Consiglio di Stato Sez. IV n. 2895 del 22 marzo 2023
Ambiente in genere.Attività autorizzate e potere sindacale di ordinanza

L’esercizio da parte di privati di attività economiche debitamente autorizzate e svolte entro i limiti fissati in via amministrativa preclude l’esercizio dei poteri sindacali contingibili e urgenti, proprio perché il contemperamento degli interessi è stato già operato a monte, nell’opportuna sede procedimentale delineata dalla legge. Del resto, l’iniziativa economica privata, “libera” per principio costituzionale (art. 41 Cost.), può certo essere conformata, indirizzata e financo impedita dalla legge per la tutela di prioritari valori costituzionali, fra cui in primis quello della salute umana: a tale specifico fine, invero, la legge individua opportune sedi procedimentali (fra cui quelle deputate a rilasciare l’AUA) ove modulare a monte l’ambito entro il quale l’iniziativa imprenditoriale può svolgersi. Una volta, tuttavia, che l’autorizzazione venga concessa (ed il relativo provvedimento resti inoppugnato), il privato che vi si attenga non può essere attinto da provvedimenti extra ordinem che gli impediscano de facto l’attività: in tali casi, invero, l’ordo c’è ed è quello perimetrato dall’autorizzazione, il rispetto della quale delinea un ambito di liceità (anche per evidenti esigenze di certezza del diritto) che non può essere travalicato con provvedimento di un’Autorità terza quale il Sindaco, ma solo, se del caso, rimodulato, ridotto o tout court eliminato mediante un contrarius actus emesso in autotutela dalle competenti Amministrazioni all’esito di un rituale procedimento.

Pubblicato il 22/03/2023

N. 02895/2023REG.PROV.COLL.

N. 03512/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3512 del 2017, proposto dalla società Recuperi La Torre s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Enrico Morigi e Carlo Celani, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, via dei Condotti, n. 9;

contro

il Comune di Soriano nel Cimino, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Paola Conticiani, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, largo Messico, n. 7;
la Provincia di Viterbo, l’Arpa Lazio, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda-bis) n. 648 del 16 gennaio 2017, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Soriano nel Cimino;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 marzo 2023 il Cons. Luca Lamberti e viste le conclusioni delle parti come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. L’odierna appellante è proprietaria di un impianto per attività di recupero ambientale (R10) situato all’interno di una ex cava, autorizzato con AUA n. 1 del 2015 a ricevere, fra l’altro, fanghi di cartiera ed altresì autorizzato alle emissioni in atmosfera di polveri diffuse.

2. Con ricorso avanti il T.a.r. per il Lazio ha impugnato:

a) l’ordinanza contingibile e urgente n. 31 del 18 marzo 2016, con cui il Sindaco del Comune di Soriano nel Cimino le ha ingiunto l’immediata sospensione del conferimento di rifiuti nell’impianto de quo e la presentazione, entro 10 giorni, di un progetto di messa in sicurezza del sito per evitare il prosieguo delle emissioni di acido solfidrico rilevate nella zona, aventi un forte impatto odorigeno;

b) la determinazione dirigenziale R.U. del 23 marzo 2016 della Provincia di Viterbo, con la quale sono state sospese l’iscrizione VT 92 nel Registro provinciale delle procedure semplificate e l’autorizzazione alle emissioni in atmosfera;

c) il provvedimento prot. n. 5583 dell’8 aprile 2016, con cui il SUAP del Comune di Soriano nel Cimino ha sospeso l’AUA;

d) l’ordinanza contingibile e urgente n. 44 del 14 aprile 2016, con cui il Sindaco del Comune di Soriano nel Cimino le ha ingiunto di sospendere i lavori di manutenzione ordinaria comunicati in data 12 aprile 2016 e le ha altresì vietato “ogni altra attività in attesa che venga adeguatamente caratterizzato il sito”.

3. Con la sentenza indicata in epigrafe il T.a.r. ha accolto il ricorso limitatamente all’atto sub d), che ha quindi annullato, osservando che:

- nella relazione redatta dall’ARPA all’esito della campagna di monitoraggio dell’aria effettuata in situ per venti giorni su richiesta dell’Amministrazione comunale (a sua volta compulsata da segnalazioni degli abitanti della zona, che avevano denunciato forti molestie olfattive), si rilevava che, tra i rifiuti conferiti dalla ricorrente nell’impianto, quelli a maggior impatto odorigeno erano i fanghi di cartiera “che, in condizioni anaerobiche, liberano acido solfidrico (H2S), composto dal caratteristico odore di <<uova marce>> e con una soglia olfattiva estremamente bassa”; l’ARPA aveva altresì evidenziato che “l’inquinamento da acido solfidrico è al contempo di tipo chimico ed odorigeno: chimico, in quanto la molecola ha specifiche caratteristiche di pericolosità; odorigeno, in quanto la molecola è caratterizzata da una soglia olfattiva estremamente bassa e da un odore sgradevole”;

