Consiglio di Stato, Sez. V, n. 2099, del 16 aprile 2013
Ambiente in genere.Illegittimità ordinanza del Sindaco per l’eliminazione di impianto di distribuzione carburanti senza partecipazione dell’interessato

E’ illegittima l’ordinanza del sindaco per l’eliminazione di impianto di distribuzione carburanti senza coinvolgimento della controparte. L’esatta rappresentazione dei luoghi e la valutazione dello stato di pericolo devono fondarsi su un procedimento la cui istruttoria sia aperta alla partecipazione collaborativa dell’interessato, al fine di individuare la migliore soluzione che contemperi, se possibile, il preminente interesse alla sicurezza con quello al mantenimento dell’impianto, sotto il duplice profilo della salvaguardia degli interessi del titolare e della offerta del servizio ai cittadini. Tale affermazione non significa che l’Amministrazione, in sede di rinnovazione del procedimento, non potrà ordinare nuovamente la chiusura dell’impianto di cui si tratta. Peraltro, a tale soluzione si potrà addivenire qualora, dopo l’istruttoria condotta con il concorso del titolare, risulterà confermata la pericolosità della struttura e saranno risultate impraticabili altre soluzioni quali eventuali modifiche alla medesima, il suo spostamento in altra zona o altro. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 02099/2013REG.PROV.COLL.

N. 08572/2001 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello numero di registro generale 8572 del 2001, proposto da: 
Comune di San Giuseppe Vesuviano in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avvocato Raffaello Capunzo, con domicilio eletto presso l’avvocato Gian Marco Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II, 18;

contro

Spem Petroli s.a.s. in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall'avv. Enrico Soprano, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via degli Avignonesi n. 5;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo della Campania, sede di Napoli, Sezione III, n. 02826/2001, resa tra le parti, concernente eliminazione impianto distribuzione carburante



Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 marzo 2013 il Cons. Manfredo Atzeni e uditi per le parti gli avvocati Lentini, per delega dall'avvocato Capunzo, e Soprano;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso al Tribunale amministrativo della Campania, sede di Napoli, rubricato al n. 2163/00, Spem Petroli s.a.s. impugnava l’ordinanza n. 282 in data 9 dicembre 1999 con la quale il Sindaco di San Giuseppe Vesuviano aveva disposto l’eliminazione dell’impianto di distribuzione carburanti sito nella via Europa di quel Comune unitamente agli atti presupposti.

La ricorrente lamentava violazione legge (leggi regionali 27/94, 10/97, 13/85 e leggi 152/99, 22/97, 241/90) ed eccesso di potere sotto vari profili, chiedendo quindi l’annullamento del provvedimento impugnato.

Con la sentenza in epigrafe, n. 2826 in data 19 giugno 2001, il Tribunale amministrativo della Campania, sede di Napoli, Sezione III, accoglieva il ricorso, per l’effetto annullando il provvedimento impugnato.

2. Avverso la predetta sentenza il Comune di San Giuseppe Vesuviano propone il ricorso in appello in epigrafe, rubricato al n. 8572/01, contestando gli argomenti che ne costituiscono il presupposto e chiedendo la sua riforma ed il rigetto del ricorso di primo grado.

Si è costituita in giudizio Spem Petroli s.a.s. chiedendo il rigetto dell’appello.

La causa è stata assunta in decisione alla pubblica udienza del 26 marzo 2013.

3. L’appello è infondato.

Il primo giudice ha fondato la decisione di accoglimento dell’impugnazione proposta sulla base:

a) dell’imperfetta attivazione del contraddittorio;

b) del difetto di motivazione in ordine alla necessità di rimozione dell’impianto, in ragione del pericolo alla circolazione provocato dalla sua collocazione.

3a. Quanto al primo profilo, deve essere rilevato come il Comune appellante pretenda di far valere, come comunicazione dell’avvio del procedimento, una mera richiesta di produzione documentale il cui contenuto non consente, all’interessato, di comprendere quali siano i problemi relativi alla collocazione dell’impianto di cui si tratta.

