Consiglio di Stato Sez. VII n.7246 del 8 settembre 2025
Urbanistica.Condono edilizio e nulla osta Ente parco

In tema di silenzio-assenso previsto dall’art. 13, 1 e 4 comma, Legge quadro sulle aree protette n. 394/1991, in relazione alle richieste di nulla osta rilasciato dagli enti parco, l’inosservanza del termine di legge previsto per la formulazione del parere non è irrilevante ai fini del provvedimento conclusivo recante il diniego di condono edilizio. In un caso siffatto, il parere successivamente emesso non è illegittimo, ma deve essere l’amministrazione comunale che lo ha richiesto a motivare adeguatamente sulla concedibilità o meno del condono edilizio e, se potrà utilizzare argomenti espressi nel parere tardivo dall’ente parco, non potrà però acriticamente rifarsi al predetto parere – dovendo invece assumere interamente su di sé l’onere di decidere (e dunque di motivare la propria determinazione) – giacché, diversamente opinando, si finirebbe col negare sostanzialmente qualunque rilievo giuridico al termine che la legge assegna agli enti parco per la formulazione del predetto parere. 

Pubblicato il 08/09/2025

N. 07246/2025REG.PROV.COLL.

N. 00024/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 24 del 2023, proposto da
Iniziative Agri Turistiche Meridionali S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Benedetto Accarino, Giorgio Avagliano e Francesco Avagliano, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;

contro

Comune di Centola, non costituito in giudizio;
Ente Parco Nazionale del Cilento Vallo di Diano e Alburni, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania Sezione staccata di Salerno (Sezione Terza) 20 maggio 2022, n. 1373


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Ente Parco Nazionale del Cilento Vallo di Diano e Alburni;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 marzo 2025 il consigliere Angela Rotondano e viste le conclusioni delle parti come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con l’appello proposto la società Iniziative Agri Turistiche Meridionali S.r.l. ha impugnato la sentenza indicata in epigrafe con cui il Tribunale amministrativo della Campania - Sezione staccata di Salerno ha respinto il ricorso avverso il provvedimento prot. 2159 del 10 marzo 2014 di diniego dell’istanza di condono edilizio del 2 aprile 1987 per opere abusive relative al fabbricato ubicato in Centola, alla Località Casone – Via Serpentone, allibrato in Catasto al foglio 45, particella n. 123, sub. 5, facente parte di un complesso turistico di plurime villette a schiera, a suo tempo autorizzato dal Comune di Centola con concessioni edilizie n. 161/1968 e n. 171/1971, e avverso gli atti presupposti e connessi (tra cui le note prot. 10431 del 2 luglio 2013 e prot. 15675 del 7 ottobre 2013, recanti parere negativo dell’Ente Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni sull’istanza di condono).

1.1. La sentenza appellata ha ritenuto che, nonostante fosse stata rilasciata l’autorizzazione paesaggistica sulla base del parere favorevole di compatibilità delle opere espresso dalla competente Soprintendenza, il provvedimento di diniego del condono sia correttamente motivato sulla scorta del parere negativo dell’Ente Parco. Al riguardo, ha infatti evidenziato che la Soprintendenza e l’Ente Parco tutelano interessi diversi e non sovrapponibili, sussistendo una significativa differenza tra i valori naturalistico-ambientali e i valori paesaggistici, differenza che giustifica i due distinti ambiti di protezione contemplati dall’ordinamento in capo ad autorità diverse (Ente Parco, da un lato, e Soprintendenza, dall’altro).

2. Di tale statuizione di rigetto la società appellante deduce l’erroneità e domanda la riforma, affidando l’impugnazione ad otto motivi di doglianza.

In via gradata l’appellante ha riproposto l’istanza istruttoria formulata in primo grado, chiedendo disporsi una consulenza tecnica d’ufficio al fine di verificare l’esatta allocazione dell’immobile in questione rispetto alle previsioni pianificatorie.

3. Si è costituito con atto di mero stile l’Ente Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni (di seguito “Ente Parco”).

