Consiglio di Stato Sez. VII n. 6169 del 14 luglio 2025
Urbanistica.SCIA in sanatoria e silenzio

Nell’ipotesi di SCIA in sanatoria, il procedimento può ritenersi favorevolmente concluso per il privato solo allorquando vi sia un provvedimento espresso dell'Amministrazione procedente, configurandosi in assenza un'ipotesi di silenzio inadempimento. L’inerzia della p.a. sulla SCIA in sanatoria vale quindi come silenzio inadempimento, ovvero quale silenzio non significativo.

Pubblicato il 14/07/2025

N. 06169/2025REG.PROV.COLL.

N. 04550/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4550 del 2022, proposto dal signor Vincenzo Bancone, rappresentato e difeso dall’avvocato Lodovico Visone, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia,

contro

il Comune di Salerno, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Alessandra Barone, Nicola Comunale e Anna Attanasio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del T.a.r. per la Campania, Sezione staccata di Salerno, Sez. I, n. 2757 del 16 dicembre 2021, resa inter partes, concernente un diniego di accertamento di conformità dei lavori di manutenzione straordinaria effettuati sulla veranda di pertinenza di una unità immobiliare.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Salerno;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l’art. 87, comma 4-bis, c.p.a.;

Relatore all’udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 4 giugno 2025 il consigliere Giovanni Sabbato e uditi per le parti gli avvocati Lodovico Visone e Nicola Comunale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso n. 1594 del 2015, proposto innanzi al T.a.r. Salerno, il signor Vincenzo Bancone aveva chiesto l’annullamento della nota prot. n. 72806 in data 13/05/2015, con cui il Comune di Salerno ha dichiarato che si è formato il silenzio rifiuto sulla istanza di accertamento di conformità ex art. 37 D.P.R. 380/01, relativa ai lavori di manutenzione straordinaria effettuati sulla veranda di pertinenza dell’unità immobiliare del ricorrente e consistenti nella sostituzione degli infissi della vetrata originaria in ferro con muratura ed infissi.

2. A sostegno del ricorso aveva dedotto che sull’istanza di accertamento di conformità non può formarsi il silenzio rifiuto anche sostenendo che la veranda, costruita prima del 1967, non sarebbe stata abusiva e che l’unico abuso, peraltro sanabile, consisterebbe nella sostituzione degli infissi. A fronte di ciò il Comune replicava che la veranda era da considerare interamente abusiva e già oggetto di ordine di demolizione nel 2010, quindi non sanabile.

3. Nella resistenza dell’Amministrazione, il Tribunale adìto (Sezione I) ha così deciso il gravame al suo esame:

- ha respinto il ricorso;

- ha condannato il ricorrente alle spese di lite (€ 1.500).

4. In particolare, il Tribunale ha ritenuto che è maturato il silenzio rigetto avverso il quale il sig. Vincenzo Bancone ha proposto tempestivo ricorso. Tuttavia, il Collegio osserva che è infondato il rilievo inerente al difetto di motivazione, in quanto la fattispecie in esame riguarda un’ipotesi di silenzio significativo, per cui è in re ipsa che non vi sia una motivazione espressa. L’istanza di accertamento di conformità è infondata, avendo il Comune, nella nota prot. 70255/15 – S.T.E., evidenziato la violazione degli artt. 47.06 e art. 192 del Regolamento Urbanistico Edilizio Comunale, nonché la circostanza che tale veranda non risulta né dal titolo edilizio n. 429 del 1962 né da quello n. 456 26.10.1967. Il Collegio rileva inoltre che è stato rigettato dal T.a.r. Salerno il ricorso avverso l’ordinanza di demolizione dell’intera veranda, per cui a maggior ragione non può essere emesso l’accertamento di conformità di lavori su tale veranda, quali la sostituzione degli infissi della vetrata originaria in ferro con muratura ed infissi.

