Il procedimento di estinzione delle contravvenzioni di cui agli artt. 318-bis e ss. T.U.A. tra criticità e difficoltà applicative.

di Giulia BALLARINI

 

Abstract : il procedimento di estinzione delle contravvenzioni ambientali tramite prescrizioni, introdotto con L. 68/2015, ha costituito una vera e propria innovazione nel “sistema” del diritto penale ambientale. A distanza di otto anni dall’inserimento della nuova Parte VI-bis all’interno del D.lgs. n. 152/2006, il presente articolo si prefigge di “fare un bilancio” della portata applicativa di tale strumento di deflazione processuale, analizzandone le criticità, con un occhio di riguardo per il punto di vista espresso dagli operatori del diritto in primis, senza tuttavia dimenticare i commenti della dottrina e gli arresti giurisprudenziali nel frattempo intervenuti sul tema.

Abstract: the procedure for extinguishing environmental contraventions through prescriptions, introduced with Law 68/2015, constituted a real innovation in the "system" of environmental criminal law. Eight years after the inclusion of the new Part VI-bis within the Legislative Decree. n. 152/2006, this article aims to "take stock" of the application scope of this instrument of procedural deflation, analyzing its critical issues, with particular attention to the point of view expressed by legal practitioners first and foremost, without however forgetting the comments of the doctrine and the jurisprudential arrests that have occurred on the subject in the meantime.

SOMMARIO: 1. La riforma voluta con L. n. 68/2015.Il procedimento ex art. 318-bis e ss. T.U.A. 2. La portata applicativa del procedimento per prescrizioni, ad otto anni dall’introduzione. 3. Le maggiori critiche dottrinali. 4. Disamina della giurisprudenza.

1. Lariforma voluta con L. n. 68/2015.Il procedimento ex art. 318-bis e ss. TUA.

Scopo del presente lavoro è quello di analizzare, in maniera quanto più possibile esaustiva, l’inconsueta disciplina del procedimento di estinzione delle contravvenzioni ambientali tramite prescrizioni, di cui alla nuova Parte VI-bis1, D.lgs. n. 152/2006 (Testo Unico Ambientale, d’ora in avanti solo, per breviloquenza, TUA).

La speciale procedura exart. 318- bis e ss. è stata inserita nel Codice ambientale dall’art. 1, comma nono, della Legge di riforma n. 68/2015.

Il provvedimento legislativo appena menzionato, invero, è maggiormente noto agli operatori del settore per aver introdotto nel Codice penale il Titolo VI-bis, interamente dedicato alla tutela ambientale. Detto Titolo contiene, in particolare, alcuni articoli che delineano un limitato novero di nuove fattispecie delittuose poste a protezione dell’ambiente, caratterizzate da forme di aggressione ad alta carica offensiva2.

Secondo buona parte della dottrina, l’intervento legislativo nel suo complesso considerato ha inaugurato un vero e proprio nuovo sistema penale ambientale3, votato alla logica del c.d. “doppio binario”, con contestuale abbandono del precedente regime punitivo di stampo marcatamente amministrativistico4, ove il ricorso al diritto penale, avente carattere di extrema ratio, contemplava il quasi esclusivo ricorso a reati aventi natura meramente contravvenzionale.

Vi è persino chi ha intravisto nel legislatore la volontà di affidare solo in un primo momento di questa “svolta epocale”5, la repressione dei reati di matrice ambientale ad un inedito sistema misto penal-amministrativistico, auspicando una futura, progressiva conversione al sistema penalistico “puro”.

Ad ogni buon conto, e per quanto ivi interessa, non si può certamente dire che in occasione dell’entrata in vigore della L. n. 68/2015 il procedimento per prescrizioni oggetto del presente contributo abbia attirato l’attenzione dei commentatori, essendo anzi rimasto lo stesso totalmente nell’ombra a causa dell’avvincente dibattito sorto attorno al tema dei nuovi “ecoreati”6.

Nonostante dunque la tiepida accoglienza, la disciplina del procedimento in parola ha avuto, come si vedrà, una applicazione enormemente più diffusa rispetto agli ecoreati di nuovo conio7, ma non per questo meno problematica8.

Il procedimento per prescrizioni, definito sin da principio “macchinoso” da una parte della dottrina9, trova la propria regolamentazione in sette articoli, dall’art. 318 -bis all’art. 318-octies,del TUA, ed è incentrato sulla previsione di uno speciale meccanismo di estinzione applicabile alle sole ipotesi contravvenzionali che non abbiano cagionato danno o pericolo concreto ed attuale alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette10.

L’effetto estintivo, che persegue all’evidenza uno scopo premiale oltreché deflattivo del processo11, è collegato all'adempimento, da parte del responsabile della violazione, di una serie di prescrizioni nonché al pagamento di una somma di denaro.

Ruolo centrale assume pertanto la polizia giudiziaria, ovvero l’organo di vigilanza nell’esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria di cui all’art. 55 c.p.p., la quale o il quale, riscontrata la fattispecie, impartisce con apposito verbale12, una o più prescrizioni al contravventore.

L’adempimento alla prescrizione che consente al contravventore, attraverso la «regolarizzazione» della situazione di illiceità, di «eliminare la contravvenzione accertata» è vieppiù «asseverata tecnicamente dall’ente specializzato competente nella materia trattata» (art. 318-ter, comma primo, TUA).

L’organo accertatore fissa inoltre un termine congruo per l’adempimento da parte del contravventore, il quale può essere prorogato una sola volta, a richiesta del contravventore, per un periodo non superiore a sei mesi.

Sennonché, lo stesso organo accertatore 13 ha comunque l’obbligo di «riferire al pubblico ministero la notizia di reato relativa alla contravvenzione» (art. 318-ter, comma quarto, TUA), ma il procedimento penale che segue alla iscrizione della notizia di reato nel registro viene sospeso (art. 318-sexies, comma primo, TUA).

La sospensione però non implica la totale inattività dell’Autorità giudiziaria, la quale può richiedere l’archiviazione, assumere prove con incidente probatorio, compiere atti urgenti di indagine preliminare o effettuare il sequestro preventivo ex art. 321 c.p.p. (art. 318-sexies, comma terzo, TUA).

I successivi passaggi del procedimento sono determinati dall’agire del trasgressore, che può, rispettivamente, trovarsi a: adempiere esattamente alla prescrizione, nei termini e nei modi richiesti; non adempiere esattamente alla prescrizione, ma le tempistiche o le modalità, pur non essendo formalmente rispettose di quanto impartito dall’organo accertatore, risultano comunque congrue allo scopo; infine, non adempiere totalmente.

Nella prima ipotesi, in caso dunque di esatto adempimento da parte del contravventore, l’organo accertatore, verificato, entro sessanta giorni dalla scadenza del termine fissato, che «la violazione è stata eliminata secondo le modalità e nel termine indicati dalla prescrizione», ammette il contravventore al pagamento in sede amministrativa, nel termine di trenta giorni, di una somma pari a un quarto del massimo dell’ammenda stabilita per la contravvenzione commessa (art. 318-quater, TUA).

L’organo accertatore è tenuto poi a comunicare al pubblico ministero, entro centoventi giorni dalla scadenza del termine fissato nella prescrizione, l’adempimento della prescrizione nonché l’eventuale pagamento14.

Da qui il pubblico ministero, rilevato l’adempimento nei termini nonché l’effettuazione del pagamento previsto, che peraltro comportano l’estinzione della contravvenzione, richiede l’archiviazione del procedimento (art. 318-septies, comma primo e secondo, TUA).

Quanto invece alla seconda ipotesi, due sono le diverse accezioni di congruità indicate dalla norma: può essere che il trasgressore adempia in un tempo superiore a quello fissato nella prescrizione, ma comunque congruo con i tempi imposti all’organo accertatore per la verifica dell’adempimento, oppure che vengano eliminate le conseguenze dannose o pericolose della contravvenzione con modalità diverse da quelle fissate nella prescrizione.

In ogni caso, l’art. art. 318-septies, comma terzo, TUA, dispone che detti comportamenti siano valutati ai fini dell’applicazione della procedura di oblazione, ex art. 162- bis c.p., pertanto la somma da versarsi sarà pari alla metà del massimo dell’ammenda stabilita per la contravvenzione15.

