Corte di Giustizia
CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE ELEANOR SHARPSTON presentate il 22 novembre 2012
«Ambiente – Zone speciali di conservazione – Valutazione dell’incidenza di un piano o progetto su un sito protetto – Pregiudizio all’integrità del sito»
 CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE ELEANOR SHARPSTON presentate il 22 novembre 2012 (1) Causa C‑258/11 Peter Sweetman Irlanda Attorney General Minister for the Environment, Heritage and Local Government contro An Bord Pleanala [Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Supreme Court (Irlanda)] «Ambiente  – Zone speciali di conservazione – Valutazione dell’incidenza di un  piano o progetto su un sito protetto – Pregiudizio all’integrità del  sito»   Introduzione 1. La  domanda di pronuncia pregiudiziale riguarda l’interpretazione  dell’articolo 6 della direttiva habitat (in prosieguo: la «direttiva») (2).  La questione sottoposta alla Corte verte sulla corretta interpretazione  del paragrafo 3 di tale articolo, concernente piani e progetti non  direttamente connessi e necessari alla gestione di un sito habitat. La  disposizione trova applicazione laddove un piano o progetto «possa avere  incidenze significative» sul sito. In tal caso, il piano o progetto  deve formare oggetto di un’opportuna valutazione dell’incidenza sul sito  medesimo. E soltanto laddove in seguito a tale valutazione le  competenti autorità nazionali abbiano accertato che il piano o progetto  «non pregiudicherà l’integrità del sito» le autorità in causa possono  autorizzarlo. La Supreme Court chiede lumi sulla corretta  interpretazione di quest’ultima frase. Ambito normativo Diritto dell’Unione Europea 2. L’articolo 1 della direttiva contiene le seguenti definizioni: «a) Conservazione:  un complesso di misure necessarie per mantenere o ripristinare gli  habitat naturali e le popolazioni di specie di fauna e flora selvatiche  in uno stato soddisfacente ai sensi delle lettere e) e i); (…) d) Tipi di habitat naturali prioritari:  i tipi di habitat naturali che rischiano di scomparire nel territorio  di cui all’articolo 2 e per la cui conservazione la Comunità ha una  responsabilità particolare a causa dell’importanza della parte della  loro area di distribuzione naturale compresa nel territorio di cui  all’articolo 2. Tali tipi di habitat naturali prioritari sono  contrassegnati da un asterisco (*) nell’allegato I. e) Stato di conservazione di un habitat naturale:  l’effetto della somma dei fattori che influiscono sull’habitat naturale  in causa, nonché sulle specie tipiche che in esso si trovano, che  possono alterare a lunga scadenza la sua ripartizione naturale, la sua  struttura e le sue funzioni, nonché la sopravvivenza delle sue specie  tipiche nel territorio di cui all’articolo 2. Lo “stato di conservazione” di un habitat naturale è considerato “soddisfacente” quando –        la sua area di ripartizione naturale e le superfici che comprende sono stabili o in estensione, –        la  struttura e le funzioni specifiche necessarie al suo mantenimento a  lungo termine esistono e possono continuare ad esistere in un futuro  prevedibile e –        lo stato di conservazione delle specie tipiche è soddisfacente ai sensi della lettera i). (…) i) Stato di conservazione di una specie:  l’effetto della somma dei fattori che, influendo sulle specie in causa,  possono alterare a lungo termine la ripartizione e l’importanza delle  sue popolazioni nel territorio di cui all’articolo 2; Lo “stato di conservazione” è considerato “soddisfacente” quando –        i  dati relativi all’andamento delle popolazioni della specie in causa  indicano che tale specie continua e può continuare a lungo termine ad  essere un elemento vitale degli habitat naturali cui appartiene, –        l’area di ripartizione naturale di tale specie non è in declino né rischia di declinare in un futuro prevedibile e –        esiste  e probabilmente continuerà ad esistere un habitat sufficiente affinché  le sue popolazioni si mantengano a lungo termine. j) Sito: un’area geograficamente definita, la cui superficie sia chiaramente delimitata; k) Sito di importanza comunitaria:  un sito che, nella o nelle regioni biogeografiche cui appartiene,  contribuisce in modo significativo a mantenere o a ripristinare un tipo  di habitat naturale di cui all’allegato I o una specie di cui  all’allegato II in uno stato di conservazione soddisfacente e che può  inoltre contribuire in modo significativo alla coerenza di Natura 2000  di cui all’articolo 3, e/o che contribuisce in modo significativo al  mantenimento della diversità biologica nella regione biogeografica o  nelle regioni biogeografiche in questione. (...) l) Zona speciale di conservazione:  un sito di importanza comunitaria designato dagli Stati membri mediante  un atto regolamentare, amministrativo e/o contrattuale in cui sono  applicate le misure di conservazione necessarie al mantenimento o al  ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, degli habitat  naturali e/o delle popolazioni delle specie per cui il sito è  designato». 3. L’articolo 2 recita: «1.  Scopo della presente direttiva è contribuire a salvaguardare la  biodiversità mediante la conservazione degli habitat naturali, nonché  della flora e della fauna selvatiche nel territorio europeo degli Stati  membri al quale si applica il trattato. 2.  Le misure adottate a norma della presente direttiva sono intese ad  assicurare il mantenimento o il ripristino, in uno stato di  conservazione soddisfacente, degli habitat naturali e delle specie di  fauna e flora selvatiche di interesse comunitario. 3.  Le misure adottate a norma della presente direttiva tengono conto delle  esigenze economiche, sociali e culturali, nonché delle particolarità  regionali e locali». 4. L’articolo 3, paragrafo 1, dispone: «È  costituita una rete ecologica europea coerente di zone speciali di  conservazione, denominata Natura 2000. Questa rete, formata dai siti in  cui si trovano tipi di habitat naturali elencati nell’allegato I e  habitat delle specie di cui all’allegato II, deve garantire il  mantenimento ovvero, all’occorrenza, il ripristino, in uno stato di  conservazione soddisfacente, dei tipi di habitat naturali e degli  habitat delle specie interessati nella loro area di ripartizione  naturale. (…)». 5. L’articolo  4 stabilisce la procedura per l’individuazione di siti habitat ai sensi  della direttiva. Fondamentalmente tale procedura consiste nella  preparazione di un relativo elenco da parte di ciascuno Stato membro,  che poi viene trasmesso alla Commissione europea come previsto dal  pertinente paragrafo 1. Sulla base delle informazioni fornite, la  Commissione deve quindi, in accordo con ogni Stato membro, elaborare un  progetto di elenco di siti di importanza comunitaria «SIC», il fine del  quale è identificare i siti che ospitano uno o più tipi di habitat  naturali prioritari o una o più specie prioritarie. L’elenco dei siti  selezionati viene poi fissato formalmente da parte della Commissione  secondo quanto disposto dal paragrafo 2. Quando un sito viene  individuato come SIC in conformità alla procedura prevista da  quest’ultimo paragrafo, lo Stato membro lo designa come zona speciale di  conservazione «ZSC» nel termine massimo di sei anni, come disciplinato  dal paragrafo 4. In ogni caso, non appena un sito è iscritto nel  relativo elenco adottato dalla Commissione come «SIC», viene  assoggettato agli obblighi di cui ai paragrafi 2, 3 e 4 dell’articolo 6  (articolo 4, paragrafo 5). 6. L’articolo 6 recita: «1.  