5. Avverso tale pronuncia il signor Bancone ha interposto l’appello in trattazione, notificato e depositato il 01/06/2022, lamentando, attraverso n. 3 motivi di gravame (pagine 3-12), quanto di seguito sintetizzato:

I) “error in iudicando: violazione e/o falsa applicazione di legge: art. 37 d.P.R. 380/01 – art. 19 l. 241/1990. Violazione e/o falsa applicazione di legge: art. 34 cpa - eccesso di potere giurisdizionale, per aver giudicato di poteri non esercitati dalla P.A.”.

Parte appellante lamenta che la vicenda de qua sarebbe definita dalla SCIA in sanatoria. Il suo avvenuto consolidamento, infatti, avrebbe legittimato la pertinenza nella sua attuale conformazione. Il Tribunale, invece, avrebbe erroneamente ritenuto che sulla SCIA si fosse formato il silenzio-rigetto. A parere di parte appellante non potrebbe formarsi una decisione rispetto ad un atto privato, completo e perfetto, in quanto la SCIA non sarebbe suscettibile di diniego. L’ordinamento, nel ricondurre gli interventi di cui all’art. 37 T.U.Ed. al paradigma della SCIA, ha certamente ritenuto assoggettabile l’attività – confessoria/sanante – all’iniziativa del privato, e non all’esercizio di potestà pubblicistiche. La sentenza impugnata non sarebbe in linea con l’orientamento maggioritario della giurisprudenza, che riconosce alla SCIA natura confessoria ed effetto sanante, secondo lo schema norma-fatto-effetto.

II) “error in iudicando. Violazione e/o falsa applicazione di legge: art. 9-bis d.P.R. 380/01. Eccesso di potere: carenza assoluta di istruttoria.”.

Lamenta parte appellante che il Comune di Salerno avrebbe fatto malgoverno della disciplina legale in ordine all’individuazione dello stato legittimo dell’immobile. In particolare, l’art. 9 bis, comma 1-bis T.U.Ed. pone una disciplina autonoma e distinta, nell’ipotesi in cui gli immobili siano stati realizzati in epoca “nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio”, come appunto nel caso di specie. In questo caso, infatti, “lo stato legittimo è quello desumibile dalle informazioni catastali di primo impianto, o da altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche … e dal titolo abilitativo che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare ...”. Perciò, la condizione necessaria e sufficiente per l’applicazione della disposizione, è che il titolo edilizio non fosse “obbligatorio”, non rilevando se, seppur non obbligatorio, sia stato effettivamente acquisito. Infatti, la presenza di un titolo non esclude una difforme realizzazione. La veranda, all’epoca della sua realizzazione quale momento pertinenziale, non costituiva, nel dato contesto urbano, autonomo elemento edilizio da valutare ai fini del rilascio della licenza edilizia;

III) “error in iudicando: violazione e falsa applicazione di legge: art. 9bis d.P.R. 380/01 – art. 27 l.r. Campania n. 31/2021. Eccesso di potere: difetto di istruttoria – travisamento del fatto.”.

Lamenta infine che, ai sensi del primo comma dell’art. 9 bis, spetterebbe al Comune rintracciare e individuare i documenti probanti lo stato legittimo dell’immobile, anche alla luce dell’art. 27, 4° comma, della l. r. 31/2021. Nel caso in esame, invece, il primo giudice non avrebbe accertato nulla di quanto rilevante, specie in riferimento alla peculiare disciplina dettata per tale tipologia di opere realizzate precedentemente all’anno 1967;

IV) “error in iudicando: violazione e falsa applicazione di legge: art. 34 cpa – 111 cost – 6 cedu”, in quanto il Tribunale avrebbe indebitamente valorizzato l’ordinanza di demolizione che invece non rappresenta altro che il presupposto logico-cronologico della richiesta di sanatoria.

6. L’appellante ha concluso chiedendo, in riforma dell’impugnata sentenza, l’accoglimento del ricorso di primo grado e quindi l’annullamento degli atti con lo stesso impugnati.

7. In data 01/07/22 il Comune di Salerno si è costituito in giudizio al fine di chiedere il rigetto dell’avverso gravame.