- nel corso della campagna, oltre al superamento in un caso del valore guida dell’OMS, si era registrato anche “il superamento della soglia per la molestia olfattiva per una percentuale del 70%”;

- “la salute pubblica, per la cui tutela il provvedimento è stato adottato, non può essere intesa solo come assenza di malattia o di infermità, ma anche come benessere fisico, mentale e sociale della persona, che risulta indubbiamente compromesso da una molestia olfattiva (in verità, non contestata dalla ricorrente) presente per circa il 70% della giornata, all’origine, secondo comprovati studi, di alterazioni dell’equilibrio psicofisico, di stati di malessere tali da condizionare il comportamento umano, di disturbi gastrici, mal di testa, disturbi del sonno, perdita di appetito, disturbi dell’apparato respiratorio e del sistema nervoso”;

- “il provvedimento impugnato, per la sua funzione e per la sua stessa formulazione in termini di sospensione dell’attività fino alla messa in sicurezza del sito, non si rivela, inoltre, come dedotto dalla ricorrente, una sospensiva sine die del recupero ambientale quanto, piuttosto, una misura adeguata al rischio accertato ed all’importanza del bene tutelato”;

- le modalità di rilevamento prescelte da ARPA rientrerebbero nella discrezionalità tecnica dell’ente preposto alla verifica della situazione ambientale e non sarebbero affette da illogicità o errori manifesti;

- nel corso del procedimento, inoltre, la società non avrebbe mai offerto di escludere i fanghi di cartiera dalle proprie lavorazioni;

- il rigetto delle censure formulate avverso l’ordinanza contingibile e urgente determinerebbe la reiezione anche di quelle svolte avverso gli atti sub b) e c);

- la misura imposta con l’atto sub d), invece, risulterebbe “eccessivamente gravosa per la ricorrente, precludendole qualsiasi operazione sul suo sito, senza alcuna distinzione tra opere che avrebbero potuto far continuare o aggravare le emissioni e dunque violare l’ordinanza n. 31/2016 e lavori che non avrebbero potuto influire in alcun modo sulla fonte del pericolo per la salute e sulla possibilità di suo accertamento”.

4. La società ha interposto appello, sostenendo che:

- la molestia olfattiva non legittimerebbe l’emissione di ordinanza contingibile e urgente, perché non determinerebbe alcun danno alla salute, difettando alcuna certezza scientifica in proposito né essendo previsti limiti legislativi per la concentrazione nell’aria di acido solfidrico; peraltro, nel corso dell’intero periodo di monitoraggio sarebbe stato superato, per di più in un unico caso, il solo valore guida, non il (più alto) valore limite indicato dall’OMS;

- comunque, l’ordinanza sarebbe sproporzionata, bastando inibire il conferimento di fanghi di cartiera e non già ogni e qualunque conferimento di rifiuti;

- la messa in sicurezza del sito sarebbe, poi, un rimedio strutturalmente inidoneo;

- il monitoraggio dell’ARPA sarebbe stato eseguito in maniera tecnicamente incongrua.

4.1. Si è costituito in resistenza il Comune.

5. Il ricorso è stato trattato alla pubblica udienza del 9 marzo 2023, in vista della quale le parti hanno versato in atti difese scritte.

6. Il ricorso merita accoglimento.

7. Il Collegio prende le mosse dall’art. 50, comma 5, d.lgs. n. 267 del 2000, espressamente citato dall’ordinanza impugnata sub a), a tenore del quale “in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale le ordinanze contingibili e urgenti sono adottate dal sindaco, quale rappresentante della comunità locale”.

7.1. E’ dirimente, dunque, individuare l’ambito semantico della locuzione “emergenze sanitarie o di igiene locale”.

7.2. Il Collegio, in proposito, ritiene che l’espressione “emergenze sanitarie” non possa non rimandare, stante il chiaro significato dell’aggettivo, a situazioni connotate dalla propagazione di agenti patogeni dannosi per l’uomo o, comunque, a circostanze di fatto in cui la salute fisica dei residenti sia messa in concreto, oggettivo ed accertato pericolo.

7.2.1. Non può, invece, ampliarsi il concetto fino a ricomprendervi il “benessere fisico, mentale e sociale della persona”, sia perché questo è un concetto giuridico indeterminato che, a valle, renderebbe a sua volta evanescenti i confini della legittimità dell’azione amministrativa extra ordinem del Sindaco, di contro da contenersi entro un perimetro ben preciso proprio in ragione della natura eccezionale di tali poteri, sia, comunque, perché la dizione della legge è chiara nel riferirsi alla “sanità” pubblica, concetto ben più ristretto del più ampio (ed indistinto) “benessere” collettivo.