Per le zone speciali di conservazione, gli Stati membri stabiliscono le  misure di conservazione necessarie che implicano all’occorrenza  appropriati piani di gestione specifici o integrati ad altri piani di  sviluppo e le opportune misure regolamentari, amministrative o  contrattuali che siano conformi alle esigenze ecologiche dei tipi di  habitat naturali di cui all’allegato I e delle specie di cui  all’allegato II presenti nei siti. 2. Gli  Stati membri adottano le opportune misure per evitare nelle zone  speciali di conservazione il degrado degli habitat naturali e degli  habitat di specie nonché la perturbazione delle specie per cui le zone  sono state designate, nella misura in cui tale perturbazione potrebbe  avere conseguenze significative per quanto riguarda gli obiettivi della  presente direttiva. 3. Qualsiasi piano o  progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito  ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o  congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una  opportuna valutazione dell’incidenza che ha sul sito, tenendo conto  degli obiettivi di conservazione del medesimo. Alla luce delle  conclusioni della valutazione dell’incidenza sul sito e fatto salvo il  paragrafo 4, le autorità nazionali competenti danno il loro accordo su  tale piano o progetto soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non  pregiudicherà l’integrità del sito in causa e, se del caso, previo  parere dell’opinione pubblica. 4. Qualora,  nonostante conclusioni negative della valutazione dell’incidenza sul  sito e in mancanza di soluzioni alternative, un piano o progetto debba  essere realizzato per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico,  inclusi motivi di natura sociale o economica, lo Stato membro adotta  ogni misura compensativa necessaria per garantire che la coerenza  globale di Natura 2000 sia tutelata. Lo Stato membro informa la  Commissione delle misure compensative adottate. Qualora  il sito in causa sia un sito in cui si trovano un tipo di habitat  naturale e/o una specie prioritari, possono essere adottate soltanto  considerazioni connesse con la salute dell’uomo e la sicurezza pubblica o  relative a conseguenze positive di primaria importanza per l’ambiente  ovvero, previo parere della Commissione, altri motivi imperativi di  rilevante interesse pubblico». 7. L’allegato I alla direttiva contempla la seguente voce: –        «8240 * Pavimenti calcarei». Diritto nazionale 8. La  progettazione delle strade in Irlanda è disciplinata dal Roads Act  1993, come modificato. Gli articoli 50 e 51 di tale legge,  congiuntamente con il European Communities (Environmental Impact  Assessment) (Amendment) Regulations 1999 (regolamento irlandese del 1999  relativo alla valutazione d’impatto ambientale delle Comunità europee,  come modificato), stabiliscono la procedura per i progetti in causa.  Questa procedura impone la realizzazione di una valutazione d’impatto  ambientale ai sensi della direttiva 85/337/CEE (3). 9. Inoltre,  se un progetto stradale può avere un’incidenza significativa su  determinati siti di rilevanza ecologica, opera l’European Communities  (Natural Habitats) Regulations 1997, come modificato (in prosieguo: il  «regolamento del 1997»), che ha trasposto nell’ordinamento irlandese la  direttiva. 10. Il  relativo articolo 2 definisce «sito europeo» un sito che l’Irlanda  propone di presentare alla Commissione affinché sia selezionato in  qualità di «SIC». L’articolo 4 stabilisce la procedura per la notifica  dei pertinenti siti a livello nazionale. Tali siti sono in seguito  inseriti nell’elenco trasmesso alla Commissione europea ai sensi  dell’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva. 11. L’articolo 30 del regolamento del 1997 recita: «Ove  sia proposto un progetto stradale per il quale è stata presentata una  domanda di approvazione al Minister for Environment (Ministro  dell’Ambiente) in conformità all’articolo 51 del Roads Act 1993, non  direttamente connesso e necessario alla gestione di un sito europeo, ma  che su tale sito potrebbe avere incidenze significative singolarmente o  congiuntamente con altri progetti, il Minister for the Environment  garantisce che venga effettuata una opportuna valutazione dell’incidenza  sul sito, tenendo conto dei suoi obiettivi di conservazione. (…) 3.  Il Minister for the Environment, tenendo conto degli esiti della  valutazione di cui al paragrafo 1, dà il proprio accordo riguardo il  proposto progetto stradale, soltanto dopo aver avuto la certezza che  tale progetto non pregiudicherà l’integrità del sito europeo  interessato. (…) 5.  Il Minister for the Environment, nonostante conclusioni negative nella  valutazione sull’incidenza sul sito, può, ove reputi non vi siano  soluzioni alternative, decidere di dare il proprio accordo per il  proposto progetto stradale, qualora il medesimo debba essere realizzato  per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico. 6.  a) Salvo quanto disposto al successivo paragrafo b), i motivi  imperativi di rilevante interesse pubblico possono consistere in motivi  di natura sociale ed economica; b) qualora  il sito in causa sia un sito in cui si trovano un tipo di habitat  naturale prioritario o specie prioritarie, le considerazioni di  rilevante interesse pubblico possono essere soltanto: i)      quelle connesse alla salute dell’uomo ed alla sicurezza pubblica, ii)      quelle che comportino conseguenze positive di primaria importanza per l’ambiente, oppure iii)      ovvero, previo parere della Commissione, altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico». 12. Secondo  la Supreme Court, gli effetti delle disposizioni nazionali consistono  in una tutela del sito equivalente a quella assicurata dall’articolo 6,  paragrafi 2, 3 e 4 della direttiva, che opera a partire dalla data nella  quale ai proprietari e agli occupanti lesi viene notificata la proposta  di includere il sito in un elenco da trasmettere alla Commissione. Tale  tutela dispiegherà quindi i suoi effetti prima dell’inclusione del sito  tra quelli SIC nell’elenco adottato dalla Commissione ai sensi  dell’articolo 4 della direttiva. Fatti, procedimento e questioni pregiudiziali  13. Con decisione 2004/813/CE (4),  la Commissione ha elaborato un progetto di elenco dei siti SIC  conformemente all’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva. Tale elenco  includeva un sito che comprendeva Lough Corrib e le aree circostanti,  situate nella Contea di Galway, in Irlanda. La superficie complessiva  del sito si estendeva per circa 20 582 ettari. 14. Con decisione 2008/23/CE (5),  la Commissione ha abrogato la decisione 2004/813/CE e ha stabilito un  primo elenco aggiornato di SIC, che includeva Lough Corrib, con una  superficie immutata. 15. Nel  dicembre del 2006 il Ministro competente ha notificato a livello  nazionale un sito Lough Corrib ampliato con una superficie di circa  25 253 ettari. L’incremento era pari, approssimativamente, a 4 760  ettari. Il sito, come esteso, include 270 ettari di pavimenti calcarei,  un tipo di habitat naturale prioritario contemplato nell’elenco di cui  all’allegato I della direttiva. 16. Nel  dicembre 2007 il sito ampliato è stato iscritto nell’elenco dei siti  trasmesso dall’Irlanda alla Commissione a norma dell’articolo 4,  paragrafo 1 della direttiva. 17. Con decisione 2009/96/CE (6),  la Commissione ha abrogato la decisione 2008/23/CE ed ha stabilito un  secondo elenco aggiornato dei siti SIC, che includeva Lough Corrib  ampliato. 18. Al  contempo, An Board Pleanala (il Consiglio nazionale irlandese per la  pianificazione territoriale; in prosieguo: il «Board»), autorità  competente a livello nazionale ai fini di cui all’articolo 6 della  direttiva, adottava, il 20 novembre 2008, una decisione (in prosieguo:  la «decisone in esame»), dando il proprio assenso al progetto e  consentendo, così come proposto, la costruzione di una strada attraverso  parte del sito Lough Corrib. Il progetto stradale è stato denominato  «N6 Galway City Outer Bypass road scheme» (progetto di circonvallazione  N6 della Città di Galway). È previsto che la strada debba passare nella  parte di sito ampliata di 4 760 ettari di cui al precedente punto 15. 