8. In data 02/05/25 parte appellata ha depositato memoria di controdeduzioni al fine di insistere argomentatamente per il rigetto dell’avverso gravame.

8.1. Circa il primo motivo di gravame, la difesa contesta la tesi sostenuta dall’appellante – in accordo con il primo giudice – e aderisce all’orientamento giurisprudenziale secondo il quale il silenzio sulla S.C.I.A. in sanatoria, ai sensi dell’art. 37 del d.P.R. n. 380/2001, equivale a un diniego tacito. La norma non prevede il silenzio-accoglimento, ma stabilisce che la procedura debba concludersi con un provvedimento espresso che determini eventuali sanzioni pecuniarie. La giurisprudenza consolidata ha ribadito che il silenzio della P.A. non costituisce un accoglimento tacito ma un inadempimento, confermando che la sanatoria di opere abusive necessita di una valutazione espressa sull’effettiva conformità edilizia dell’intervento.

8.2. Quanto al secondo motivo, si aderisce all’interpretazione data dal Tribunale, secondo la quale l’art. 9-bis, comma 1-bis stabilisce che lo stato legittimo di un immobile deve essere accertato in primo luogo in base al titolo abilitativo edilizio e la documentazione catastale non può sostituire il titolo edilizio per la legittimità urbanistica ed edilizia dell’opera. L’Amministrazione, pertanto, avrebbe agito correttamente esaminando i titoli edilizi del 1962 e 1967, i quali non indicano la presenza della veranda contestata.

8.3. Infine, con riguardo al terzo motivo, si ritiene corretta e completa l’istruttoria compiuta dall’Amministrazione, nella misura in cui ha esaminato i titoli edilizi e i documenti disponibili negli archivi storici, che non hanno confermato la presenza della veranda. Al contrario, la documentazione catastale non è stata considerata rilevante, poiché non può attestare la legittimità urbanistica e edilizia dell’opera, stante l’orientamento consolidato della giurisprudenza, secondo il quale il catasto ha valore fiscale e non probatorio sotto il profilo edilizio.

9. In data 14 maggio 2025 parte appellante ha depositato memoria insistendo per l’accoglimento del gravame.

9.1. In particolare ha evidenziato, quanto al silenzio assenso circa l’istanza ex art. 37 d.P.R. 380/2001, come, in assenza di un chiaro dato normativo, la giurisprudenza, con orientamenti non univoci, ha ritenuto che il silenzio della p.A. su detta istanza debba qualificarsi come assenso e che la SCIA in sanatoria non richiede un provvedimento espresso. A sostegno di tale orientamento, l’appellante riporta la circostanza che nell’Allegato A del d.lgs. 222/2016, alla voce 41 della sezione edilizia, è contemplata la SCIA in sanatoria e che l’articolo 2, comma 3, d.lgs. 222/2016 prevede l’applicazione del regime SCIA ex articolo 19 L. 241/90 alle attività per le quali la tabella indica la SCIA, tra cui appunto la SCIA in sanatoria alla voce n. 41. Dunque, l’effetto abilitante/sanante si produrrebbe con il semplice deposito della segnalazione certificata, senza necessità di provvedimenti espressi del Comune. Quanto allo stato legittimo, l’appellante osserva come l’art. 9-bis comma 1 d.P.R. 380/01 e l’art. 27, co. 4, l.r. Campania n. 31/2021 spostano l’onere dell’allegazione e della dimostrazione dello stato legittimo dell’immobile in capo all’Amministrazione procedente. Mentre l’art. 43 quater, L.R. 16/04, nel testo introdotto con l’art. 39, L.R. 5/2024, consente il recupero dei locali, quale quello che ne occupa, quale intervento di rigenerazione urbana. Nel caso di specie, invece, il T.a.r. non avrebbe accertato nulla di quanto rilevante, specie in riferimento alla peculiare disciplina dettata per tale tipologia di opere realizzate ante ’67. In particolare, l’appellante ha reperito l’atto di accertamento e classamento del 22 giugno 1966, che espressamente menziona la veranda e documentazione fotografica allegata. Ne deriverebbe un onere motivazionale inconciliabile con l’istituto del silenzio-diniego. Inoltre, la veranda è specificamente menzionata nella documentazione catastale del 1966 e, al momento della sua realizzazione, non costituiva, nel dato contesto urbano, autonomo elemento edilizio da valutare ai fini del rilascio della licenza edilizia. Quanto all’eccezione del Comune circa il fatto che “nel territorio del Comune di Salerno l’obbligatorietà del titolo abilitativo edilizio vigeva già nel 1954, in forza del Regolamento edilizio comunale, approvato con delibera del Commissario prefettizio n.800 del 12/4/1954”, si tratterebbe di questione nuova, non sottoposta al contraddittorio delle parti e allo scrutinio del Giudice nel precedente grado del processo, in evidente violazione del divieto di nova in appello ex art. 104, comma 1, c.p.a.