3.1. Non si è costituito invece il Comune di Centola, pur ritualmente evocato.

3.2. All’udienza del 25 marzo 2025 la causa è passata in decisione.

DIRITTO

4. L’appellante sostiene che la sentenza sia viziata da plurimi “errores in procedendo et in iudicando” per i seguenti motivi:

I. Violazione art. 31 e segg. l. 28.2.1985 n. 47 – violazione l. n. 394/1991 e d.P.R. 05.06.1995 (Istituzione dell'Ente Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni) – eccesso di potere (carenza dei presupposti – genericità - difetto assoluto di istruttoria e di motivazione) – violazione artt. 3 e ss., l. 7.8.1990 n. 241;

II. Violazione art. 31 e segg. l. 28.2.1985 n. 47 – violazione l. n. 394/1991 e d.P.R. 05.06.1995 (Istituzione dell'Ente Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni) – eccesso di potere (carenza dei presupposti – genericità - difetto assoluto di istruttoria e di motivazione) – violazione artt. 3, 7, 10 e 10-bis l. 7.8.1990 n. 241;

III. Violazione art. 31 e segg. l. 28.2.1985 n. 47 – violazione l. n. 394/1991 e d.P.R. 05.06.1995 (Istituzione dell'Ente Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni) – eccesso di potere (carenza dei presupposti – genericità - difetto assoluto di istruttoria e di motivazione) – violazione artt. 3, 7, 10 e 10-bis l. 7.8.1990 n. 241;

IV. Violazione artt. 63 e ss. c.p.a.; artt. 31 e segg. l. 28.2.1985 n. 47 – violazione e falsa applicazione l. n. 394/1991 e d.P.R. 5.6.1995 e delle Norme di attuazione del Piano del Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano – incompetenza – eccesso di potere (travisamento – carenza dei presupposti e di potere – difetto assoluto di istruttoria e di motivazione – disparità di trattamento);

V. Violazione art. 31 e segg. l. 28.02.1985 n. 47 – violazione e falsa applicazione l. n. 394/1991 e d.P.R. 5.6.1995 e delle Norme di attuazione del Piano del Parco nazionale del Cilento e Vallo di Diano –eccesso di potere (travisamento – carenza dei presupposti – genericità – difetto assoluto di istruttoria e di motivazione);

VI. Violazione artt. 63 e ss. c.p.a; artt. 31 e segg. l. 28.02.1985 n. 47 – violazione e falsa applicazione l. n. 394/1991 e d.P.R. 5.6.1995 – violazione e falsa applicazione art. 146 D.Lvo. n. 42/2004 - eccesso di potere (contraddittorietà – carenza dei presupposti – insufficienza di istruttoria e di motivazione

VII. Omessa pronuncia - violazione art. 31 e segg. l. 28.2.1985 n. 47 – violazione e falsa applicazione l. n. 394/1991 e d.P.R. 5.6.1995 e delle Norme di attuazione del Piano del Parco nazionale del Cilento e Vallo di Diano – eccesso di potere (travisamento – carenza dei presupposti – genericità - difetto assoluto di istruttoria e di motivazione;

VIII. Violazione art. 31 e segg. l. 28.2.1985 n. 47 – violazione e falsa applicazione l. n. 394/1991 e d.P.R. 5.6.1995 e delle Norme di attuazione del Piano del Parco nazionale del Cilento e Vallo di Diano – eccesso di potere (difetto di motivazione sull’interesse pubblico specifico – violazione del principio dell’affidamento del ricorrente).

4.1. In sintesi, l’appellante deduce che il Tar avrebbe errato nel ritenere vincolante il parere negativo dell’Ente Parco, basato unicamente sull’errata allocazione dell’immobile della ricorrente in zona B1 del Piano del Parco.

4.2. Oltre a censurare l’eccessivo ritardo con cui il Comune di Centola ha istruito e concluso il procedimento di condono edilizio (avviato con istanza del 1987), l’appellante ha poi dedotto l’erroneità del convincimento del primo giudice in ordine all’inapplicabilità nella fattispecie del silenzio assenso formatosi (non sull’istanza di condono, come ritenuto dal Tar, bensì) sul parere dell’Ente Parco con il decorso di sessanta giorni dalla data di presentazione della domanda di nulla osta paesistico/ambientale. Non potrebbe essere considerata a tal fine ostativa alcuna disposizione delle misure di salvaguardia di cui all’allegato A dell’art. 1, co. 6, del d.P.R. 5 giugno 1995, recante “Istituzione dell’Ente Parco nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni”, in quanto fonte di produzione normativa subordinata alle norme poste dalla fonte di rango primario, costituita dall’art. 13, comma 1, legge 6 dicembre 1991, n. 394.

4.3. In ogni caso, l’inosservanza del termine di legge, pur non rendendo illegittimo il parere impugnato, ne escluderebbe la natura vincolante per l’Amministrazione comunale che lo ha richiesto.

