Consiglio di Stato Sez. IV n. 4262 del 19 maggio 2025
Urbanistica.Legittimazione ad impugnare atti che regolano l’attività edilizia
La nozione di vicinitas va diversamente apprezzata, quanto meno con riguardo alla circostanza per cui: a) ad impugnare il permesso di costruire sia o meno il titolare di un immobile confinante, adiacente o prospiciente su quello oggetto dell'intervento assentito; b) ad impugnare il permesso di costruire cui è correlata un'autorizzazione commerciale, sia un operatore economico. Invero, nel caso di cui alla lettera a) che precede ai fini della legittimazione a impugnare un titolo edilizio da parte del proprietario confinante (o di chi si trovi in una posizione analoga), è sufficiente la semplice vicinitas, ossia la dimostrazione di uno stabile collegamento materiale fra l’immobile del ricorrente e quello interessato dai lavori, escludendosi in linea di principio la necessità di dare dimostrazione di un pregiudizio specifico e ulteriore. Tale pregiudizio è “in re ipsa in quanto consegue necessariamente dalla maggiore antropizzazione (traffico, rumore), dalla minore qualità panoramica, ambientale, paesaggistica e dalla possibile diminuzione di valore dell'immobile. Diversamente, nel caso in cui ad impugnare il titolo edilizio non sia il proprietario confinante (o un soggetto che si trovi in posizione analoga) il mero criterio della vicinitas riguardato in senso solo materiale non può di per sé radicare la legittimazione al ricorso giurisdizionale prescindendo dal generale principio dell'interesse ad agire in relazione alla lesione concreta, attuale e immediata della posizione sostanziale dell'interessato, presupponendo altresì la detta legittimazione la specificazione, con riferimento alla situazione concreta e fattuale del come, del perché ed in quale misura il provvedimento impugnato si rifletta sulla propria posizione sostanziale, determinandone una lesione concreta, immediata e di carattere attuale. La sussistenza dell'interesse ad agire deve essere valutata in astratto, con riferimento al contenuto della domanda, e non secundum eventum litis, e requisiti imprescindibili per la configurazione di questa condizione dell'azione sono il suo carattere personale, la sua attualità e la sua concretezza, per cui la lesione arrecata dal provvedimento impugnato deve essere effettiva, nel senso che dall'esecuzione di esso discenda in via immediata e diretta un danno certo alla sfera giuridica della ricorrente, ovvero potenziale, intendendosi come tale, però, quello che sicuramente (o molto probabilmente ) si verificherà in futuro.
Pubblicato il 19/05/2025
N. 04262/2025REG.PROV.COLL.
N. 06348/2023 REG.RIC.
N. 07462/2023 REG.RIC.
logo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6348 del 2023, proposto dal Comune di Santo Stefano Belbo, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Paolo Scaparone ed Alberto Cerutti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
la signora Lorenza Balbo, rappresentata e difesa dagli avvocati Marco Faggiano e Marco Stefano Marzano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Marzano in Roma, via Ildebrando Goiran 4;
la Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per le Province di Alessandria Asti e Cuneo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
del signor Luca Ciriotti, rappresentato e difeso dagli avvocati Carlo Emanuele Gallo ed Enrico Rabino, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
della Provincia di Cuneo, della Regione Piemonte, dell’ASL- Azienda Sanitaria Locale Cuneo 2, dell’Unione Montana Alta Langa, non costituite in giudizio;
sul ricorso numero di registro generale 7462 del 2023, proposto dal sig. Luca Ciriotti, rappresentato e difeso dall'avvocato Carlo Emanuele Gallo, Serenella Nicola ed Enrico Rabino, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
il Ministero della cultura, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
la signora Lorenza Balbo, rappresentata e difesa dagli avvocati Marco Faggiano e Marco Stefano Marzano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Marzano in Roma, via Ildebrando Goiran 4;
il Comune di Santo Stefano Belbo, la Provincia di Cuneo, la Regione Piemonte, l’Azienda Sanitaria Locale Cuneo 2, la Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per le Province di Alessandria, Asti e Cuneo, l’Unione Montana Alta Langa, non costituitesi in giudizio;
per la riforma
- quanto al ricorso n. 7462 del 2023:
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per Il Piemonte (sezione Seconda) n. 00508/2023, resa tra le parti;
- quanto al ricorso n. 6348 del 2023:
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per Il Piemonte (sezione Seconda) n. 00508/2023, resa tra le parti.
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione nei rispettivi giudizi delle parti suindicate;
Visti tutti gli atti delle cause;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 aprile 2025 il consigliere Giuseppe Rotondo;
Viste le conclusioni delle parti come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il presente giudizio ha ad oggetto la domanda di annullamento della deliberazione del consiglio comunale del Comune di Santo Stefano Belbo del 6 novembre 2020, n. 31, recante l’approvazione del progetto definitivo della variante parziale n. 13 al p.r.g., limitatamente alle previsioni relative all’area indicata come “4 RES” di proprietà del controinteressato Luca Ciriotti.
2. Questi gli aspetti essenziali della vicenda.
La signora Lorenza Balbo, ricorrente in primo grado, è proprietaria di una antica villa, edificata nel 1911, e del relativo parco.
Il compendio si trova ai piedi di una delle colline che circondano l’abitato di S. Stefano Belbo, in località Fontanette, zona caratterizzata da edificazioni risalenti, di carattere rurale o unifamiliare; è distinto in catasto al foglio 16, part. n. 332 e n. 129 ed è costeggiato sul lato est da una stradina privata a fondo cieco, denominata strada privata Fontanette, che, inerpicandosi sulla collina, collega alla strada provinciale, via Stazione, la proprietà della signora Balbo e altre 6 proprietà.
Da via Stazione, all’incrocio con la stradina privata Fontanette, si diparte, in direzione nord-est, anche una strada comunale, anch’essa denominata via Fontanette, che percorre un altro tratto della medesima collina, fino a raggiungere la strada provinciale SP3.
Lungo il confine nord della signora Balbo è situato il lotto di proprietà del sig. Ciriotti (controinteressato in primo grado), distinto in catasto al foglio 16, part. 126, non edificato.
Nel 2011, il consiglio comunale di S. Stefano Belbo adottò la prima stesura del progetto relativo all’ultima variante strutturale al p.r.g. in cui si subordinava l’edificabilità dell’area in questione (lotto del sig. Ciriotti) alla formazione di un piano esecutivo convenzionato con la previsione di allargare di m. 3 l’attuale sezione della strada privata Fontanette, allo scopo di renderla idonea a sopperire all’incremento urbanistico derivante dalla possibile, futura edificazione sul fondo del suddetto sig. Ciriotti.
A seguito delle osservazioni di quest’ultimo e di alcuni altri proprietari della strada privata Fontanette, il Comune, con deliberazione n. 4, del 30 del 28 novembre 2011, approvò la versione definitiva di una variante strutturale al p.r.g. con cui stabilì:
1) che l’edificazione del lotto in questione, ovvero quello del sig. Ciriotti, fosse possibile mediante presentazione di permesso di costruire singolo convenzionato, sul presupposto che “la trasformazione prevista verrà ad interessare esclusivamente l’area del richiedente e come tale non si renderà necessario uno strumento esecutivo, anche dovendo prevedere opere infrastrutturali eccedenti i semplici allacciamenti ai pubblici servizi”;
2) che venisse stralciato l’ampliamento della strada privata Fontanette, in ragione “dell’indisponibilità e difficoltà dei lotti contigui a concorrere all’ampliamento della viabilità in rapporto alla conformazione delle rispettive aree private”.
