Cass. Sez. III n. 33646 del 13 ottobre 2025 (CC 25 set 2025)
Pres. Ramacci Rel. Giorgianni Ric. Bernieri
Acque.Acque meteoriche da dilavamento  

Le acque meteoriche da dilavamento sono, infatti, costituite dalle sole acque piovane che, cadendo al suolo, non subiscono contaminazioni con sostanze o materiali inquinanti, poiché, altrimenti, esse vanno qualificate come reflui industriali ex art. 74, comma 1, lett. h), d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152


RITENUTO IN FATTO 
1. Con ordinanza del 30 aprile 2025, il Tribunale della Spezia ha rigettato la richiesta di riesame proposta da Giacomo Bernieri, quale legale rappresentante della Rent Boat Bocca di Magra s.r.l.s., avverso il decreto del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale della Spezia che ha disposto il sequestro preventivo del piazzale esterno al capannone in uso alla Rent Boat sito in Amelia, via Fabbricotti, n. 86, e dei rubinetti che permettono ivi l’erogazione di acqua utile al lavaggio delle imbarcazioni, in relazione al reato di cui all’art. 137, comma 3, d.lgs. n. 152 del 2006.
2. Avverso l’indicata ordinanza, Giacomo Bernieri, quale legale rappresentante della Rent Boat Bocca di Magra s.r.l.s., a mezzo del difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione, sollevando due motivi.
2.1. Con il primo motivo, lamenta violazione di legge in relazione agli artt. 74, 113, comma 3, 137, commi 1 e 9, d.lgs. n. 152 del 2006 e alle leggi reg. Liguria n. 43 del 1995 e n. 4 del 2009.
Contesta la difesa che la nozione di reflui industriali includa anche le acque che, dopo aver raggiunto superficie scolante, entrino a contatto con sostanze o materiali qualunque, indipendentemente dall’essere inquinati e dalla tipologia di attività svolta sulla superficie, poiché tale interpretazione finirebbe per determinare in concreto un effetto abrogativo del rinvio al legislatore regionale operato dall’art. 113 d.lgs. n. 152 del 2006, in base al quale spetta al legislatore regionale stabilire e disciplinare i casi in cui le acque di dilavamento, in relazione alle attività svolte, una volta venute a contatto con determinati materiali e sostanze, richiedano l’adozione di particolari misure e procedure atte a prevenire il pericolo di inquinamento, per cui non tutte le acque meteoriche che raggiungono superfici in cui si svolgono attività produttive devono essere convogliate e opportunamente trattate in impianti di depurazione.
Richiama la difesa il regolamento regionale 10 luglio 2009, n. 4, che sposta l’attenzione sulla specifica tipologia di attività svolta sulla superficie scolante. In particolare, l’art. 4 del predetto regolamento, per le acque che scolano su superfici su cui sono insediate attività diverse da quelle indicate al capo II, richiede il solo adempimento della denuncia ex art. 21 legge reg. Liguria n. 43 del 1995; mentre, l’art. 7 del regolamento, per le acque di dilavamento che scolano su superfici in cui sono insediate attività tassativamente elencate, prevede la predisposizione di una piano di prevenzione e di gestione relativo alle acque di prima pioggia e di lavaggio. Osserva la difesa che le attività che il Tribunale ipotizza svolgersi sulla superficie non rientrano in alcune delle fattispecie di cui all’art. 7 del regolamento regionale.
Richiama, inoltre, la difesa la pronuncia di legittimità n. 11128 del 24/02/2021, secondo la quale, in base alla legislazione della regione Piemonte, che poneva attenzione alla specifica attività svolta sulla superficie, era imposto l’adozione di un piano di prevenzione e gestione poiché l’attività svolta (impianti stradali o lacuali di distribuzione del carburante) rientrava in una delle specifiche ipotesi previste dalla normativa regionale per le quali si rendeva necessario quell’adempimento, tanto che era stata contestata e ritenuta l’ipotesi criminosa di cui al comma 9 dell’art. 137 d.lgs. n. 152 del 2006.
2.2. Con il secondo motivo, lamenta assenza di motivazione in merito alle attività che potrebbero determinare scarichi di acque reflue industriali.
