 Cass. Sez. III n. 18533 del 11 maggio 2011 (CC 23 mar. 2011)
Cass. Sez. III n. 18533 del 11 maggio 2011 (CC 23 mar. 2011) 
Pres.De Maio Est. Petti Ric.Abbate
Urbanistica. Sentenza di patteggiamento e ordine di demolizione 
L'ordine di demolizione del manufatto abusivo (art. 31, comma nono, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380) resta eseguibile, qualora sia stato impartito con la sentenza di applicazione della pena su richiesta, anche nel caso di estinzione del reato conseguente al decorso del termine di cui all'art.445, comma secondo, cod. proc. pen. (In motivazione la Corte ha, altresì, escluso l'applicazione sia dell'art. 2946 cod. civ., riguardante la prescrizione dei diritti e non delle sanzioni amministrative, sia dell'art. 28, legge 24 novembre 1981, n. 689, applicabile alle sanzioni amministrative aventi ad oggetto somme di denaro).
REPUBBLICA ITALIANA
 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
 Composta   dagli  Ill.mi  Sigg.ri  Magistrati:            Camera   di
 consiglio
 Dott. DE MAIO   Guido              - Presidente  - del 23/03/2011
 Dott. PETTI     Ciro               - Consigliere - SENTENZA
 Dott. FIALE     Aldo               - Consigliere - N. 611
 Dott. AMORESANO Silvio             - Consigliere - REGISTRO GENERALE
 Dott. ROSI      Elisabetta         - Consigliere - N. 15966/2010
 ha pronunciato la seguente: 
SENTENZA
 sul ricorso proposto da:
 difensore di Abbate Concetta, nata a Messina il 29 novembre del  			1939;
 avverso l'ordinanza del tribunale di Messina del 16 settembre del  			2009;
 Udita la relazione svolta dal consigliere dott. Petti Ciro;
 Letta la requisitoria del Procuratore generale dott. Stabile Carmine  			il quale ha concluso per il rigetto del ricorso.
 RITENUTO IN FATTO
 Il Pretore di Messina, con sentenza del 9 febbraio del 1998,  			pronunciata a norma dell'art. 444 c.p.p., divenuta irrevocabile il 30  			marzo del 1998, disponeva, tra l'altro, la demolizione del manufatto  			abusivo realizzato dall'imputato Villari Paolo. Divenuta  			irrevocabile la sentenza, il Procuratore della Repubblica ha ingiunto  			la demolizione.
 L'Abbate, quale moglie ed erede dell'imputato, ha proposto  			incidente di esecuzione al fine di ottenere la revoca dell'ordine di  			demolizione a seguito dell'estinzione del reato edilizio ex art. 445  			c.p.p per il decorso del tempo.
 Il tribunale ha respinto l'istanza perché la sanzione della  			demolizione, non avendo natura penale, non si era estinta a norma  			dell'art. 445 c.p.p. e dell'art. 171 c.p..
 Ricorre per cassazione l'interessata per mezzo del proprio difensore  			deducendo:
 omessa motivazione in ordine all'eccepita estinzione della sanzione  			accessoria, sia a norma dell'art. 173 c.p. che a norma dell'art. 2946  			c.c., per la natura amministrativa del provvedimento di demolizione.  			Con memoria del 7 marzo del 2011 ha fatto comunque presente di avere  			presentato istanza di sanatoria L. n 47 del 1985, ex art. 13.  			CONSIDERATO IN DIRITTO
 Il ricorso va respinto perché infondato con la conseguente condanna  			della ricorrente al pagamento delle spese processuali.  			A prescindere pur dal rilievo che l'estinzione del reato ex art. 445  			c.p.p., comma 2 richiede una formale pronuncia del giudice  			dell'esecuzione ex art. 676 c.p.p., pronuncia necessaria per la  			certezza dei rapporti giuridici (cfr. Cass. 24 novembre del 2009,  			Diamanti Rv 245968), si osserva che l'ordine di demolizione della  			costruzione abusiva, già previsto dalla L. 28 febbraio 1985, n. 47,  			art. 7, u.c. ora D.P.R. n. 380 del 2001, art. 31 avendo natura di  			sanzione amministrativa la cui applicazione è eccezionalmente  			demandata (ove non abbia già provveduto l'autorità amministrativa),  			al giudice penale, e non essendo quindi qualificabile come sanzione  			penale accessoria o come effetto penale della condanna, resta  			eseguibile, qualora sia stato impartito con la sentenza di  			applicazione della pena su richiesta, anche nel caso di estinzione  			del reato conseguente al decorso del termine di cui all'art. 445  			c.p.p., comma 2, (cfr Cass n 2674 del 2000, Callea) Invero, per la  			sua natura sostanzialmente amministrativa ad essa non sono  			applicabili neppure in via analogica le norme relative all'estinzione  			della pena.
 In ogni caso, anche a volere ritenere applicabile l'analogia in  			relazione alle cause estintive del reato, mancherebbe lo stesso  			presupposto dell'analogia ossia l'eadem ratio, posto che il decorso  			del tempo potrebbe fare venire meno l'interesse dello Stato alla  			punizione, ma non quello di eliminare dal territorio un manufatto  			abusivo tenuto conto della preminenza delle ragioni di tutela del  			territorio che giustificano l'eccezionale potestà sanzionatoria  			amministrativa attribuita dalla legge al giudice penale, rispetto a  			quelle c.d. "premiali", cui invece è improntato il regime del  			procedimento speciale di cui all'art. 444 c.p.p. e segg..  			Le stesse ragioni comportanti l'inapplicabilità della disposizione,  			contenuta nell'art. 445, comma 1 cit., relativa al processo di  			cognizione, inducono ad escludere, sotto il profilo esecutivo, che il  			legislatore abbia inteso riferirsi anche alle sanzioni in questione,  			allorquando ha previsto, al comma 2, che, estinto il reato (per il  			decorso del termine, entro il quale l'imputato non abbia commesso  			altri delitti o contravvenzioni della stessa indole) "si estingue  			ogni effetto penale" della condanna.
 Non è applicabile in via analogica il disposto dell'art. 2946 c.c.,  			invocato dal ricorrente, perché esso riguarda la prescrizione dei  			diritti e non delle sanzioni amministrative.
 Nella sentenza di questa Corte(la n. 2674 del 2000) citata dal  			ricorrente a sostegno del proprio assunto, si afferma il contrario.  			In essa invero si ribadisce che non è applicabile ne' l'art. 2946  			c.c. ne' il termine prescrizionale di cui alla cit. L. n. 689 del  			1981, art. 28 applicabile alle sanzioni amministrative aventi per  			oggetto somme di denaro.
 Per quanto concerne la domanda di sanatoria per accertamento di  			conformità L. n 47 del 1985, ex art. 13 (ora D.P.R. 6 giugno 2001,  			n. 380, art. 36 T.U. dell'edilizia) presentata nelle more del  			procedimento di esecuzione, si osserva che trattasi di questione  			nuova non sottoposta preliminarmente all'esame del giudice di  			esecuzione ed è quindi inammissibile in questa sede. In ogni caso la  			sanatoria di cui alla L. n 47 del 1985, art. 13 non può essere  			presentata dopo l'irrogazione di sanzioni amministrative e a fortiori  			dopo la sentenza di condanna.
 P.Q.M.
 LA CORTE
 Letto l'art. 616 c.p.p., Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente  			al pagamento delle spese processuali.
 Così deciso in Roma, il 23 marzo del 2011.
 Depositato in Cancelleria il 11 maggio 2011
 
                    