In pratica, la variante strutturale al piano classificava l’area di proprietà del sig. Ciriotti come “F36 – Area residenziale di completamento con permesso di costruire singolo convenzionato”.
In data 9 maggio 2012, il sig. Ciriotti presentava un progetto di permesso di costruire convenzionato avente ad oggetto esclusivamente le opere di urbanizzazione che sarebbero state a servizio della nuova edificazione, quali: ampliamento della strada privata Fontanette nel solo tratto che fronteggia il lotto 126, appunto di sua proprietà; realizzazione, lungo il confine nord della proprietà della signora Balbo, di un nuovo tratto di strada, anch’esso a fondo cieco, ortogonale a quella esistente con rotatoria e posti auto, da trasferire al Comune come opera di urbanizzazione primaria; realizzazione della rete del gas, idrica, fognaria ed elettrica, con rimozione del palo della luce esistente sul lotto.
Con deliberazione di giunta comunale n. 73 del 14 settembre 2012, veniva approvata la proposta di permesso di costruire e il relativo schema di convenzione; con rogito del 1 ottobre 2012, veniva stipulata la convenzione edilizia tra il Comune e il sig. Ciriotti.
La signora Balbo impugnava innanzi al T.a.r. per il Piemonte: i) il permesso di costruire convenzionato; ii) la deliberazione consiliare di approvazione della variante strutturale al p.r.g., limitatamente alle previsioni che consentivano l’edificazione sull’area del sig. Ciriotti con permesso di costruire convenzionato; iii) l’indice di cubatura fondiaria; iv) l’art. 31 delle n.t.a. nella parte in cui si prevedeva che le sezioni delle strade potessero avere larghezza minima inferiore ai m. 5,00.
Con sentenza del 9 giugno 2016, n. 785, il T.a.r. dichiarava inammissibile l’impugnazione della variante strutturale al p.r.g. e annullava il permesso di costruire.
In particolare, il T.a.r.: i) dava atto dello stato dei luoghi e, in relazione all’area di proprietà del sig. Ciriotti, affermava che “trattasi di un fondo di circa 3.300 mq. privo di opere di urbanizzazione ed accessibile, appunto, solo attraverso la strada interpoderale, il cui sedime è di proprietà privata ai proprietari frontisti sino alla linea di mezzeria. Il primo tratto di tale strada, dunque, per metà è di proprietà della Signora Balbo”; ii) rilevava come il Comune di Santo Stefano Belbo avesse preventivamente accettato di portare a totale scomputo di quanto dovuto per il futuro intervento edilizio, ancora non progettato e non approvato, opere di urbanizzazione non suscettibili di acquisire carattere pubblico, in quanto allocate all’interno di un mappale di proprietà privata intercluso, non accessibile con viabilità pubblica; né il Comune aveva acquisito alcuna contezza di come il sig. Ciriotti avrebbe previsto di assicurare al nuovo insediamento la fruizione dei principali servizi.
La sentenza veniva appellata.
Il Consiglio di Stato, con sentenza del 29 novembre 2017, n. 5601, rigettava l’appello sul rilievo che il lotto n. 126 di proprietà del sig. Ciriotti fosse privo di viabilità pubblica in quanto “… la strada di Fontanette è - e resta - una strada interpoderale e non può essere assimilata a “viabilità pubblica. Da ciò consegue l’esattezza della valutazione del T.a.r. concernente la circostanza che il fondo è nella sostanza intercluso, ed alle opere di urbanizzazione è precluso l’acquisto della natura pubblicistica, in quanto allocate in un sito non raggiungibile attraverso una viabilità pubblica (che, appunto, non esiste): il permesso di permesso di costruire convenzionato presuppone che il nuovo insediamento sia dotato delle necessarie opere di urbanizzazione, ma ciò, di fatto, non ha ricevuto attuazione, trattandosi di fondo privo di viabilità pubblica”.
Con deliberazione del consiglio comunale, n. 9 del 9 giugno 2020, il Comune (odierno appellante) adottava il progetto preliminare della variante parziale n. 13, in cui l’area di proprietà del sig. Ciriotti veniva indicata come “4RES”; in pratica, il progetto di variante stralciava la previsione di “strada di progetto”, che era prevista per il tratto della strada privata Fontanette fino al lotto del Ciriotti, e modificava la disciplina urbanistica di quest’ultimo, subordinando l’edificazione al rilascio di permesso di costruire semplice e non più convenzionato.
La signora Balbo (originaria ricorrente, oggi parte controinteressata nel giudizio di appello) presentava le seguenti osservazioni: “Si contesta la modifica consistente nello stralcio della previsione di viabilità pubblica e nel riconoscimento della viabilità privata esistente con le dimensioni attuali, ritenuta gravemente lesiva dell’interesse pubblico. 2) Si contesta la previsione relativa alla realizzazione del nuovo insediamento residenziale, che il Comune rigettava con articolata motivazione; in sintesi: “Il mantenimento della viabilità pubblica, interrotta in corrispondenza dell’area 36, si esclude che risponda ad un interesse pubblico attuale, dal momento che tale strada servirebbe sostanzialmente ed esclusivamente alla edificazione dei lotti compresi nell’ambito 36 … la Variante si è limitata ad eliminare l’indicazione grafica di “strada in progetto” pubblica, riconoscendo la strada privata esistente che mantiene le dimensioni attuali … il limitato carico insediativo dovuto alla previsione edificatoria sul lotto “36” si ritiene sia sostenibile dalla viabilità esistente ciò anche considerato le norme di attuazione della Variante prescrivono che l’area residenziale “36” debba essere dotata, per tutto il fronte prospiciente la viabilità privata, di un allargamento destinato ad area di svolta per i veicoli e parcheggio privato … nel tratto di strada privata corrono le opere di urbanizzazione a rete alle quali il lotto potrà essere eventualmente allacciato se è possibile usufruirne e se le stesse sono di dimensioni sufficienti, fermo restando in caso diverso la possibilità di rifacimento delle opere con opportune sezioni o comunque la possibilità di nuovi allacci alle urbanizzazioni pubbliche nel rispetto delle norme civilistiche … La variante parziale 13 non ha modificato i parametri e gli indici di edificabilità del lotto e non si ritiene che vi siano, in questa sede, ragioni che giustifichino tali modifiche, considerato anche che contrariamente a quanto riportato nelle osservazioni l’indice fondiario dell’area non costituisce eccezione, nel rispetto delle densità della zona …”.
Il progetto di variante parziale, in relazione all’area 4RES, veniva approvato con la deliberazione del consiglio comunale del Comune di Santo Stefano Belbo del 6 novembre 2020, n. 31 (impugnata in primo grado dalla signora Balbo). In essa:
- trovava conferma lo stralcio della previsione di viabilità pubblica;
- si affermava che “l’area residenziale 36 è servita dalla viabilità privata esistente ed è collegabile alle altre opere di urbanizzazione a rete esistenti nella zona, come evidenziato dal proprietario della stessa area”, per cui “non vi è più la necessità di cedere aree a destinazione pubblica, per cui si elimina il ricorso al permesso di costruire soggetto a convenzione, in quanto tale titolo convenzionato si renderebbe necessario per interventi complessi o che richiedono opere infrastrutturali eccedenti il semplice allacciamento ai pubblici servizi o che comportano il coordinamento tra operatori pubblici e privati per la realizzazione delle opere di urbanizzazione o per la dismissione di aree, come previsto dall’art. 49, comma 4, della l.r. n. 56/1977. Si prescrive comunque nelle norme di attuazione che l’area residenziale “36” debba essere dotata, in corrispondenza del tratto di viabilità privata, di una quota dei parcheggi privati previsti dalla normativa vigente e di un’adeguata area di svolta per i veicoli. Mentre per le aree a standard urbanistici, come previsto dall’art. 51 delle n.t.a, è ammessa la monetizzazione, a discrezione dell’amministrazione comunale, quando sia verificato che la dotazione di aree per servizi già esistenti nel Comune sia dimensionata in modo tale da essere sufficiente per la popolazione prevista. Inoltre, mantiene ferma la volumetria edificabile totale di mc. 1.650 prevista dalle tabelle di zona vigenti”.