Nella terza e ultima ipotesi, ovverosia quando risulta l’inadempimento della prescrizione all’esito della verifica effettuata entro sessanta giorni dalla scadenza del termine fissato per l’adempimento, l’organo accertatore dà comunicazione al pubblico ministero e al contravventore. La comunicazione deve essere fatta entro novanta giorni.

Dal momento in cui il pubblico ministero riceve la predetta comunicazione, il procedimento penale si riattiva e procede secondo il suo percorso ordinario (art. 318-sexies, comma primo, TUA).

Il legislatore non tralascia l’ipotesi in cui sia il pubblico ministero a prendere notizia di una contravvenzione ovvero la riceva da privati o da pubblici ufficiali o incaricati di un pubblico servizio diversi dall'organo di vigilanza e dalla polizia giudiziaria16.

A chiusura, l’art. 318 -octies stabilisce che «le normedella presente parte non si applicano ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della medesima parte»17.

2. La portata applicativa del procedimento per prescrizioni, ad otto anni dall’introduzione .

Dalla “Relazione sulla verifica dell’attuazione della legge 22 maggio 2015, n. 68, in materia di delitti contro l’ambiente” redatta e approvata con seduta del 23 febbraio 2017 in seno alla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti18, operante durante il corso della XVII Legislatura, emerge un primo interessante quadro operativo di applicazione della L. n. 68/2015, e più nello specifico, per quanto ivi maggiormente interessa, del procedimento estintivo delle contravvenzioni ambientali.

Lo studio effettuato 19 anzitutto dà atto della impossibilità di analizzare con precisione scientifica il fenomeno dal punto di vista strettamente quantitativo20: con particolare riferimento al procedimento per prescrizioni, nella Relazione si ammette che «non è stato possibile appurare il numero generale dei procedimenti delle prescrizioni conclusi con l’estinzione del reato, né verificare tale grandezza con riferimento alle singole fattispecie contravvenzionali; del pari non è stato possibile verificare in quanti di quei procedimenti hanno trovato applicazione le norme sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e degli enti, di cui al D.lgs. n. 231/2001».

Ciò nonostante, pur nella consapevolezza della parzialità dei dati raccolti, dalla stessa Relazione emergono decisi segnali di una applicazione immediata e diffusa nei primi otto mesi di entrata in vigore della Legge sugli Ecoreati21.

Ampia e positiva invece la risposta dal punto di vista “qualitativo”, attestata dalla Commissione: molte sono state infatti le note e le relazioni pervenute, in cui gli Uffici giudiziari interpellati hanno segnalato, anche con dovizia di particolari, le numerose problematiche emerse in sede di applicazione della normativa esaminata.

Sicché la Relazione si è concentrata sulla trattazione delle questioni emerse di profilo squisitamente giuridico ed organizzativo, ponendo in evidenza alcuni aspetti critici, invero debitamente già rilevati dalla dottrina e dagli operatori giudici in fase di approvazione del testo della L. 68/2015, tra i quali si segnalano: tipologia di contravvenzioni assoggettabili al procedimento per prescrizioni22; verifica dei presupposti per l’applicazione del procedimento per prescrizioni23; rapporto tra procedimento di prescrizioni e art. 131-bis c.p., in ordine alla richiesta di archiviazione per particolare tenuità del fatto; applicabilità del procedimento per prescrizioni ai reati istantanei24.

Inoltre, nella relazione viene sottolineato un ulteriore aspetto di non poco conto, ovverosia la problematica legata all’effettiva e completa attuazione della L. n. 68/2015 senza la previsione di nuovi o maggiori oneri finanziari25.

Alla prima Relazione ne è seguita in tempi recenti una seconda 26 la quale denuncia il permanere della problematica della carenza di agenti accertatori sul campo, dovuta in massima parte alla mancata attuazione della L. 28 giugno 2016 n. 13227.

D’altra parte si evidenzia però l’efficacia della procedura estintiva per prescrizioni, la quale «haavuto un evidente effetto deflattivo sulle procure – era una delle finalità della legge – eliminando il carico su quelle procure che derivava dai reati minori […] molte autorità giudiziarie e molti procuratori […] dicono che in realtà il beneficio non solo legato a questo effetto deflattivo, ma anche all'evidenza che vi è un percorso pratico relativamente veloce che nel giro di pochi mesi risolve il problema ambientale origine del reato e soprattutto determina poi il pagamento della sanzione amministrativa, evitando l'avvio di lunghissimi procedimenti […] che molto spesso non vedevano un termine per la scadenza dei termini prescrittivi propri degli iter giudiziari»28.

La carenza in punto di regolamentazione di alcuni aspetti giuridici essenziali del procedimento rimane tuttavia ferma e conclamata.

Tra le queste le questioni tutt’ora aperte, individuate dalla Procura generale presso la Corte di Cassazione con documento appreso alla Relazione finale della Commissione, spicca il permanere del contrasto circa l’individuazione delle fattispecie contravvenzionali previste dal TUA per le quali è ammesso il ricorso alla procedura per prescrizioni.

Se da una parte vi è chi ritiene sufficiente che tra le pene edittali sia prevista l’ammenda, quindi si ritiene applicabile la procedura a tutte le contravvenzioni punite con ammenda, sola, alternativa, o concorrente con la pena dell’arresto, escludendo quindi solo le contravvenzioni punite unicamente con l’arresto29; dall’altra parte vi è chi esclude l’applicabilità della procedura estintiva anche alle contravvenzioni punite con pena congiunta dell’arresto e dell’ammenda.

Vi è poi la questione irrisolta sul significato da attribuire alla clausola di esclusione all’accesso della procedura estintiva, quando il reato abbia cagionato “danno o pericolo concreto e attuale di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette”, sia in relazione alla definizione di (assenza di) danno o pericolo attuale e concreto, che alla individuazione delle risorse a cui le compromissioni si riferiscono.

Infine, permangono problemi di compatibilità della procedura con le fattispecie di reato che puniscono la mancanza di titolo abilitativo, essendo necessario chiarire se e come sia ammissibile la regolarizzazione in siffatte ipotesi.

3. Le maggiori critiche dottrinali.

Non si può di certo affermare che l’istituto ora esaminato sia stato accolto dalla dottrina con commenti entusiastici30, considerate le notevoli perplessità immediatamente sorte a causa della formulazione di alcune norme, le riscontrate difficoltà di coordinamento con altri strumenti di tutela ambientale e con gli istituti processual-penalistici, senza contare i numerosi dubbi già evidenziati dal punto di vista operativo.

Uno dei primi aspetti segnalati dai commentatori è stato quello relativo all’incertezza del campo operativo del procedimento per prescrizioni, essendosi la dottrina subito interrogata in ordine all’applicabilità o meno del procedimento alle contravvenzioni extra Codice Ambientale31.

Tuttavia, come si è appena visto nel precedente paragrafo, tale dubbio e molti altri sono stati dipanati dalla prassi venutasi a consolidare nel corso degli anni, grazie al lavoro ermeneutico compiuto degli operatori del settore, attraverso la redazione di rapporti, protocolli e relazioni nonché a mezzo del confronto tra gli stessi organi istituzionali: sicuramente non per il tramite di un (pur auspicato) intervento legislativo chiarificatore. A ciò si aggiunga il contributo fornito della dottrina e della giurisprudenza.

Alcune importanti questioni rimangono però tutt’ora aperte.

La prima questione, che ha interessato e interessa ancora oggi la dottrina, è innegabilmente quella dell’esatta individuazione delle contravvenzioni a cui la procedura di estinzione deve ritenersi applicabile.

In altre parole, permane il contrasto tra coloro i quali affermano che, in base al dettato dell’art. 318-quaterCodice dell’ambiente, la procedura sarebbe applicabile a tutte le contravvenzioni del TUA che prevedono l’ammenda tra le pene edittali, non importa se sola, alternativa, o concorrente con la pena dell’arresto (il che limita dunque l’esclusione alle sole contravvenzioni punite con l’arresto) 32 e chi invece nega l’applicabilità della procedura anche nei confronti delle contravvenzioni punite con la pena congiunta dell’arresto e dell’ammenda33.

Attualmente, il primo orientamento, accolto da una parte della dottrina ed elaborato nei protocolli operativi solo di alcune Procure, è percepito come nettamente minoritario.