7.3. Né può valere a fondare il provvedimento il riferimento alla “igiene locale”, locuzione che afferisce alla salubrità dei luoghi, da intendersi, anch’essa, come assenza di situazioni che possano degradare l’ambiente e, conseguentemente, renderlo potenzialmente pericoloso per la vita e la salute umana.

7.4. Nel provvedimento si fa esplicito richiamo al “principio di precauzione”, che, appunto, legittimerebbe “apposite misure a tutela della salute dei cittadini del Comune”.

7.4.1. Ne consegue che, per la stessa logica invocata dal provvedimento, sarebbe stata per tabulas necessaria l’individuazione - di contro mancata - dei possibili profili di rischio per la “salute” umana conseguenti alle emissioni de quibus.

7.4.2. Tali profili, oltretutto, avrebbero dovuto basarsi su specifici limiti di legge o, quanto meno, su riconosciuti studi scientifici, posto che, come noto, la “precauzione” di cui all’omonimo principio è finalizzata alla “tutela anticipata della salute dell’uomo e del suo ambiente” in relazione a rischi dei quali, pur in assenza di una precisa prova, comunque “si sospetta l’esistenza” (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen. n. 28 del 2013).

7.4.3. Tale “sospetto è da intendersi come “sospetto” qualificato, vale a dire riveniente dalla sussistenza di attuali dibattiti scientifici, pur lungi dall’essere definiti, circa l’effettiva esistenza del rischio ovvero circa le relative modalità di propagazione.

7.4.4. Ne consegue che:

- di tale qualificato “sospetto” il provvedimento che lo invoca a proprio fondamento deve dare compiuta contezza, in assenza della quale è palese il vizio della funzione;

- di converso, il carattere non qualificato di tale “sospetto” vale ex se a lumeggiare il vizio della funzione, posto che la legittimità della “tutela anticipata della salute dell’uomo e del suo ambiente” (evidentemente a scapito di altri interessi) deve fondarsi su una base scientifica, per quanto controversa e non unanimemente condivisa, esondando altrimenti nell’inammissibile auto-fondamento dell’azione amministrativa su un postulato posto dalla stessa Amministrazione (sul punto, da ultimo, Corte cost., 9 febbraio 2023, n. 14; id., 18 gennaio 2018, n. 5).

7.5. Né vale osservare che il Sindaco ha agito in base ad una segnalazione dell’ARPA, giacché il potere sindacale extra ordinem, teso a tutelare l’interesse pubblico primario (la salute dei cittadini) nel necessario ed equilibrato contemperamento con tutti gli altri concomitanti, concorrenti e confliggenti interessi coinvolti nella vicenda, è libero nell’an e nel quomodo e non è vincolato dal parere di Autorità tecnico-specialistiche di settore, come l’ARPA.

7.5.1. Peraltro, nella stessa relazione dell’ARPA posta a base del provvedimento impugnato si precisa che:

- “la normativa comunitaria ed italiana non fissa limiti per la concentrazione ambientale di acido solfidrico (H2S)”;

- l’acido solfidrico non rientra neppure fra gli inquinanti che “costituiscono parametri tradizionalmente e convenzionalmente utilizzati per la valutazione della qualità dell’aria”;

- nel corso del monitoraggio il “valore guida dell’OMS” (non vincolante nell’ordinamento nazionale e, comunque, non tale, secondo la stessa OMS, da determinare tossicità dell’aria) è stato superato in una sola occasione, mentre nel “69,7% delle concentrazioni orarie” è stata semplicemente superata la soglia “individuata dall’OMS per la molestia olfattiva”.

7.5.2. Di converso, nella successiva riunione congiunta fra le Amministrazioni competenti, il rappresentante della locale USL ha sostenuto che le emissioni in oggetto procurino un “nocumento alla popolazione che insiste sulla zona abitativa”, sì che sarebbe “opportuno, in base al principio di precauzione, sospendere l’attività di che trattasi”; siffatto “nocumento”, tuttavia, non è stato altrimenti precisato, così come, a monte, la relazione dell’ARPA non aveva chiarito quali fossero le “specifiche caratteristiche di pericolosità” chimica della molecola di acido solfidrico.

8. Esula, in definitiva, nell’ordinanza gravata sub a) – essendo irrilevante, come noto, la motivazione postuma – la puntuale indicazione di quali siano, in base alla legge o alla migliore scienza ed esperienza, i concreti profili di pericolosità per la salute umana posti a base di un esercizio di poteri extra ordinem di incidenza tale da, de facto, bloccare in toto un’attività economica regolarmente autorizzata e, a quanto consta, svolta entro i limiti legali e provvedimentali.

