Consiglio di Stato Sez. V n. 8502 del 3 novembre 2025
Urbanistica.Sanatoria e compatibilità paesaggistica.
Laddove non sia possibile sanare l’immobile sul piano edilizio, l’accertamento della possibile compatibilità paesaggistica è attività ultronea che non farebbe che aggravare il procedimento tanto più se le opere realizzate hanno implicato un aumento volumetrico e non potrebbero conseguire un accertamento positivo. La motivazione del diniego non deve necessariamente contenere un riferimento a tutte le norme che potrebbero essere coinvolte nell’accertamento in esame. Trattandosi di atto vincolato è sufficiente che indichi la ragione principale per cui la sanatoria non è ammissibile.
Pubblicato il 03/11/2025
N. 08502/2025REG.PROV.COLL.
N. 08855/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8855 del 2022, proposto dai signori Antonio Iacorossi e Roberto Pallotti, rappresentati e difesi dagli avvocati Fabio Amici e Fabio Buchicchio, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;
contro
Comune di Perugia, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Luca Zetti, Rossana Martinelli e Sara Mosconi, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Antonino Galletti in Roma, via Francesco Denza, 3;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l'Umbria n. 688/2022, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Perugia;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;
Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 22 ottobre 2025 il Cons. Ugo De Carlo e vista l’istanza di passaggio in decisione delle parti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. I signori Antonio Iacorossi e Roberto Pallotti hanno impugnato la sentenza indicata in epigrafe che ha respinto il loro ricorso per ottenere l’annullamento del diniego di rilascio di accertamento di compatibilità paesaggistica del Comune di Perugia del 5 dicembre 2018.
2. Il signor Iacorossi vendeva parte di un terreno agricolo di sua proprietà al signor Pallotti stipulando altresì un contratto di comodato d’uso gratuito.
Nel 2016 presentava una c.i.l.a. per la realizzazione di interventi di manutenzione straordinaria, bonifica del terreno e realizzazione di una platea con impianto irriguo per ortaggi di pregio.
In occasione di un sopralluogo del Carabinieri Forestali veniva rinvenuto un edificio oltre all’impianto irriguo per ortaggi.
Veniva, pertanto emesso dal Comune un’ordinanza di rimozione delle opere realizzate cui seguiva l’istanza di compatibilità paesaggistica negata con il provvedimento impugnato.
3. La sentenza impugnata ha respinto il ricorso ritenendo che la mancata impugnazione dell’ordine di demolizione abbia consolidato il provvedimento che non potrebbe essere rimesso in discussione dall’eventuale accoglimento del ricorso contro il diniego di compatibilità paesaggistica delle opere medesime.
In ogni caso è stata realizzata una costruzione uso abitativo priva di titolo edilizio circostanza che rende legittimo il diniego di sanatoria.
Infine si tratta di un caso in cui l'autorizzazione paesaggistica non può essere rilasciata in sanatoria.
4. L’appello si fonda su quattro motivi.
4.1. Il primo contesta che la mancata impugnazione dell’ordine di demolizione la renda inoppugnabile. La domanda di accertamento di conformità ai sensi dell’art. 154, comma 1 l.r. 1/2015, entro il termine di cui all’art. 143, comma 3, l.r. 1/2015 comporta la perdita di efficacia dell’ordinanza di demolizione 6/2018, la quale non era dunque suscettibile di impugnazione. Pari effetto caducante deriva dalla domanda di compatibilità paesaggistica.
4.2. Il secondo motivo lamenta l’omesso esame della prima censura nell’originario ricorso relativamente al fatto che il Comune avesse deciso senza attendere il parere, vincolante, della Soprintendenza pur nell’eventualità che l’intervento comportasse la realizzazione di nuovi volumi o di superfici utili.
L’autonoma valutazione di conformità da parte del Comune determina un’indebita sostituzione di quest’ultimo rispetto all’Autorità preposta alla salvaguardia del vincolo paesaggistico.