Infine, veniva modificata la cartografia di piano in relazione all’area “4Res”.
3. Sul presupposto della ritenuta lesività delle previsioni contenuta nella suddetta variante, la signora Balbo impugnava la deliberazione 6 novembre 2020, n. 31, innanzi al T.a.r. per il Piemonte.
3.1. La signora Balbo, allegato il proprio interesse a ricorrere, deduceva quattro motivi di gravame, così sintetizzati.
I)Eccesso di potere per travisamento dello stato di fatto, omessa istruttoria, irragionevolezza, contraddittorietà e disparità di trattamento:
a) nel modificare le previsioni per il lotto 4RES, il Comune non avrebbe effettuato un’istruttoria adeguata a verificare il reale stato dei luoghi e la sussistenza, in zona, delle necessarie urbanizzazioni, segnatamente non avrebbe accertato se e quali opere di urbanizzazione sussistessero, quale fosse il loro dimensionamento e se la nuova edificazione sul fondo del controinteressato potesse usufruirne mediante semplice allacciamento;
b) dalla stessa motivazione sottesa alla variante, si evincerebbe che “il Comune ignora se sussistano delle urbanizzazioni”.
II) Violazione/falsa interpretazione dell’art. 12 d.P.R. 380/2001. Violazione artt. 43 e 49 della l.r. n. 56/1977. Eccesso di potere per omessa istruttoria e irragionevolezza in relazione al coinvolgimento degli altri proprietari:
a)l’art. 12 del d.P.R. n. 380/2011, condiziona il rilascio del permesso di costruire all’esistenza delle opere di urbanizzazione primaria - circostanza che non sussisterebbe nel caso di specie - alla previsione da parte del comune dell’attuazione delle stesse nel successivo triennio - circostanza anche questa che non sussisterebbe - ovvero all’impegno degli interessati di procedere all'attuazione delle medesime contemporaneamente alla realizzazione dell’intervento oggetto del permesso - circostanza questa non percorribile nel caso di specie, dato che l’eventuale realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria mancanti dovrebbe necessariamente coinvolgere gli altri proprietari della zona.
III) Inadeguatezza della strada esistente. Eccesso di potere per travisamento dello stato di fatto, difetto di motivazione, irragionevolezza e contraddittorietà, violazione dell’art. 125 del Regolamento edilizio:
a)la condotta dell’amministrazione comunale sarebbe contraddittoria dato che, in un primo tempo ha ritenuto necessaria la realizzazione di una nuova strada a servizio delle realizzande edificazioni (“strada in progetto”) e, successivamente, pur confermando la stessa capacità edificatoria del fondo, ha ritenuto idonea a servire le nuove edificazioni la esistente strada privata “Fontanette” (stralciata da “strada in progetto” e dalla relativa indicazione grafica “fino al limite dell’area residenziale 36”), larga appena m. 3,5 posta a servizio di tutte le case che sorgono sulla collina, unica via di accesso alle medesime, priva di aree di manovra o di slarghi che consentano il passaggio di più veicoli.
IV) Eccesso di potere per contraddittorietà e irragionevolezza in ordine al dimensionamento dell’indice di edificabilità:
a) al lotto in questione è stato attribuito un indice di edificabilità di 0,46 mc/mq, che comporta una capacità edificatoria totale di 1.650 mc, sennonché la stradina esistente non sarebbe idonea a supportare il carico urbanistico che deriverebbe da un’edificazione di tale entità.
3.2. Si costituivano il sig. Luca Ciriotti e il Comune di S. Stefano Belbo che, oltre a chiedere il rigetto del ricorso, ne eccepivano l’inammissibilità per difetto di interesse.
3.3. Il T.a.r., con la sentenza n. 508 del 31 maggio 2023:
- respingeva le eccezioni di inammissibilità;
- dichiarava inammissibile il motivo IV di ricorso;
- accoglieva, per il resto, il ricorso e per l'effetto, annullava “la delibera di approvazione della variante n. 13 al P.R.G. del Comune di Santo Stefano Belbo limitatamente allo stralcio della previsione di viabilità pubblica e al riconoscimento della viabilità privata esistente sulla strada Fontanette, nonché alla previsione della realizzazione dell’area di completamento residenziale 36 con permesso di costruire semplice”;
- condannava, infine, il Comune di Santo Stefano Belbo e il sig. Luca Ciriotti alle spese di giudizio (euro 3.000,00).
4. Ha appellato il Comune di Santo Stefano Belbo, con atto di r.g. n. 6348/2023, che censura la sentenza per i seguenti motivi.
I) Violazione di legge in relazione all’art. 100 c.p.c.:
a) la sentenza appellata avrebbe erroneamente ritenuto sussistente l’interesse al ricorso di primo grado nonostante l’assenza di un concreto pregiudizio per la ricorrente.
II) Violazione di legge, sotto altro profilo, in relazione all’art. 100 c.p.c.:
a) la sentenza appellata avrebbe erroneamente affermato l’interesse al ricorso di primo grado nonostante la definitività della variante strutturale approvata dal comune nel 2011.
III) Violazione di legge in relazione agli artt. 7 e 134 del c.p.a.:
- il T.a.r. avrebbe sindacato nel merito l’esercizio da parte del Comune del potere di pianificazione urbanistica.
IV) Violazione di legge in relazione agli artt. 12, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 e 125 del Regolamento edilizio comunale:
a) il T.a.r. avrebbe erroneamente ritenuto insussistenti i presupposti per prevedere l’edificabilità del terreno del signor Ciriotti mediante rilascio di un permesso di costruire semplice.
4.1. Si sono costituiti in giudizio la signora Lorenza Balbo e il sig. Luca Ciriotti.
4.2. In prossimità dell’udienza, la signora Balbo e il Comune appellante hanno depositato memorie.
5. Con ricorso n. r.g 7462/2023, il sig. Luca Ciriotti (controinteressato nel giudizio di primo grado) ha appellato la medesima sentenza (n. 508 del 31 maggio 2023), deducendo i seguenti motivi.
a) Violazione di legge in relazione all’art. 100 c.p.c.; eccesso di potere per travisamento dei fatti ed erronea valutazione dei presupposti; carenza e/o insufficienza di istruttoria e di motivazione; illogicità, contraddittorietà, sviamento:
a) il T.a.r. avrebbe erroneamente ritenuto che la signora Balbo avesse interesse a ricorrere per il semplice fatto di aver subito pregiudizio dall’appesantimento del traffico, dall’allaccio dello scarico delle acque bianche e dall’assenza della programmazione delle opere di urbanizzazione e della viabilità pubblica; sennonché, la signora Balbo “ha l’accesso principale alla propria abitazione dalla via Stazione e quello secondario nella parte terminale di via Fontanette. I futuri passaggi sulla via Fontanette per accedere ai terreni di proprietà dell’appellante non potranno, quindi, interessare la fruibilità dell’accesso alla parte appellata che verrà mantenuta nell’attuale stato. L’appesantimento del traffico non potrà incidere sugli accessi esistenti dell’appellata che continueranno ad essere esercitati con le stesse modalità anteriori all’adozione della deliberazione impugnata”.