19. Qualora il progetto sia realizzato, 1,47 ettari di pavimenti calcarei saranno irrimediabilmente perduti(7).  Tale distruzione inciderebbe sulla parte ampliata del sito, nella quale  si trovano 85 dei 270 ettari di pavimenti calcarei dell’intero sito  Lough Corrib. 20. Prima  dell’adozione della decisione in esame, il Board incaricava un perito  ispettore di eseguire una valutazione sull’incidenza sul sito dal punto  di vista ambientale, tra l’altro, del progetto stradale. Come parte dei  suoi compiti, il perito ispettore ha analizzato il sito per un periodo  di nove mesi ed ha tenuto un’audizione, durata ventuno giorni,  nell’ambito della quale tutte le parti interessate sono state  rappresentate oralmente o per iscritto. Sulla scorta di tale ispezione e  delle informazioni ed argomentazioni fatte presenti nel corso  dell’audizione, il perito ispettore redigeva una relazione e  raccomandazioni che sottoponeva al Board. Nella relazione affermava che  la perdita consistente «in una superficie di 1,5 ettari» di pavimenti  calcarei, era da porre in relazione agli 85 ettari di pavimenti del  genere contenuti nell’ampliamento dell’area originale del sito Lough  Corrib – essendo questo considerato come una «distinta sottozona» –  fuori del contesto dei 270 ettari di pavimenti calcarei del sito  considerato nel suo insieme. Il perito esperto faceva notare, inoltre,  che la superficie di pavimenti calcarei che sarebbe andata perduta per  effetto del progetto stradale era stata ridotta per quel che il perito  considerava «una parte significativa» (da 3,8 ettari a 1,5 ettari), per  effetto delle misure adottate per limitarne la distruzione. Riguardo  alla perdita di pavimenti calcarei, il perito ispettore concludeva che  «questa relativamente piccola perdita non avrebbe potuto, in termini  quantitativi, pregiudicare l’integrità del sito». Con riferimento alle  questioni della frammentazione e della perturbazione, il perito  ispettore riteneva che «il progetto proposto non avrebbe seriamente  inciso sugli obiettivi di conservazione del sito e non avrebbe  seriamente colpito l’integrità del sito». 21. Il  perito ispettore aveva poi reputato che «la valutazione di un grave  impatto negativo, tenendo conto delle misure di mitigazione [degli  effetti]» non fosse irragionevole. Risulta chiaro dall’ordinanza di  rinvio che nell’usare l’espressione «grave impatto negativo» nella  propria relazione, il perito ispettore ha seguito le linee guida poste  dalla National Roads Authority (Autorità irlandese per le strade). Tali  linee guida, infatti, producevano l’effetto che qualsiasi impatto  permanente su un sito come Lough Corrib dovesse essere giudicato  «gravemente negativo». L’uso di tale espressione va quindi considerato  come riferentesi alla persistenza dell’impatto. 22. Nella  decisione in esame, il Board concordava con la valutazione del perito  ispettore sull’impatto ambientale del progetto. Il Board concludeva che  il progetto «pur avendo un grave impatto localizzato sul [sito] Lough  Corrib non avrebbe pregiudicato [la sua] integrità. Il progetto (…) non  avrebbe avuto, quindi, effetti inaccettabili sull’ambiente e sarebbe  stato conforme [a regole di] corretta pianificazione e di sviluppo  sostenibile dell’area». 23. Il  sig. Sweetman impugnava la decisione in esame davanti la High Court  (Irlanda), sostenendo in particolare che il Board aveva erroneamente  concluso che il progetto stradale non avrebbe pregiudicato l’integrità  del sito Lough Corrib. Soccombente in primo grado, il sig. Sweetman  proponeva appello davanti la Supreme Court, la quale poneva le seguenti  questioni pregiudiziali: 1)      «Quali  siano i criteri giuridici sulla cui base l’autorità nazionale competente  deve valutare se un piano o un progetto di cui all’articolo 6,  paragrafo 3, della direttiva habitat “pregiudicherà l’integrità del  sito”. 2)      Se l’applicazione del  principio di precauzione comporti che detto piano o progetto non possa  essere autorizzato nel caso in cui provochi la perdita irreversibile,  parziale o totale, dell’habitat in questione. 3)      Quale  rapporto intercorra eventualmente tra l’articolo 6, paragrafo 4, e  l’adozione di una decisione ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3,  secondo cui il piano o progetto non pregiudicherà l’integrità del sito». 24. Il sig.  Sweetman, il Board, il Galway County Council (Consiglio della Contea di  Galway), il Galway City Council (Consiglio della Città di Galway) (le  ultime due, in prosieguo, indicate come le: «autorità locali»),  l’Irlanda, il Governo del Regno Unito e la Commissione europea hanno  formulato osservazioni scritte. All’udienza del 12 settembre 2012 il  sig. Sweetman, il Board, le autorità locali, l’Irlanda, i governi di  Grecia e Regno Unito e la Commissione erano presenti e svolgevano  deduzioni orali alla Corte. Analisi Ammissibilità 25. Al  tempo della decisione in esame, l’ampliamento del sito Lough Corrib era  stata notificato a livello nazionale, conformemente all’articolo 4 del  regolamento, ma non era stato ancora incluso nell’elenco dei siti SIC  adottato dalla Commissione. Esso era quindi soggetto alla tutela di cui  all’articolo 30 [del regolamento del 1997] ma non a quella dell’articolo  6, paragrafi 2, 3 e 4 della direttiva (8).  La Supreme Court era, sono certa, pienamente consapevole di tale  circostanza nel momento in cui propose la domanda di pronuncia  pregiudiziale. Le autorità locali sostengono, comunque, che le questioni  pregiudiziali poste riguardano esclusivamente l’interpretazione della  normativa nazionale ed esorbitano dalla competenza della Corte. Di  conseguenza, secondo tali autorità, la Corte dovrebbe dichiarare di non  essere competente a pronunciarsi. 26. A mio parere un’interpretazione così restrittiva dell’articolo 267 TFUE non è giustificata. 27. Analizzando  la giurisprudenza della Corte, risulta evidente che essa è competente a  statuire su domande di pronuncia pregiudiziale in cause vertenti sulla  normativa nazionale adottata per dare esecuzione al diritto dell’Unione,  anche se le situazioni oggetto dei procedimenti principali ricadono, di  per sé, al di fuori dell’ambito di applicazione di tale diritto. 28. Ricorre  una fattispecie del genere quando le disposizioni di diritto nazionale  in causa si attengono alle stesse soluzioni adottate dal diritto  dell’Unione europea, a condizione che le disposizioni del diritto  dell’Unione in oggetto siano rese applicabili dal diritto nazionale in  modo diretto ed incondizionato. La normativa deve contenere indicazioni  sufficientemente precise dalle quali si possa desumere che il  legislatore nazionale intendeva riferirsi al contenuto di disposizioni  di diritto dell’Unione europea. La Corte ha giustificato tale  interpretazione dell’articolo 267 TFUE dichiarando che esiste un  interesse certo dell’Unione a che, per evitare future divergenze di  interpretazione, le disposizioni e le nozioni riprese dal diritto  dell’Unione europea ricevano un’interpretazione uniforme, a prescindere  dalle condizioni in cui verranno applicate (9). 29. Ciò  non significa che la Corte consideri di essere competente a  pronunciarsi in via pregiudiziale su ogni fattispecie relativa  all’applicazione di disposizioni nazionali basate sul diritto  dell’Unione. Nella causa Kleinwort Benson (10)  la Corte ha infatti dichiarato l’irricevibilità della domanda di  pronuncia pregiudiziale sul presupposto che la normativa nazionale in  quel caso non conteneva «un “renvoi” [rinvio] diretto ed  incondizionato» alle disposizioni di diritto dell’Unione europea, in  modo da incorporarle nell’ordinamento giuridico interno, ma, al  contrario, la legislazione nazionale le prendesse solo a modello.  