In sintesi, deduce la difesa la totale carenza di motivazione in ordine al diverso e distinto tema che attiene alle presunte attività di lavaggio, in astratto idonee ad integrare un’ipotesi di scarico di acque reflue industriali ex art. 137, comma 1, d.lgs. n. 152 del 2006, avendo la difesa argomentato in ordine al mancato reperimento di strumentazioni idonee al lavaggio ad alta pressione normalmente utilizzato per la pulitura di carene ed avendo offerto prova documentale del fatto che attività di questo tipo venivano affidate dalla società ricorrente ad altri stabilimenti.

CONSIDERATO IN DIRITTO 
1. I motivi di ricorso, congiuntamente esaminati perché connessi, sono infondati.
1.1. Occorre premettere che, con la sentenza Sez. 3, n. 11128 del 24/02/2021 Rv.
281567, richiamata in seno al ricorso e condivisa nei principi espressi da pronunce successive non massimate (Sez. 3, n. 688 del 14/12/2023, dep. 2024, Petretta; Sez. 3, n. 34630 del 01/06/2022, Ornani; Sez. 3, n. 21034 del 05/05/2022, Capicchioni), la Corte di legittimità ha precisato che l'art. 113 del d.lgs. n. 152 del 2006 riguarda espressamente le acque meteoriche di dilavamento e quelle di prima pioggia, oltre che le acque di lavaggio, precisandosi che le "acque meteoriche di dilavamento" sono quelle originate da una precipitazione atmosferica che, non evaporate o assorbite dal suolo, esercitano un'azione di dilavamento della superficie sulla quale scorrono, mentre le "acque di prima pioggia" sono quelle che cadono su una determinata superficie nella fase iniziale della precipitazione atmosferica con effetti di dilavamento maggiormente incisivi in relazione proprio a tale dato temporale ed alle condizioni in cui originariamente versa la superficie raggiunta dalle acque (da ciò anche la distinzione dalle "acque di seconda pioggia").
L'art. 113 d.lgs. 152 del 2006, assegna alle Regioni, nel primo comma, il compito di disciplinare ed attuare, ai fini della prevenzione di rischi idraulici ed ambientali, previo parere del Ministero: a) le forme di controllo degli scarichi di acque meteoriche di dilavamento provenienti da reti fognarie separate; b) i casi in cui può essere richiesto che le immissioni delle acque meteoriche di dilavamento, effettuate tramite altre condotte separate, siano sottoposte a particolari prescrizioni, ivi compresa l'eventuale autorizzazione. Si tratta, in questo caso, di acque meteoriche di dilavamento in genere, le quali, mantenendo la loro originaria condizione e considerata la loro provenienza, vengono regolamentate dalle Regioni in maniera più o meno incisiva, prevedendo mere forme di controllo nel caso degli scarichi provenienti da reti fognarie separate e la sottoposizione a prescrizioni particolari, ivi compresa l'autorizzazione, in caso di immissioni tramite altre condotte separate.
In questo primo comma il legislatore si è dunque riferito ad un'ipotesi di dilavamento che potrebbe definirsi "ordinaria" e che riguarda le acque meteoriche le quali, come poi precisato nel secondo comma, se non disciplinate ai sensi del comma 1, non sono soggette a vincoli o prescrizioni derivanti dalla parte terza del d.lgs. n. 152 del 2006.
Il terzo comma, invece, prende in considerazione situazioni diverse, stabilendo che alle Regioni è attribuito il potere di disciplinare i casi in cui potrebbe rendersi necessario che le acque di prima pioggia e quelle di lavaggio delle aree esterne siano convogliate e opportunamente trattate in impianti di depurazione per particolari condizioni per le quali, in relazione alle attività svolte, vi sia il rischio di dilavamento da superfici impermeabili scoperte di sostanze pericolose o di sostanze che creano pregiudizio per il raggiungimento degli obiettivi di qualità dei corpi idrici. Si tratta, in questo caso, di situazioni - diverse e ritenute meritevoli di maggiore attenzione - di origine non soltanto naturale (acque di prima pioggia), ma anche volontaria (lavaggio di aree esterne) in cui la presenza di un pericolo di contaminazione richiede particolari accorgimenti (convogliamento e trattamento di depurazione).
Il comma 4 dell'art. 113 stabilisce, infine, che l'immissione diretta di acque meteoriche nelle acque sotterranee è comunque vietata, ribadendo quindi il divieto generale di cui all'art. 104, alla cui violazione consegue la sanzione penale stabilita dall'art. 137, comma 11.