10. La causa, chiamata per la discussione all’udienza telematica del 4 giugno 2025, è stata trattenuta in decisione.

11. L’appello, per le ragioni di cui infra, è da reputare infondato.

12. Occorre preliminarmente rilevare, in ordine a quanto eccepito da parte appellante nella sua memoria da ultimo depositata in giudizio, che il tenore delle difese di parte appellata non impatta con la formula di cui all’art. 104, comma 1, c.p.a., in quanto non è suscettibile di applicazione nei riguardi di chi, assumendo la veste di appellato, resistente in prime cure, non ha formulato alcuna censura in prime cure.

13. Non coglie nel segno il primo motivo di gravame vertente sulla natura giuridica della SCIA ed il suo conseguente perfezionamento.

Ritiene l’appellante che il decorso del termine di 30 giorni avrebbe consolidato il titolo edilizio senza la necessità di alcun provvedimento espresso dell’Amministrazione, non costituendo la SCIA una specifica istanza.

L’infondatezza del gravame si deve alla esatta ricostruzione della vicenda di causa, connotata dalla previa emissione dell’ordine demolitorio afferente a “vetusta veranda in muratura, realizzata in aderenza al torrino scala, con copertura in latero cemento delle dimensioni di mt. 3,50 x 7,40 con altezza mt. 2,90. Esternamente alla veranda è stata, inoltre, realizzata una tettoia su telaio metallico con copertura in onduline bituminosa delle dimensioni mt. 3,30 x 7,60 con altezza massima mt. 2,80”. L’iniziativa assunta dalla parte è consistita, quindi, nella presentazione non di una SCIA, ma di un’istanza di accertamento di conformità ex art. 37 d.P.R. n. 380/01 (prot. n. A 36705), come risulta espressamente dal provvedimento prot. n. 70255/2015, impugnato in prime cure (vedi allegato 2 alla memoria di parte resistente del 22 ottobre 2021). Il meccanismo del silenzio assenso, invocato da parte appellante, non può quindi operare, come da preciso orientamento di questo Consiglio di Stato, valorizzato da parte appellata, secondo cui “nell’ipotesi di s.c.i.a. in sanatoria, il procedimento può ritenersi favorevolmente concluso per il privato solo allorquando vi sia un provvedimento espresso dell'Amministrazione procedente, configurandosi in assenza un'ipotesi di silenzio inadempimento” (Cons. Stato, Sez. II, 20 febbraio 2023, n. 1708). Secondo l’orientamento del Consiglio di Stato (v. anche sentenza n. 160/2023) l’inerzia della p.A. sulla SCIA in sanatoria vale quindi come silenzio inadempimento, ovvero quale silenzio non significativo.

14. Infondato è anche il secondo motivo, circa lo stato, legittimo o meno, dell’immobile in questione.

Va rilevato, preliminarmente, che non emerge dagli atti di causa che la veranda sia stata legittimamente realizzata e la SCIA in sanatoria riguarda asseritamente lavori di manutenzione straordinaria su una veranda di pertinenza dell’unità immobiliare con la sostituzione degli infissi della vetrata originaria in ferro con muratura ed infissi.