II) Violazione di legge in relazione all’art. 49, comma 4, della legge regionale n. 56/1977. Eccesso di potere per travisamento dei fatti ed erronea valutazione dei presupposti; carenza e/insufficienza di istruttoria e di motivazione; illogicità, contraddittorietà, sviamento:
a) il T.a.r. avrebbe erroneamente ritenuto che nella zona in esame non fossero presenti opere di urbanizzazione tali da giustificare l’edificazione mediante permesso di costruire singolo.
III) Violazione di legge in relazione in relazione agli artt. 12 del d.P.R. n. 380/2001 e 125 del regolamento edilizio comunale. Eccesso di potere per travisamento dei fatti ed erronea valutazione dei presupposti; carenza e/o insufficienza di istruttoria e di motivazione; illogicità, contraddittorietà, sviamento:
a)il T.a.r. avrebbe erroneamente ritenuto non idonea la strada esistente a supportare il traffico veicolare.
IV) Violazione di legge in relazione agli artt. 7 e 34 del c.p.a. Eccesso di potere per travisamento dei fatti ed erronea valutazione dei presupposti; carenza e/o insufficienza di istruttoria e di motivazione:
a)il giudice di primo grado avrebbe sindacato in modo del tutto arbitrario ed erroneo il merito delle decisioni pianificatorie, in violazione delle norme che regolano l’esercizio della giurisdizione amministrativa in base alla quale l’estensione al merito della decisione del T.a.r. è limitata a materie diverse da quella urbanistica.
5.1. Si sono costituiti, per resistere, il Ministero della cultura e la signora Lorenza Balbo.
5.2. In prossimità dell’udienza, il sig. Ciriotti e la signora Balbo hanno depositato memorie.
6. All’udienza del 3 aprile 2025, la causa è stata trattenuta per la decisione.
7. Preliminarmente, il Collegio dispone, ai sensi dell’art. 96, comma 1, c.p.a., la riunione degli appelli n. 6348/2023 e n. 7462/2023 in quanto proposti avverso la medesima sentenza (n. 508 del 31 maggio 2023).
8. Con un primo gruppo di censure (corrispondenti al primo motivo di entrambi gli appelli), parti appellanti censurano il capo di sentenza che ha respinto le eccezioni di inammissibilità del ricorso di primo grado, deducendo sostanzialmente le medesime argomentazioni.
8.1. Il Comune di Santo Stefano Belbo sostiene che:
a) il “presunto aggravamento del traffico sulla strada privata non può interessare la fruibilità dell’accesso alla proprietà della parte appellata che viene mantenuto nella condizione attualmente in essere”;
- relativamente allo scarico acque bianche, il “signor Ciriotti è legittimato sulla base di un apposito atto costitutivo di servitù ad effettuare l’allaccio ai sottoservizi presenti nella mezzeria della strada privata;
b) è “errato affermare l’esistenza in via automatica di un danno per la proprietà della signora Balbo conseguente al previsto stralcio della viabilità pubblica in ragione dell’oggetto della variante”;
c) la signora Balbo “non trae alcun vantaggio dall’annullamento della variante parziale del 2020 relativamente alla questione della viabilità, poiché tale
annullamento comporta la reviviscenza della variante strutturale del 2011, divenuta definitiva in ragione della decisione assunta dal T.a.r. per il Piemonte con la sentenza n. 785/2016, in base alla quale il signor Ciriotti è legittimato all’edificazione sul proprio fondo con il mantenimento della sede stradale privata nelle condizioni previste dalla variante annullata.: la variante del 2020 per quel che attiene alla strada privata esistente, ha previsto infatti il mero stralcio dell’acquisizione al Comune della strada in progetto con mantenimento delle sue attuali caratteristiche e dimensioni, così confermando le prescrizioni urbanistiche dettate dalla variante del 2011che stabilivano “di stralciare l’ampliamento della strada privata Fontanette, in ragione dell’indisponibilità e difficoltà dei lotti contigui a concorrere all’ampliamento della viabilità in rapporto alla conformazione delle rispettive aree private”;
d) il T.a.r., nella sentenza impugnata, “ha espresso valutazioni specifiche e dettagliate in ordine all’insussistenza dei presupposti volti ad ammettere l’edificazione sul fondo del signor Ciriotti mediante il rilascio di un permesso di costruire semplice”, in tal modo egli “si è spinto a sindacare il merito delle decisioni pianificatorie spettanti al Comune”.
8.2. L’appellante sig. Ciriotti sostiene che:
- l’appesantimento del traffico “non potrà incidere sugli accessi esistenti dell’appellata, che continueranno ad essere esercitati con le stesse modalità anteriori all’adozione della deliberazione impugnata, poiché la signora Balbo ha l’accesso principale alla propria abitazione dalla via Stazione e quello secondario nella parte terminale di via Fontanette. sicché i futuri passaggi sulla via Fontanette per accedere ai terreni di proprietà dell’appellante non potranno interessare la fruibilità dell’accesso alla parte appellata che verrà mantenuta nell’attuale stato;
- con riferimento allo scarico delle acque bianche, “quand’anche non esistesse, l’appellante potrà realizzare nuova conduttura al di sotto della proprietà Bertelli, avendo ottenuto da quest’ultima apposita autorizzazione con atto costitutivo di servitù”;
- la strada è rimasta nello stato in cui si trova in accoglimento delle osservazioni della sig.ra Balbo alla variante del 2011, per cui è da ritenere che nessuna ragione possa la stessa far valere ora con rifermento al mancato allargamento della strada anche perché il permesso potrà essere rilasciato con una strada di accesso di larghezza pari a quanto richiesto da controparte.
9. I motivi, trattati congiuntamente per la stretta connessione oggettiva, sono infondati.
9.1. L'azione di annullamento davanti al giudice amministrativo è soggetta a tre condizioni fondamentali: il c.d. titolo o possibilità giuridica dell'azione (cioè la posizione giuridica configurabile in astratto da una norma come di interesse legittimo: id est, legittimazione a ricorrere discendente dalla speciale posizione qualificata del soggetto che lo distingue dal quisque de populo rispetto all'esercizio del potere amministrativo); l'interesse ad agire (ex art. 100 c.p.c. ); la legitimatio ad causam (o legittimazione attiva, discendente dall’affermazione di colui che agisce in giudizio di essere titolare del rapporto controverso dal lato attivo) – v. Cons. Stato, sez. IV, sentenza del 19 novembre 2015 n. 5278; Cons. Stato, Ad. Plen. 25 febbraio 2014, n. 9).
Tutte le condizioni dell'azione giudiziale anzidette, quindi, devono necessariamente sussistere anche nel caso di impugnativa di atti che regolano l’attività edilizia.
