Cass. Sez. III n. 5618 del 14 febbraio 2012 (Ud. 17 nov. 2011)
Pres. Mannino Est. Fiale Ric. Forte
Urbanistica. Titolo abilitativo edilizio e suddivisione attività edificatoria
Il regime dei titoli abilitativi edilizi non può essere eluso attraverso la suddivisione dell'attività edificatoria finale nelle singole opere che concorrono a realizzarla, astrattamente suscettibili di forme di controllo preventivo più limitate per la loro più modesta incisività sull'assetto territoriale.  L 'opera deve essere considerata unitariamente nel suo complesso, senza che sia consentito scindere e considerare separatamente i suoi singoli componenti
REPUBBLICA ITALIANA
 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
 Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:        Udienza pubblica
 Dott. MANNINO Saverio Felice     - Presidente  - del 17/11/2011
 Dott. FIALE   Aldo          - rel. Consigliere - SENTENZA
 Dott. FRANCO  Amedeo             - Consigliere - N. 2424
 Dott. GRILLO  Renato             - Consigliere - REGISTRO GENERALE
 Dott. MARINI  Luigi              - Consigliere - N. 8900/2011
 ha pronunciato la seguente: 
SENTENZA
 sul ricorso proposto da:
 FORTE GIOVANNI N. IL 01/10/1948;
 avverso la sentenza n. 2868/2009 CORTE APPELLO di PALERMO, del  			03/11/2010;
 visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
 udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/11/2011 la relazione fatta dal  			Consigliere Dott. ALDO FIALE;
 Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. De Santis F., che  			ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso.  			RITENUTO IN FATTO
 La Corte di appello di Palermo, con sentenza del 3.11.2010,  			confermava la sentenza 14.10.2008 del Tribunale monocratico di  			Agrigento, che aveva affermato la responsabilità penale di Forte  			Giovanni in ordine ai reati di cui:
 - al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b), per avere realizzato,  			in assenza di permesso di costruire, in un vecchio fabbricato a due  			elevazioni fuori terra, i seguenti lavori: copertura a due falde  			spioventi fino ad un'altezza massima di circa un metro; ampliamento  			mediante tettoia di circa 50 mq.; muro di contenimento in cemento  			armato lungo circa mt. 22 ed alto circa mt. 1,50; scala in cemento  			armato - acc. in Agrigento, in epoca antecedente e prossima al  			27.6.2007;
 - al D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 64, 65, 71 e 72;
 - al D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 93, 94 e 95;
 e, unificati tutti i reati nel vincolo della continuazione ex art. 81  			cpv. cod. pen., lo aveva condannato alla pena di mesi 1, giorni 15 di  			arresto ed Euro 20.000,00 di ammenda, con ordine di demolizione delle  			opere abusive.
 Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il Forte, il quale ha  			eccepito: la non assoggettabilità delle opere realizzate al regime  			del permesso di costruire, in quanto: la copertura a due falde  			integrerebbe volume tecnico, la tettoia dovrebbe qualificarsi  			pertinenza dell'edificio; il muro in cemento armato non avrebbe  			funzione di contenimento, costituendo invece mera delimitazione del  			confine;
 - l'ingiustificato diniego delle circostanze attenuanti generiche e  			del beneficio della sospensione condizionale della pena.  			CONSIDERATO IN DIRITTO
 Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, perché  			manifestamente infondato.
 1. Deve premettersi che la realizzazione delle opere edilizie che  			hanno riguardato il fabbricato preesistente necessitava di permesso  			di costruire riferito all'intervento complessivo e non poteva essere  			autorizzata con artificiosa parcellizzazione.
 Il regime dei titoli abilitativi edilizi non può essere eluso,  			infatti, attraverso la suddivisione dell'attività edificatoria  			finale nelle singole opere che concorrono a realizzarla,  			astrattamente suscettibili di forme di controllo preventivo più  			limitate per la loro più modesta incisività sull'assetto  			territoriale.
 L'opera deve essere considerata unitariamente nel suo complesso,  			senza che sia consentito scindere e considerare separatamente i suoi  			singoli componenti vedi Cass., Sez. 3: 29.1.2003, Tucci; 11.10.2005,  			Daniele.
 2. "Volumi tecnici" sono i volumi - non utilizzabili ne' adattabili  			ad uso abitativo - strettamente necessari a contenere ed a consentire  			l'eccesso di quelle parti degli impianti tecnici che non possono, per  			esigenze tecniche di funzionalità degli impianti stessi, trovare  			allocazione all'interno della parte abitativa dell'edificio  			realizzabile nei limiti imposti dalle norme urbanistiche (vedi C.  			Stato, Sez. 5, 16.9.2004, n. 6038).
 Nella specie, invece, è stata realizzata una vera e propria  			sopraelevazione che assolve funzioni complementari all'abitazione e  			non ha riguardato la sistemazione degli impianti del fabbricato  			preesistente.