4.3. Il terzo motivo evidenzia un difetto di motivazione poiché le affermazioni non prendono in esame gli specifici motivi di censura ma esprimono mere affermazioni di principi di diritto, mentre non sono state indicate le norme urbanistiche ostative alla sanabilità delle opere sia contenute nella legislazione edilizia sia nel P.R.G. comunale.
4.4. Il quarto motivo denuncia l’omesso esame del terzo motivo di ricorso relativamente al diritto al rispetto della propria vita ai sensi della nota sentenza della CEDU in merito all’art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
5. Il Comune di Perugia si è costituito in giudizio chiedendo il rigetto dell’appello.
6. L’appello è infondato.
6.1. Il primo motivo non è fondato in quanto, se è vero che l’accoglimento dell’istanza di sanatoria edilizia, presentata dopo l’ordinanza di demolizione, renderà legittime le opere e non più applicabile la sanzione demolitoria, nella sentenza impugnata non si rinviene l’affermazione oggetto di censura. La sentenza afferma: “La legge regionale prevede anche la possibilità di richiedere l’accertamento di conformità susseguente all’ordine di demolizione, nella cui sede l’interessato può ottenere la (ri)valutazione di tutti i molteplici profili sostanziali (destinazione urbanistica dell’area, volumetria ecc.) che debbono precedere il provvedimento finale allo scopo di eventualmente contrastare in via giurisdizionale l’eventuale esito negativo delle proprie istanze.”. La conclusione, però, è nel senso che siccome le caratteristiche edilizia dell’opera sono le stesse valutate prima in occasione del procedimento che ha portato all’emanazione dell’ordine di demolizione e successivamente nell’ambito dell’istanza di sanatoria, anche l’eventuale accoglimento del ricorso avverso il diniego di compatibilità paesaggistica non sarebbe idoneo a sanare l’immobile.
In conclusione la sentenza non ha mai affermato che la non impugnazione dell’ordine di demolizione renda superfluo l’accertamento di compatibilità.
6.2. Il secondo motivo è infondato in quanto non tiene conto della circostanza che laddove non sia possibile sanare l’immobile sul piano edilizio, l’accertamento della possibile compatibilità paesaggistica è attività ultronea che non farebbe che aggravare il procedimento. Peraltro le opere realizzate che hanno implicato un aumento volumetrico non avrebbero mai potuto conseguire un accertamento positivo.
6.3. La motivazione del diniego non deve necessariamente contenere un riferimento a tutte le norme che potrebbero essere coinvolte nell’accertamento in esame. Trattandosi di atto vincolato è sufficiente che indichi la ragione principale per cui la sanatoria non è ammissibile e nel caso in esame nel preavviso di diniego si fa riferimento all’art. 167, comma 4, d.lgs. 42/2004 che in caso di creazione di nuovi volumi prevede un’autorizzazione paesaggistica previa e non in sanatoria. Oltretutto laddove vi fossero norme o previsioni urbanistiche che potevano derogare tale diniego sarebbe stato onere degli appellanti indicarle per contestarne la mancata applicazione.
6.4. Relativamente all’asserito contrasto del provvedimento con gli artt. 47 Cost. e 8 CEDU e sufficiente far riferimento alla sentenza della Corte di Cassazione 844/2020 che nega sussistere un diritto assoluto ad occupare un immobile solo perché costituisce la casa familiare, prevalendo il diritto della collettività a rimuovere la lesione di un bene o interesse costituzionalmente tutelato e a ripristinare l'equilibrio urbanistico-edilizio.
7. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Condanna gli appellanti a rifondere al Comune di Perugia le spese del presente grado di giudizio che liquida in € 3.000 (tremila) oltre agli accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso nella camera di consiglio del giorno 22 ottobre 2025, tenuta da remoto ai sensi dell’art. 87, comma 4 bis, c.p.a., con l'intervento dei magistrati:
Giovanni Sabbato, Presidente
Carmelina Addesso, Consigliere
Maria Grazia Vivarelli, Consigliere
Ugo De Carlo, Consigliere, Estensore
Roberto Michele Palmieri, Consigliere