Infatti, è ormai ius receptum come l'art. 10 della legge n. 765 del 1967 (che ha novellato in parte qua l'art. 31, comma 9, della legge n. 1150 del 1942) non abbia introdotto un’azione popolare (che consentirebbe a qualsiasi cittadino di impugnare il provvedimento che prevede la realizzazione di un'opera per far valere comunque l’osservanza delle prescrizioni che regolano l'edificazione), ma abbia più semplicemente voluto riconoscere una posizione qualificata e differenziata in favore di chi si trovi in una specifica situazione giuridico-fattuale rispetto all'intervento edilizio assentito, per cui il provvedimento impugnato venga oggettivamente ad incidere la sua posizione sostanziale, determinandone una lesione concreta, immediata e attuale.
Tale assunto, giova evidenziarlo, risulta in oggi ancora più corroborato a seguito dell'intervenuta abrogazione del richiamato art. 31 della legge n. 1150/1942, ad opera dell'art. 136, comma 1 lettera a) del Testo Unico dell'Edilizia. Così la giurisprudenza amministrativa ha elaborato al riguardo la nozione di vicinitas riconoscendo, in linea di principio, la legittimazione a contestare in sede giurisdizionale i titoli edilizi, solo a chi sia titolare di immobili nella zona in cui è stata assentita l'edificazione e a coloro che si trovino in una situazione di “stabile collegamento” con la stessa.
La richiamata nozione di vicinitas, peraltro, è stata nel tempo affinata e più adeguatamente specificata nella sua concreta portata attraverso significativi e sostanziali correttivi.
Da un lato, infatti, dopo le prime pronunce tendenti a circoscrivere la legittimazione ad agire ai soli proprietari frontisti, si è progressivamente estesa la platea dei soggetti abilitati al ricorso, riconoscendo un più ampio interesse di zona con riguardo, altresì, alla posizione degli operatori economici che intendano contrastare un titolo edilizio a cui si accompagni una contestuale autorizzazione di natura commerciale.
Dall'altro lato, però, si è sempre più avuto modo di precisare come il semplice dato materiale della vicinitas, non sempre costituisca oggettivo ed incontrovertibile elemento di individuazione della legittimazione e dell'interesse ad agire, dovendosi comprovare il reale pregiudizio che venga a derivare dalla realizzazione dell'intervento assentito, specificando con riferimento alla situazione concreta e fattuale come, perché, ed in quale misura il provvedimento impugnato incida la posizione sostanziale dedotta in causa, determinandone una lesione concreta, immediata e di carattere attuale. Infatti, una diversa posizione che non tenesse conto della situazione dedotta in causa, finirebbe per avallare una inammissibile sorta di azione popolare nei confronti dell'operato dell'amministrazione.
Allo stato attuale, quindi, va osservato come la nozione di vicinitas vada diversamente apprezzata, quanto meno con riguardo alla circostanza per cui: a) ad impugnare il permesso di costruire sia o meno il titolare di un immobile confinante, adiacente o prospiciente su quello oggetto dell'intervento assentito; b) ad impugnare il permesso di costruire cui è correlata un'autorizzazione commerciale, sia un operatore economico.
Invero, nel caso di cui alla lettera a) che precede, la giurisprudenza del Consiglio ha più volte precisato che, ai fini della legittimazione a impugnare un titolo edilizio da parte del proprietario confinante (o di chi si trovi in una posizione analoga), è sufficiente la semplice vicinitas, ossia la dimostrazione di uno stabile collegamento materiale fra l’immobile del ricorrente e quello interessato dai lavori, escludendosi in linea di principio la necessità di dare dimostrazione di un pregiudizio specifico e ulteriore. Tale pregiudizio è ritenuto, dalla citata giurisprudenza, “in re ipsa in quanto consegue necessariamente dalla maggiore antropizzazione (traffico, rumore), dalla minore qualità panoramica, ambientale, paesaggistica e dalla possibile diminuzione di valore dell'immobile”.
Diversamente, nel caso in cui ad impugnare il titolo edilizio non sia il proprietario confinante (o un soggetto che si trovi in posizione analoga) la giurisprudenza ha precisato che il mero criterio della vicinitas riguardato in senso solo materiale non può di per sé radicare la legittimazione al ricorso giurisdizionale “prescindendo dal generale principio dell'interesse ad agire in relazione alla lesione concreta, attuale e immediata della posizione sostanziale dell'interessato…….., presupponendo altresì la detta legittimazione la specificazione, con riferimento alla situazione concreta e fattuale del come, del perché ed in quale misura il provvedimento impugnato si rifletta sulla propria posizione sostanziale, determinandone una lesione concreta, immediata e di carattere attuale” (Cons. Stato, sez. IV 5.11.2004 n. 7245 ; 17.09.2012 n. 4924 ; 27.01.2012 n. 420 ; 30.11.2010 n. 8364 ; 4.12.2007 n. 6157).
Ed al riguardo è stato aggiunto “che la sussistenza dell'interesse ad agire deve essere valutata in astratto, con riferimento al contenuto della domanda, e non secundum eventum litis, e che requisiti imprescindibili per la configurazione di questa condizione dell'azione sono il suo carattere personale, la sua attualità e la sua concretezza…… per cui la lesione arrecata dal provvedimento impugnato deve essere effettiva, nel senso che dall'esecuzione di esso discenda in via immediata e diretta un danno certo alla sfera giuridica della ricorrente, ovvero potenziale, intendendosi come tale, però, quello che sicuramente (o molto probabilmente ) si verificherà in futuro” (Sez. IV 30.11.2010 n. 8364 ).
Infatti,” al fine di evitare il proliferare di ricorsi non effettivamente rispondenti al principio della tutela di un interesse qualificato……… in concreto devono ritenersi titolati alla impugnativa solo i soggetti che possono lamentare una rilevante e pregiudizievole alterazione del preesistente assetto urbanistico ed edilizio per effetto della realizzazione dell'intervento controverso in termini, ad esempio, di deprezzamento del valore del bene o di concreta compromissione del diritto alla salute ed all'ambiente” (Sez. IV 17.09.2012 n. 4924 ).
In questo contesto giurisprudenziale si inserisce la decisione dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato che, con la sentenza 9 dicembre 2021, n. 22 ha chiarito che nei casi in cui vengono in contestazione atti autorizzativi o comunque permissivi di attività edilizia “riaffermata la distinzione e l’autonomia tra la legittimazione e l’interesse al ricorso quali condizioni dell’azione, è necessario che il giudice accerti, anche d’ufficio, la sussistenza di entrambi e non può affermarsi che il criterio della vicinitas, quale elemento di individuazione della legittimazione, valga da solo ed in automatico a dimostrare la sussistenza dell’interesse al ricorso, che va inteso come specifico pregiudizio derivante dall’atto impugnato. L’interesse al ricorso correlato allo specifico pregiudizio derivante dall’intervento previsto dal titolo autorizzatorio edilizio che si assume illegittimo può comunque ricavarsi dall’insieme delle allegazioni racchiuse nel ricorso; l’interesse al ricorso è suscettibile di essere precisato e comprovato dal ricorrente nel corso del processo, laddove il pregiudizio fosse posto in dubbio dalle controparti o la questione rilevata d’ufficio dal giudicante, nel rispetto dell’art. 73, comma 3, c.p.a.
L’Adunanza plenaria ha, dunque, chiarito, che, in subiecta materia, è necessario, in via di principio, che ricorrano entrambi i requisiti della vicinitas e del pregiudizio.
