Consiglio di Stato Sez. IV n. 2811 del 2 aprile 2025
Urbanistica.Potere di pianificazione

L’urbanistica, ed il correlativo esercizio del potere di pianificazione, non possono essere intesi, sul piano giuridico, solo come un coordinamento delle potenzialità edificatorie connesse al diritto di proprietà, ma devono essere ricostruiti come intervento degli enti esponenziali sul proprio territorio, in funzione dello sviluppo complessivo e armonico del medesimo; uno sviluppo che tenga conto sia delle potenzialità edificatorie dei suoli, in relazione alle effettive esigenze di abitazione della comunità ed alle concrete vocazioni dei luoghi, sia dei valori ambientali e paesaggistici, delle esigenze di tutela della salute e quindi della vita salubre degli abitanti, delle esigenze economico-sociali della comunità radicata sul territorio. 

Pubblicato il 02/04/2025

N. 02811/2025REG.PROV.COLL.

N. 08828/2023 REG.RIC.

logo

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8828 del 2023, proposto da Lariana Digital s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Vincenzo Latorraca, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Senna Comasco, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Gianni Mantegazza, Andrea Manzi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Andrea Manzi in Roma, via Alberico II n.33;
Provincia di Como, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Domenica Condello, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

Ats Insubria - Agenzia di Tutela della Salute dell'Insubria, Como Acqua s.r.l., Arpa Lombardia - Agenzia Regionale per la Protezione dell'Ambiente, Dipartimento Como Varese, non costituiti in giudizio;

per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza) n. 01048/2023.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Senna Comasco e della Provincia di Como;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 gennaio 2025 il Cons. Luigi Furno e uditi per le parti gli avvocati presenti come da verbale;


FATTO

Con ricorso di primo grado proposto in data 10 novembre 2022, Lariana Digital s.r.l., società che opera nel settore della stampa digitale di tessuti, ha chiesto l’annullamento dei provvedimenti con i quali è stata certificata la chiusura negativa del procedimento volto alla modifica sostanziale della AUA, precedentemente rilasciata in suo favore, e il risarcimento del danno derivante dall’illegittimità degli atti impugnati.

In particolare, i provvedimenti contestati hanno fatto entrambi riferimento al parere adottato, in data 7 giugno 2022, dal Comune di Senna Comasco, dal quale sarebbe emerso “senza equivoco” che si era dinanzi ad un “ampliamento dell'attività ovvero del processo produttivo con nuovi punti di emissione in atmosfera”.

Nel parere in esame si dava atto che, a seguito di intervento di riqualificazione di un edificio esistente collegato con l’attività di stampa già autorizzata, la produzione aziendale sarebbe stata integrata con le fasi di vaporissaggio, lavaggio dopo stampa e asciugamento, successive appunto alla stampa digitale dei tessuti, ordinariamente svolte presso il diverso insediamento sito nel comune di Como.

Con ancora maggiore dettaglio, nel menzionato parere si rilevava che la dinamica connessa agli scarichi delle acque reflue industriali che originano dal lavaggio tappeti delle macchine per la stampa (che sarebbero stati inviati alla vasca di laminazione di nuova realizzazione unitamente agli scarichi di tipologia industriale derivanti dai nuovi reparti), avrebbe determinato “l’attivazione di nuovi punti di emissione in atmosfera soggetti ad autorizzazione, nonché una variazione in termini quantitativi e qualitativi dello scarico delle acque reflue industriali con conseguente necessità di procedere ad una modifica sostanziale del provvedimento in essere”.

Il tutto, in ipotetico contrasto, secondo il Comune interessato, con. l’art. 19.4) delle N.T.A. del PGT, che, nella fase transitoria, consentirebbe solo “la realizzazione di opere di manutenzione ordinaria, straordinaria al fine di garantire la conservazione dell'edificazione esistente, senza ampliamento del processo produttivo (…)”.

La successiva nota della Provincia resistente ha, peraltro, evidenziato che, ai sensi dell’art. 269, del d.lgs. n. 152 del 2006, il parere negativo del Comune, una volta espresso, doveva considerarsi decisivo nel determinare la conclusione negativa della conferenza di servizi, , conclusione effettivamente verificatasi, ad opera dello Sportello Unico competente, in data 23 maggio 2022.