A sostegno della seconda tesi, maggioritaria, vi sarebbero vari ordini di motivi, primo fra tutti, la manifesta irragionevolezza di un sistema che, accogliendo l’opposta tesi minoritaria, consentirebbe di applicare la procedura di estinzione alle contravvenzioni sanzionate con arresto e ammenda, normalmente ritenute più gravi rispetto a quelle punite con il solo arresto, le quali ne sarebbero invece escluse34.

In secundis, ugualmente irrisolto appare il problema della interpretazione della clausola di esclusione di cui all’art. 318 -bis TUA, ove il legislatore richiede, ai fini dell’accesso alla procedura estintiva, di verificare che il comportamento illecito non abbia provocato danno o pericolo concreto e attuale di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette.

Secondo quanto è stato correttamente osservato35, la maggior parte delle contravvenzioni ambientali del TUA ha natura di reato di pericolo presunto e quindi, come tale, la valutazione del giudice o, in senso ampio, del giurista, prescinderebbe in ogni caso dall’entità del danno o dalla gravità della condotta. L’offensività in siffatti illeciti è insita nella condotta e presuntivamente affermata, tanto che, non a caso, ci si è lungamente interrogati in dottrina in ordine al reale bene giuridicamente tutelato da questa tipologia di contravvenzioni: ambiente, o funzioni amministrative?

Senza contare il fatto che è la stessa disciplina speciale a cadere in evidente contraddizione, ove contempla dei casi - si vedano il comma 3 dell'art. 318 -ter e il comma 3 dell'art. 318 -septies TUA - in cui la causazione di una lesione o il verificarsi di un pericolo sono dati per presupposti rispetto al dispiegarsi del procedimento36.

Sembrerebbe dunque che il procedimento risulti applicabile in presenza di eventi pericolosi o dannosi, seppur di lieve o lievissima intensità. In buona sostanza, non tanto seri da determinare l’esclusione dalla procedura.

Per questo, la scelta legislativa di non fornire una esatta elencazione delle contravvenzioni per le quali può ricorrersi al procedimento di estinzione, subordinandone invece l’operatività alla verifica, caso per caso, della sussistenza di determinate condizioni di concreta inoffensività (o di lieve offensività), appare estremamente opinabile37.

La conseguenza è l’inevitabile ingolfamento dei procedimenti e una inaccettabile disomogeneità nell’interpretazione delle norme a livello territoriale.

Altra problematica cara alla dottrina è quella della incoerenza complessiva del sistema di tutela venutasi a creare a seguito dell’entrata in vigore della L. 68/2015 e, quindi, del procedimento per prescrizioni. Esso ben non si coordina con l’art. 131-bisc.p. rubricato «esclusione della punibilità per la particolare tenuità del fatto», introdotto dal D.lgs. n. 28/2015, né con gli strumenti dell’oblazione ex artt. 162 e 162- bis c.p., non essendo tutt’ora chiaro dove inizi e dove finisca il campo di applicazione dell’uno e degli altri istituti.

Come noto, i limiti di pena di cui al primo comma dell’art. 131- bis c.p. fanno sì che la menzionata causa di non punibilità interessi gran parte dei reati ambientali38.

Di talché, svariate sono le ipotesi in cui domina l’incertezza in ordine allo strumento da applicare: prendendo le mosse da una mera interpretazione letterale delle disposizioni, pare potersi ipotizzare che in assenza di danno o pericolo concreto e attuale di danno sia attivabile la procedura di cui alla parte VI-bisdel T.U.A., mentre nei casi in cui l’offesa è di particolare tenuità, stante l’esiguità del danno e del pericolo, allora si dovrebbe concludere per l’esclusione della punibilità ai sensi dell’art. 131 bis c.p.39.

Ciò, tuttavia, condurrebbe a conseguenze a ben vedere illogiche e aberranti, laddove le condotte idonee a cagionare un (minimo) danno all’ambiente risulterebbero in linea di massima non punibili; nel contempo, i comportamenti non lesivi sarebbero, almeno formalmente, soggetti alla procedura estintiva in parola, tra l’altro estremamente più gravosa per il contravventore dal punto di vista dell’attività da espletarsi per poter godere del beneficio dell’estinzione del reato.

Senza considerare il fatto che, se fosse poi vero quanto sopra osservato in relazione alla interpretazione sistematica delle norme che disciplinano il procedimento per prescrizioni, e che dunque il menzionato istituto sarebbe aperto anche a delle fattispecie in cui un lieve danno o pericolo al bene si è in effetti verificato, la sovrapposizione tra detto strumento e la causa di esclusione della punibilità ex art. 131- bis c.p. sarebbe pressoché totale40.

Il che non è comunque accettabile, specie se si considera che l’impianto repressivo di tutela ambientale si rivolge perlopiù al mondo imprenditoriale, esplicandosi quindi in un contesto in cui risulta essenziale garantire parità di trattamento e di condizioni tra i vari operatori economici su tutto il territorio nazionale.

Con riferimento invece all’oblazione ordinaria ex art. 162 c.p., in genere applicabile alle contravvenzioni punite con la sola ammenda, va detto che l’applicazione di detto strumento in alternativa all’oblazione condizionata ambientale ex artt. 318- septies, comma terzo, del D.lgs. n. 152 del 2006 e 162- bis c.p. è considerata tutt’altro che scontata dalla dottrina.

Vi è infatti chi41, basandosi sulla considerazione secondo cui, a mente degli artt. 34, lett. h), e 127 della L. 24 novembre 1981, n. 689 , non può ricorrersi all’ art. 162 c.p. per le violazioni previste dalla “legge 13 luglio 1966, n. 615, concernente provvedimenti contro l'inquinamento atmosferico”, ipotizza l’idea di estendere siffatta previsione di legge anche alle altre contravvenzioni ambientali contenute nel D.lgs. n. 152 del 2006 , in virtù della continuità normativa tra il provvedimento di cui sopra e il Codice dell’ambiente42.

Ma anche volendo per un momento dare per assodata l’applicabilità dell'art. 162 c.p., non si potrà ignorare come il contravventore andrebbe a trovarsi di fronte alle consuete tre alternative: l’adempimento puntuale alle prescrizioni impartite, che porta all’ammissione al pagamento della somma pari ad un quarto del massimo edittale ai sensi dell’art. 318 -quater TUA; l’adempimento “inesatto” alle prescrizioni, con l’ammissione al pagamento di una somma pari alla metà del massimo edittale (la c.d. “oblazione ambientale” ex art. 318 -septies TUA; art. 162- bis c.p.)43; l’ inadempimento, in altre parole, ignorare totalmente le prescrizioni.

In quest’ultima ipotesi, cessata la sospensione del procedimento penale, il trasgressore potrebbe ben chiedere di essere ammesso al pagamento di una somma pari ad un terzo del massimo edittale ai sensi dell’art. 162 c.p. Detto versamento, lo si ricorda, basta da solo ad estinguere il reato e non prevede la necessità che il reo ponga in essere alcuna condotta riparatoria.

In definitiva, per assurdo, disattendere radicalmente le prescrizioni piuttosto che adempierle anche parzialmente risulterebbe, ancora una volta, estremamente più vantaggioso per il contravventore, con buona pace delle finalità restitutorie perseguite dal procedimento per prescrizioni.

4. Disamina della giurisprudenza.

Senz’altro merita di essere brevemente esaminata la recente sentenza, n. 76 del 9 aprile 2019, con la quale la Corte costituzionale ha confermato la legittimità dell’art. 318-septies, terzo comma, D.lgs. n.152/2006.

La questione è stata sollevata incidentalmente dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Cuneo44, il quale ha chiesto alla Consulta di pronunciarsi in ordine alla legittimità, rispetto all’art. 3 Cost., dell’art. 318-septies, terzo comma, TUA, nella parte in cui prevede, ai fini dell’ammissione del contravventore ambientale all’istituto dell’oblazione discrezionale ex art. 162- bis c.p. , condizioni più onerose rispetto a quelle invece dettate dall’omologa fattispecie in materia antinfortunistica di cui all’art. 24, comma terzo, D.lgs. n. 758/1994.

Come noto infatti, la disciplina del procedimento per prescrizioni in materia ambientale richiede al trasgressore, per l’accesso al beneficio di cui all’art. 162- bis c.p. , il pagamento della metà, piuttosto che del quarto45, del massimo dell’ammenda stabilita per la contravvenzione.

Il dubbio sottoposto all’attenzione del Giudice delle leggi attiene pertanto all’ingiustificata disparità di trattamento a cui sarebbe sottoposto l’imputato di una contravvenzione ambientale a cui risulti applicabile il procedimento per prescrizioni, rispetto al suo analogo in campo antinfortunistico.