 3. Secondo la giurisprudenza costante di questa Corte Suprema, la  			nozione di "pertinenza urbanistica" ha peculiarità sue proprie, che  			la distinguono da quella civilistica:
 deve trattarsi, invero, di un'opera - che abbia comunque una propria  			individualità fisica ed una propria conformazione strutturale e non  			sia parte integrante o costitutiva di altro fabbricato - preordinata  			ad un'oggettiva esigenza dell'edificio principale, funzionalmente ed  			oggettivamente inserita al servizio dello stesso, sfornita di un  			autonomo valore di mercato, non valutabile in termini di cubatura o  			comunque dotata di un volume minimo tale da non consentire, in  			relazione anche alle caratteristiche dell'edificio principale, una  			sua destinazione autonoma e diversa da quella a servizio  			dell'immobile cui accede.
 La relazione con la costruzione preesistente deve essere, in ogni  			caso, non di integrazione ma "di servizio", allo scopo di renderne  			più agevole e funzionale l'uso (carattere di strumentalità  			funzionale), sicché non può ricondursi alla nozione in esame  			l'ampliamento di un edificio che come nella vicenda che ci occupa -  			per la relazione di connessione fisica, costituisce parte di esso  			quale elemento che attiene all'essenza dell'immobile e lo completa  			affinché soddisfi ai bisogni cui è destinato Vedi Cass., Sez. 3:
 29.5.2007, Rossi; 11.5.2005, Grida; 17.1.2003, Chiappatone. Nello  			stesso senso vedi pure C. Stato, Sez. 5, 22.10.2007, n. 5515.  			4. È necessario il permesso di costruire per la realizzazione di un  			muro di contenimento, che - non avendo il carattere pertinenziale che  			può riconoscersi al muro di cinta in presenza di determinate  			caratteristiche riferite alle limitate dimensioni della struttura ed  			alla non rilevante entità dell'area impegnata - ha una funzione  			autonoma da punto di vista edilizio e da quello economico vedi Cass.,  			Sez. 3, 14.5.2008, Russo e, nella giurisprudenza amministrativa più  			recente, T.a.r, Liguria, Sez. 1, 31.12.2009, n. 4131; T.a.r.  			Piemonte, Sez. 1, 17.1.2007, n. 41.
 Le censure concernenti asserite carenze argomentative sui singoli  			passaggi della ricostruzione fattuale dell'episodio non sono  			proponibili nel giudizio di legittimità, quando la struttura  			razionale della decisione sia sorretta, come nella specie, da logico  			e coerente apparato motivazionale, esteso a tutti gli elementi  			offerti dal processo, e il ricorrente si limiti sostanzialmente a  			sollecitare la rilettura del quadro probatorio, alla stregua di una  			diversa ricostruzione del fatto, e, con essa, il riesame nel merito  			della sentenza impugnata.
 5. Le attenuanti generiche, nel nostro ordinamento, hanno lo scopo di  			allargare le possibilità di adeguamento della pena in senso  			favorevole al reo, in considerazione di situazioni e circostanze  			particolari che effettivamente incidano sull'apprezzamento  			dell'entità del reato e della capacità di delinquere dell'imputato.  			H riconoscimento di esse richiede, dunque, la dimostrazione di  			elementi di segno positivo.
 Secondo la giurisprudenza di questa Corte Suprema, la concessione o  			il diniego delle attenuanti generiche rientrano nel potere  			discrezionale del giudice di merito, il cui esercizio, positivo o  			negativo che sia, deve essere bensì motivato ma nei soli limiti atti  			a far emergere in misura sufficiente il pensiero dello stesso giudice  			circa l'adeguamento della pena concreta alla gravità effettiva del  			reato ed alla personalità del reo.
 Anche il giudice di appello - pur non dovendo trascurare le  			argomentazioni difensive dell'appellante - non è tenuto ad una  			analitica valutazione di tutti gli elementi, favorevoli o  			sfavorevoli, dedotti dalle parti ma, in una visione globale di ogni  			particolarità del caso, è sufficiente che dia l'indicazione di  			quelli ritenuti rilevanti e decisivi ai fini della concessione o del  			diniego, rimanendo implicitamente disattesi e superati tutti gli  			altri, pur in carenza di stretta contestazione.
 Nella fattispecie in esame, la Corte di merito, nel corretto  			esercizio del potere discrezionale riconosciutole in proposito dalla  			legge - in carenza di congrui elementi di segno positivo - ha dato  			rilevanza decisiva ai non lievi precedenti penali del Forte ed  			"alle modalità subdole della condotta", deducendo logicamente  			prevalenti significazioni negative della personalità dell'imputato.  			6. Il beneficio della sospensione condizionale della pena non poteva  			essere concesso ai sensi dell'art. 164 c.p., u.c..
 7. Tenuto conto della sentenza 13.6.2000, n. 186 della Corte  			Costituzionale e rilevato che non sussistono elementi per ritenere  			che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella  			determinazione della causa di inammissibilità", alla declaratoria  			della stessa segue, a norma dell'art. 616 c.p.p., l'onere delle spese  			del procedimento nonché del versamento di una somma, in favore della  			Cassa delle ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi  			dedotti, nella misura di Euro 1.000,00.
 P.Q.M.
 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
 dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al  			pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di  			Euro mille/00 in favore della Cassa delle ammende.
 Così deciso in Roma, il 17 novembre 2011.
 Depositato in Cancelleria il 14 febbraio 2012
                    