Più in particolare, esso ha ricordato che, che con specifico riferimento alla vicinitas, in ambito edilizio-urbanistico - dove la “qualificazione” dell’interesse del terzo può farsi discendere in ultimo dall’art. 872 c.c., dopo l’abrogazione dell’art. 31 della legge urbanistica ad opera dell’art. 136, comma 1, lett. a), d.P.R. n. 380 del 2001 - il discorso va ora ricondotto entro gli schemi generali ricavabili dal c.p.a.
Il ragionamento intorno all’interesse al ricorso, inteso come uno stato di fatto, si lega, quindi, necessariamente all’utilità ricavabile dalla tutela di annullamento e dall’effetto ripristinatorio; utilità che a sua volta è in funzione e specchio del pregiudizio sofferto.
Tale pregiudizio, a fronte di un intervento edilizio contra legem, è rinvenuto in giurisprudenza, non senza una serie di varianti, nel possibile deprezzamento dell’immobile, confinante o comunque contiguo, ovvero nella compromissione dei beni della salute e dell’ambiente in danno di coloro che sono in durevole rapporto con la zona interessata.
Il riferimento al godimento dell’immobile, che in genere si correla alla salute e all’ambiente, è peraltro un piano di indagine già sufficientemente ampio, tant’è che è su di esso che la giurisprudenza ha fatto leva per ravvisare il pregiudizio sofferto dal terzo non solo ad esempio nella diminuzione di aria, luce, visuale o panorama, ma anche nelle menomazioni di valori urbanistici e nelle degradazioni dell’ambiente in conseguenza dell’aumentato carico urbanistico in termini di riduzione dei servizi pubblici, sovraffollamento, aumento del traffico (v., ancora da ultimo, Cons. St., sez. IV, n. 6130 del 2021).
Alla base dei principi espressi in tema di rapporto tra legittimazione ad agire ed interesse a ricorrere l’Adunanza plenaria ha, pertanto, affermato che lo specifico pregiudizio derivante dall’intervento edilizio che si assume illegittimo, e che è necessario sussista, può comunque ricavarsi, in termini di prospettazione, dall’insieme delle allegazioni racchiuse nel ricorso, suscettibili di essere precisate e comprovate laddove il pregiudizio fosse posto in dubbio dalle controparti o dai rilievi del giudicante, essendo questione rilevabile d’ufficio nel rispetto dell’art. 73, comma 3, c.p.a. e quindi nel contraddittorio tra le parti.
Applicando i su esposti principi al caso di specie, il Collegio ritiene sufficientemente allegati sia la vicinitas (invero non revocata in dubbio dagli appellanti, essendo la signora Balbo confinante) che l’interesse ad agire sulla scorta delle indicazioni fornite dalla ricorrente in primo grado, fondate sull’evidenziato aggravio deriverebbe alla propria persona e all’immobile a causa della intensificazione dell’attività edilizia calata nello specifico e particolare contesto ambientale.
La signora Balbo ha prospettato la maggiore antropizzazione (traffico, rumore), la minore qualità ambientale, la diminuzione di godimento dell’immobile.
Tali pregiudizi, corroborati dalla circostanziata illustrazione dello stato dei luoghi e dalle prospettate condizioni della viabilità e delle urbanizzazioni, sono idonei, sul piano delle indagini, a radicare l’interesse ad agire in quanto introduco un minimo, sufficiente principio di prova circa la dimostrazione del pregiudizio, anche solo potenziale, ma direttamente conseguente all’adozione dell’atto gravato e della connessa “utilitas” ricavata dall’accoglimento del ricorso.
Il pregiudizio prospettato dalla signora Balbo, ovvero il danno derivante dall’attuazione dell’atto impugnato, non s’appalesa meramente eventuale.
L’esecuzione del provvedimento impugnato è, infatti, di per sé capace di arrecare una lesione diretta alla sfera della odierna appellata, nei termini sopra chiariti, anche se il danno si realizzerà in un secondo tempo (id est, con il rilascio del permesso di costruire).
10. Parti appellanti hanno dedotto il difetto di interesse al ricorso anche in ragione della identità della variante del 2011 rispetto alla variante del 2020, per quanto concerne gli aspetti della viabilità e della edificabilità.
10.1 Anche questa censura è infondata.
10.1. La variante del 2011 subordinava la realizzazione dell'area residenziale 36 al rilascio di un permesso di costruire convenzionato.
La nuova variante l’ha subordinato al rilascio del permesso semplice.
Da qui, un primo, radicale profilo di novità e, quindi, di autonoma lesività della variante.
E’ vero che il presupposto fattuale sotteso alla variante del 2020 (impugnata in primo grado) è stato indicato dal Comune nella opportunità di lasciare la viabilità in questione nella sua attuale consistenza (ovvero di strada privata e non “strada in progetto”), così come anticipato nella variante del 2011; sennonché, tale decisione è giunta all’esito di una riconsiderazione complessiva dell’assetto pianificatorio della zona che ha avuto come conseguenza la decisione di sottrarre la realizzazione dell’area residenziale 36 al permesso convenzionato per sostituirlo con il permesso semplice, ciò sulla scorta di una rinnovata istruttoria circa lo stato dei luoghi: rinnovata istruttoria che ha sortito, in parte qua, un atto di conferma in senso proprio, come tale autonomamente lesivo e impugnabile.
11. Per le considerazioni che precedono, le eccezioni di inammissibilità del ricorso di primo grado per difetto di interesse ad agire, riarticolate come mezzo di gravame (primo motivo di entrambi gli appelli) sono infondate e vanno, pertanto, respinte.
11. Il Comune appellante ha censurato la sentenza di primo grado sul rilievo che il T.a.r. avrebbe “espresso valutazioni specifiche e dettagliate in ordine all’insussistenza dei presupposti volti ad ammettere l’edificazione sul fondo del signor Ciriotti mediante il rilascio di un permesso di costruire semplice”, in tal modo spingendosi “a sindacare il merito delle decisioni pianificatorie spettanti al Comune” (sopra, par. 4-III; 8.1-lett. d).
11.1. Nello stesso senso l’appello del sig. Ciriotti, secondo il quale “il giudice di primo grado avrebbe sindacato in modo del tutto arbitrario ed erroneo il merito delle decisioni pianificatorie, in violazione delle norme che regolano l’esercizio della giurisdizione amministrativa in base alla quale l’estensione al merito della decisione del T.a.r. è limitata a materie diverse da quella urbanistica” (sopra, par. 5-IV; 8.1-lett.d).
12. I motivi sono infondati.
Il Collegio osserva che nel giudizio innanzi al giudice amministrativo è insindacabile esclusivamente il merito dell’azione amministrativa, ossia le scelte basate su regole non giuridiche di opportunità, convenienza e buona amministrazione.
Al contrario, la discrezionalità amministrativa, supportata da parametri legislativi nel tempo sperimentati, è presieduta dalle regole di azione del buon andamento e imparzialità (art. 97 Cost.), di cui sono oggi corollari i (positivizzati) principi di efficienza, efficacia ed economicità (art. 1, L. n. 241 del 1990).
L’esercizio del potere discrezionale deve, dunque, rispettare i suddetti canoni e in questi limiti, e in tale estensione di ambito, il sindacato, sotto il profilo del vizio di eccesso di potere, è sempre ammesso.
Solo oltre questi limiti, l’azione amministrativa discrezionale diventa “merito” insindacabile se non nei casi di giurisdizione esclusiva estesa al merito.
Nel caso di specie, il giudice di primo grado ha sindacato la congruità della decisione amministrativa sulla base degli elementi fattuali dedotti a corredo dell’istruttoria sottesa alla delibera di variante parziale, senza sostituirsi alle valutazioni dell’autorità amministrativa.