Sulla scorta della sostanziale coincidenza nella formulazione letterale delle norme che disciplinano le due ipotesi estintive, non sembrerebbe sussistere, secondo il giudice a quo, alcun motivo plausibile che giustifichi una differenza di trattamento in caso di oblazione ex art. 162- bis c.p. , non essendo in effetti ravvisabili, nella materia ambientale, profili di alterità tanto evidenti da legittimare la previsione di una disciplina di maggiore rigore rispetto a quanto previsto per le contravvenzioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro.

Tuttavia, in senso diametralmente opposto si pronuncia la Corte costituzionale nel sancire l’infondatezza della questione di legittimità sottopostale. Osserva infatti la Corte che «Pur essendo palese che il legislatore ha utilizzato per i reati ambientali una soluzione che ricalca il sistema già sperimentato in materia antinfortunistica, non è manifestamente irragionevole la previsione di una diversa entità della somma che l'imputato deve pagare per beneficiare dell'oblazione ai sensi dell'art. 162-bis c.p.in caso di adempimento tardivo delle prescrizioni imposte dall'organo di vigilanza: la differenza è riconducibile, infatti, a scelte discrezionali del legislatore in relazione a beni diversi con conseguente non omogeneità del tertium comparationis evocato (sentt. nn. 431 del 1997, 290 del 2010, 236 del 2016, 134 del 2017; ord. n. 398 del 2001)».

La delicatezza e l’importanza del bene ambientale oggetto della tutela non è, in definitiva, un aspetto marginale dal punto di vista della comparazione delle discipline: la differente soluzione adottata dal legislatore per quanto riguarda il procedimento per prescrizioni in materia ambientale appare dunque correttamente bilanciata sulla base del maggior grado di intensità con cui lo stesso ha inteso modularne la tutela46.

Anche la questione di legittimità costituzionale che ha riguardato l’art. 318- octies D.lgs. n.152/2006 è stata recentemente risolta in senso positivo.

Con sentenza 238 del 13 novembre 2020, la Corte costituzionale ha avuto modo di affermare la legittimità anche dell’articolo anzidetto, censurato per supposta violazione dell’ art. 3 Cost. a causa della previsione che esclude l’applicazione della causa estintiva del reato contemplata nel precedente art. 318- septies TUA ai procedimenti penali in corso alla data di entrata in vigore della Parte Sesta-bis, introdotta nel Codice ambientale dall'art. 1, comma nono, L. n. 22 maggio 2015, n. 68.

La Corte puntualizza infatti come il meccanismo delle prescrizioni predisposto dal legislatore sia appositamente configurato in modo che l’intervento del PM si esplichi solo nella fase finale del procedimento, per chiedere l’archiviazione per estinzione del reato nell’ipotesi di adempimento del contravventore alle prescrizioni e di pagamento della somma da questi dovuta a titolo di oblazione in sede amministrativa, oppure, alternativamente, in caso di inadempimento, per riprendere le indagini.

L’istituto invocato si colloca quindi necessariamente nella fase delle indagini preliminari e solo tale collocazione garantisce la realizzazione della finalità dell'istituto.

E proprio «Per tale ragione la mancata applicazione della più favorevole disposizione di cui all'articolo censurato ai procedimenti in relazione ai quali sia già stata esercitata l'azione penale alla data di entrata in vigore della disposizione stessa è pienamente ragionevole, non potendosi ipotizzare - senza smentire le ragioni di speditezza processuale alle quali anche è ispirata la norma - una regressione del processo alla fase delle indagini preliminari al solo fine di attivare il meccanismo premiale suddetto con l'indicazione, ora per allora, di prescrizioni ad opera dell'organo di vigilanza o della polizia giudiziaria. Del resto, il contravventore che comunque abbia eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato può avere comunque accesso all'oblazione prevista dall'art. 162-bis c.p.»47.

A fronte di un tanto, non sono mancate tra i ranghi della dottrina voci di dissenso e perplessità rispetto al principio espresso dalla Corte, secondo cui, di fatto, se da una parte il principio di irretroattività in peius della legge penale costituisce un «valore assoluto e inderogabile», dall’altra la mera regola della retroattività della legge penale più favorevole «è suscettibile di limitazioni e deroghe legittime sul piano costituzionale, ove sorrette da giustificazioni oggettivamente ragionevoli», ovverosia qualora vengano in gioco interessi contrapposti di analogo rilievo48.

Nonostante la linearità e il rigore che caratterizzano il ragionamento e rendono perlomeno in linea astratta l’orientamento espresso in sede costituzionale del tutto condivisibile, alcuni commentatori osservano come una impostazione così rigida, atta a relegare l’operatività del procedimento per prescrizioni nella sola fase delle indagini del procedimento penale, comprima irragionevolmente il campo applicativo dell’istituto dell’oblazione ambientale, il quale potrebbe almeno espandersi sino alle fasi preliminari del dibattimento.

Parte della dottrina ritiene infatti che, quantomeno al cospetto di quegli illeciti che portano con sé una minore carica offensiva, le finalità repressive proprie del diritto penale tradizionalmente inteso debbano soccombere per lasciare spazio alle moderne istanze non solo deflattive del processo, ma anche e soprattutto restitutorie, le quali come noto, in massima parte caratterizzano il diritto penale dell’ambiente ai giorni nostri.

A conclusione della presente disamina, non si potrà prescindere dall’analizzare le numerose sentenze della giurisprudenza di legittimità che si sono succedute negli ultimi anni, nel tentativo, condiviso con la migliore dottrina, la giurisprudenza costituzionale e gli altri operatori del mondo diritto49, di fornire soluzioni puntuali alle molte problematiche poste da una disciplina innovativa ma di non sempre facile interpretazione.

Molteplici, negli ultimi anni, sono state le occasioni in cui gli Ermellini hanno avuto modo di pronunciarsi sul tema della procedibilità dell’azione penale, incardinata senza avere precedentemente ammesso il trasgressore al procedimento per prescrizioni.

Sul punto, chiarisce la Suprema Corte di Cassazione Penale: «La procedura di estinzione delle contravvenzioni in materia ambientale mediante prescrizione di regolarizzazione, prevista dagli art. 318 bis ss. d.lg. n. 152/2006, non è obbligatoria e pertanto non è causa di improcedibilità dell'azione penale il mancato espletamento della stessa»50.

E ancora: «La procedura di estinzione delle contravvenzioni in materia ambientale, prevista dagli art. 318 -bis ss. d.lgs. 152/2006, non è obbligatoria e pertanto il mancato espletamento della stessa non condiziona l'esercizio dell'azione penale»51.

A ciò si è aggiunta l’ulteriore considerazione secondo la quale non è neppure causa di improcedibilità dell'azione penale il fatto che l'organo di vigilanza o di polizia giudiziaria abbia omesso, ai sensi degli artt. 318- bis e ss. D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 , di impartire all'indagato le prescrizioni la cui ottemperanza è necessaria per l'estinzione delle contravvenzioni52.

Tuttavia, il contributo maggiormente interessante espresso dalla giurisprudenza di legittimità in punto di procedimento per prescrizioni di cui al Testo Unico ambientale ha riguardato la diversa questione, molto cara anche alla dottrina, del significato da attribuirsi alla nota locuzione contenuta all’interno dell’art. 318- bis TUA: «(…) danno o pericolo concreto e attuale di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette ».

Puntualizza la Suprema Corte che «In tema di reati ambientali, il danno previsto dall'art. 318-bis d.lg. 3 aprile 2006, n. 152, ostativo alla estinzione delle contravvenzioni in materia ambientale non si identifica con il “danno ambientale” di cui all'art. 300del medesimo d.lg., potendo avere dimensioni e consistenza minori e riguardare, oltre le risorse naturali, anche quelle urbanistiche o paesaggistiche protette».

Secondo la Corte di Cassazione, il danno a cui fa riferimento la disciplina estintiva, non coincide affatto con la nozione di danno fornita dall’art. 300 TUA (o dall’art. 320, comma settimo, TUA), giacché quest’ultima definizione ha natura molto più estesa, come è possibile comprendere anche dalla lettura della norma, che parla di «qualsiasi deterioramento significativo e misurabile, diretto o indiretto, di una risorsa naturale o dell'utilità assicurata da quest’ultima».

