 Cass. Sez. III n. 19742 del 19 maggio 2011 (CC 14 apr. 2011)
Cass. Sez. III n. 19742 del 19 maggio 2011 (CC 14 apr. 2011) 
Pres. De Maio Est.Gazzara Ric.Mercurio e altro
Urbanistica.Ordine di demolizione e prescrizione 
In tema di reati edilizi, l'ordine di demolizione del manufatto abusivo non è soggetto né alla prescrizione stabilita dall'art. 173 cod. pen. per le sanzioni penali, in quanto sanzione amministrativa, né alla prescrizione stabilita dall'art. 28 legge n. 689 del 1981 riguardante, infatti, unicamente le sanzioni pecuniarie con finalità punitiva.
REPUBBLICA ITALIANA
 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
 Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:        Camera di consiglio
 Dott. DE MAIO   Guido            - Presidente  - del 14/04/2011
 Dott. PETTI     Ciro             - Consigliere - ORDINANZA
 Dott. TERESI    Alfredo          - Consigliere - N. 826
 Dott. AMORESANO Silvio           - Consigliere - REGISTRO GENERALE
 Dott. GAZZARA   Santi       - rel. Consigliere - N. 32034/2010
 ha pronunciato la seguente: 
ORDINANZA
 sul ricorso proposto da:
 1) MERCURIO MAFALDA N. IL 06/04/1942;
 2) SANZONE NICOLA N. IL 06/02/1975;
 avverso l'ordinanza n. 118/2008 TRIB. SEZ. DIST. di GRAGNANO, del  			30/06/2009;
 sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SANTI GAZZARA;
 lette le conclusioni del P.G. che ha chiesto l'inammissibilità.  			RITENUTO IN FATTO
 Il Tribunale di Napoli, sezione distaccata di Gragnano, quale giudice  			dell'esecuzione, con ordinanza del 30/6/09. ha rigettato la istanza  			avanzata da Mercurio Mafalda e Sanzone Nicola tendente ad  			ottenere la sospensione dell'ordine di demolizione delle opere  			edilizie di cui alla sentenza resa dal Pretore di Gragnano l'1/6/99,  			divenuta irrevocabile, rispettivamente, per la prima, il 14/10/99, e,  			per il secondo, il 22/9/99.
 Avverso detto provvedimento hanno proposto ricorso per cassazione gli  			interessati, con i seguenti motivi:
 - violazione del diritto di difesa, rilevato che il Tribunale ha  			rigettato la istanza di rinvio formulata dal difensore di fiducia dei  			prevenuti, determinata dalla astensione dalle udienze indetta dalla  			classe forense;
 - violazione dell'art. 173 c.p., visto che andava dichiarata la  			prescrizione dell'ordine di demolizione;
 - vizio di motivazione ed incongrua valutazione relativamente al  			presumibile accoglimento della domanda di condono.  			Il Procuratore Generale presso questa Corte ha inoltrato in atti  			requisitoria scritta nella quale conclude per la inammissibilità.  			La difesa dei ricorrenti ha inoltrato in atti memoria, in cui  			specifica le ragioni poste a sostegno dei motivi di impugnazione  			riguardanti la prescrizione dell'ordine di demolizione, nonché la  			regolarità della pratica di condono, pendente davanti al Comune di  			Sant'Antonio Abate.
 CONSIDERATO IN DIRITTO
 Il ricorso è manifestamente infondato e va dichiarato inammissibile.  			La argomentazione motivazionale adottata dal Tribunale si palesa del  			tutto logica e corretta.
 In ordine alla eccepita violazione del diritto di difesa si osserva  			che il legittimo impedimento, quale causa del rinvio della udienza,  			non rileva nei procedimenti in camera di consiglio, ivi compresi  			quelli per i quali, come nel caso di specie, ex art. 666 c.p.p. la  			presenza del difensore è prevista come necessaria, soccorrendo in  			tali ipotesi la regola dettata dall'art. 97 c.p.p., comma 4 (Cass.  			S.U. 27/6/06, n. 31461). Peraltro, dal verbale di udienza del  			30/6/09, risulta la presenza e l'attività di difesa tecnica,  			regolarmente svolta, senza proposizione di istanze di rinvio,  			dall'avv. Cristina Serafino, difensore di fiducia, come da nomina in  			atti.
 Del pari totalmente priva di fondamento si palesa la eccezione di  			prescrizione dell'ordine di demolizione, in quanto esso, pur  			formalmente giurisdizionale, non ha natura di sanzione penale bensì  			di sanzione amministrativa di tipo ablatorio, sicché non è  			suscettibile di estinzione per decorso del tempo cd. in particolare,  			di quella prevista dall'art. 173 c.p. che, peraltro si riferisce alle  			sole pene principali (Cass. 10/11/2010, n. 43006; Cass. 30/4/03,  			Pasquale), e nemmeno alla prescrizione quinquennale, stabilita per le  			sanzioni amministrative dalla L. n. 689 del 1981, art. 28 in quanto  			detta prescrizione riguarda le sanzioni pecuniarie con finalità  			punitiva, mentre l'ordine di demolizione configura un obbligo di fare  			imposto per ragioni di tutela del territorio (Cass. 18/2/02. n.  			16537).
 Quanto al terzo motivo di impugnazione si rileva che in presenza di  			una istanza di condono o di sanatoria, successiva al passaggio in  			giudicalo della sentenza di condanna, il giudice della esecuzione,  			investito a pronunciarsi sulla istanza di revoca o di sospensione  			dell'ordine di demolizione delle opere abusive, è tenuto ad una  			attenta disamina dei prevedibili esili e tempi di definizione della  			procedura e, in particolare, ad accertare il possibile risultato  			della istanza e se esistono cause ostative al suo accoglimento: nel  			caso di insussistenza di tali cause, a valutare i tempi di  			definizione del procedimento amministrativo e sospendere la  			esecuzione solo in prospettiva di un rapido esaurimento dello stesso  			con un provvedimento che possa porsi in insanabile contrasto con  			l'ordine di demolizione (Cass. 26/9/07, n. 38997; Cass. 10/11/04, n.  			43878). Dal vaglio di legittimità a cui è stata sottoposta la  			ordinanza impugnata risulta, inequivocamente, che il Tribunale ha  			applicato i predetti criteri ermeneutici, escludendo, in particolare,  			la possibilità di sanatoria in quanto l'opera de qua costruzione  			nuova di non trascurabili dimensioni, ricade in zona sottoposta a  			vincolo paesaggistico.
 Tenuto conto, poi, della sentenza del 13/6/2000, n. 186, della Corte  			Costituzionale, e rilevato che non sussistono elementi per ritenere  			che la Mercurio e il Sanzone abbiano proposto il ricorso senza  			versare in colpa nella determinazione della causa di  			inammissibilità, gli stessi, ai sensi dell'art. 616 c.p.p. devono,  			altresì, essere condannati al versamento di una somma, in favore  			della Cassa delle Ammende, equitativamente fissata, in ragione dei  			motivi dedotti, nella misura di Euro 1.000.00.
 P.Q.M.
 La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e  			condanna ciascuno dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali  			e al versamento, in favore della Cassa delle Ammende, della somma di  			Euro 1.000.00.
 Così deciso in Roma, il 14 aprile 2011.
 Depositato in Cancelleria il 19 maggio 2011
 
                    