Denota quindi l’infondatezza del gravame la circostanza relativa al carattere abusivo della veranda in contestazione e la stessa consistenza dell’intervento così come sopra descritta, tale da denotarne la sua piena rilevanza planovolumetrica.

15. Infondato è anche il terzo motivo di gravame, vertente sull’onere probatorio circa i documenti probanti lo stato legittimo dell’immobile che, a parere dell’appellante, graverebbe sulla stessa Amministrazione. Evoca, in particolare, l’art. 27, 4° comma, della l.r. 31/2021, secondo cui “L’accertamento dell’illegittimità di un edificio o di sue parti è posta a carico del Comune. Nel rispetto e in applicazione dell’articolo 9-bis del DPR 380/2001, il Comune è tenuto ad acquisire d’ufficio i documenti, le informazioni e i dati interessanti gli edifici oggetto di interventi edilizi, compresi eventuali titoli edilizi rilasciati per l'immobile interessato, senza farne carico al richiedente”.

L’infondatezza del motivo in esame si deve ad un preciso e consolidato orientamento di questo Consiglio, secondo cui “l’onere di provare la data di realizzazione di un immobile e, quindi, la preesistenza ad una certa data in cui non fosse necessario munirsi di un titolo abilitante, così come la sua consistenza originaria, grava sul privato, dovendosi fare applicazione del generale principio processuale per cui la ripartizione dell’onere della prova va effettuata secondo il principio della vicinanza della prova” (cfr., Cons. Stato, Sez. VI, 9 dicembre 2024, n. 9877 e giurisprudenza ivi citata: Cons. di Stato, Sez. VI, 5 marzo 2024, n. 2187).

Parte appellante all’uopo evidenzia che la documentazione catastale, risalente al 1966, operi specifica menzione della veranda, ma tale documentazione non assume specifica rilevanza probatoria.

Risulta, quindi, ininfluente quanto eccepito da parte appellata in ordine alla ricorrenza di una disciplina locale (Regolamento edilizio comunale, approvato con delibera del Commissario prefettizio n.800 del 12/4/1954) che imponeva già a partire da tale data il rilascio del titolo edilizio.

16. Infondato è, infine, anche il quarto ed ultimo motivo, col quale si lamenta che il giudice di prime cure avrebbe indebitamente richiamato la sentenza di rigetto del ricorso avverso l’ordine demolitorio. Viene in considerazione, in particolare, il seguente passaggio lessicale della pronuncia: “Il Collegio rileva inoltre che è stato rigettato dal Tar Salerno il ricorso avverso l’ordinanza di demolizione dell’intera veranda, per cui a maggior ragione non può essere emesso l’accertamento di conformità di lavori su tale veranda, quali appunto la sostituzione degli infissi della vetrata originaria in ferro con muratura ed infissi”.

Il percorso logico-argomentativo seguito dal T.a.r. non risulta compromesso dai rilievi di parte appellante proprio perché la presa d’atto del carattere abusivo della veranda è destinato a refluire sul successivo intervento manutentivo, così come sopra descritto.

17. Tanto premesso, l’appello deve essere respinto.

18. Le spese del giudizio, secondo il canone della soccombenza, sono da porre a carico di parte appellante nella misura stabilita in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Settima), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto (n.r.g. 4550/2022), lo respinge.

Condanna parte ricorrente al rimborso, in favore del Comune di Salerno, delle spese del presente grado di giudizio nell’importo di € 3.000,00 (tremila/00) oltre IVA, CPA ed accessori di legge se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 4 giugno 2025, tenuta da remoto ai sensi dell’art. 17, comma 6, del d.l. 9 giugno 2021, n. 80, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2021, n. 113 con l’intervento dei magistrati:

Fabio Franconiero, Presidente FF

Giordano Lamberti, Consigliere

Giovanni Sabbato, Consigliere, Estensore

Sergio Zeuli, Consigliere

Maria Grazia Vivarelli, Consigliere