare rilascio della valutazione di impatto ambientale, se collocate al di fuori del procedimento autorizzativo.

7.1.2 Va poi soggiunto che il successivo 3° comma sancisce espressamente che “le disposizioni del comma 1, lettera c), non si applicano ai progetti delle attività estrattive in istruttoria all'entrata in vigore della presente legge presso la struttura regionale competente in materia di valutazioni ambientali o presso la struttura regionale competente in materia di attività estrattive”.

Sulla portata applicativa di tale disposizione, l’art. 4, 7° co., L.R. n. 20 del 2018, come da ultimo modificato dall’art. 11 della L.R. n. 6 del 2019, ha peraltro chiarito, in via di interpretazione autentica, che “l’articolo 37, comma 3, della legge regionale 15 luglio 2016, n. 12 (Disciplina organica delle attività estrattive), si interpreta nel senso che per progetti delle attività estrattive in istruttoria alla data di entrata in vigore della legge regionale 12/2016 si intendono i progetti che erano oggetto di procedimento in corso al momento di entrata in vigore della legge regionale 12/2016 e la cui istruttoria non si sia successivamente conclusa, con una valutazione di impatto ambientale negativa o con il diniego dell'autorizzazione all'attività estrattiva, nonché i progetti per i quali, al momento dell'entrata in vigore della legge regionale 12/2016, era già intervenuta la valutazione di impatto ambientale positiva”.

Pertanto, preso atto che la richiamata disciplina regionale è entrata in vigore il 21 luglio 2016 (il giorno successivo alla pubblicazione sul BUR – cfr. art. 41), ossia dopo l’avvenuta formulazione (20 giugno 2016), da parte del Consorzio Estrazione Inerti, della richiesta di verifica di assoggettabilità a VIA, di cui all’art. 20, D. Lgs. n. 152 del 2006 (cfr. doc. 1 della Regione) e comunque dopo l’avvio del relativo procedimento mediante la pubblicazione sul sito web regionale (30 giugno 2016 – cfr. doc. 2 della Regione), si deve concludere che la fattispecie in esame (qualificabile come “procedimento in corso”) risulta chiaramente assoggettata alla norma transitoria, introdotta dall’art. 37, 3° co., L.R. n. 12 del 2016 nel senso indicato dall’art. 4, 7° co., L.R. n. 20 del 2018, e come tale sottratta al divieto, introdotto soltanto a regime, di trattazione delle istanze di esercizio dell’attività estrattiva nelle more dell’assunzione di efficacia del PRAE.

7.1.3 Non può inoltre essere condiviso l’argomento, esposto dal Comune ricorrente, secondo cui l’art. 4, 7° co. della L.R. n. 20 del 2018 non sarebbe suscettibile di applicazione nella fattispecie, perché entrato in vigore soltanto “il 16 agosto 2018 ossia successivamente al rilascio del parere impugnato”.

La disposizione richiamata, come già precisato, costituisce norma di interpretazione autentica, il cui tratto peculiare è essenzialmente rappresentato, tra gli altri, dalla speciale attitudine di retroagire sino al momento di entrata in vigore del precetto, oggetto dell’intervento interpretativo.

L’efficacia retroattiva costituisce, infatti, un elemento “connaturale” della legge di interpretazione autentica, che scaturisce “per logica necessità” dalla caratteristica (essenziale ed irriducibile) di tale atto legislativo volto a definire ex tunc il significato di un previgente precetto (C. Cost. nn. 167 e 386 del 1996), con il solo limite dei rapporti esauriti, dovendosi perciò riconoscere piena attitudine regolatoria, e dunque anche piena efficacia rispetto al procedimento in esame, in capo alla disposizione richiamata, proprio perché da qualificarsi come jus superveniens interpretativo.

7.2 Con il secondo rilievo, il Comune censura la violazione dell’art. 14, 4° co., L. n. 241 del 1990 e dell’art. 27-bis del D. Lgs. n. 152 del 2006, inserito dal D. Lgs. n. 104 del 2017, ritenendo che il procedimento di VIA avrebbe dovuto accorpare in sé anche “’quello di rilascio dei titoli abilitativi necessari alla realizzazione e all’esercizio del progetto richiesti dal proponente’ (cd. provvedimento autorizzatorio unico regionale)”.

Il rilascio del provvedimento sarebbe stato dunque precluso, non essendo stato attivato il complessivo iter autorizzativo, nonché in ragione del divieto conseguente alla mancata assunzione di efficacia del PRAE, a norma dell’art. 37, 1° co. lett. c) della L.R. n. 12 del 2016.