4.4. L’appellante ha poi evidenziato che nel caso di specie sarebbe mancata ogni valutazione in merito all’impatto paesaggistico-ambientale delle opere oggetto di condono, tenuto conto dell’epoca remota in cui le stesse sono state realizzate (prima dell’introduzione del vincolo e dell’istituzione del Parco stesso) e dell’attuale contesto urbanistico ed edilizio nel quale le stesse si inseriscono, non essendo state esplicitate nei provvedimenti impugnati le concrete ragioni che non permettono la sanatoria delle opere abusive.

4.5. L’Ente Parco si sarebbe infatti limitato a rendere un parere generico, riferito ad un astratto contesto ambientale e a una presunta incompatibilità di zona che sono però smentiti dalla cartografia di Piano e dalla situazione concreta dei luoghi, che si connota per un elevato grado di antropizzazione.

4.6. A sua volta il Comune si sarebbe limitato a recepire acriticamente il parere negativo dell’Ente Parco, basato esclusivamente sull’errato presupposto dell’allocazione dell’immobile (nella zona B1 del Piano del Parco).

4.7. Sarebbe dunque illegittimo aver denegato, per generica incompatibilità delle opere rispetto ai valori naturalistici espressi dall’area, il rilascio di un provvedimento di sanatoria per un intervento edilizio minore, autorizzabile – ove realizzato ex novo - secondo la richiamata disciplina delle misure di salvaguardia del parco.

4.8. La sentenza avrebbe, inoltre, erroneamente respinto le censure di disparità di trattamento, mediante le quali la ricorrente aveva lamentato che nel complesso immobiliare in questione erano stati già sanati almeno tre pregressi abusi di maggiore consistenza rispetto a quelli di cui si discute e che in quella sede l’Ente Parco aveva finanche ritenuto di non dover esprimere il proprio parere o comunque si era pronunciato favorevolmente sulle istanze di condono relative ad immobili confinanti con quello della ricorrente.

5. L’appello è fondato e deve essere accolto, nei sensi di seguito indicati.

6. Sono, in particolare, fondate le censure di difetto di istruttoria e carenza di motivazione nonché di contraddittorietà e difetto dei presupposti alla base della determinazione sfavorevole impugnata.

7. La pronuncia appellata è essenzialmente motivata sulla base del richiamo a taluni principi consolidati, ma non correttamente applicati con riferimento alla concreta fattispecie, in relazione alle censure proposte dalla ricorrente.

7.1. Giova premettere che le opere oggetto dell’istanza di sanatoria consistono nella realizzazione di un locale deposito al piano terra e di un locale angolo cottura al primo piano per complessivi mq 22,87 su un immobile esistente della superficie lorda complessiva di mq 177, ubicato all’interno di un complesso turistico residenziale composto da plurime villette a schiera, ricadente all’interno della perimetrazione del Parco Nazionale del Cilento.

7.2. In tale contesto, in sede di procedimento di condono edilizio la competente Soprintendenza ai beni paesaggistici e ambientali ha rilasciato il proprio parere favorevole, esprimendo un giudizio di compatibilità paesaggistica puntualmente motivato, nel quale riconosceva che le opere abusive realizzate - costituenti “una piccola parte di un manufatto tra l’altro inserito in un complesso turistico molto esteso, autorizzato con la licenza edilizia n. 161/1968” – “non sono tali da peggiorare ulteriormente il consistente impatto determinato dall’intera struttura esistente”. Pertanto, con provvedimento prot. 12385 del 13 novembre 2013, il Comune di Centola rilasciava l’autorizzazione paesaggistica n. 67/2013 ai sensi dell’art. 146 D.Lgs. n. 42/2004.

7.3. Il provvedimento di diniego di condono poi adottato dal Comune è invece esclusivamente motivato per relationem con riguardo al parere negativo espresso dall’Ente Parco (di cui alle note prot. n. 10431 del 2 luglio 2013 e 15675 del 7 ottobre 2013), a sua volta incentrato sull’unico presupposto dell’inclusione dell’immobile della ricorrente nella Zona B1, Riserva Generale orientata del Piano del Parco, caratterizzata, come precisato dall’art. 8 delle Norme di attuazione del Piano del Parco, da un elevato pregio naturalistico, in cui si intende potenziare la funzionalità dell’ecosistema, conservarne il ruolo per il mantenimento della biodiversità, con la funzione anche di collegamento e di protezione della zona A, che comprende tutte le aree soggette a riserva integrata. In particolare, in base al citato art. 8 comma 3 delle citate Norme di attuazione, nella zona B1 sono ammessi solo interventi di “manutenzione ordinaria”, di “manutenzione straordinaria” e di “restauro e risanamento conservativo”.