La Lariana Digital, dunque, impugnato l’esito negativo della conferenza di servizi, deducendo, in particolare, che:

- il procedimento di AUA si sarebbe fondato su un unico parere negativo espresso dal Comune di Senna Comasco, il quale avrebbe in ogni caso mutato il proprio orientamento sul punto dopo essersi inizialmente espresso positivamente;

- il Comune e il Suap si sarebbero sostituiti, in assenza di competenza, alla Provincia, la quale, a sua volta, si sarebbe “limitata ad uniformarsi all’opposizione di Comune e Suap”;

- la N.T.A. (art. 19.4) citata in senso sfavorevole dal Comune resistente sarebbe stata pienamente rispettata, in quanto la ricorrente sarebbe stata in possesso di titoli abilitativi edilizi riguardanti opere che hanno natura di manutenzione straordinaria e di volumi tecnici, e la norma tecnica stessa consentirebbe il mantenimento dell’attività e la conservazione dell’edificazione esistente;

- sarebbe stato considerato come presupposto della complessiva azione amministrativa un fatto non vero, ossia che ricorrerebbe nel caso in questione un incremento del “processo produttivo”, ma tale presupposto sarebbe stato individuato da un soggetto che non avrebbe competenza né istituzionale né tecnica “per accertarlo e tantomeno asserirlo” (ovvero, il Comune);

- l’accertamento sull’ammissibilità dell’AUA sarebbe dovuto avvenire “pressoché automaticamente”, in quanto la stessa era stata rilasciata per la sede di Como per le medesime attività e il trasferimento da un Comune all’altro non avrebbe dunque dovuto comportate alcun mutamento nella valutazione di ciò che era da ritenersi “consentito”;

- la norma transitoria, ammettendo la presenza degli insediamenti industriali ed artigianali “molesti” esistenti, sarebbe da intendersi come ammissiva dei volumi strettamente necessari a consentire gli adeguamenti tecnologici “che, per esigenze tecniche di funzionalità, non possono trovare allocazione all’interno del capannone (…)”, con la possibilità di operare interventi di completamento del processo produttivo e di adeguamento tecnologico;

- l’istruttoria sarebbe stata incompleta, anche perché la Provincia, sulla scorta del parere espresso dal Comune, avrebbe “addirittura rinunciato alle integrazioni richieste in prima battuta”;

- il Suap, dopo la trasmissione della comunicazione dei motivi ostativi, non avrebbe tenuto in alcun conto la memoria ex art. 10 bis della L. n. 241/1990, così come la Provincia avrebbe espresso un diniego non preceduto dalla comunicazione degli eventuali motivi ostativi.

Il T.a.r. Lombardia, con la decisione 3 maggio 2023, n. 1048, ha respinto il ricorso.

La Lariana Digital ha proposto appello per i motivi riportati nella parte in diritto.

Si sono costituiti nel giudizio di appello il Comune di Senna Comasco e la Provincia di Como, chiedendo di dichiarare l’appello infondato.

All’udienza pubblica del 23 gennaio 2025 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

In via preliminare, il Collegio rileva che può prescindersi dalle eccezioni in rito formulate dal Comune di Senna Comasco, essendo l’appello infondato nel merito (cfr. Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, nella decisione 27 aprile 2015, n. 5).

Tanto premesso, con un primo mezzo di gravame la parte appellante lamenta l’erroneità della decisione impugnata nella parte in cui ha ritenuto ostativa all’attivazione della nuova AUA richiesta la disciplina contenuta nell’art. 19.4 delle N.T.A. del P.G.T.

Ad avviso della parte appellante, a diverse conclusioni occorrerebbe giungere valorizzando la norma di cui all’art. 19.4 dello strumento urbanistico, rubricata “norma transitoria”, la quale dispone: che “E’ ammessa la presenza degli insediamenti industriali e degli insediamenti artigianali molesti esistenti, fino al permanere della funzione. È consentita la realizzazione di opere di manutenzione ordinaria, straordinaria al fine di garantire la conservazione dell’edificazione esistente. In considerazione della incompatibilità degli 12 insediamenti, rispetto al contesto circostante, il progetto urbanistico prevede, al momento della dismissione della funzione, la impossibilità di nuovi insediamenti con ugual funzione”.