Mentre, inoltre, alcune disposizioni di diritto interno contenevano  riproduzioni quasi letterali delle corrispondenti disposizioni  dell’Unione, altre divergevano da queste, ed era espressamente prevista  la possibilità che le autorità dello Stato membro interessato  adottassero modifiche «destinate a produrre divergenze» rispetto alle  corrispondenti disposizioni dell’Unione europea. 30. Sebbene  l’articolo 30 [del regolamento del 1997] abbia una portata limitata  alle proposte di progetto stradale, e quindi più ristretta di quella di  cui all’articolo 6, paragrafo 3 e paragrafo 4 della direttiva, è  nondimeno chiaro che esso mira ad adottare le stesse soluzioni, in tale  contesto, previste nelle disposizioni dell’Unione. La sua applicazione è  sia diretta che incondizionata. L’intestazione stessa del regolamento  in questione rende chiara l’intenzione di trasporre la normativa  dell’Unione in quella nazionale (11). 31. In  questo contesto, sono del parere che evitare future divergenze di  interpretazione tra l’articolo 30 del regolamento del 1997 e l’articolo  6, paragrafo 3, della direttiva, sia una necessità imprescindibile. Una  volta che il sito sia stato incluso nell’elenco dei SIC adottato dalla  Commissione, è chiaro che l’articolo 30 del regolamento del 1997, nella  sua applicazione a tale sito, andrebbe interpretato secondo quanto  stabilito dall’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva. Parimenti,  l’articolo 30 del regolamento del 1997 andrebbe interpretato ed  applicato in maniera conforme nell’ambito del diritto nazionale, sia che  il sito in questione non sia stato (ancora) adottato, sia che sia stato  adottato. Di conseguenza, i giudici irlandesi devono essere certi,  nell’interpretare l’articolo 30 del regolamento del 1997, in cause in  cui l’articolo 6, paragrafo 3 della direttiva (ancora) non si applica,  di non dover modificare tale interpretazione successivamente in una  causa in cui esso si deve applicare (12). 32. Le  autorità locali sostengono che manca il requisito necessario della  dimensione europea perché il sito non ricadeva, in quel momento, nella  sfera di applicazione dell’articolo 6, paragrafo 3 della direttiva, e la  Commissione europea non sarebbe competente ad esprimere un parere ai  fini dell’articolo 6, paragrafo 4. Queste argomentazioni mi sembrano  prive di fondamento. Esse non superano in alcun modo l’obiezione sulla  necessità di evitare le future divergenze di interpretazione di cui al  precedente paragrafo 31. Per di più, se, in base ad una corretta  interpretazione dell’articolo 30 del regolamento del 1997, letto alla  luce della direttiva, l’unico modo per realizzare il progetto è quello  conforme all’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva; mi sembra che  l’Irlanda sarebbe obbligata o a ritirare il sito dall’elenco di cui al  precedente punto 16, (sebbene non mi sia chiaro come), oppure essa  dovrebbe attendere fino a quando il sito non fosse inserito e poi  rivolgersi alla Commissione ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 4. Ma  ciò è semplicemente la logica conseguenza dell’allineamento del diritto  nazionale ai requisiti della direttiva prima della data in cui Natura  2000 è stata introdotta. 33. Alla  luce di tutto quanto sopra esposto, mi sembra che la scelta della  Supreme Court di proporre il rinvio pregiudiziale alla Corte sia  assolutamente corretta, e che quest’ultima, debba pronunciarsi sulle  questioni pregiudiziali sottoposte. Prima questione  34. Con  tale questione, il giudice nazionale chiede lumi sull’interpretazione  dell’articolo 6, paragrafo 3, ed in particolare riguardo la frase «non  pregiudicherà l’integrità del sito». 35. Come  il Board ha evidenziato in sede di udienza, la fattispecie è  inconsueta, nella misura in cui molta della precedente giurisprudenza in  materia ha riguardato situazioni nelle quali non era stata effettuata  un’opportuna valutazione ai sensi di questa disposizione e la questione  era se una siffatta valutazione fosse necessaria (13).  Nel caso di specie, per contro, una valutazione è stata eseguita e non  si può affermare, invero, che essa sia stata svolta in maniera non  corretta: tutto fa pensare che fu effettuata con la dovuta diligenza (14).  Piuttosto, il problema appare risiedere nelle conclusioni tratte come  risultato di tale valutazione, sulla base delle quali il Board ha  adottato la decisione in esame. 36. Posto  che la questione pregiudiziale riguarda una singola espressione  contenuta nell’articolo 6, paragrafo 3, tale espressione deve essere  intesa guardando al contesto nella quale viene usata. Ritengo pertanto  utile considerare gli obiettivi da raggiungere secondo la direttiva,  prima di esaminare gli obblighi stabiliti dall’articolo 6 nel suo  insieme. Gli obiettivi della direttiva 37. La  direttiva precisa, all’articolo 2, paragrafo 1, che il suo scopo è  contribuire a salvaguardare la biodiversità mediante la conservazione  degli habitat naturali nonché della flora e della fauna selvatiche nel  territorio degli Stati membri. L’articolo 2, paragrafo 2, continua  stabilendo che le misure adottate a norma della direttiva sono intese ad  assicurare il mantenimento o il ripristino, in uno stato di  conservazione soddisfacente, degli habitat naturali e delle specie di  fauna e flora selvatiche «di importanza comunitaria». 38. Il termine «Conservazione»  è definito dall’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), come «un complesso  di misure necessarie per mantenere o ripristinare (…) habitat naturali  (…) in uno stato soddisfacente». Per la lettera e), lo stato di  conservazione di un habitat naturale è considerato «soddisfacente»  quando, tra l’altro, la sua area di ripartizione naturale e le superfici  che comprende sono stabili o in estensione la struttura e le funzioni specifiche necessarie al suo mantenimento a lungo termine esistono e possono continuare ad esistere in un futuro prevedibile. 39. A  tal fine l’articolo 3, paragrafo 1, impone di costituire una rete  ecologica europea coerente di zone speciali di conservazione denominata  «Natura 2000». Tale rete è volta a permettere, tra l’altro, che i tipi  di habitat naturali elencati nell’allegato I siano mantenuti e  all’occorrenza ripristinati in uno stato di conservazione soddisfacente  nella loro area di ripartizione naturale. 40. Quindi  è un obiettivo essenziale della direttiva che gli habitat naturali  siano mantenuti e all’occorrenza ripristinati in uno stato di  conservazione soddisfacente. Una tale finalità è necessaria nel contesto  – richiamato anche nel quarto considerando del preambolo della  direttiva – di un loro continuo degrado e della necessità di adottare  misure di conservazione. Questo è a maggior ragione opportuno quando si  tratta di tipi di habitat naturali prioritari. L’articolo 1, paragrafo  1, lettera d), infatti li definisce come «tipi di habitat naturali che  rischiano di scomparire» disponendo che per la loro conservazione la  Comunità ha una «responsabilità particolare». Articolo 6 41. L’articolo  6 va interpretato in tale contesto. Riguardo agli habitat naturali,  tale articolo impone l’adozione delle misure di conservazione necessarie  in relazione alle ZSC (paragrafo1) e le iniziative da intraprendere per  evitare il loro degrado (paragrafo 2) da un lato, e definisce una serie  di procedure da seguire in caso di piani o progetti che non siano  direttamente connessi o necessari per la gestione del sito (paragrafo 3 e  paragrafo 4) dall’altro. Senza tali disposizioni le nozioni di  conservazione e ripristino, basilari per la direttiva, potrebbero  rischiare di non sortire alcun effetto concreto. 