Prendendo le mosse da tale decisione c’è chi53, tra i commentatori, ha colto l’occasione per specificare come, al fine di determinare l'accessibilità alla disciplina estintiva ambientale, l’interprete sia tenuto a svolgere una preliminare valutazione in concreto in ordine all’effettiva portata lesiva della condotta rispetto al bene giuridico tutelato, tralasciando quindi qualsivoglia considerazione inerente alla struttura astratta del reato.

In assenza di una attitudine minimamente lesiva del bene giuridico, non si potrebbe dire neppure configurato l’illecito, mancando la tipicità del fatto (secondo questo orientamento, il requisito dell’offensività del reato è considerato quale elemento costitutivo del fatto, inglobato alla tipicità)54.

Qualora, invece, il reato dovesse risultare perfezionato in tutti i suoi elementi e fosse quindi dotato, tra le altre cose, anche di una concreta carica offensiva, purtuttavia estremamente debole, allora ciò permetterebbe l’assoggettabilità alla procedura di cui agli artt. 318- bis e ss. TUA.

In ragione di quanto sopra, si può pertanto arrivare a sostenere che dall’ambito applicativo della nuova disciplina possano essere depennate quelle fattispecie di pericolo astratto, idonee in concreto a cagionare danno o a mettere in pericolo il bene ambiente in modo non esiguo e, viceversa, possano essere incluse quelle contravvenzioni, pur di pericolo concreto, ma il cui pericolo non appaia attuale. 55

Sia infine concesso osservare come tutte le soluzioni ad oggi fornite da parte della migliore dottrina e giurisprudenza rispetto alle criticità emerse, soprattutto dal lato teorico, in ordine al procedimento per prescrizioni, siano destinate poi inevitabilmente “a fare i conti” anche con la complessità dell’applicazione pratica.

L’estrema particolarità del procedimento oggetto del presente lavoro, che nasce e potenzialmente muore lontano dalle aule di Giustizia, richiede più di altri una conoscenza approfondita e settoriale della materia, e ciò da parte di tutti gli operatori e i professionisti coinvolti.

Considerata tuttavia la centralità attribuita all’organo accertatore nel procedimento, e preso atto delle notevoli criticità emerse dal punto di vista interpretativo della disciplina de qua, senz’altro preferibile sarebbe stato, nel corso di circa otto anni, avere un intervento chiarificatore del Legislatore56.

Uno o più interventi in tal senso avrebbero infatti evitato l’attuale oggettiva situazione di disomogenea applicazione territoriale delle norme e il proliferare di filoni interpretativi differenti. Non da ultimo, a titolo emblematico, la riscontrata eccessiva libertà di cui attualmente dispone l’organo accertatore in ordine al vaglio di sussistenza dei presupposti applicativi del procedimento.

1Disciplina sanzionatoria degli illeciti amministrativi e penali in materia di tutela ambientale”.Si noti sin d’ora, comunque, come la rubrica menzioni anche gli illeciti amministrativi, senza però che la successiva disciplina estintiva effettivamente li riguardi.

2 Queste le previsioni maggiormente rilevanti inserite nel Codice penale dalla L. n. 68/2015: un ristretto novero, come detto, di nuovi delitti (inquinamento ambientale all’art. 452-bis, disastro ambientale all’art. 452-quater, traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività all’art. 452-sexies, impedimento del controllo all’art. 452-septies, morte o lesioni come conseguenza del delitto di inquinamento ambientale all’art. 452 -ter e omessa bonifica all’art. 452 -terdecies - Successiva l’aggiunta, con D.lgs. n. 21/2018, del delitto di attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti); previsione di una serie di aggravanti ad hoc ovverosia l’aggravante eco-mafiosa (art. 452 -octies c.p.) e l’aggravante ambientale (art. 452 -nonies c.p.); la riduzione di pena in caso di ravvedimento operoso (art. 452-deciesc.p.); l’obbligatorietà della confisca (art. 452 -undecies c.p.); il ripristino dello stato dei luoghi (art. 452 -duodecies c.p.). Senza dimenticare il fatto che la legge in esame ha altresì introdotto alcune norme di giustizia riparativa, di coordinamento delle indagini nonché il raddoppio dei termini di prescrizione con riferimento alle incriminazioni collocate sotto il nuovo titolo VI -bis del Libro II del codice sostanziale.

3 SIRACUSA L., La legge 22 maggio 2015, n. 68 sugli "ecodelitti": una svolta "quasi" epocale per il diritto penale dell'ambiente, 9 luglio 2015, in www.penalecontemporaneo.it .

4 Sul punto, DE SANTIS G., La tutela penale dell’ambiente dopo il d.lgs. n.121/2011 di attuazione della direttiva 2008/99/CE , in Resp. civ. e prev., 2012, 2, 0668B: «Senza dubbio, però, nella tutela penale dell’ambiente ha tradizionalmente pesato l’esistenza di un consolidato quadro normativo extrapenale che ha fatto propendere il legislatore per una netta scelta del modello di incriminazione. Cioè, nella scelta tra indirizzo penalistico ed uno politico-amministrativo il legislatore italiano ha nettamente scelto nel secondo senso. Al giudice penale è stato negato un ruolo di protagonista diretto del giudice nella lotta all’inquinamento, che invece gli spetta nel modello penalistico puro, dove a lui è rimesso direttamente l’apprezzamento dell’offesa, perché artefice “diretto della modificazione tra specifici (nel caso concreto) interessi contrapposti”». Vedasi altresì INSOLERA G., Modello penalistico puro per la tutela penale dell’ambiente , in Dir. pen. proc., 1997, 6, 737.

5 Il termine è di SIRACUSA L., La legge 22 maggio 2015, n. 68 sugli "ecodelitti" , cit.

6 Eccetto RUGA RIVA C., I nuovi ecoreati, Torino, 2015, 73 ss., il quale dedica un capitolo del manuale all’argomento. Sul tema degli ecoreati di nuova introduzione si veda anche: CATENACCI M., I delitti contro l’ambiente fra aspettative e realtà , in Dir. pen. e Processo, 2015, 9, 1069 ss.; AMENDOLA G., I nuovi “eco-delitti”, Legge 22 maggio 2015, n. 68, Prefazione , in CADOPPI A. – CANESTRARI S. – MANNA A. – PAPA M., Trattato di diritto penale, Appendice Riforme 2008-2015 , Milano, 2015, 963 ss.; AMARELLI G., La riforma dei reati ambientali: luci ed ombre di un intervento a lungo atteso. A proposito di Carlo Ruga Riva, I nuovi ecoreati, Commento alla legge 22 maggio 2015, n. 68 , Torino, Giappichelli, 2015, in www.penalecontemporaneo.it , 30 luglio 2015; HELL A. – VALSECCHI A., Il nuovo delitto di disastro ambientale: una norma che difficilmente avrebbe potuto essere scritta peggio , in www.penalecontemporaneo.it, 21 luglio 2015; MERLIN A. – TONELLOTTO M. – APICELLA S., I nuovi reati ambientali , in A&S 2015, 2015, 17, 68 ss.; PADOVANI T., Legge sugli ecoreati. Un impianto inefficace che non aiuta l’ambiente , in Guida dir., 32, 1 agosto 2015, 10 ss.; RAMACCI L., Prime osservazioni sull’introduzione dei delitti contro l’ambiente nel codice penale e le altre disposizioni della legge 22 maggio 2015 n. 68 , in www.lexambiente.it, 8 giugno 2015; VERGINE A.L., Delitti ambientali: dal 2 aprile 1998 quasi vent’anni trascorsi (forse) inutilmente , in A&S 2015, 7, 413 ss.

7 «Il ricorso al meccanismo delle prescrizioni si sta rivelando, come emerge dalla lettura dei dati, uno degli aspetti di più diffusa attuazione delle norme introdotte dalla legge 68/15, anche in considerazione della possibilità di una contestazione immediata. Delitti più gravi, come l’inquinamento o il disastro ambientale […] richiedono lo sviluppo di indagini spesso delicate e complesse e daranno, molto probabilmente, esiti ancora più significativi nel prossimo futuro. Procedimenti amministrativi di estinzione della pena e inchieste penali più penetranti […] determinano effetti preventivi, non misurabili in questa sede, ma che Legambiente ha avuto già modo di osservare, soprattutto negli investimenti in materia di adeguamento alle norme ambientali degli impianti produttivi e di diffusione di attività formative nel mondo delle imprese sul nuovo sistema di tutela penale dell’ambiente» Legambiente, Ecogiustizia è fatta, Il bilancio dei primi 8 mesi di applicazione della nuova legge sugli ecoreati in Italia , Roma, 22 marzo 2016.