In secondo luogo, la parte appellante ritiene che, contrariamente a quanto rilevato dalla decisione impugnata, l’art. 19.4, N.T.A. del P.G.T., non solo non delineerebbe alcun impedimento nei confronti dell’attività per la quale è stata chiesta l’autorizzazione, ma farebbe salve tutte le trasformazioni necessarie per la conservazione dell’attività, oltre agli interventi ammessi, ovvero le opere di manutenzione ordinaria e straordinaria.

La premessa da cui chiaramente muove la parte appellante è quella secondo cui, nel caso in esame, non ricorrerebbe alcuna modifica definibile come sostanziale, trattandosi, invero, del completamento del ciclo produttivo.

Il motivo è infondato.

Nel caso in esame, l’Amministrazione, dopo avere preso atto che la zona di che trattasi è caratterizzata da un tessuto consolidato avente destinazione residenziale, con l’art.19.4 delle N.T.A, ha inteso tutelare e valorizzare questa destinazione, affrontando le criticità nascenti dalla presenza attuale di funzioni incompatibili per le quali è stata prevista la prosecuzione dello svolgimento delle attività insediate, sino al permanere dell’attività industriale e/o artigianale.

Al momento della dismissione di queste ultime attività, nondimeno, si è previsto che non potrà avvenire un nuovo insediamento con medesima funzione, bensì dovrà esserci la trasformazione in una delle funzioni dichiarate compatibili con i contesti circostanti (ristorazione, l’esercizio di vicinato, l’artigianato di servizio alla persona, il deposito).

L’utilizzo dell’espressione “insediamenti artigianali industriali molesti esistenti”, contenuto nell’art. 19.4, si riferisce, chiaramente, non già solo ad industrie insalubri, bensì a tutti gli insediamenti produttivi in quanto ritenuti non coerenti con la prevalente destinazione residenziale dell’ambito.

Dalla disposizione in esame si desume, dunque, la volontà dell’Ente locale di evitare l’attivazione di una nuova attività industriale che non rientri tra quelle espressamente dichiarate compatibili.

Né a diverse conclusioni può condurre, contrariamente a quanto ritenuto dall’appellante, la valorizzazione della disposizione relativa alla disciplina transitoria, da leggere, nella prospettazione dell’appellante, nel senso che essa consentirebbe l’attivazione di nuovi insediamenti industriali purché non molesti. L’assunto della parte appellante trova smentita nella considerazione per cui la disposizione transitoria in esame deve essere coordinata, sul piano sistematico, con le precedenti parti della disposizione, dalla lettura di insieme delle quali si ricava che esclusivamente le funzioni attualmente insediate, anche se moleste (ovvero non ricomprese tra quelle ritenute compatibili con la funzione residenziale), sono salvaguardate finché non cessi la funzione in atto.

La finalità dell’art. 19.4, sulla base del quale il Comune ha reso il parere negativo, è, quindi, quella di assicurare la riqualificazione di un ambito assoggettato a forti rischi ambientali, per il tramite di interventi di sostituzione edilizia e riconversione dei fabbricati industriali/artigianali esistenti, precludendo, come correttamente evidenziato dal Giudice di prime cure, non solo l’insediamento di una nuova attività, ma anche il potenziamento/ampliamento di quelle preesistenti.

Di qui la non applicabilità della richiamata disposizione transitoria al caso di che trattasi, posto che, contrariamente a quanto sostenuto nell’atto di appello, viene in rilievo una nuova attività.

In tal senso occorre, in primo luogo, osservare che il complesso industriale che l’appellante vorrebbe realizzare nel Comune di Senna Comasco attiene ad un ciclo produttivo diverso da quello che già svolge, peraltro in un diverso Comune, e per il quale è già in possesso della relativa AUA.

Riscontra l’assunto in esame la stessa relazione prodotta dall’appellante, nella quale, descrivendo le fasi dei vari processi produttivi, ha indicato la necessità di attivare nuovi punti di emissione dotati di impianto di abbattimento e quella di aggiornare la rete fognante interna ed i punti di allaccio con la fognatura pubblica.