L'art. 113 disciplina, dunque, situazioni specifiche ed espressamente individuate, concernenti le acque meteoriche di dilavamento (commi 1 e 2), le acque di prima pioggia e di lavaggio (comma 3) e l'immissione diretta delle acque meteoriche nelle acque sotterranee (comma 4).
Può infine ritenersi netta la distinzione tra le acque meteoriche di dilavamento in genere - che l'art. 113, commi 1 e 2 presuppone non contaminate e che distingue a loro volta individuando quelle di cui al comma 1 in ragione delle modalità di provenienza e convogliamento - e quelle di prima pioggia e di lavaggio relativamente ai casi in cui, per il rischio di dilavamento da superfici impermeabili scoperte di sostanze pericolose o di sostanze che creano pregiudizio per il raggiungimento degli obiettivi di qualità dei corpi idrici, si renda necessario il convogliamento ed il trattamento in impianti di depurazione.
1.2. E' al di fuori di tali casi specifici che si pone il problema di come valutare fattispecie differenti che non rientrano nelle particolari previsioni dell'art. 113, dovendosi senz'altro escludere che, in mancanza dei presupposti per l'applicazione di tale disposizione o in assenza di specifiche disposizioni regionali, situazioni che possono anche determinare un serio pericolo di inquinamento debbano intendersi sottratte alle disposizioni del d.lgs. 152 del 2006 e ciò non soltanto perché una simile soluzione interpretativa sarebbe irragionevole, ma anche perché l'art. 113, comma 2, esclude l'assoggettabilità alla disciplina generale di cui alla Parte Terza del decreto soltanto le acque meteoriche diverse da quelle di cui al primo comma, che, in quanto tali, si presuppone mantengano la loro composizione originaria.
Il caso che si pone, in queste ipotesi, è quello della possibilità di qualificare le acque meteoriche di dilavamento come tali allorquando vengano a contatto con sostanze inquinanti o pericolose, quando, cioè, non si è in presenza di un dilavamento conseguente ad un fenomeno meteorologico che, attraverso la normale azione di erosione di una superficie impermeabile, determini la commistione delle acque piovane con polveri, detriti normalmente presenti sul suolo; la risposta che la giurisprudenza di legittimità ha dato sul punto, tenuto conto di quanto fin qui osservato riguardo all'art. 113, è stata e non poteva che essere negativa.
In questi casi, infatti, le acque di origine meteorica perdono la loro originaria consistenza divenendo sostanzialmente il mezzo attraverso il quale altre sostanze vengono veicolate verso un determinato corpo ricettore, quali un mero componente di un refluo di diversa natura oppure un elemento di diluizione di altre sostanze ma, certamente, non possono essere più considerate come semplici acque meteoriche di dilavamento.
1.3. Tanto precisato, il capo di incolpazione provvisoria addebita al ricorrente, nella qualità di legale rappresentante di un rimessaggio nautico, dedito anche ad attività di manutenzione e riparazione nel piazzale esterno al capannone a lui in uso, la effettuazione, senza autorizzazione e trattamento delle acque reflue, di scarichi di acque reflue industriali, derivate dalla contaminazione delle acque meteoriche con i materiali derivati dalle attività di riparazione e manutenzione di unità da diporto, anche mediante l’impiego di fibre di vetroresina, legno, solventi e vernici, nonché attività di manutenzione di imbarcazioni eseguite sull’area sottoposta a sequestro; acque che, mediante griglie di raccolta, sottostanti pozzetti, ed un sistema di tubazioni, venivano recapitate in pubblica fognatura.
L’ordinanza impugnata descrive quanto emerso dall’attività ispettiva: l’attività era dotata di due piazzali adiacenti al capannone usato come officina meccanica e ricovero natanti; nei piazzali erano presenti alcune griglie di raccolta delle acque meteoriche di dilavamento facenti capo a delle tubazioni separate tra loro, di cui una posizionata davanti alla porta del capannone principale, orientata in direzione del fiume Magra; il recapito finale delle acque, che attraverso le griglie confluivano nei pozzetti sottostanti, era la pubblica fognatura; nel primo accesso del 20/03/2025 erano presenti nel piazzale alcune macchie di pittura e alcuni sversamenti di olio lubrificante anche in prossimità e sopra le griglie di raccolta delle acque meteoriche di dilavamento, mentre nel secondo accesso del 03/04/2025 il piazzale era completamente occupato da natanti ed erano presenti sulla pavimentazione del vialetto di accesso molte chiazze d’olio ancora fresche, alcune delle quali sulle griglie dei tombini di raccolta delle acque piovane.