8 Le ragioni di difficoltà, come è stato acutamente osservato, non attengono solamente ad una questione di formulazione degli articoli di cui alla Parte VI- bis TUA, ma traggono origine anche dal fatto che la procedura di estinzione delle contravvenzioni ambientali ricalca piuttosto fedelmente il procedimento di estinzione delle ipotesi contravvenzionali già previsto in materia di sicurezza sul lavoro dagli artt. 19 e ss. D.lgs. n. 758/1994.

9 Cfr. TELESCA M., Osservazioni sulla L. n. 68/2015 recante “Disposizioni in materia di delitti contro l’ambiente”: ovvero i chiaroscuri di una agognata riforma , in www.penalecontemporaneo.it .

10 Secondo un indirizzo ormai assodato «Il meccanismo estintivo non riguarda tutte le contravvenzioni in materia ambientale, ma, come risulta dall’art. 318-bis, esclusivamente quelle previste dal D.lgs. 152/2006. Si ritengono pertanto escluse le fattispecie previste in fonti normative diverse dal Testo Unico Ambientale (TUA), anche nei casi in cui il trattamento sanzionatorio è individuato tramite rinvio a disposizioni di legge contenute nel TUA (si veda ad esempio l’art. 16 del D.lgs. n. 36/2003)» ISPRA, Indirizzi per l’applicazione della procedura di estinzione delle contravvenzioni ambientali ex parte VI-bis d.lgs. 152/ 2006, Roma, 29 novembre 2016, a sua volta acquisita dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati, XVII Legislatura, nella Relazione sulla verifica dell’attuazione della legge 22 maggio 2015, n. 68, in materia di delitti contro l’ambiente , approvata con seduta del 23 febbraio 2017 (Doc. XXIII n. 26).

11 «La procedura appena illustrata si inserisce in un percorso legislativo (a dire il vero non sempre lineare) diretto a ridurre il carico processuale penale gravante sull’Autorità giudiziaria (e ad aumentare dunque le possibilità che il processo non si concluda con la prescrizione del reato), attraverso la introduzione di strumenti alternativi al processo penale, in funzione anche del valore dell’offesa al bene giuridico tutelato» da Osservatorio Agromafie, La procedura estintiva dei reati contravvenzionali del d.lgs. 152/2006 introdotta dalla l. n. 68/2015: analisi e riflessioni , www.osservatorioagromafie.it , 2016.

12 ISPRA, Indirizzi per l’applicazione della procedura di estinzione delle contravvenzioni ambientali , cit., ove si precisa che il verbale di prescrizioni emesso dall’organo accertatore è pacificamente riconosciuto come atto tipico di polizia giudiziaria, con la conseguenza che lo stesso è sottratto alle impugnazioni previste per i provvedimenti amministrativi, tanto in sede amministrativa, quanto in sede giurisdizionale. In buona sostanza, il verbale di prescrizioni non è impugnabile né con ricorso al TAR, né con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica. Riporta il rapporto ISPRA che «Su tale interpretazione convergono le Procure che si sono espresse e la copiosa giurisprudenza formatasi con riferimento all’analoga procedura estintiva disciplinata dal D.lgs. n. 758/1994 e consolidatasi con le pronunce gemelle delle Sezioni Unite della Cassazione civile (nn. 3694 e 3695 del 09.03.2012)». Cfr. anche Cass. Pen., sez. III, 13 novembre 2019, n. 14214.

13 Va, per inciso, dato atto della recentissima modifica legislativa con la quale è stato aggiunto all’art. 318 -ter TUA il comma 4-bis, in punto di determinazione del compenso eventualmente spettante all’organo accertatore o all’organo di asseverazione per l’attività svolta L’articolo 26-bis, comma 1, lettera a), del D.L. 30 aprile 2022, n. 36, convertito con modificazioni dalla Legge 29 giugno 2022, n. 79 ).

14 L’articolo 26-bis, comma 1, lettera b), del D.L. 30 aprile 2022, n. 36, convertito con modificazioni dalla Legge 29 giugno 2022, n. 79 , ha inoltre sostituito il precedente secondo comma dell’art. 318 -quater TUA con il seguente: «Quando risulta l'adempimento della prescrizione, l'organo accertatore ammette il contravventore a pagare in sede amministrativa, nel termine di trenta giorni, una somma pari a un quarto del massimo dell'ammenda stabilita per la contravvenzione commessa, ai fini dell'estinzione del reato, destinata all'entrata del bilancio dello Stato, unitamente alla somma dovuta ai sensi dell'articolo 318-ter, comma 4-bis. Entro centoventi giorni dalla scadenza del termine fissato nella prescrizione, l'organo accertatore comunica al pubblico ministero l'adempimento della prescrizione nonché l'eventuale pagamento della somma dovuta ai fini dell'estinzione del reato e di quella da corrispondere, ai sensi dell'articolo 318-ter, comma 4-bis, per la redazione della prescrizione o, in alternativa, per il rilascio dell'asseverazione tecnica. Gli importi di cui all'articolo 318-ter, comma 4-bis, sono riscossi dall'ente accertatore e sono destinati al potenziamento delle attività di controllo e verifica ambientale svoltedai predetti organi ed enti».

15 Sul punto nota RUGA RIVA C., I nuovi ecoreati: commento alla legge 22 maggio 2015, n. 68, Torino, 2015, cit., secondo il quale il riferimento alla procedura di oblazione ai sensi dell’art. 162- bis c.p. appare superfluo alla luce del fatto che tale articolo «troverebbe comunque potenziale applicazione a tutte le contravvenzioni ambientali punite con pena alternativa, subordinatamente, tra l’altro, alla verifica dell’assenza delle conseguenze dannose o pericolose in atto».

16 In tal caso è il PM a dare a sua volta notizia all'organo di vigilanza o alla polizia giudiziaria dell’illecito affinché provvedano ai sensi della procedura suddetta (art. 318-quinquies, comma primo, TUA).

17 data che corrisponde al 29 maggio 2015.

18 La Commissione, costituita con L. 7 gennaio 2014 n. 1, ha, nell’ambito della propria attività istituzionale, in primo luogo proceduto ad un’ampia raccolta di dati, principalmente per il tramite delle Procure generali della Repubblica e delle Presidenze di Corte d’Appello d’Italia, fatta salva la richiesta diretta a quattro Procure della Repubblica - presso i Tribunali di Verbania, Perugia, Napoli e Brindisi - le quali hanno funto da campione rappresentativo a livello circondariale, stante la diversa ampiezza territoriale e la collocazione geografica. A queste ultime, peraltro, è stato inoltrato un questionario più approfondito rispetto a quello inviato agli organi di livello distrettuale. Si è scelto dunque l’ambito circondariale per questo secondo test “a campione” allo scopo di ottenere uno spaccato maggiormente significativo e realistico dell’applicazione della L.68/2015 sul territorio della Repubblica. Dalla elaborazione dei dati ottenuti operata dal Servizio per il controllo parlamentare della Camera dei deputati è stato redatto il Rapporto intitolato «La verifica dell’attuazione delle leggi», quest’ultimo documento è stato acquisito infine dalla Commissione alla Relazione, assieme ad altri importanti documenti provenienti da diverse fonti istituzionali o para-istituzionali, oltre ad alcune pronunce giurisprudenziali rilevanti ai fini dell’applicazione della L. n. 68/2015.

19 La verifica compiuta dalla Commissione, basata in ogni caso sull’adesione spontanea dei soggetti interpellati, ha visto una copertura del 56,83% a livello nazionale che arriva al 66,2% considerando le sole Procure della Repubblica, uffici in cui si è concentrata prevalentemente (almeno nel periodo di svolgimento delle indagini della Commissione, ovverosia sino all’ottobre 2016), l’applicazione delle norme oggetto di indagine.

20 La scarsezza e l’eterogeneità dei dati raccolti fa infatti presumere una carenza dei sistemi informatici in dotazione agli Uffici giudiziari e delle concrete modalità del loro utilizzo ai fini dell’estrapolazione e dell’analisi dei dati, anche e soprattutto per sottocategorie specifiche.