Da essa, in particolare, si ricava che, contrariamente alla attività di stamperia per la quale l’appellante è già in possesso di un’autorizzazione, la nuova attività mira a realizzare un nuovo ciclo produttivo, con la realizzazione di differenti camini per l’espulsione dei fumi di lavorazione e la realizzazione di un impianto finale volto alla realizzazione di un unico sito dei processi di stampa e post-stampa.

Tanto premesso, la norma di cui al più volte citato art. 19.4 è chiara nell’ammettere la sola presenza, nel contesto urbanistico di riferimento, degli insediamenti industriali ed artigianali “molesti” esistenti, mentre gli adeguamenti tecnologici preventivati, come correttamente rilevato dal giudice di primo grado, dall’interessata non avrebbero potuto essere definiti alla stregua di volumi tecnici, implicando essi l’attivazione di nuovi punti di emissione in atmosfera soggetti ad autorizzazione, nonché una variazione in termini quantitativi e qualitativi dello scarico delle acque reflue industriali.

Alla luce di tali considerazioni, i titoli abilitativi edilizi di cui era in possesso la parte appellante non potevano dunque automaticamente determinare l’ammissibilità della modifica sostanziale richiesta.

Con il secondo motivo di gravame la parte appellante deduce “Ancora erroneità della sentenza ed evidente travisamento dei presupposti di fatto che fondano le ragioni dell’impresa”.

Nella prospettazione della parte appellante, dell’AUA richiesta non si sarebbe occupato l’ente dotato di apposita competenza a provvedere, posto che la Provincia si sarebbe limitata senza rilevare alcuna criticità ambientale, a recepire l’opposizione del Comune e del Suap, fondata, a sua volta, non su norme riguardanti l’AUA, ma su un’inesistente limitazione dell’attività produttiva asseritamene discendete dall’art. 24 delle N.T.A. In tale modo, osserva l’appellante, non soltanto verrebbe dato per presupposto un fatto non vero, ossia che ricorra un incremento del “processo produttivo”, ma, soprattutto, ciò avverrebbe ad opera del Comune, il quale non ha competenza - né istituzionale, né tecnica - per accertarlo.

Il motivo non è fondato.

In via preliminare, come osservato in occasione dell’esame del primo motivo di appello, il Collegio non condivide la premessa, da cui la parte appellante muove anche per argomentare il motivo in esame, secondo cui nel caso in esame sarebbe stata chiesta un’autorizzazione riferita alla medesima attività già condotta dall’odierna appellante.

Più in generale, l’argomentazione della parte appellante urta contro la più recente evoluzione giurisprudenziale, che ha portato a considerare, quale fonte di tutela ambientale, anche la corretta disciplina del territorio dal punto di vista urbanistico, sviluppatasi a partire dalla nota decisione del Consiglio di Stato sul caso Cortina (Cons. Stato. Sez. IV, 10 maggio 2012, n. 2710), nella quale si è avuto modo di osservare che l’urbanistica, ed il correlativo esercizio del potere di pianificazione, non possono essere intesi, sul piano giuridico, solo come un coordinamento delle potenzialità edificatorie connesse al diritto di proprietà, ma devono essere ricostruiti come intervento degli enti esponenziali sul proprio territorio, in funzione dello sviluppo complessivo e armonico del medesimo; uno sviluppo che tenga conto sia delle potenzialità edificatorie dei suoli, in relazione alle effettive esigenze di abitazione della comunità ed alle concrete vocazioni dei luoghi, sia dei valori ambientali e paesaggistici, delle esigenze di tutela della salute e quindi della vita salubre degli abitanti, delle esigenze economico-sociali della comunità radicata sul territorio.

Nel caso in esame, la Provincia, in conformità con il disposto di cui all’art. 169, del d.lgs. n. 152 del 2006, ha condiviso l’impostazione del Comune di Senna Comasco, che ha inteso tutelare, anche sotto il punto di vista ambientale, un ambito prevalentemente residenziale, come è quello in cui è inserito il fabbricato oggetto della denegata AUA.