Anche tale profilo di doglianza è infondato.

Richiamate le considerazioni, poc’anzi svolte, in merito alla inapplicabilità ai procedimenti in corso della disciplina a regime, introdotta dal citato art. 37, 1° co., lett. c) (cfr. 3° co.), va inoltre ricordato che la diretta efficacia dell’art. 27-bis del D. Lgs. n. 152 del 2006 (introdotto dall’art. 16, 2° co. del D. Lgs. n. 104 del 2017), rispetto alle istanze inoltrate agli organi della Regione, risulta pur sempre subordinata, a norma del successivo art. 23, 4° co., al mancato adeguamento dell’ordinamento regionale nel termine perentorio di 120 giorni dall’entrata in vigore delle nuove disposizioni. Prescrive infatti il citato art. 23, 4° co.: “le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano adeguano i propri ordinamenti esercitando le potestà normative di cui all'articolo 7-bis, comma 8, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, come introdotto dall'articolo 5 del presente decreto, entro il termine perentorio di centoventi giorni dall'entrata in vigore del presente decreto. Decorso inutilmente il suddetto termine, in assenza di disposizioni regionali o provinciali vigenti idonee allo scopo, si applicano i poteri sostitutivi di cui all'articolo 117, quinto comma, della Costituzione, secondo quanto previsto dagli articoli 41 e 43 della legge 24 dicembre 2012, n. 234”.

Considerato, dunque, che il D. Lgs. n. 104 del 2017 è entrato in vigore dal 21 luglio 2017, la possibilità per le Regioni di adeguare i propri ordinamenti è venuta a scadere non prima del 21 novembre 2017.

Pertanto, l’istanza di avvio della VIA, presentata il 25 luglio 2017 (peraltro, nell’ambito del procedimento instaurato con la richiesta di verifica di assoggettabilità, di cui all’art. 20, D. Lgs. n. 152 del 2006, instaurato sin dal 20 giugno 2016), e quindi ben prima che la Regione fosse tenuta ad adeguare il proprio ordinamento, non era soggetta alla disciplina introdotta dall’art. 27-bis del D. Lgs. n. 152 del 2006, non essendo in effetti spirato il termine perentorio stabilito per il suo integrale recepimento.

7.3 Da ultimo, con il terzo rilievo, il Comune contesta la mancata valutazione, in sede istruttoria, delle pesanti conseguenze che si verificherebbero a carico della propria viabilità, nel caso in cui fosse avviato lo sfruttamento della cava, sottolineando che l’utilizzo del guado sul torrente Malina, proposto al fine di convogliarvi il traffico dei mezzi pesanti diretti al sito, sarebbe in realtà precluso per l’inidoneità statica del manufatto.

Tuttavia, la Giunta Regionale con deliberazione 18 ottobre 2019, n. 1786, ha attestato che “è venuta meno la pericolosità e non idoneità al transito pedonale e veicolare del manufatto” (doc. 27 della Regione). L’Amministrazione regionale ha inoltre provveduto a dare in concessione il guado, peraltro munito di collaudo statico, al Comune di Premariacco (doc. 11 del Consorzio), obbligatosi ad adottare, nelle more della realizzazione dei lavori di adeguamento ivi previsti, tutti gli accorgimenti necessari a tutela dell'incolumità pubblica, così da confermare la piena utilizzabilità del manufatto al fine di consentire l’accesso alla cava, così da scongiurare il lamentato (e, tuttavia, ipotetico) aggravamento del traffico veicolare, a carico della viabilità del Comune ricorrente, così da delineare l’infondatezza della censura.

7.4 Il ricorso, pur nelle sue molteplici declinazioni, deve essere quindi complessivamente respinto.

Va inoltre disattesa l’istanza istruttoria, formulata dal Comune ricorrente, avente ad oggetto l’auspicato espletamento di una consulenza tecnica d’ufficio riguardante l’idoneità strutturale del guado, perché superflua, contraddetta dalle evidenze documentali e, in ogni caso, del tutto esplorativa.

8. Le spese possono essere compensate, sussistendone giusti motivi, specie in riferimento alla particolare natura della controversia, che ha sostanzialmente ad oggetto il conflitto fra pubbliche amministrazioni e la tutela di particolari interessi di ambito locale, in apparente conflitto, ad esse intestati.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Trieste nella camera di consiglio del giorno 4 dicembre 2019 con l'intervento dei magistrati:

Oria Settesoldi, Presidente

Manuela Sinigoi, Consigliere

Nicola Bardino, Referendario, Estensore