12.1. La decisione di sottrarre via Fontanette dalla “strada in progetto”, come anche quella inerente la sufficienza delle opere di urbanizzazione (scarico delle acque bianche, rete elettrica, aree di sosta e di svolta). è stata, infatti, sindacata non in sé, ovvero nel merito delle scelte operate, bensì in ragione della congruità della medesima avuto riguardo alle circostanze fattuali portate all’attenzione del giudice e da questi correttamente vagliate nella qualità di giudice del “fatto”; tant’è che il T.a.r. ha ritenuto di cogliere, in tale quadro fattuale, un “difetto originario d’istruttoria pre-provvedimentale” che ha refluito negativamente sulle successive valutazioni.
13. Si può passare, ora, al merito degli appelli.
14. Il punto centrale controverso concerne lo stato di urbanizzazione dell’area in cui ricade il terreno sito in Santo Stefano Belbo, censito nel n.c.t. al foglio n. 16, particella n. 126, intestato al sig. Luca Ciriotti.
In epoca anteriore alla deliberazione di variante oggetto di impugnazione in primo grado, il terreno anzidetto poteva essere edificato previo rilascio di permesso di costruire convenzionato.
Successivamente, a seguito della deliberazione del 6 novembre 2020, n. 31, recante l’approvazione del progetto definitivo della variante parziale n. 13 al p.r.g., relativamente all’area indicata come “4 RES” di proprietà del sig. Luca Ciriotti, l’edificazione è stata assentita sulla base del rilascio del permesso di costruire semplice ritenendosi idonea la viabilità esistente, strada privata Fontanette, per accedere dalla strada provinciale ai terreni dello stesso sig. Ciriotti ed alle restanti abitazioni, nonché lo stato delle urbanizzazioni necessarie.
14.1. Ad avviso degli appellanti, gli immobili della signora Balbo e del sig. Ciriotti sarebbero inseriti “in un contesto abitativo che si caratterizza per la presenza di plurimi edifici residenziali nelle zone circostanti, realizzati in modo regolare e con adeguate urbanizzazioni di tipo primario; segnatamente, oltre alla via Fontanette, sussisterebbero le tubazioni dell’acquedotto, quelle di conduzione del gas metano, le fognature private allacciate a quella pubblica nello slargo posto tra via Stazione e via Fontanette, i collegamenti alle linee elettriche”.
14.2. Di diverso avviso la signora Balbo, per la quale l’amministrazione non avrebbe considerato: i) che le urbanizzazioni sono in realtà carenti, che la viabilità esistente sarebbe insufficiente rispetto alla prevista edificazione; ii) che mancherebbero le condizioni per l’edificabilità mediante permesso singolo; iii) che la strada, dapprima considerata “strada in progetto” e poi rimasta (ad opera della divisata variante) strada privata nello stato esistente (larga circa m. 3.5), non sarebbe sufficiente a consentire il nuovo carico insediativo (la nuova edificazione del sig. Ciriotti); iv) che incongrua sarebbe l’attribuzione dell’indice fondiario riconosciuto al terreno in relazione allo stato dei luoghi.
15. Gli appelli sono entrambi infondati.
16. Rileva, innanzitutto, il comportamento alquanto contraddittorio, e implicitamente riconoscitivo delle condizioni dei luoghi circa il loro stato di urbanizzazione, tenuto dal Comune appellante.
Come esposto in fatto, con delibera n. 4, del 30 del 28 novembre 2011, il consiglio comunale di S. Stefano Belbo approvò la variante strutturale al p.r.g. con cui stabilì: i) che l’edificazione del lotto in questione (del sig. Ciriotti) fosse possibile mediante presentazione di permesso di costruire singolo convenzionato, sul presupposto che “la trasformazione prevista verrà ad interessare esclusivamente l’area del richiedente e come tale non si renderà necessario uno strumento esecutivo, anche dovendo prevedere opere infrastrutturali eccedenti i semplici allacciamenti ai pubblici servizi”.
Nella circostanza, quindi, il Comune subordinò l’edificabilità dell’area in questione (lotto del sig. Ciriotti) alla formazione di un piano esecutivo convenzionato sul presupposto della insufficienza della attuale strada privata Fontanette (rotatorie, posti auto) nonché della necessità di sopperire all’incremento urbanistico derivante dalla futura edificazione sul fondo del suddetto sig. Ciriotti (realizzazione della rete del gas, idrica, fognaria ed elettrica, con rimozione del palo della luce esistente sul lotto.
Il progetto, la convenzione edilizia e il permesso di costruire (tra Comune e sig. Ciriotti) ebbero ad oggetto - in modo, invero, alquanto anomalo - la sola realizzazione delle opere di urbanizzazione.
A seguito di ricorso interposto dalla signora Balbo, il Consiglio di Stato, con sentenza n. 5601/2017, di conferma della decisione del T.a.r. (sentenza n. 785/2016), annullò la delibera consiliare n. 4, del 30 del 28 novembre 2011, sul rilievo che: i) il lotto n. 126 di proprietà del sig. Ciriotti fosse privo di viabilità pubblica; ii) che le opere di urbanizzazione, in quanto allocate in un sito non raggiungibile attraverso una viabilità pubblica che non esiste, non potessero acquistare la natura pubblicistica; iii) che difettassero le necessarie opere di urbanizzazione.
Sennonché, con delibera consiliare n. 9 del 9 giugno 2020, il Comune ha adottato il progetto preliminare della variante parziale n. 13, con cui è stata stralciata la previsione di “strada di progetto”, originariamente prevista per il tratto della strada privata Fontanette fino al lotto del sig. Ciriotti (id est, opera di urbanizzazione), e modificata la disciplina urbanistica di quest’ultimo, subordinando l’edificazione del suddetto lotto al rilascio (questa volta) di permesso di costruire semplice e non più convenzionato.
Mal si comprende, e ciò disvela un evidente profilo di contraddittorietà tra atti, perché il Comune abbia ritenuto in un primo momento (nel 2011) necessario un permesso di costruire convenzionato - con ciò riconoscendo la carenza dello stato di urbanizzazione dei luoghi e rilasciando un titolo finalizzato (impropriamente) alla sola esecuzione di tali opere - e poi successivamente abbia approvato una nuova variante (n. 13) con la quale, contraddicendo se stesso, ritiene che ora l’edificazione possa prescindere da quelle stesse opere di urbanizzazione.
Al profilo di contraddittorietà si aggiunge il deficit istruttorio che ha caratterizzato l’incedere del procedimento.
Un primo elemento documentale, che comprova tale carenza, è rappresentato dalle controdeduzioni fornite dal Comune alle osservazioni della ignora Balbo in sede di approvazione della variante in cui si legge che “Per quanto attiene l’autonomia del lotto riguardo alle opere di urbanizzazione, nel tratto di strada privata corrono le opere di urbanizzazione a rete alle quali il lotto potrà essere eventualmente allacciato se è possibile usufruirne e se le stesse sono di dimensioni sufficienti, fermo restando in caso diverso la possibilità di rifacimento delle opere con opportune sezioni o comunque la possibilità di nuovi allacci alle urbanizzazioni pubbliche nel rispetto delle norme civilistiche”.
È lo stesso Comune, quindi, a nutrire incertezza sulla possibilità che le urbanizzazioni a rete siano o meno utilizzabili dalla futura edificazione sul lotto 126 e se le stesse saranno, altresì, di dimensioni sufficienti.