7.3.1. Si tratta, tuttavia, di un dato non adeguatamente provato e che anzi appare smentito dalle risultanze di causa.

7.3.2. Infatti, come allegato e dimostrato dalla ricorrente, risulta che - contrariamente a quanto affermato dall’Ente Parco nel citato parere – l’immobile oggetto di istanza di condono non ricade nella citata zona B1, bensì in zona D) “Zona di promozione economica e sociale”, come dichiarato dallo stesso Comune di Centola in sede di diniego di condono, o comunque, come risulta dalla cartografia del Piano, in zona C2) o assimilata C), ai sensi dell’art. 8 comma 5 delle N.T.A. del Piano del Parco.

7.3.3. Per le zone D) l’art. 8 delle N.T.A. (“Zonizzazione di cui al Piano del Parco Nazionale del Cilento Vallo di Diano ed Alburni”) afferma: “9. Le zone D, di promozione economica e sociale, si riferiscono ad ambiti profondamente modificati dai processi d’antropizzazione, destinati ad ospitare attività e servizi utili alla fruizione e alla valorizzazione del Parco e allo sviluppo economico e sociale delle comunità locali, ivi comprese le attività residenziali, artigianali, ricettive, turistiche e agrituristiche, ricreative e sportive, con le attrezzature e infrastrutture ad esse afferenti, come previste dagli strumenti urbanistici dei Comuni. (…)”. Inoltre, le predette Norme di attuazione specificano che nelle zone D gli usi e le attività consentiti sono “quelli generalmente urbani (U) o specialistici (S)” e che “gli interventi sono volti alla riqualificazione delle aree urbanizzate e del patrimonio edificato (RQ), al recupero dei beni di interesse storico-culturale (RE) e alla trasformazione di aree edificate (TR), al riordino urbanistico ed edilizio”.

7.4. Inoltre, come dedotto dall’appellante, quand’anche si volesse ritenere che l’immobile sia effettivamente allocato in zona B, ciò non basterebbe di per sé a ritenere insanabile l’intervento edilizio, in ragione di quanto prescritto dall’art. 8 comma 5 delle N.T.A. del Piano del Parco, in base al quale “Sono da intendersi assimilate alle zone C le aree, incluse nel perimetro di zone B, che risultino edificate alla data del catasto di impianto in base ad idonea documentazione”.

7.4.1. Orbene, è pacifico che l’intero complesso turistico all’interno del quale è ubicato l’immobile su cui sono state realizzate le opere abusive esisteva ben prima che il Parco fosse istituito.

7.4.2. Va poi evidenziato che ai sensi dell’art. 8 delle N.T.A. nelle zone C, di protezione (le quali “si riferiscono ad ambiti caratterizzati dalla presenza di valori naturalistici ed ambientali inscindibilmente connessi con particolari forme colturali, produzioni agricole e modelli insediativi”) sono ammessi gli interventi di riqualificazione delle attività agricole e forestali nonché quelli diretti “a migliorare la fruibilità turistica, ricreativa, sportiva, didattica e culturale che richiedano al più modeste modificazioni del suolo”.

7.5. Per quanto sopra evidenziato, contrariamente a quanto ritenuto dalla sentenza appellata, i provvedimenti impugnati in primo grado sono carenti di istruttoria, in quanto basati sull’unico presupposto, smentito dalle evidenze processuali, che la zona in questione soggiacesse al dettato prescrittivo delle Zone B) “Riserva Generale orientata del Piano del Parco”, nonché privi di adeguata motivazione, in quanto non contengono alcuna compiuta esternazione delle ragioni per cui non possa applicarsi all’intervento in questione (su un immobile ricadente in zona b4) del vigente strumento urbanistico comunale – zona residenziale turistico esistente) la più favorevole disciplina limitativa della zona D ovvero della zona assimilata C.

7.5.1. Infatti, nell’adottare il diniego di condono il Comune si è limitato a recepire il parere negativo dell’Ente Parco, senza operare alcuna autonoma valutazione sulle ragioni di effettivo contrasto e di incompatibilità dell’intervento con i valori ambientali della zona in cui esso ricade, tenuto conto del fatto che gli abusi compiuti, risalenti nel tempo, sono stati realizzati su un immobile ricadente in una zona che è stata modificata da processi di antropizzazione e posto anche che la società istante ha tra i propri scopi sociali proprio le attività agrituristiche e di silvicoltura.