42. In  ordine, sempre, alle misure prescritte dall’articolo 6, quelle di cui  al primo paragrafo, che riguardano l’istituzione di misure di  conservazione, non sono direttamente pertinenti alla questione in esame.  Esse sono poste, fondamentalmente, per assicurare che siano assunte  iniziative concrete in maniera più o meno sistematica al fine di  assicurare che lo stato di conservazione del sito considerato sia  mantenuto e/o ripristinato. 43. I  paragrafi 2, 3 e 4 sono tesi a diversi obiettivi. Il paragrafo 2 impone  un obbligo omnicomprensivo di evitare il degrado o la perturbazione dei  siti. I paragrafi 3 e 4 poi definiscono le procedure da seguire  rispetto ad un piano o progetto che non sia direttamente connesso o  necessario alla gestione del sito (situazione che quindi non è  disciplinata dal paragrafo 1), ma che potrebbe incidere  significativamente sul sito. Considerati nel loro insieme, perciò,  questi tre paragrafi sono volti a cercare di prevenire un danneggiamento  del sito o (in casi eccezionali in cui danni siano tollerati per  ragioni imperative) ridurre i danni al minimo. Tali paragrafi pertanto  andrebbero interpretati complessivamente. 44. Il paragrafo 2 dell’articolo 6 impone, come dovere generale per gli Stati membri, di conservare lo stato dei siti (15).  La Corte lo considera come una disposizione «che consente di rispondere  all’obiettivo essenziale della preservazione e della protezione della  qualità dell’ambiente, compresa la conservazione degli habitat naturali  nonché della fauna o della flora selvatiche, e stabilisce un obbligo di  tutela generale, al fine di evitare degrado o perturbazioni che possano  avere conseguenze significative per quanto riguarda gli obiettivi di  tale direttiva» (16). L’obbligo  configurato in tale paragrafo non è un obbligo assoluto, nel senso di  imporre un dovere di assicurare che nessuna alterazione di qualsiasi  genere sia effettuata in qualsiasi momento nel sito in questione.  Piuttosto, l’obbligo dev’essere misurato con riguardo agli obiettivi di  conservazione del sito (17),  dal momento che è per questo motivo che il sito è stato designato.  L’obbligo è quindi di adottare ogni opportuna misura per evitare che  tali obiettivi vengano disattesi. L’autenticità del sito come habitat  naturale, con tutto quanto ciò implichi per la biodiversità  dell’ambiente, va dunque tutelata: il «lassaiz faire» non è ammesso. 45. Il  paragrafo 3, per contro, non è correlato alle operazioni quotidiane  riguardanti il sito. Si applica solo laddove vi sia un piano o progetto  non direttamente connesso e necessario alla sua gestione. Esso prevede  una valutazione in due fasi: in una prima fase è necessario determinare  se il piano o progetto in questione «possa avere incidenze significative  [sul sito]». 46. Vorrei  soffermarmi a questo punto per far notare che, sebbene le parole  «likely to have [an] effect» [che possa avere incidenze] usate nella  versione inglese del testo (18)  potrebbero immediatamente evocare la necessità di stabilire un certo  grado di probabilità – vale a dire che esse potrebbero sembrare  richiedere un’immediata e abbastanza, possibilmente, dettagliata  determinazione dell’impatto che il piano o progetto in questione  potrebbe avere sul sito – l’espressione usata nelle versioni in altre  lingue è meno forte. Quindi, per esempio, nella versione in lingua  francese l’espressione è «susceptible d’affecter», la versione in lingua tedesca usa la formulazione «beeinträchtigen könnte» quella olandese si riferisce a piani o progetti che «gevolgen kan heben», mentre la spagnola usa l’espressione «pueda afectar».  Ognuna di tali versioni suggerisce che la valutazione sia determinata  ad un livello inferiore e che la questione sia semplicemente se il piano  o progetto considerato sia idoneo ad avere delle incidenze. Ed è in tal  senso che l’espressione in inglese «likely to» dev’essere intesa (19). 47. Ne consegue che la possibilità di  incidenze significative determina la necessità di un’opportuna  valutazione sul sito ai sensi del paragrafo 3 dell’articolo 6 (20).  Il presupposto a questo punto è che il piano o progetto possa avere  incidenze significative e quindi faccia scattare l’obbligo di eseguire  un’opportuna valutazione. Non vi è la necessità di dimostrare la presenza di incidenze del genere; è semplicemente sufficiente determinare che esse potrebbero concretizzarsi. 48. Il  presupposto della sussistenza di incidenze «significative» è necessario  al fine di definire una soglia «de minimis». Piani o progetti che non  avessero incidenze apprezzabili sul sito andrebbero esclusi da tale  obbligo. Ove tutti i piani o progetti idonei ad avere una qualsivoglia  incidenza su una qualunque parte del sito rendessero obbligatorio quanto  previsto dall’articolo 6, paragrafo 3, qualsiasi attività nel sito o  nell’area circostante rischierebbe di non poter essere svolta per  eccesso di legislazione. 49. La  soglia prevista dalla prima fase del procedimento del paragrafo 3 è  quindi una soglia molto bassa. Essa costituisce semplicemente un  meccanismo che scatta per determinare se un’opportuna valutazione debba  essere svolta riguardo l’incidenza del piano o progetto sugli obiettivi  di conservazione del sito. Il fine di tale valutazione è che il piano o  progetto in questione sia esaminato scrupolosamente, sulla base di  quanto la Corte ha considerato essere le «migliori conoscenze  scientifiche in materia» (21).  L’opinione pubblica potrebbe essere invitata a fornire il proprio  parere. Tale punto di vista può, spesso, fornire una preziosa  prospettiva concreta basata sulla conoscenza, a livello locale, del sito  in questione ed altre informazioni di base pertinenti, che potrebbero,  altrimenti, sfuggire ai periti che effettuano la valutazione. 50. La  questione che i periti valutatori debbono accertare è se il piano o  progetto in esame arrechi «pregiudizio all’integrità del sito» dal  momento che ciò rappresenta la base sulla quale le competenti autorità  nazionali debbono adottare la propria decisione. La soglia prevista  dalla seconda fase è sensibilmente più alta di quella richiesta per la  prima. Ciò perché la questione (per usare una terminologia più semplice)  non se «ci si debba preoccupare di controllare» (l’interrogativo della  prima fase), ma, piuttosto, «cosa accadrà al sito se tale piano o  progetto andrà avanti; e se esso è compatibile con il “mantenere o  ripristinare un soddisfacente stato di conservazione” dell’habitat e  delle specie considerate». Nella causa in questione è pacifico che  qualora il progetto stradale fosse portato a compimento, una parte  dell’habitat andrebbe perduta per sempre. La questione è semplicemente  se il progetto possa essere autorizzato senza superare la soglia minima e  senza far operare i rimanenti elementi di cui all’articolo 6, paragrafo  3 (e, se necessario, quelli di cui al paragrafo 4). 51. Risulta  chiaro, comunque, che la soglia stabilita in questa parte dell’articolo  6, paragrafo 3 non dovrebbe essere posta ad un livello troppo alto, dal  momento che la valutazione dev’essere eseguita nel rigoroso rispetto  del principio di precauzione. Tale principio si applica ove sussistano  incertezze riguardo all’esistenza o alla portata dei rischi (22). Le autorità nazionali competenti potrebbero concedere l’autorizzazione ad un piano o progetto solo se fossero convinte che esso non arrecherebbe pregiudizio all’integrità del sito interessato: ove sussistessero dubbi riguardo l’assenza di pregiudizio tali autorità dovrebbero rifiutarsi di concederla (23). 