Parti appellanti sostengono che:
- la strada in esame è privata di uso pubblico;
- nel tratto frontistante la proprietà della ricorrente ha larghezza pari a mt. 3,70;
- la strada anzidetta è posta per 70 cm. sulla proprietà Balbo e per mt. 3 sulla proprietà Bertelli;
- esistono l’acquedotto posizionato nella proprietà Bussi-Bertelli, la linea fognaria nera posizionata sulla proprietà Bussi-Bertelli e la linea fognaria bianca posizionata nella proprietà Balbo-Ciriotti;
- esistono opere visibili (pozzetti, tubazioni, ecc.) denotanti l’esistenza di sottoservizi sotto la strada.;
- con riferimento allo scarico delle acque bianche, verrà realizzata una nuova conduttura al di sotto della proprietà Bertelli, avendo costei autorizzato a costituire un atto di servitù sul proprio fondo in favore del fondo del sig. Ciriotti inspiegabilmente ritenuto insufficiente dal giudice di primo grado in quanto “sempre oggetto di possibile risoluzione”. Ragion per cui, l’urbanizzazione sarebbe di fatto assicurata.
Il Collegio osserva che:
-in merito alla costituzione delle servitù, si tratta di circostanze e fatti successivi all’approvazione della variante, che anzi confermano il deficit originario di istruttoria per essersi basato il Comune su elementi inesistenti, presunti e comunque incerti in ordine alla verifica della sussistenza dello stato di urbanizzazione;
- il Comune si è basato esclusivamente su documenti formati dai privati proprietari della zona, che palesano tuttavia dubbi circa la reale possibilità delle urbanizzazioni esistenti a soddisfare le esigenze delle nuove edificazioni sul lotto 126 mediante le urbanizzazioni esistenti; al riguardo, appaiono eloquenti: i) il documento n. 17 di cui all’allegato 4, depositato il 13 aprile 2023 dal Comune, da cui si evince, attraverso le interlocuzioni dei proprietari di zona con il Comune, la carenza di opere idriche e fognarie, ovvero la necessità di realizzare nuove urbanizzazioni essendone il fondo del lotto 126 sprovvisto (mancano fognatura e acquedotto a servizio del lotto; necessita una nuova linea elettrica); ii) la circostanza che, per l’allacciamento alle condotte esistenti, in disparte la sua fattibilità tecnica non appurata dal Comune, occorrerebbe comunque il consenso di tutti i proprietari delle medesime nel mentre allo stato risulterebbe acquisito il solo consenso della proprietà Bussi.
Parti appellanti sostengono che per la nuova edificazione potrà essere utilizzata la viabilità esistente. essi muovo dall’assunto che via Fontanette sarebbe una strada privata di uso pubblico per cui alla stessa sarebbe applicabile l’art. 31 delle n.t.a. il quale al punto 2 della lettera B, stabilisce che “le strade hanno sezione minima e gli allineamenti indicati sulle planimetrie di piano o, in difetto, esse restano individuate agli allineamenti esistenti”.
Il Collegio osserva che la natura e la destinazione pubblica della strada (id est, privata di uso pubblico) non sono state, in realtà, comprovate.
Quanto alla natura pubblica, essa risulta, invero, contraddetta dal documento rilasciato dal Comune appellante alla signora Balbo il 27 agosto 2020 in cui si attesta che “sulla base della documentazione agli atti di questo ufficio … il tratto di strada il quale interessa parte delle particelle identificate a Catasto al Fg. 16 mappali n. 88, 125, 129 e 332 non risulta avere natura pubblica e di non essere, pertanto, di competenza comunale … La deliberazione della Giunta Comunale 73/2012 è stata annullata per effetto della sentenza T.A.R. per il Piemonte … n. 785/2016, così come definitivamente sentenziato dal Consiglio di Stato … in data 29/11/2017 … In relazione al complesso iter procedimentale e soprattutto in considerazione all’annullamento della deliberazione della Giunta Comunale 73/2012, il vincolo apposto sulla particella al F. 16 mappale 387, dovrà essere revocato nelle forme di legge, essendo venuto meno il presupposto giuridico per la sua apposizione. In conseguenza di tutto quanto sopra esposto risulta, a maggior ragione in esito all’eliminazione del vincolo, che il tratto di strada il quale interessa parte delle particelle identificate a Catasto al Fg. 16 mappali n. 88, 125, 129, 332 e 387 non abbia natura pubblica …”.
Quanto alla servitù pubblica di passaggio, la stessa appare sementita in fatto dalla circostanza che la strada in questione non risulta collegare due vie pubbliche, piuttosto ponendosi a servizio delle sole proprietà che sorgono sulla collina per consentire loro di raggiungere la strada provinciale; ragion per cui difetterebbe il presupposto essenziale rappresentato dall’uso del bene ad opera di una collettività indeterminata di persone per soddisfare un pubblico generale interesse.
Va soggiunto che:
- già la sentenza del Consiglio di Stato del 29 novembre 2017, n. 5601, aveva riscontrato l’inadeguatezza della strada esistente a consentire l’intervento edilizio del sig. Ciriotti;
- il progetto del sig. Ciriotti riguarda una nuova edificazione che sconta il dimensionamento, non già previsto dall’articolo 31, lett. b, n. 2 bensì, dell’articolo 125 del Regolamento edilizio (vedi allegato 8, documento 27, depositato il 27 gennaio 2021 dalla signora Balbo).
Le considerazioni che precedono fanno ragione anche sulla infondatezza del motivo con cui parti appellanti hanno denunciato l’eccesso di potere giurisdizionale del T.a.r. che, a loro avviso, avrebbe invaso le competenze pianificatorie del Comune sostituendosi all’amministrazione nelle scelte da costei operate.
Il sindacato del giudice territoriale si è svolto nei limiti del controllo esogeno della funzione amministrativa, incentrandosi esclusivamente sui profili sintomatici dell’eccesso di potere, laddove ha colto profili di illogicità valutativa, erroneità e incompletezza nella rappresentazione degli elementi fattuali nonché travisamento dei fatti sottesi all’istruttoria svolta.
In conclusione, gli appelli sono infondati e devono essere, pertanto, entrambi respinti.
Le spese relative ad entrambi i giudizi di appello, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza del Comune di Santo Stefano Belbo e del sig. Luca Ciriotti mentre, per quanto riguarda il ricorso n. 6348/2023, possono essere compensate nei confronti del Ministero della cultura.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti, previa loro riunione, li respinge.
Condanna il Comune di Santo Stefano Belbo e il sig. Luca Ciriotti al pagamento delle spese processuali che si liquidano, in favore della signora Lorenza Balbo, in complessivi euro 6.000,00 (seimila/00), oltre spese generali e accessori di legge, di cui euro 3.000,00 (tremila) a carico del Comune di Santo Stefano Belbo per il ricorso n. 6348/2023 ed euro 3.000,00 (tremila/00) a carico del sig. Luca Ciriotti per il ricorso n. 7462/2023.
Spese compensate nei confronti del Ministero della cultura per il ricorso n. 6348/2023.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 aprile 2025 con l'intervento dei magistrati:
Francesco Gambato Spisani, Presidente FF
Giuseppe Rotondo, Consigliere, Estensore
Emanuela Loria, Consigliere
Ofelia Fratamico, Consigliere
Eugenio Tagliasacchi, Consigliere