7.6. Tale autonoma valutazione si rendeva vieppiù necessaria considerato che, al netto del grave ritardo con cui il Comune ha concluso il procedimento di condono edilizio (con provvedimento adottato nel 2014 rispetto ad un’istanza presentata nell’anno 1987), il parere negativo dell’Ente Parco è stato reso oltre il termine di legge di sessanta giorni dalla richiesta (la richiesta di parere del Comune è del 9 maggio 2013 laddove il riscontro è pervenuto al Comune solo l’11 luglio 2013).

7.6.1. Infatti, a prescindere dall’applicazione nella specie dell’istituto del silenzio assenso formatosi sulla richiesta di parere (questione interpretativa sulla quale, per esigenze di sinteticità, deve rinviarsi ai principi affermati da Cons. Stato, sez. II, 26 marzo 2021, n. 2562, resa in analoga controversia che vedeva coinvolto lo stesso Ente Parco, in tema di silenzio-assenso previsto dall’art. 13, 1 e 4 comma, Legge quadro sulle aree protette n. 394/1991, in relazione alle richieste di nulla osta rilasciato dagli enti parco), deve ritenersi che, come pure dedotto con il secondo motivo di appello, l’inosservanza del termine di legge previsto per la formulazione del parere non è irrilevante ai fini del provvedimento conclusivo recante il diniego di condono edilizio.

7.6.2. In un caso siffatto, il parere successivamente emesso non è illegittimo, ma deve essere l’amministrazione comunale che lo ha richiesto a motivare adeguatamente sulla concedibilità o meno del condono edilizio e, se potrà utilizzare argomenti espressi nel parere tardivo dall’ente parco, non potrà però acriticamente rifarsi al predetto parere – dovendo invece assumere interamente su di sé l’onere di decidere (e dunque di motivare la propria determinazione) – giacché, diversamente opinando, si finirebbe col negare sostanzialmente qualunque rilievo giuridico al termine che la legge assegna agli enti parco per la formulazione del predetto parere.

7.6.3. Nel caso di specie, il Comune avrebbe dunque dovuto compiere un’autonoma e motivata valutazione sul rilascio del titolo in sanatoria, in relazione a tutte le circostanze rilevanti del caso concreto: cosa certamente non avvenuta, poiché, come esposto in ricorso, il Comune si è limitato a recepire il parere tardivo dell’Ente Parco, senza esprimere alcuna valutazione propria, incorrendo così nel denunciato vizio di difetto assoluto di motivazione.

7.7. Inoltre, se è vero che, come evidenziato dalla sentenza appellata, rileva la situazione del bene al momento in cui viene valutata la domanda di condono (sicché per orientamento costante il vincolo paesaggistico e ambientale rileva anche se sopravvenuto alla commissione dell’illecito edilizio, con la conseguenza che anche in tal caso sussiste l'onere procedimentale di acquisire il prescritto parere dell'autorità preposta alla tutela del vincolo in ordine alla assentibilità della domanda di sanatoria, al fine di vagliare l’attuale compatibilità delle opere abusive con lo speciale regime di salvaguardia del bene compendiato nel vincolo medesimo), tuttavia il vincolo sopravvenuto non può considerarsi una condizione ex se preclusiva e insuperabile alla condonabilità degli edifici già realizzati, dovendo l’Amministrazione valutare se vi sia compatibilità tra le esigenze poste a base del vincolo e la permanenza in loco del manufatto abusivo.

Pertanto, a fronte di abusi edilizi assai risalenti nel tempo l’autorità preposta alla tutela del vincolo non può limitarsi ad affermare che le previsioni di piano sono incompatibili, essendo al contrario necessario precisare le concrete ragioni che non permettono la condonabilità dell’abuso.

7.8. Nel caso di specie, l’immobile ricade in una zona fortemente modificata da processi di antropizzazione e, come sottolineato dalla Soprintendenza nel proprio parere di compatibilità paesaggistica, gli abusi presenti prima dell’istituzione del Parco non sono tali da peggiorare ulteriormente il consistente impatto determinato dall’intera struttura esistente, ricadendo l’immobile all’interno di un complesso turistico molto esteso.