Sulla base di tale osservazione afferma il Collegio che lo scopo cui è preordinato l’art. 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241, non è stato raggiunto.

E’ vero che la comunicazione dell’avvio del procedimento non costituisce un mero adempimento formale, come sostenuto dal Comune appellante.

Peraltro, ciò è vero proprio perché scopo dell’adempimento è quello di consentire al destinatario dell’azione amministrativa di contribuire al suo corretto sviluppo, facendo presenti situazioni di fatto o ipotesi di soluzione che consentono di risolvere il problema affrontato dall’Amministrazione con il minor sacrificio per gli interessi contrapposti.

Di conseguenza la comunicazione di avvio del procedimento per rispondere al proprio scopo deve contenere l’indicazione delle problematiche sottese alla posizione di vantaggio di cui gode il privato.

Applicando tali principi al caso che ora occupa, deve essere affermato che un’idonea comunicazione di avvio del procedimento avrebbe dovuto rappresentare anche sinteticamente all’interessato le problematiche connesse al mantenimento del suo impianto di distribuzione del carburante.

La comunicazione richiamata dall’appellante, invece, nemmeno prefigura il fatto che il procedimento sia volto alla chiusura dell’impianto in questione, avendo il contenuto di una mera richiesta di documenti.

Non può trovare poi applicazione l’art. 21 octies della legge 7 agosto 1990, n. 241, in quanto l’Amministrazione ha fatto uso, nella specie, di poteri discrezionali, per cui il contenuto dell’atto non è affatto necessitato.

3b. La sentenza di primo grado deve essere condivisa anche nella parte in cui dichiara insufficientemente dimostrata la pericolosità dell’impianto, al fine dell’applicazione dell’art. 19 della legge regionale della Campania 29 giugno 1994, n. 27, ai sensi del quale “le ipotesi di «incompatibilità tra impianto e territorio» sono le seguenti:

a) l'arresto o la deviazione della linea di flusso del traffico veicolare in conseguenza dell'effettuazione del rifornimento di carburanti;

b) la presenza nel tratto di strada, prospiciente l'impianto, di un semaforo, di un incrocio, di una curva o di un dosso;

c) l'impedimento totale o parziale, di visuale riguardo ai beni di interesse storico, architettonico ed ambientale a causa delle strutture dell'impianto”.

Il caso che ora occupa ricade nell’ambito di applicazione della lettera b).

Riguardo a tale problematica deve essere rilevato come le deduzioni del Comune siano state compiutamente confutate dall’appellante anche mediante la produzione di perizia giurata.

Il Collegio deve quindi riprendere quanto argomentato al punto 3a, rilevando che l’esatta rappresentazione dei luoghi e la valutazione dello stato di pericolo devono fondarsi su un procedimento la cui istruttoria sia aperta alla partecipazione collaborativa dell’interessato, al fine di individuare la migliore soluzione che contemperi, se possibile, il preminente interesse alla sicurezza con quello al mantenimento dell’impianto, sotto il duplice profilo della salvaguardia degli interessi del titolare e della offerta del servizio ai cittadini, come sottolineato dal primo giudice.

Tale affermazione non significa che l’Amministrazione, in sede di rinnovazione del procedimento, non potrà ordinare nuovamente la chiusura dell’impianto di cui si tratta.

Peraltro, a tale soluzione si potrà addivenire qualora, dopo l’istruttoria condotta con il concorso del titolare, risulterà confermata la pericolosità della struttura e saranno risultate impraticabili altre soluzioni quali eventuali modifiche alla medesima, il suo spostamento in altra zona o altro.

4. In conclusione, l’appello deve essere respinto, fatti salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione.

Le spese del grado devono essere integralmente compensate, in ragione della complessità della controversia.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) definitivamente pronunciando sull'appello n. 8572/01, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa integralmente spese ed onorari del grado fra le parti costituite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 marzo 2013 con l'intervento dei magistrati:

Alessandro Pajno, Presidente

Francesco Caringella, Consigliere

Manfredo Atzeni, Consigliere, Estensore

Antonio Bianchi, Consigliere

Fabio Franconiero, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 16/04/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)