21 Si veda lo schema estrapolato dal rapporto di Legambiente, «Ecogiustizia è fatta», pubblicato il 22 marzo 2016 e allegato alla relazione della Commissione parlamentare d’inchiesta (Fonte: elaborazione Legambiente sui dati forniti dal Corpo Forestale dello Stato, dal Comando Tutela Ambiente dell’Arma dei Carabinieri, dalla Guardia di Finanza e dalle Capitanerie di Porto (29/05/2015-31/01/2016). Si consiglia tuttavia anche la consultazione dei dati raccolti da ISPRA nell’ambito del gruppo di lavoro che ha condotto alla redazione documento ISPRA-SNPA del 29 novembre 2016. I dati sono stati raccolti in una banca dati consultabile sul sito http://www.arpat.toscana.it/snpa/ecoreati/banca-dati-ecoreati, tra cui è possibile trovare, tra le altre cose, il documento Linee Guida SNPA per l’applicazione della procedura di estinzione delle contravvenzioni ambientali, ex Parte VI-bis D.lgs. 152/2006, aggiornamento 2021.

22 Il problema deriva da un dubbio interpretativo, che trae origine dalla formulazione dell’art. 318 -quater TUA il quale prescrive, ai fini dell’estinzione della contravvenzione, il pagamento di una somma pari a un quarto del massimo dell’ammenda. Di talché, la lettera della norma esclude dal beneficio le contravvenzioni punite solo con l’arresto, ma suscita allo stesso tempo nell’interprete il dubbio se l’esclusione debba riguardare le contravvenzioni punite solo con l’arresto o anche le contravvenzioni punite con arresto e ammenda. L’interpretazione maggioritaria seguita delle Procure risulta essere quella di escludere dall’ambito di applicazione della procedura estintiva anche le contravvenzioni punite con arresto e ammenda, in quanto, l’assoggettabilità delle stesse alla procedura, a fronte dell’esclusione delle contravvenzioni punite con il solo arresto, darebbe luogo a una ingiustificata disparità di trattamento, data la tendenziale maggiore gravità delle contravvenzioni punite con arresto e ammenda rispetto a quelle punite con il solo arresto (un esempio evidente di quanto sopra esposto si rinviene confrontando le contravvenzioni previste dall’art. 137, comma 3 e comma 5, del D.lgs. n. 152/2006).

23 La valutazione circa l’assenza di danno o pericolo concreto e attuale di danno, necessario per l’attivazione della procedura, sembra ricadere sul solo operatore di polizia giudiziaria o sul soggetto asseveratore, con necessità di definire il ruolo di controllo e/o valutazione del PM.

24 Come avrà poi modo di chiarire Cass. Pen., sez. III, 18 aprile 2019, n. 36405, la procedura di estinzione delle contravvenzioni trova applicazione tanto per i reati a condotta esaurita (dovendosi intendere come tali gli illeciti privi di conseguenze dannose o pericolose per cui risulti inutile o impossibile impartire prescrizioni al contravventore) quanto nelle ipotesi in cui il contravventore abbia spontaneamente e volontariamente regolarizzato l’illecito commesso prima dell’emanazione delle prescrizioni. Anche in tali casi l’organo accertatore è tenuto ad impartire le prescrizioni.

25 Il procedimento per prescrizioni implica un impiego di risorse, anche umane, notevole, concentrate soprattutto nella fase dell’attività investigativa. L’operatività del procedimento peraltro non richiede solamente un maggior impiego di personale, ma impone che l’attività venga svolta da personale qualificato e ben formato, atteso l’alto tecnicismo della materia.

26 “Relazione finale sull’attuazione della legge 22 maggio 2015, n. 68, in materia di delitti contro l’ambiente” approvata dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati istituita con la XVIII Legislatura.

27 Con la quale era stato previsto che le agenzie ARPA e ISPRA avrebbero individuato e nominato i dipendenti che nell’esercizio delle loro funzioni avrebbero operato con la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria. Sennonché la stessa L. n. 132/2016 subordina la qualifica di UPG a quella di Ispettore, impossibile da attribuire in mancanza delle norme attuative e in particolare del regolamento da emanarsi con D.P.R. e predisposto da ISPRA con il contributo delle Agenzie. Va tuttavia considerato che è intervenuta una recente pronuncia della Cassazione Penale Sez. 3, 15 marzo 2021 (PU 19 gennaio 2021), n. 9954, la quale conferma una già precedente Cassazione del 2016, secondo cui, qualora i funzionati ARPA pongano in essere autonomamente “atti tipici” di polizia giudiziaria, essi possono essere qualificati come tali.

28 Cfr. Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati, Relazione finale sull’attuazione della legge 22 maggio 2015, n. 68, in materia di delitti contro l’ambiente, approvata dalla Commissione in data 15 settembre 2022, XVIII Legislatura, pag. 23 e ss.

29 Procura di Torino.

30 AMOROSO, La nuova procedura estintiva dei reati contravvenzionali previsti dal D.lgs. 152/2006. Quali direttive per gli organi accertatori ?, in penalecontemporaneo.it, 5 Novembre 2015. Vi è persino chi è giunto a definire il procedimento in parola «incongruo, farraginoso, approssimativo, superfluo e concretamente inapplicabile» cfr. VERGINE A.L., La strada dell’inferno è lastricata di buone intenzioni. A proposito del D.d.L. 1345/2014 sui delitti ambientali, inRiv. giur. amb., 2014, 5, 469. Altri ancora lo hanno etichettato come “inopportuno” e “paradossale” negli effetti, cfr. TELESCA M., Osservazioni sulla L. n. 68/2015, cit.

31 Sempre VERGINE A.L., La strada dell’inferno è lastricata di buone intenzioni., cit.

32 Procura di Torino, nonché SERLENGA, Legge n. 68/2015: la nuova procedura di estinzione del reato ambientale , in Ambiente&Sviluppo, 2016, VI, 419.

33 PAONE, La prescrizione dei reati ambientali secondo la l. 68/2015: non mancano dubbi interpretativi , in Ambiente&Sviluppo, 2016, VII, 499.

34 Per le ulteriori ragioni si rimanda a FIMIANI P., Gli aspetti problematici nel sistema di estinzione dei reati ambientali previsto dal Titolo VI-bis del TUA , in www.lexambiente.it, n. 4/2019, il quale rileva «Ben più convincenti sono gli argomenti a favore della seconda soluzione, seguita dalla maggior parte degli uffici giudiziari e dalla dottrina di gran lunga maggioritaria, consistenti: - nella neutralità del dato del silenzio del legislatore; nella assenza nei lavori preparatori della legge di indicazioni sulle contravvenzioni che potevano accedere alla procedura estintiva (questione sostanzialmente esclusa dal dibattito); - nel fatto che il legislatore, prevede all'art. 318-septies, comma 3, la facoltà per l'autore del reato, in caso di adempimento in un tempo superiore a quello indicato dalla prescrizione, ma congruo, oppure in caso di eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose della contravvenzione con modalità diverse da quelle indicate dall'organo di vigilanza, di essere ammesso all'oblazione di cui all'art. 162-bis c.p., norma applicabile, come è noto, alle sole contravvenzioni punite con l'ammenda alternativa all'arresto, con la conseguente illogicità di una soluzione secondo cui un reato punito con pena congiunta possa estinguersi mediante l'ammissione al pagamento in forma ridotta (ex art. 318-septies, comma 1), ma non mediante l'oblazione speciale di cui all'art. 162-bis c.p.9 (…)»;

35 AMENDOLA, Ecoreati: primi appunti sulla nuova procedura di eliminazione delle contravvenzioni previste dal D.Lgs n. 152/2006 , inlexambiente.it, 20 Luglio 2015; MAGLIA, Prime considerazioni in merito alla nuova Parte VI-bis, D.Lgs n. 152/2006 , in www.lexambiente.it, 21 luglio 2015; RAMACCI, Prime osservazioni sull'introduzione dei delitti contro l'ambiente nel codice penale e le altre disposizioni della legge 22 maggio 2015 n. 68 , in www.lexambiente.it, 8 giugno 2015.

