Il principio di unicità nella gestione del servizio rifiuti in Sicilia
di Massimo GRECO
Tra gli undici rilievi che la Sezione di controllo della Corte dei Conti ha formulato nei giorni scorsi sul Piano regionale dei rifiuti in Sicilia, approvato nel 2024, vi è la richiesta di fornire un “analitico riscontro sull’economicità, efficacia ed efficienza degli Ato, alla luce dei criteri indicati all’art. 200, comma 1, decreto legislativo 152/2006, e comunicare eventuali iniziative intraprese per la razionalizzazione dell’organizzazione territoriale d’ambito”. La Corte dei Conti non poteva non rilevare che nel territorio regionale il sistema di gestione integrata dei rifiuti rappresenta un unicum nel panorama nazionale, per avere tollerato in questi anni la mancata attuazione del principio di “unicità” richiesto dalla normativa statale.
1) La normativa regionale
Non sfugge a chi qui scrive il fatto che la normativa regionale ancora oggi vigente (art. 5, comma 2-ter, l.r. n. 9/2010) consente ai Comuni, a determinate condizioni, di gestire in autonomia il servizio di raccolta dei rifiuti nel rispettivo ambito di raccolta ottimale approvato dalla Regione, tuttavia tale facoltà si pone in contrasto con i principi di unicità dell'ambito territoriale ottimale contenuti nella normativa statale (Codice dell'Ambiente). Infatti, il settore dei rifiuti, nel riparto di competenze previsto dallo Statuto speciale della Regione siciliana, ricade nell’ambito delle materie della “igiene e sanità pubblica” e della “assunzione di pubblici servizi”, affidate dall’art. 17, lettere b) ed h), di tale atto normativo alla competenza concorrente della Regione, da esplicarsi “entro i limiti dei principi ed interessi generali cui si informa la legislazione dello Stato”1.
Nel settore de quo, invece, le Regioni ad autonomia ordinaria dispongono della competenza legislativa residuale ex art. 117, quarto comma, Cost., in tema di “servizi pubblici locali”2- Da ciò la conclusione secondo la quale, ai sensi dell’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, anche la Regione Siciliana deve ritenersi titolare, nel predetto ambito, di una competenza legislativa residuale ex art. 117, quarto comma, Cost. in quanto integrante un caso di “maggiore autonomia” rispetto alla competenza concorrente ex art. 17 St. Reg. sic., atteso altresì che – anche alla luce della giurisprudenza costituzionale concernente l’applicazione del menzionato art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001 3 – la legislazione siciliana in tema di rifiuti deve conformarsi alle norme dettate dallo Stato in base ai titoli trasversali di intervento di cui all’art. 117, secondo comma, lett. e) ed s), che rappresentano altrettanti limiti per la competenza residuale regionale ex art. 117, comma quarto, Cost.
2) I servizi pubblici locali
Tutto ciò premesso, rileva nella presente sede la considerazione delle disposizioni, ratione temporis, di cui all’articolo 3-bis, commi 1 e 1-bis, del decreto legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito con modificazioni dall’articolo 1, comma 1, della legge 148 del 2011, in tema di servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica. Tali disposizioni stabiliscono che, a tutela della concorrenza e dell’ambiente, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano organizzano detti servizi “definendo il perimetro degli ambiti o bacini territoriali ottimali e omogenei tali da consentire economie di scala e di differenziazione idonee a massimizzare l’efficienza del servizio e istituendo o designando gli enti di governo degli stessi, entro il termine del 30 giugno 2012” e che “la dimensione degli ambiti o bacini territoriali ottimali di norma deve essere non inferiore almeno a quella del territorio provinciale”, potendo le Regioni “individuare specifici bacini territoriali di dimensione diversa da quella provinciale, motivando la scelta in base a criteri di differenziazione territoriale e socio-economica e in base a principi di proporzionalità, adeguatezza ed efficienza rispetto alle caratteristiche del servizio”. A garanzia dell’adempimento di tale obbligo, il citato comma 1 prevede inoltre che il Consiglio dei Ministri eserciti, a tutela dell’unità giuridica ed economica del Paese, “i poteri sostitutivi di cui all’articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131, per organizzare lo svolgimento dei servizi pubblici locali in ambiti o bacini territoriali ottimali e omogenei, comunque tali da consentire economie di scala e di differenziazione idonee a massimizzare l’efficienza del servizio”.