7.8.1. Pertanto, il parere espresso dall’Ente Parco non configura un motivato dissenso ai fini del rilascio del condono ai sensi del comma 4 dell’art. L. 47/1985, in quanto, al di fuori dell’asserita difformità con le previsioni di Piano (ravvisate dall’Ente Parco nella sola allocazione dell’immobile in Zona B1), non ha rappresentato attraverso un congruo e coerente iter motivazionale le ragioni d’effettivo contrasto dell’intervento edilizio (per consistenza e caratteristiche) con i valori paesaggistici e ambientali tutelati che caratterizzano la zona oggetto di intervento, per come apprezzabili al momento dell’adozione del provvedimento impugnato.

7.8.2. Infatti, come lamentato dall’appellante, i provvedimenti impugnati non indicano e, in ogni caso, non dimostrano quale sia l’incompatibilità, effettiva e concreta, tra le opere oggetto dell’istanza di condono e le norme di tutela del Parco, non fornendo alcun elemento dal quale emerga l’eventuale compromissione dei valori protetti dalle predette disposizioni di salvaguardia.

7.9. Sussistono, altresì, i vizi di contraddittorietà e disparità di trattamento dei provvedimenti impugnati.

7.9.1. Il giudice di prime cure ha escluso il vizio di eccesso di potere sotto forma di disparità di trattamento, non ravvisando il necessario rapporto di coincidenza tra la fattispecie dedotta in giudizio e quella richiamata come termine di paragone, e, quindi, l’oggettiva e assoluta identità di situazioni messe a confronto, in modo da dimostrare l’esistenza della lamentata disuguaglianza di trattamento, di un contrasto logico insanabile e di una palese ingiustizia: ciò in quanto la ricorrente non avrebbe dimostrato “la presenza di costruzioni limitrofe e omologhe a quella progettata, le quali abbiano conseguito il prescritto titolo paesaggistico”, e, comunque, non potrebbe invocare l’eventuale illegittimità commessa in favore di altri al fine di ottenere che la stessa venga compiuta anche in suo favore, non essendo configurabile l’archetipo di eccesso di potere in parola allorquando il termine di raffronto consista in atti non conformi a legge.

7.9.2. Si osserva, in contrario, che mediante la produzione documentale in atti, l’appellante ha dimostrato, senza alcuna contestazione o smentita da parte delle amministrazioni resistenti, che in relazione ad interventi edilizi realizzati sulle villette direttamente confinanti alla sua, parimenti non assistiti dagli originari titoli, sono già stati rilasciati almeno tre condoni e che per tutte le indicate sanatorie l’Ente Parco non ha rilasciato alcun parere di compatibilità (ritenendo, come si legge nelle premesse dei relativi titoli edilizi in sanatoria, di non dover esprimere il parere poiché le suddette opere, realizzate su unità facenti parte dello stesso complesso immobiliare, per la loro allocazione, non erano soggette al regime autorizzativo dell’ente parco, disciplinato attualmente dalle previsioni dell’allegato A del d.P.R. del 5 giugno 1995) e, in ogni caso, non ha rilasciato alcun parere negativo, benché tali abusi siano più consistenti, per caratteristiche e dimensioni plano-volumetriche, rispetto a quello della ricorrente.

7.9.3. Deve poi soggiungersi che la ricorrente non ha invocato l’adozione di un provvedimento a sé favorevole in ragione di provvedimenti illegittimi rilasciati ai propri confinanti, ma, al contrario di quanto affermato dal Tar, proprio in ragione della assentibilità delle opere, desumibile anche dal fatto che anche per abusi più consistenti commessi sulle unità confinanti facenti parte del medesimo complesso turistico sono stati rilasciati dal Comune legittimi permessi in sanatoria (rispetto ai quali l’Ente Parco non ha mai richiesto l’annullamento in autotutela).

8. In conclusione, l’appello deve essere accolto nei sensi indicati in motivazione e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, deve essere accolto il ricorso di primo grado, con conseguente annullamento del diniego di condono edilizio e dei provvedimenti gravati.

9. Considerata la natura interpretativa delle questioni trattate, il Collegio ritiene che sussistano giustificati motivi per la compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Settima), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi indicati in motivazione e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado e annulla i provvedimenti con esso impugnati.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 marzo 2025 con l'intervento dei magistrati:

Marco Lipari, Presidente

Massimiliano Noccelli, Consigliere

Angela Rotondano, Consigliere, Estensore

Marco Morgantini, Consigliere

Rosaria Maria Castorina, Consigliere