36 Il terzo comma dell'art. 318- ter TUA sancisce: «con la prescrizione l'organo accertatore può imporre specifiche misure atte a far cessare situazioni di pericolo ovvero la prosecuzione di attività potenzialmente pericolose», mentre il terzo comma dell'art. 318- septies TUA prevede: «l’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose della contravvenzione con modalità diverse da quelle indicate dall'organo di vigilanza sono valutati ai fini dell'applicazione dell'art. 162-bis del Codice penale». L’incongruenza e la confusione concettuale traspaiono con evidenza dal raffronto di queste due ultime norme con quanto previsto dall’art. 318- bis TUA.

37 Peraltro, detta valutazione, demandata in prima battuta all’organo accertatore o all’asseveratore, necessita del placet del P.M., unico soggetto depositario di detta funzione nell’ordinamento: il rischio di forti contrasti non solo tra gli organi di vigilanza ed il P.M., ma anche tra i vari uffici di Procura in punto di verifica della sussistenza dei presupposti per l’ammissione alla procedura è quantomai palese. Il comma terzo dell’art. 318- sexies TUA specifica che, anche a procedimento penale sospeso, il PM può, tra le altre cose, disporre l’archiviazione. In altre parole, il PM non viene privato del suo ruolo di guida e di supervisore, pur nella atipicità della procedura. Rimane fermo quindi anche il potere riconosciuto in capo al medesimo di controllare e di vagliare l’attività effettuata dagli organi accertatori, comprese le valutazioni svolte in punto di sussistenza dei presupposti per l’attivazione del procedimento (e così anche circa l’assenza o meno di danno o di pericolo concreto e attuale di danno).

38 Tra quelli previsti dal TUA rimangono esclusi solamente i reati di combustione illecita di rifiuti pericolosi (art. 256-bis) e le attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti (art. 260). La causa di non punibilità ex art. 131- bis c.p. può peraltro operare anche nei confronti dei delitti di inquinamento ambientale colposo e di impedimento al controllo.

39 Ma il comportamento non deve potersi considerare abituale in relazione alle modalità della condotta.

40 Vieppiù, non si può neppure ignorare come risulti ormai pacifica l'applicabilità dell'art. 131- bis c.p. anche ai reati ambientali di pericolo astratto e alle contravvenzioni che prevedono il mero superamento di limiti soglia. La coincidenza del campo di applicazione dei due istituti sembra quindi inevitabile. Cfr. DI GIOVINE, O., La particolare tenuità del fatto e la ‘ragionevole tutela' del diritto ad una morte degna di aragoste, granchi, fors'anche mitili , in Cassazione penale, 2016, 807 ss., nonché CATERINI M., Inoffensività e tenuità del fatto nella recente giurisprudenza delle Sezioni unite , in Cassazione penale, 2017, 648 ss. e RAMACCI L., Note in tema di non punibilità per particolare tenuità del fatto e reati ambientali , in www.lexambiente.it, 30 marzo 2015, 6 ss.

41 ZAMPINI A., L’oblazione in materia ambientale supera lo scrutinio di legittimità costituzionale ma sulla disciplina restano alcune perplessità , in Rivista Italiana di Diritto e Procedura Penale , fasc.2, 1° giugno 2019, pag. 1004, il quale, a supporto della propria tesi, afferma: «In fin dei conti la stessa preclusione vale pacificamente in relazione alle “leggi relative alla prevenzione degli infortuni sul lavoro ed all’igiene sul lavoro (lett.n.) dell’art. 34 della l. n. 689 del 1981».

42 Contrariamente si esprime AMOROSO M. C., La nuova procedura estintiva dei reati contravvenzionali previsti dal D.lgs. 152/2006. Quali direttive per gli organi accertatori ?, in penalecontemporaneo.it, 5 Novembre 2015, che ritiene applicabile l’art. 162 c.p.

43 Tra l’altro, sulla differenza tra oblazione ambientale e oblazione speciale si veda Cass. Pen., sez. III, 27 gennaio 2021, n. 24633: «In tema di reati ambientali, la facoltà di cui all'art. 162-bis c.p.di richiedere l'oblazione speciale non è alternativa a quella prevista dagliartt. 318-bis e ss. d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, potendo essere esercitata non solo quando non ricorrano le condizioni per l'esperimento della procedura estintiva di settore, ma anche quando il contravventore abbia ritenuto di non avvalersene».

44 il GIP si trovava a dover decidere nell’ambito di una opposizione a decreto penale di condanna. Il procedimento per decreto era scaturito dal tardivo adempimento del contravventore alle prescrizioni impartite dall’organo accertatore, per la violazione dell’art. 256, comma quarto, TUA (attività di gestione di rifiuti non autorizzata). Il contravventore lamentava inoltre che l’adempimento sarebbe comunque avvenuto in un tempo congruo a norma dell'art. 318- quater, comma 1 TUA.

45 Recita il comma terzo dell’art. 24, D.lgs. n. 758/1994: « L'adempimento in un tempo superiore a quello indicato nella prescrizione, ma che comunque risulta congruo a norma dell'art. 20, comma 1, ovvero l’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose della contravvenzione con modalità diverse da quelle indicate dall'organo di vigilanza, sono valutate ai fini dell'applicazione dell'art. 162-bis del Codice penale. In tal caso, la somma da versare è ridotta al quarto del massimo dell'ammenda stabilita per la contravvenzione commessa ».

46 Così, precisamente, la Corte costituzionale: «non dà luogo a una “ingiustificabil[e] incongruenz[a]”, trattandosi, piuttosto, di una soluzione parametrata al maggior grado di intensità con cui il legislatore ha inteso modulare la tutela dell'ambiente». Osserva inoltre AMARELLI, G., Proporzionalità e tertium comparationis: la maggiore onerosità dell'oblazione tardiva ambientale rispetto a quella antinfortunistica non è irragionevole , inGiurisprudenza Costituzionale, fasc.2, 2019, pag. 0928C: «la condizione imprescindibile perché possa essere sottoposto allo scrutinio della Corte costituzionale uno spazio tradizionalmente riservato al nucleo intangibile della discrezionalità politica del legislatore, qual è quello della comminatoria edittale di pena, è che la fattispecie assunta come parametro alla cui stregua vagliarne la eventuale irragionevolezza sia sostanzialmente coincidente ed omogenea con quella oggetto delle doglianze».

47 Corte cost. 238/2020.

48 Rileva RICCARDI M., L'irretroattività “attenuata” della procedura di estinzione delle contravvenzioni ambientali, tra procedimento e processo. la deflazione “vince” sulla riparazione? , in Cassazione Penale, fasc.2, 2021, pag. 525: «Se è infatti vero che, in molti casi, lo stretto nesso di contiguità temporale tra accertamento della contravvenzione e avvio del procedimento delle prescrizioni è in grado di assicurare un grado elevato di tutela del bene ambiente e delle relative istanze di ripristino, tale regola, ad avviso di chi scrive, non può essere generalizzata, sussistendo ipotesi concrete di fattispecie ambientali che o incidono soltanto indirettamente sul bene tutelato e dunque si “allontanano” dall'esigenza di immediata reazione dell'ordinamento (si pensi, ad esempio, ai casi di attività non autorizzate di gestione dei rifiuti o poste in essere in violazione del quadro autorizzativo) o, pur producendo effetti materiali “minimali” sulle matrici ambientali, sono suscettibili di un'efficace opera di riparazione anche in una fase più avanzata rispetto alle indagini preliminari (si ponga mente, ad esempio, a casi di abbandono o deposito incontrollato di rifiuti le cui conseguenze siano “controllabili”)».

49 I quali ultimi, come si è visto, non hanno mancato di fornire importanti contributi di soft law già ampiamente analizzati nei precedenti paragrafi.

50 Cass. Pen., sez. III, 27 novembre 2019, n. 7220.

51 Cass. Pen., sez. III, 11 dicembre 2020, n. 25528.

52 Cass. Pen., sez. III, 25 settembre 2019, n. 49718.

53 POGGI D’ANGELO M., L'offensività/non punibilità nelle contravvenzioni ambientali assoggettabili alla procedura estintiva (artt. 318-bis ss. t.u.a.) , in Cassazione Penale, fasc. 2, 2022, pag. 623.

54 Corte cost., 20 maggio 2016, n. 109, nonché si veda anche Cass. Pen., Sez. Un., 19 dicembre 2019, n. 12348/20.

55 RUGA RIVA C., I nuovi ecoreati: commento alla legge 22 maggio 2015, n. 68, Torino, 2015.

56 pur nel rispetto dell’encomiabile sforzo ermeneutico portato avanti dagli operatori e promosso anche in sedi, come si è visto, istituzionali.