Con un terzo mezzo di gravame la parte appellante deduce “Ancora erroneità della sentenza. Contraddittorietà”.

Assume l’appellante che, contrariamente a quanto ritenuto nella decisione impugnata, nella fattispecie in esame sussistevano (e sussistono) tutti gli elementi per esprimere una valutazione positiva sull’intervento di che trattasi, che, laddove fosse stato oggetto di una effettiva attività istruttoria, si sarebbe rilevato come del tutto privo di effetti negativi sotto il profilo urbanistico ed edilizio e ambientale.

Il motivo è infondato.

Come in parte già rilevato in occasione dell’esame dei primi due motivo di appello, nel caso in esame non si è registrato alcuno “sviamento” delle funzioni delle Amministrazioni che hanno partecipato al procedimento pluristrutturato finalizzato al rilascio dell’AUA.

Valorizzando le strette interconnessioni sussistenti tra la disciplina urbanistica e quella finalizzata al recupero paesaggistico – ambientale di un ambito caratterizzato dalla presenza di funzioni disomogenee, il parere espresso in Conferenza dei Servizi dal Comune di Senna Comasco ha inteso, in maniera ragionevole, bilanciare tali fondamentali esigenze rispetto alle contrapposte esigenze economiche inerenti alla nuova attività della Lariana Digital.

Con il quarto mezzo di gravame, la parte appellante reitera la domanda risarcitoria già formulata in primo grado. Ad avviso della parte appellante, il giudice di primo grado si sarebbe limitato a desumere l’assenza della responsabilità in capo alle Amministrazioni coinvolte, senza affrontare, in realtà, il profilo del danno, rispetto al quale Lariana Digital aveva formulato anche una pertinente istanza istruttoria.

Il motivo è palesemente infondato.

Contrariamente a quanto ritenuto dalla parte appellante, la valutazione del danno costituisce un posterius rispetto alla preliminare operazione di verifica dei presupposti della fattispecie della responsabilità aquiliana.

Dal complesso delle osservazioni che precedono, sulla base delle quali è stata accertata la legittimità degli atti contestati, consegue, in effetti, l’assenza di responsabilità da parte delle amministrazioni resistenti.

Sul punto invero è sufficiente richiamare la recente decisione della Adunanza Plenaria n. 7/2021, che, nel solco della storica sentenza delle Sezioni Unite numero 500 del 1999, ha ribadito la riconducibilità della responsabilità dell’amministrazione per l’illegittimo esercizio dell’attività amministrativa o per il mancato esercizio di quella doverosa al paradigma della responsabilità da fatto illecito.

Secondo i principi ribaditi da quest’ultimo autorevole arresto giurisprudenziale, elemento centrale nella fattispecie di responsabilità da illegittima attività provvedimentale è l’ingiustizia del danno, da dimostrare in giudizio, diversamente da quanto avviene per la responsabilità da inadempimento contrattuale, in cui la valutazione sull’ingiustizia del danno è assorbita dalla violazione della regola contrattuale.

Declinato nel settore relativo al «risarcimento del danno per lesione di interessi legittimi», di cui all’art. 7, comma 4, cod. proc. amm., il requisito dell’ingiustizia del danno implica che il risarcimento potrà essere riconosciuto se l’esercizio illegittimo del potere amministrativo abbia leso un bene della vita del privato, che quest’ultimo avrebbe avuto titolo per mantenere o ottenere, secondo la dicotomia “interessi legittimi oppositivi - pretensivi”.

Infatti, diversamente da quanto avviene nel settore della responsabilità contrattuale, il cui aspetto programmatico è costituito dal rapporto giuridico regolato bilateralmente dalle parti mediante l’incontro delle loro volontà concretizzato con la stipula del contratto-fatto storico, il rapporto amministrativo si caratterizza per l’esercizio unilaterale del potere nell’interesse pubblico, idoneo, se difforme dal paradigma legale e in presenza degli altri elementi costitutivi dell’illecito, a ingenerare la responsabilità aquiliana dell’amministrazione.