Si pone, pertanto, il problema di qualificare le acque meteoriche ricadenti sui materiali stoccati sul piazzale dello stabilimento (ed anche - sulla base della contestazione – sulle sostanze e sui materiali impiegati per le attività di riparazione e manutenzione) e sulle macchie di olio (accertate come “ancora fresche”) e di pittura presenti sul piazzale, per poi defluire nella pubblica fognatura.
Il Tribunale, nell’affermare logicamente che le macchie di olio e di pittura erano segni inequivocabili del pregresso svolgimento di operazioni connesse all’attività svolta dal rimessaggio, ha correttamente escluso alla pagina 3 dell’ordinanza che si verta nella ipotesi di acque meteoriche o di acque di prima pioggia che, unitamente alle acque di lavaggio, sono disciplinate dai primi tre commi dell’art. 113 d.lgs. n. 152 del 2006 e, nel dettaglio, dalla disciplina regionale di cui al regolamento della regione Liguria 10 luglio 2009, n. 4, il cui capo II indica le attività il cui svolgimento impone la predisposizione di un piano di prevenzione e di gestione delle acque di prima pioggia e di lavaggio finalizzato ad evitare che le sostanze inquinanti entrino in contatto e si miscelino con le acque meteoriche.
L’ordinanza impugnata, in sintonia con gli orientamenti di legittimità richiamati, ha invece affermato che la questione ha ad oggetto le acque meteoriche di dilavamento, che la disciplina della regione Liguria (art. 4, comma 2, del regolamento) rammenta trattarsi delle acque meteoriche che eccedono quelle di prima pioggia disciplinate dal capo II del regolamento regionale, e che, a seguito della contaminazione con i residui di lavorazione e i materiali stoccati sul piazzale dello stabilimento e del successivo scarico in fognatura, vanno qualificate come reflui industriali.
Come anticipato, le acque meteoriche da dilavamento sono, infatti, costituite dalle sole acque piovane che, cadendo al suolo, non subiscono contaminazioni con sostanze o materiali inquinanti, poiché, altrimenti, esse vanno qualificate come reflui industriali ex art. 74, comma 1, lett. h), d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (Sez. 3, n. 6260 del 05/10/2018, dep. 2019, Galletti, Rv. 274857; Sez. 3, n. 2832 del 02/10/2014, dep. 2015, Mele, Rv. 263173, relativa a fattispecie in sono state qualificate come reflui industriali le acque meteoriche contaminate da idrocarburi provenienti da un distributore di carburanti; nonché Sez. 3, n. 513 del 24/10/2012, dep. 2013, Rossetto, Rv. 254177).
Nella fattispecie viene in rilievo un caso distinto dalle ipotesi rimesse alla disciplina regionale ai sensi dell'art. 113 del d.lgs. n. 152 del 2006 – tratteggiato nel paragrafo 1.2. e rispetto al quale non pare adeguato il riferimento ad atti normativi regionali che paiono espressamente dettati solo per fattispecie di cui al predetto articolo 113 e senza alcun espresso inquadramento nell'ambito delle previsioni di cui all'art. 113 citato -; si tratta quindi di un caso che, come tale, ponendosi al di fuori delle specifiche ipotesi disciplinate dall'art.
113 del d.lgs. n. 152 del 2006, rimanda alla disciplina degli scarichi delle acque reflue industriali e quindi al fumus commissi delicti della fattispecie ipotizzata.
Si tratta in definitiva di motivazione conforme all'ormai consolidato orientamento interpretativo relativo al criterio distintivo tra acque piovane e reflui industriali, sulla base della quale sono state adeguatamente e logicamente spiegate le ragioni di tale qualificazione dei reflui, sia perché la presenza sul piazzale di macchie di pittura e di chiazze d’olio non poteva che essere ricondotta alla attività svolta dal rimessaggio, sia perché nel piazzale di pertinenza di tale impresa venivano stoccati i natanti in corso di manutenzione, soggetti a contatto con le acque meteoriche, dunque idonei, attraverso i loro residui, a contaminarle, cosicché correttamente la presenza nelle acque pubbliche dei reflui industriali è stata ricondotta alla attività svolta dal rimessaggio gestito dal ricorrente e agli scarichi da questa provenienti.
2. Al rigetto del ricorso consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M 
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così è deciso, 25/09/2025