9. Tale ultima osservazione lumeggia un ulteriore profilo di illegittimità dell’ordinanza sub a) e, conseguentemente, dei provvedimenti sub b) e c), che su essa si basano e da essa “a cascata” derivano: l’AUA n. 1 del 2015, a quanto consta non gravata, autorizzava il conferimento nell’impianto, fra l’altro, proprio di fanghi di cartiera, dai quali, secondo le stesse Amministrazioni, deriverebbero le emissioni odorigene.

9.1. Ora, l’esercizio da parte di privati di attività economiche debitamente autorizzate e svolte entro i limiti fissati in via amministrativa preclude l’esercizio dei poteri sindacali contingibili e urgenti (cfr. amplius Cons. Stato, Sez. IV, 23 giugno 2021, n. 4802), proprio perché il contemperamento degli interessi è stato già operato a monte, nell’opportuna sede procedimentale delineata dalla legge.

9.2. Del resto, l’iniziativa economica privata, “libera” per principio costituzionale (art. 41 Cost.), può certo essere conformata, indirizzata e financo impedita dalla legge per la tutela di prioritari valori costituzionali, fra cui in primis quello della salute umana: a tale specifico fine, invero, la legge individua opportune sedi procedimentali (fra cui quelle deputate a rilasciare l’AUA) ove modulare a monte l’ambito entro il quale l’iniziativa imprenditoriale può svolgersi.

9.3. Una volta, tuttavia, che l’autorizzazione venga concessa (ed il relativo provvedimento resti inoppugnato), il privato che vi si attenga non può essere attinto da provvedimenti extra ordinem che gli impediscano de facto l’attività: in tali casi, invero, l’ordo c’è ed è quello perimetrato dall’autorizzazione, il rispetto della quale delinea un ambito di liceità (anche per evidenti esigenze di certezza del diritto) che non può essere travalicato con provvedimento di un’Autorità terza quale il Sindaco, ma solo, se del caso, rimodulato, ridotto o tout court eliminato mediante un contrarius actus emesso in autotutela dalle competenti Amministrazioni all’esito di un rituale procedimento.

10. Infine, a tutto voler concedere, il provvedimento sub a) viola comunque il principio di proporzionalità, che, quale principio dell’ordinamento comunitario, costituisce principio fondamentale (anche) dell’attività amministrativa nazionale, ai sensi dell’art. 1 l. n. 241 del 1990.

10.1. Invero, posto che secondo l’ARPA le emissioni odorigene derivavano in maniera preponderante dalla lavorazione dei fanghi di cartiera, era evidentemente sufficiente inibire all’appellante il conferimento di tale tipologia di rifiuto, consentendo per il resto il funzionamento dell’impianto.

10.2. Oltretutto, consta che in data 10 febbraio 2016, dunque prima dell’emanazione dei provvedimenti impugnati, la società appellante aveva sottoposto alle competenti Amministrazioni una “proposta tecnica di modifica” dell’AUA recante due “strategie sinergiche” al fine di eliminare o, quanto meno, ridurre significativamente le emissioni odorigene, salvaguardando al contempo la funzionalità dell’impianto.

11. Il Collegio aggiunge che la messa in sicurezza imposta dall’ordinanza sub a) è un incombente del tutto inconferente ed inappropriato, posto che, nella specie, non si tratta di un sito contaminato, ma semplicemente degli effetti sulla popolazione residente nelle vicinanze della lavorazione, in tale sito, di taluni materiali, oltretutto secondo le prescrizioni imposte a monte dalle competenti Amministrazioni.

12. Le esposte ragioni sono sufficienti a determinare l’accoglimento del ricorso in appello: conseguentemente, in parziale riforma dell’impugnata sentenza – rimasta inoppugnata nel capo che ha annullato l’ordinanza sub d) - va integralmente accolto il ricorso di primo grado, con annullamento degli atti ivi impugnati sub a), b) e c): in proposito, il Collegio precisa che l’annullamento dell’ordinanza sub a) determina eo ipso l’annullamento anche dei provvedimenti sub b) e c), che su di essa si fondano e da essa “a cascata” derivano e, quindi, sono viziati da illegittimità derivata.

13. La particolarità in fatto della controversia, la relativa novità delle questioni di diritto ed il rango degli interessi coinvolti suggeriscono la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in parziale riforma dell’impugnata sentenza, accoglie integralmente il ricorso di primo grado ed annulla tutti gli atti con esso impugnati, come indicato in motivazione.

Spese del doppio grado di giudizio compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 marzo 2023 con l'intervento dei magistrati:

Gerardo Mastrandrea, Presidente

Vincenzo Lopilato, Consigliere

Luca Lamberti, Consigliere, Estensore

Michele Conforti, Consigliere

Emanuela Loria, Consigliere