Ancora, il successivo comma 1-bis dell’articolo 3 dispone che “le funzioni di organizzazione dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica, compresi quelli appartenenti al settore dei rifiuti urbani, di scelta della forma di gestione, di determinazione delle tariffe all’utenza per quanto di competenza, di affidamento della gestione e relativo controllo sono esercitate unicamente dagli enti di governo degli ambiti o bacini territoriali ottimali e omogenei istituiti o designati ai sensi del comma 1 del presente articolo cui gli enti locali partecipano obbligatoriamente, fermo restando quanto previsto dall’articolo 1, comma 90, della legge 7 aprile 2014, n. 56. Qualora gli enti locali non aderiscano ai predetti enti di governo entro il 1° marzo 2015 oppure entro sessanta giorni dall’istituzione o designazione dell’ente di governo dell’ambito territoriale ottimale ai sensi del comma 2 dell’articolo 13 del decreto-legge 30 dicembre 2013, n. 150, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2014, n. 15, il Presidente della regione esercita, previa diffida all’ente locale ad adempiere entro il termine di trenta giorni, i poteri sostitutivi”.
3) Il settore rifiuti
Con specifico riferimento al settore dei rifiuti urbani, l’applicabilità delle norme de qua è inoltre ribadita dal successivo comma 6-bis del medesimo articolo 3-bis. Deve infine essere considerato l’articolo 200, comma 1, del citato d.lgs. 152/2006, il quale sancisce che “ La gestione dei rifiuti urbani è organizzata sulla base di ambiti territoriali ottimali, di seguito anche denominati ATO, delimitati dal piano regionale di cui all’articolo 199, nel rispetto delle linee guida di cui all’articolo 195, comma 1, lettere m), n) ed o), e secondo i seguenti criteri:
a) superamento della frammentazione delle gestioni attraverso un servizio di gestione integrata dei rifiuti;
b) conseguimento di adeguate dimensioni gestionali, definite sulla base di parametri fisici, demografici, tecnici e sulla base delle ripartizioni politico-amministrative ”(omissis).
Di contro, la citata normativa regionale, nell’attribuire, in via differenziata ai Comuni la facoltà di gestire autonomamente il servizio, ancorchè per ambito di raccolta ottimale, sembra avere tollerato la spettanza comunale, in via “ordinaria”, delle medesime funzioni, che pure in base all’art. 8, comma 1, della l.r. n. 9 del 2010 risultano già attribuite alle Società per la regolamentazione del servizio di gestione dei rifiuti (SRR). La disposizione regionale in questione, dunque, ove si dovesse interpretare nel senso di una implicita attribuzione ai Comuni, singolarmente o in forma associata, della realizzazione e localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti, si porrebbe in contrasto con la normativa statale sopra citata, violando da diversi punti di vista il principio di unicità verticale e orizzontale della gestione all’interno dell’ambito ottimale, posto dalle norme legislative statali sopra menzionate. Ciò per le seguenti ragioni:
a) l’attribuzione delle funzioni inerenti lo smaltimento dei rifiuti ai Comuni viola il principio dell’unicità orizzontale della gestione, consentendo l’organizzazione e lo svolgimento di più servizi all’interno del medesimo ambito: da questo punto di vista, è possibile affermare che la disposizione de qua approfondisca l’incostituzionalità di cui è gravata la citata norma di cui all’art. 5, comma 2-ter, della legge della Regione siciliana n. 9 del 2010;
b) in secondo luogo, l’affidamento (sia pure in via suppletiva) ai Comuni delle sole funzioni inerenti lo smaltimento, violano il principio di unitarietà verticale del servizio, approfondendo la frammentazione del ciclo integrato dei rifiuti che la legislazione regionale siciliana già realizza;
c) infine, l’attribuzione della funzione in via sussidiaria ai due Comuni viola anche il principio di unicità orizzontale della gestione nella misura in cui gli ambiti potrebbero in concreto essere dimensionati in modo ultraprovinciale, determinandosi in tal modo la possibilità di una molteplicità di gestioni nel singolo ambito; a tale ultimo proposito, deve ricordarsi che la Regione Siciliana, in data 7.08.2015, è stata diffidata ai sensi dell’art. 120, secondo comma, Cost., con nota prot. 21389 della Presidenza del Consiglio dei Ministri, a provvedere entro i termini ivi indicati alla perimetrazione degli ATO per il servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani e, di conseguenza, a ridefinirne la consistenza numerica individuando non più di cinque ambiti.