52. Ma come andrebbe interpretato il riferimento, in tale espressione, all’«integrità» del sito? 53. Di  nuovo, vale la pena di fare una breve pausa e esaminare le diverse  versioni linguistiche del paragrafo 3 dell’articolo 6. La versione in  lingua inglese usa un’espressione astratta (integrity) – un approccio  seguito, per esempio, per le versioni in francese «integrité» e in italiano «integrità». Altre versioni hanno un approccio più concreto: ecco che il testo tedesco si riferisce al sito «als solches» (come tale) e la versione olandese usa l’espressione «natuuralijke kennmerken» (caratteristiche naturali) del sito. 54. Nonostante  queste differenze linguistiche, mi sembra che venga in considerazione  la stessa questione: è la sostanziale unità del sito che rileva. In  altre parole la nozione di «integrità» dev’essere intesa come riferita  al fatto che le caratteristiche costitutive del sito in oggetto  rimangano complete ed integre. 55. L’integrità  che va preservata è quella «del sito». Nel contesto di un sito che  contiene un habitat naturale, s’intende un sito che è stato designato  per la necessità di preservare l’habitat in questione (o di  ripristinarlo) in un soddisfacente stato di conservazione. Ciò è  particolarmente importante ove, come nel caso di specie, il sito sia  classificato come habitat naturale prioritario (24). 56. Ne  consegue che le caratteristiche costitutive del sito rilevanti sono  quelle in considerazione delle quali il sito fu designato, con i  relativi obiettivi di conservazione. Perciò, nel determinare se  l’integrità del sito è stata lesa, la domanda essenziale per il soggetto  che deve assumere la decisione è «perché questo particolare sito è  stato designato e quali sono i suoi obiettivi di conservazione?». Nella  fattispecie in esame, la designazione era stata effettuata, almeno in  parte, a causa della presenza di pavimenti calcarei – una risorsa  naturale a rischio di scomparire che, una volta distrutta, non può  essere ripristinata e che è quindi essenziale conservare. 57. Da  ultimo, l’incidenza sull’integrità del sito dev’essere  «pregiudizievole». In ogni caso l’opportuna valutazione della seconda  fase di cui all’articolo 6, paragrafo 3, potrebbe stabilire che  l’incidenza del piano o progetto sul sito è nulla, o addirittura  benefica. Ma se l’effetto è negativo non si può procedere con il piano o  progetto o, per lo meno, non vi si può procedere ai sensi di tale  disposizione. 58. Cos’è allora un «pregiudizio» o effetto negativo? A questo punto può essere utile distinguere tra queste tre situazioni. 59. Un  piano o progetto potrebbe implicare la perdita, rigorosamente  temporanea, di alcune attrattive, che possono essere interamente  recuperate; in altre parole il sito può essere ripristinato nel suo  corretto stato di conservazione nell’arco di un breve lasso di tempo. Un  esempio può essere lo scavo di un fossato nel terreno per far passare  una tubatura nel sottosuolo attraverso una sua parte limitata. A patto che si possa porre rimedio alla perturbazione, l’integrità del sito non subirebbe (a mio avviso) alcun pregiudizio. 60. Al  contrario, invece, misure che implichino la distruzione con effetti  permanenti di parte dell’habitat per la cui conservazione il sito fu  designato, sono, a mio parere, destinate per definizione ad essere  classificate come pregiudizievoli. Gli obiettivi di conservazione del  sito, per effetto di tale distruzione, possono essere compromessi in  maniera fondamentale ed irreversibile: la fattispecie oggetto del  presente rinvio pregiudiziale rientra in tale classificazione. 61. La  terza situazione comprende casi di piani o progetti che abbiano una  incidenza sul sito che si colloca tra i due estremi. Alla Corte non sono  finora state rappresentate dettagliate argomentazioni su come i piani o  progetti debbano (o non debbano) essere considerati idonei ad arrecare  un «pregiudizio all’integrità del sito». Secondo me sarebbe prudente  lasciare tale questione aperta per essere decisa in una causa  successiva. 62. Supponiamo  che il piano o progetto superi la soglia stabilita dalla seconda frase  dell’articolo 6, paragrafo 3; occorrerebbe, di conseguenza, valutare se  procedere ai sensi del paragrafo 4. Tale ultima disposizione opera per  effetto di «conclusioni negative della valutazione dell’incidenza sul  sito». Dette parole, se si vuole dare all’articolo 6 un senso – e  coerenza nel suo insieme – devono essere interpretate nel senso che il  paragrafo 4 interviene esattamente dove il paragrafo 3 finisce; ossia  una volta che è assodato che il piano o progetto in questione non può  andare avanti sulla base di quanto previsto dal paragrafo 3. 63. L’articolo  6, paragrafo 4, come l’articolo 6, paragrafo 3, è diviso in due parti;  la prima si applica ad ogni piano o progetto che non soddisfi i  requisiti di cui all’articolo 6 paragrafo 3; la seconda opera solo nel  caso in cui il sito interessato ospiti tipi di habitat naturali  prioritari. 64. Relativamente  alla prima serie di requisiti - generale - il piano o progetto potrebbe  essere autorizzato soltanto per motivi imperativi di rilevante  interesse pubblico e non vi è alcuna soluzione alternativa (25).  Inoltre, lo Stato membro interessato deve adottare ogni misura  compensativa necessaria per garantire che la coerenza globale di Natura  2000 sia tutelata. Sebbene la Commissione debba essere informata di ogni  misura compensativa adottata, essa non partecipa, come tale, al  procedimento. La disciplina riconosce, in altre parole, che potrebbero  sussistere circostanze eccezionali per le quali danni o distruzione di  habitat naturali protetti potrebbero essere ammessi, ma, per autorizzare  tali danni o distruzione ed andare avanti con il procedimento, si  insiste che vi dev’essere una piena compensazione sul piano delle  conseguenze ambientali (26). Lo stato in cui il sito si trovava, o uno stato il più possibile vicino, verrebbe così conservato. 65. La  seconda parte ha portata più ristretta. I motivi che giustificano la  realizzazione di un piano o progetto sono più limitati e potrebbe essere  necessario per le competenti autorità dello Stato membro interessato  ottenere un parere dalla Commissione prima di procedere (27). 66. Mentre  i requisiti posti dall’articolo 6, paragrafo 4, sono volutamente  rigorosi, è importante evidenziare che essi non sono ostacoli  insuperabili ai fini dell’autorizzazione. La Commissione ha  rappresentato in sede di udienza che, sulle quindici/venti richieste  tese ad ottenere un parere in forza di tale disciplina, soltanto una ha  ricevuto risposta negativa. 67. Vista  in questo contesto generale, mi sembra che qualsiasi interpretazione  dell’articolo 6, paragrafo 3, che prevedesse un livello inferiore di  protezione rispetto a quella assicurata dal paragrafo 4, non potrebbe  essere corretta. Esigere che uno Stato membro adotti «ogni misura  compensativa necessaria», ove un piano o progetto sia eseguito secondo  l’ultima disposizione in maniera da garantire la coerenza globale di  Natura 2000, ma consentirgli contestualmente di autorizzare più  progetti, di minore scala, ai sensi della prima disposizione, anche se  essi potrebbero dare origine ad alcuni danni permanenti o comunque  duraturi – oppure alla distruzione del sito – sarebbe incompatibile con  l’impianto sistematico che l’articolo 6 delinea. Secondo una tale  interpretazione non si impedirebbe ciò che la Commissione chiama  fenomeno della «morte dei mille tagli», vale a dire il danneggiamento  generale di un habitat per effetto di molteplici – o comunque numerosi –  progetti di piccola scala, autorizzati ad incidere sullo stesso sito (28). 