Alla stregua di tali consolidate coordinate interpretative, manca - nel caso all’esame del Collegio - il presupposto dell’ingiustizia del danno, non ravvisandosi, per le ragioni suesposte, un illegittimo esercizio del potere amministrativo da parte delle Amministrazioni coinvolte cui sia conseguita una lesione dell’interesse legittimo dell’odierno appellante.

Con il quinto mezzo di gravame la parte appellante ripropone alcuni motivi del ricorso di primo grado perché, a suo dire, non sarebbero stati esaminati.

In particolare, non sarebbe stati esaminati:

i)il primo motivo, con particolare riferimento all’eccepita incompetenza relativa del Comune;

ii) il secondo motivo relativo alla dedotta “confusione procedimentale”, che ha determinato, a seguito della mera espressione del parere di un Ente non competente sotto il profilo ambientale, la conclusione negativa del procedimento;

iii)Il terzo motivo relativo alla dedotta violazione delle garanzie partecipative del procedimento”

Il motivo è inammissibile per violazione dell’art. 101, cod. proc. amm..

Contrariamente a quanto ritenuto dalle parti resistenti, tali motivi sono stati espressamente esaminati dal giudice di prime cure.

In particolare, quanto ai dedotti profili di incompetenza relativa di cui ai primi due motivi riproposti, la decisione impugnata ha espressamente rilevato che “Per gli stessi motivi, non vi è stata alcuna sostituzione del Comune e del SUAP alla Provincia medesima, la quale ha come detto arrestato legittimamente il suo procedimento valutativo, una volta venuta a conoscenza della negativa determinazione del Comune in cui doveva essere insediata (o modificata sostanzialmente) l’attività e a cui spettavano le conseguenti, vincolanti valutazioni di natura urbanistica”.

Sempre in relazione al profilo dell’incompetenza relativa del Comune, la decisione impugnata ha espressamente affermato che “ Né è possibile sostenere, come pure prova a fare parte ricorrente nei suoi motivi, che ad individuare il presupposto dell’incremento del “processo produttivo” sarebbe stato un soggetto, il Comune, non avente competenza né istituzionale né tecnica, perché tale presupposto è stato implicitamente ed inequivocabilmente accertato anche dalla Provincia, come emerge dalla documentazione acquisita agli atti e dalla stessa conseguenzialità logica degli argomenti svolti nella comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza del privato.”.

Contrariamente a quanto ritenuto dalla parte appellante, anche il terzo motivo riproposto è stato esaminato dalla decisione impugnata, in particolare nella parte in cui ha testualmente affermato che “Quanto infine alle censure presupponenti l’accertamento di vizi procedimentali, da un lato l’istruttoria è da ritenersi completa, sul presupposto già evidenziato secondo cui il parere urbanistico contrario espresso dal Comune competente era da considerarsi vincolante e preclusivo di ogni ulteriore approfondimento; dall’altro, è pacifico che la comunicazione dei motivi ostativi è stata fatta dal Suap, nell’ambito delle sue competenze volte a preservare l’unità del procedimento complesso azionato, e ha rappresentato in tal senso anche la volontà dell’ente provinciale, come poi esternata nel provvedimento finale.”

Dal che discende la inammissibilità per la violazione del dovere di specificità dei motivi di ricorso, sancito dal combinato disposto degli artt. 40, co. 1, lett. d) e 101, co. 1, c.p.a.

La possibilità di limitarsi a riproporre i motivi del ricorso di primo grado è, infatti, espressamente consentita dall’art.101, comma 2, cod. proc. amm., financo per il tramite di una mera memoria, solo allorquando il motivo non è stato esaminato o è rimasto assorbito nella decisione di primo grado.

In conclusione, per le ragioni esposte, l’appello deve essere respinto.

Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge nei sensi di cui in motivazione.

Condanna la parte appellante alla rifusione delle spese di lite che liquida in complessivi € 8000,00 (ottomila), oltre accessori di legge, in favore, pro quota, del Comune di Senna Comasco e della Provincia di Como;

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 gennaio 2025 con l'intervento dei magistrati:

Vincenzo Neri, Presidente

Silvia Martino, Consigliere

Giuseppe Rotondo, Consigliere

Emanuela Loria, Consigliere

Luigi Furno, Consigliere, Estensore