4) Il principio di unicità
Così ricostruito il quadro normativo di riferimento, si evince in primo luogo, quale premessa di carattere generale, che la gestione autonoma si caratterizza, quindi, per essere un’eccezione alla regola generale della gestione unica, consentita solo qualora siano dimostrate efficienza ed efficacia – e, dunque, una vera e propria eccellenza – che andrebbe perduta con la gestione aggregata4.
È stato, a tal proposito, rilevato che l’efficienza è uno dei presupposti per poter configurare l’eccezione della gestione autonoma del servizio integrato (SII), che, altrimenti, per regola generale, deve essere unitaria. La fattispecie prevista dall’art., comma 2-ter, l.r. n. 9/2010 consente, infatti, solo in casi eccezionali a singoli Comuni la gestione in forma autonoma del SII; si tratta di norma derogatoria, che deve essere interpretata in modo rigoroso e restrittivo, atteso che una più ampia interpretazione comporterebbe l’effetto di vanificare il principio dell’unicità di gestione per ambiti territoriali ottimali, riducendone fortemente la portata applicativa5.
In altri termini, pertanto, a fronte di una regola generale che impone la gestione aggregata, il Comune che aspiri all’operatività della predetta previsione di salvaguardia deve ottenere un’espressa deroga per conservare la gestione autonoma: deroga, in mancanza della quale, trova sempre applicazione il criterio generale.
Alla luce di quanto sopra argomentato si deve ritenere che la normativa regionale fin qui applicata in Sicilia a supporto delle gestioni autonome e comunali, ove interpretata nel senso di attribuire ai Comuni, singolarmente o in forma associata, l’organizzazione e la gestione dei servizi concernenti lo smaltimento dei rifiuti anziché alle costituite società di regolamentazione dei rifiuti, violi l’art. 117, comma secondo, lett. s), Cost., per contrasto con le norme statali interposte di cui all’articolo 3-bis, commi 1 e 1-bis, del decreto legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dall’articolo 1, comma 1, della legge n. 148 del 2011 e all’articolo 200, comma 1, lettere a) e b), del d.lgs. 152/2006, come peraltro incidentalmente affermato anche dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri con delibera del 5 ottobre 2015 nel contesto dell'impugnativa della l.r. n. 15/2015 sul riordino degli enti di area vasta.
1 Corte cost., sentt. nn. 167 del 1993 e 981 del 1998
2ex plurimis, cfr. Corte cost. n. 272 del 2004
3 cfr., ex plurimis, sentt. nn. 365 e 162 del 2007, 51 del 2006, 383 del 2005, 236 del 2004, 274 del 2003
4 in tal senso, T.a.r. per l’Abruzzo, sez. I, 12 gennaio 2024, n. 16; sul principio della unicità della gestione, v. anche Corte cost., 6 novembre 2020, n. 231
5 cfr. in tali termini – ancorchè riferito al servizio idrico - Cons. Stato, Sez. V, 26 agosto 2020, n. 5237