68. L’analisi  sopra illustrata porta essenzialmente ad aderire alla logica di  ragionamento avanzata dal sig. Sweetman, dall’Irlanda, e dalla  Commissione. Il Board, le autorità locali, ed il Regno Unito, propongono  un’impostazione differente, basata su un’interpretazione più letterale  del testo contenuto nell’articolo 6, paragrafo 3. In particolare, essi  pongono l’accento sul procedimento in due fasi che tale disposizione  prevede. Ciascuna fase è separata e, argomentano, deve essere intesa nel  senso che possiede significati e finalità distinti. 69. Vorrei riassumere questa diversa impostazione come segue. 70. Nell’interpretare  l’articolo 6, si può distinguere nettamente tra i paragrafi 1 e 2, da  un lato, e tra i paragrafi 3 e 4 dall’altro. I primi mirano a  disciplinare la gestione quotidiana del sito. Gli ultimi, invece,  trattano di piani o progetti che vanno oltre tale gestione. Essi  potrebbero perciò essere ritenuti come disposizioni che stabiliscono  eccezioni ai paragrafi 1 e 2. Nel valutare tale piano o progetto, appare  necessario, anzitutto, considerare esso se possa avere un’incidenza  significativa sul sito; la parola «possa» potrebbe essere interpretata  in tale contesto come implicante una verifica sulla plausibilità  (sebbene basata sul principio di precauzione ‑ e non penso che questo  punto sia controverso). Un piano o progetto che si ritenga non possa  avere un’incidenza significativa potrebbe quindi passare senza necessità  di una valutazione delle sue implicazioni. 71. Viceversa,  ove una tale incidenza fosse prevista, procedere ad una valutazione  sarebbe obbligatorio. Nell’eseguire tale verifica, e quindi stabilire se  il piano o progetto arrechi «pregiudi[chi] [l’]integrità del sito»,  sarebbe necessario tenere presente che tale espressione deve significare  più che «pregiudizio del sito». Ugualmente, l’espressione «pregiudizio»  [adverse effect], deve essere intesa come avente un significato più  forte rispetto a quello della frase «incidenze significative»  [significantly affect], usata nella parte iniziale dell’articolo 6,  paragrafo 3. Se così non fosse, non vi sarebbe alcuna distinzione tra il  criterio per decidere se una valutazione sia necessaria (articolo 6,  paragrafo 3, prima frase) e il criterio per determinare se occorra  negare l’autorizzazione ad un piano o progetto (articolo 6, paragrafo 3,  seconda frase). 72. Sulla  base di tali considerazioni, il Board sostiene che la decisione di  autorizzare il progetto stradale in esame nel procedimento principale fu  assunta correttamente. 73. Le  deduzioni delle parti che argomentano a favore dell’impostazione appena  descritta sono ben formulate: esse non possono certamente essere  ignorate. 74. Tuttavia,  a mio avviso, questa impostazione non è quella corretta. In  particolare, essa si concentra sull’enunciazione dell’articolo 6,  paragrafo 3, che viene esaminata in maniera autonoma, senza tener conto  del più ampio contesto nell’ambito del quale tale disposizione va  interpretata. L’effetto è che ciò porta ad una corrispondente ed  irrisolvibile tensione tra l’autorizzazione per determinati progetti  secondo l’articolo 6, paragrafo 3, e la situazione riguardante i  progetti che ricadono nell’ambito di applicazione dell’articolo 6,  paragrafo 4, i quali potrebbero andare avanti soltanto ove adeguate  misure compensative fossero adottate. Peraltro tale impostazione non  affronta la questione connessa all’argomentazione «morte dei mille  tagli» 75. Dette  argomentazioni, parimenti, mal si conciliano con la giurisprudenza della  Corte di cui alla sentenza Waddenvereniging e  Vogelbeschermingsvereniging (29).  Statuendo, al punto 35, che tale articolo 6, paragrafo 3 rende  superflua un’applicazione concomitante della norma di protezione  generale stabilita dall’articolo 6, paragrafo 2, la Corte non ha posto  l’accento sulle differenze tra le disposizioni in questione: piuttosto,  ha inteso enfatizzarne la somiglianza. Ed è tenendo presente tale  punto che la Corte è andata avanti dichiarando, al punto 36, che  «l’autorizzazione di un piano o progetto concessa ai sensi  dell’[articolo 6, paragrafo 3], della [direttiva], presuppone  necessariamente che esso sia stato considerato non idoneo a pregiudicare  l’integrità del sito interessato e, di conseguenza, nemmeno idoneo a  causare degrado o perturbazioni di questo tipo ai sensi del [paragrafo] 2  del detto articolo». Sempre per la medesima ragione, la Corte ha  dichiarato nella sentenza Commissione/Spagna, che l’articolo 6,  paragrafi 2 e 3 della direttiva è «volt[o] ad assicurare lo stesso  livello di tutela» (30). 76. Alla  luce di tutto quanto sopra esposto, la risposta alla prima questione  dovrebbe essere che, al fine di stabilire se un piano o progetto al  quale si applica l’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva pregiudica  l’integrità di un sito, è necessario determinare se tale piano o  progetto avrà un impatto negativo sugli elementi costitutivi del sito  interessato, guardando alle ragioni per le quali il sito è stato  designato ed ai relativi obiettivi di conservazione. Un effetto  permanente o di lunga durata deve essere considerato pregiudizievole.  Tale valutazione deve essere effettuata applicando il principio di  precauzione. Seconda questione  77. Il  giudice nazionale chiede se il principio di precauzione imponga che  l’autorizzazione per un piano o progetto vada negata ove possa  verificarsi una permanente ed irrimediabile distruzione, parziale o  totale, dell’habitat naturale. Appare implicito nella domanda che il  principio di cui si tratta potrebbe svolgere un ruolo separato nella  valutazione che le autorità nazionali devono effettuare secondo  l’articolo 6, paragrafo 3. Pertanto, si suppone che, se non ci si  avvalesse del principio di precauzione, si giungerebbe ad un esito  diverso. 78. Come  si applichi il principio di precauzione l’ho descritto al precedente  paragrafo 51. Si tratta, come le autorità locali osservano, di un  principio procedurale, che definisce quale metodo va adottato dal  soggetto che effettua la scelta e non richiede un particolare risultato. 79. La Corte ha  dichiarato nella sentenza Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging  che il principio di precauzione è parte dell’articolo 6, paragrafo 3 (31).  Ne deriva che, come il Regno Unito fa presente, non vi è alcun vuoto  interpretativo da colmare con l’applicazione di questo principio nel  sistema di tale articolo. Ne deriva ancora che il fatto che detto  principio è rilevante per stabilire se un’autorità competente possa  escludere qualsiasi pregiudizio per l’integrità del sito non incide  sulla precedente questione su come debba intendersi detto criterio. 80. Risulta pertanto superfluo rispondere alla seconda questione. Terza questione 81. Il giudice nazionale chiede informazioni sul rapporto tra i paragrafi 3 e 4 dell’articolo 6. 82. Ho illustrato la mia analisi in precedenza (32) e non ho altro da aggiungere. Conclusione 83. Alla  luce delle considerazioni che precedono propongo alla Corte di  risolvere le questioni pregiudiziali nel seguente modo: Al  fine di stabilire se un piano o progetto al quale si applica l’articolo  6, paragrafo 3, della direttiva del Consiglio 92/43/CEE, del 21 maggio  1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e  della flora e della fauna selvatiche, pregiudica l’integrità di un  sito, è necessario determinare se tale piano o progetto avrà un impatto  negativo sugli elementi costitutivi del sito interessato, guardando alla  ragioni per le quali il sito è stato designato ed ai relativi obiettivi  di conservazione. Un effetto permanente o di lunga durata deve essere  considerato pregiudizievole. Tale valutazione deve essere effettuata  applicando il principio di precauzione. 1 –	Lingua originale: l’inglese. 2–  	Direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla  conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e  della fauna selvatiche (GU L 206, pag. 7), come rettificata  (GU 1993 L 176, pag. 29); in prosieguo: la «direttiva». 3–      Direttiva  85/337/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1985, concernente la  valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e  privati (GU L 175, pag. 40). 4–      Decisione  della Commissione del 7 dicembre 2004, 2004/813/CE, che stabilisce, ai  sensi della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, l’elenco dei siti di  importanza comunitaria per la regione biogeografia atlantica (GU L 387,  pag. 1). 5–      Decisione  della Commissione del 12 novembre 2007, 2008/23/CE, che stabilisce, ai  sensi della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, un primo elenco  aggiornato di siti di importanza comunitaria per la regione  biogeografica atlantica (GU L 12 del 15.01.2008, pag. 1). 6–      Decisione  della Commissione del 12 dicembre 2008, 2009/96/CE, che adotta, ai  sensi della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, un secondo elenco  aggiornato dei siti di importanza comunitaria per la regione  biogeografica atlantica (GU 2009, L 43, pag. 466). 7–      La  Commissione sostiene che questi valori non sono precisi e sottostimano  la superficie di pavimenti calcarei che potrebbe venire sacrificata.  Tale circostanza, tuttavia, non è stata esplicitamente o implicitamente  rappresentata nell’ordinanza di rinvio. Nei limiti in cui tale punto  riguarda una questione di fatto, la Corte non ha il compito di  affrontarla; nei limiti in cui le argomentazioni della Commissione in  proposito suscitano questioni sull’interpretazione – e quindi di diritto  – tali questioni non sono ricomprese nell’ambito delle questioni poste  dal giudice del rinvio, e non occorre rispondervi per risolvere tali  questioni. Pertanto non mi occuperò oltre di tali aspetti. 8–      La  decisione sul progetto in causa era datata 20 novembre 2008. La  decisione della Commissione di includere il sito ampliato nell’elenco  aggiornato dei SIC è stata adottata il 12 dicembre 2008, cioè circa tre  settimane dopo il giorno di assunzione di tale decisione nazionale. 9–      A tal proposito v. sentenza 21 dicembre 2011, Cicala (C–482/10, non ancora pubblicata nella Raccolta, punti 17–19). 10–      Sentenza del 28 marzo 1995, Kleinwort Benson (C–346/93, Racc. pag. I–615, punto 16). 11–      V.,  a tal proposito, sentenza del 22 dicembre 2008, Stato belga–Service  public fédéral Finances/Les Vergers du Vieux Tauves SA (C–48/07,  Racc. pag. I–10627, punto 22). 12–      Come, invero, si verifica per il sito Lough Corrib ampliato. 13–      V.,  ad esempio, sentenza del 4 ottobre 2007, Commissione/Italia (C–179/06,  Racc. pag. I–8131); sentenza del 4  marzo 2010, Commissione/Francia  (C‑241/08, Racc. pag. I‑1697); sentenza del 14 gennaio 2010 Stadt  Papenburg  (C–226/08, pag. I–131); sentenza del 16 febbraio 2012, Solvay  e a. (C–182/10, non ancora pubblicata nella Raccolta). 14–      V., supra, paragrafi 20–22. 15–      V.  al riguardo, tra le altre, sentenza del 7 settembre 2004,  Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging (C–127/02,  Racc. pag. I–7405, punto 32); Sentenze 14 ottobre 2010, Commissione  /Austria (C–535/07) , Racc. pag. I–9483, punto 58), nonché 24 novembre  2011, Commissione/Spagna (C–404/09, non ancora pubblicata nella  Raccolta, punto 127). 16–      V. sentenza Stadt Papenburg, cit. nella nota 13, punto 49 e giurisprudenza ivi riportata. 17–      V., a tal proposito, Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging cit. nella nota 19, punto 46. 18–      Quando  la direttiva è stata adottata, nel marzo 1992, le lingue ufficiali  della Comunità europea erano: il danese, il tedesco, il greco,  l’inglese, lo spagnolo, il francese, l’italiano, l’olandese, ed il  portoghese. Il testo della direttiva va considerato autentico in  ciascuna delle dette versioni linguistiche. 19 –  	V. sentenza del 1° aprile 2004, Borgmann (C–1/02, Racc. pag. I–3219),  relativa alla necessità di interpretare una disposizione tenendo conto  delle sue finalità e del sistema delle previsioni normative di cui tale  disposizione fa parte, nei casi in cui vi è una disparità tra le diverse  versioni linguistiche di un testo dell’Unione europea (punto 25 della  giurisprudenza citata). V. anche, con riferimento alle difficoltà che  tali divergenze nelle versioni linguistiche possono far emergere, le mie  conclusioni nella causa Emirates Airlines (C‑173/07, Racc. I–5237). 20– 	Un esempio del tipo di confusione che questa normativa mal redatta può  creare lo si può osservare, a mio avviso, nella sentenza  Waddenvereniging e Vogelbescheringsvereniging, cit. nella precedente  nota 15. Nel punto 41 la Corte ritiene obbligatoria la sussistenza di  un’opportuna valutazione se vi sia una «semplice probabilità» che si  possano avere incidenze significative. Al punto 43 la Corte si riferisce  alla sussistenza di una «probabilità o un rischio» di tali incidenze.  Nel successivo punto 44 la Corte usa l’espressione «in caso di dubbio».  Mi sembra che sia quest’ultima frase quella che esprime meglio la  posizione. 21–      Sentenza Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging, cit. alla nota 19 (punto 54). 22–      Sentenza del 5 maggio 1998, National Farmers’ Union e a., (C–157/96, Racc. pag. I–2221, punto 63). 23–      V. a tal proposito, Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging, cit. in nota 19, punti 56–59. 24–      V. al riguardo supra, paragrafo 40 delle presenti conclusioni. 25–      V., a tal proposito, Solvay e a., cit. alla nota 13, punti 71 e segg.. 26–      Per un esempio di ipotesi che non integrano gli estremi di adeguate misure compensative, v. paragrafo 29  delle mie conclusioni nella causa Commissione/Italia «Valloni e steppe  pedegarganiche» (C–388/05, Racc. pag. I‑7555). Lascio aperta la  questione generale di come identificare, nelle varie fattispecie, cosa sono adeguate misure compensative. 27–      La  legislazione si riferisce alle conclusioni della Commissione fornite in  forma di parere piuttosto che di decisione. Esse perciò non possono  essere direttamente vincolanti per le parti interessate. Non vi sono  ostacoli a che la Commissione instauri un giudizio contro lo Stato  membro che contravvenga, o autorizzi altri a contravvenire al proprio  parere. In alternativa, un terzo leso dall’atto potrebbe impugnarlo  davanti il giudice nazionale con l’intento di ottenere un provvedimento  per realizzare gli effetti richiesti. 28–      In  sede di udienza, alcune delle discussioni hanno riguardato la questione  se tale fenomeno fosse uno di quelli che ricoprono un ruolo ai fini  della verifica sull’eventuale «pregiudizio all’integrità del sito»  secondo quanto previsto dall’articolo 6, paragrafo 3. A mio giudizio la  questione non svolge alcun ruolo in tale contesto. I criteri pertinenti  qui sono quelli fissati supra, paragrafi 50–60 e non è necessario  spingersi oltre. 29–      Cfr.  supra la nota 15. Ove un piano o progetto con il tempo dia prova  dell’idoneità  a comportare degrado o perturbazioni, anche in assenza di  qualsiasi errore imputabile alle autorità nazionali competenti,  l’articolo 6, paragrafo 2, spiega i suoi effetti, in maniera che  l’integrità del sito possa essere ripristinata (V., a tal proposito, il  punto 37 della sentenza). 30–      Citata supra, alla nota 15, punto 142. 31–      Cit. supra nella nota 15, paragrafo 58. 32–      V. supra, paragrafi 62 e segg..
                    



