TAR Liguria Sez. I n. 1166 del 15 marzo 2010
Rumore. Rumore ambientale e rumore residuo
Il rumore ambientale è  costituito da tutte le sorgenti di rumore esistenti in un  dato luogo e durante un determinato tempo. Il rumore ambientale è  costituito  dall’insieme del rumore residuo, dove per tale si intende il rumore  rilevato  quando si esclude la specifica sorgente disturbante, e da quello che  prodotto  dalla specifica sorgente disturbante.il valore limite  differenziale è quel  valore dato dalla differenza tra il livello equivalente di rumore  ambientale e  il rumore residuo. Tenendo presente la definizione di rumore residuo che  è il  rumore che residua una volta eliminata la sorgente disturbante il valore   differenziale esprime lo specifico grado di inquinamento acustico della  specifica fonte disturbante. In altre parole il valore differenziale esprime il contributo che una  specifica  fonte dà al livello di inquinamento generale.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 01166/2010 REG.SEN.
 N. 00802/2004 REG.RIC.
 Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria
 
 (Sezione Prima)
 
 ha pronunciato la presente
 SENTENZA
 sul ricorso numero di registro generale 802 del 2004, proposto da:
 Societa' Bema s.r.l., in persona del legale rappresentante,  rappresentato e  difeso dagli avv. Francesco Massa, Luca Saguato, con domicilio eletto in  Genova,  via Roma, 11/1;
 contro
 Comune di Genova, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e  difeso  dall'avv. Luca De Paoli, con domicilio eletto in Genova, via Garibaldi  9;
 
 nei confronti di
 
 Grondona Luigi, Arzani Claudia, non costituiti in giudizio;
 
 per l'annullamento
 previa sospensione dell'efficacia,
 ingiunzione dirigenziale 10 marzo 2004 n. 27/AC di adozione di tutti i  possibili  accorgimenti necessari per la diminuzione di rumorosita' molesta.
 
 
 Visto il ricorso con i relativi allegati;
 Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Genova;
 Viste le memorie difensive;
 Visti tutti gli atti della causa;
 
 Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 gennaio 2010 il dott. Luca  Morbelli  e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
 
 Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 FATTO
 Con ricorso notificato il 18 maggio 2004 al Comune di Genova e  depositato il  successivo 1 giugno 2004 la società Bema s.r.l., ha impugnato,  chiedendone  l’annullamento, il provvedimento in epigrafe.
 
 Avverso il provvedimento impugnato la ricorrente deduceva i seguenti  motivi:
 
 1) violazione dell’art. 3 comma 1, lett. a) e c) e dell’art. 14, comma  2, l.  445/1997, violazione d.p.c.m. 14 novembre 1997, violazione 16 marzo  1998,  travisamento dei fatti, difetto di presupposto e di istruttoria,  rilevamento e  misurazione errati dell’inquinamento acustico, in quanto gli  accertamenti  compiuti dall’amministrazione sarebbero inficiati sotto vari profili. In  primo  luogo a fronte di un tempo di riferimento (ore 7.00 – 22.00) che  comprende il  solo periodo diurno è stato considerato un tempo di osservazione che  comprende  anche il periodo notturno (19.00 – 22,30). Tale imprecisione si  riverberebbe  anche sull’attendibilità della misurazione atteso che il rumore residuo  potrebbe  essere misurato solo quando la fonte rumorosa ha cessato di produrre  emissioni.  Inoltre i valori limite differenziali di immissione sarebbero stati  applicati  illegittimamente;
 
 2) violazione degli artt. 9 e 10 l. 447/1995, incompetenza, atipicità  del  provvedimento, difetto di presupposto, sviamento e carenza di potere, in  quanto  il provvedimento sarebbe atipico e non esisterebbe il potere del  dirigente di  ingiungere l’adozione di misure atte ad abbattere le emissioni sonore;
 
 3) violazione dell’art. 3 l. 241/90, difetto di motivazione e di  istruttoria,  genericità, in quanto il contenuto del provvedimento non sarebbe  specifico;
 
 4) violazione dell’art. 7 l. 241/90 in quanto la comunicazione di avvio  del  procedimento avrebbe assegnato un termine eccessivamente breve (7  giorni) per  produrre osservazioni.
 
 La ricorrente concludeva per l’accoglimento del ricorso e  l’annullamento, previa  sospensiva, del provvedimento impugnato con vittoria delle spese di  giudizio.
 
 Si costituiva in giudizio il Comune di Genova.
 
 All’udienza pubblica del 28 gennaio 2010 il ricorso è passato in  decisione.
 DIRITTO
 Il ricorso è rivolto avverso l’ingiunzione dirigenziale 10 marzo 2004 n.  27/AC  di adozione di tutti i possibili accorgimenti necessari per la  diminuzione di  rumorosità molesta.
 
 Con il primo motivo si deduce violazione dell’art. 3 comma 1, lett. a) e  c) e  dell’art. 14, comma 2, l. 445/1997, violazione d.p.c.m. 14 novembre  1997,  violazione 16 marzo 1998, travisamento dei fatti, difetto di presupposto  e di  istruttoria, rilevamento e misurazione errati dell’inquinamento  acustico, in  quanto gli accertamenti compiuti dall’amministrazione sarebbero  inficiati sotto  vari profili. In primo luogo a fronte di un tempo di riferimento (ore  7.00 –  22.00) che comprende il solo periodo diurno è stato considerato un tempo  di  osservazione che comprende anche il periodo notturno (19.00 – 22,30).  Tale  imprecisione si riverberebbe anche sull’attendibilità della misurazione  atteso  che il rumore residuo potrebbe essere misurato solo quando la fonte  rumorosa ha  cessato di produrre emissioni. Inoltre i valori limite differenziali di  immissione sarebbero stati applicati illegittimamente.
 
 Lo scrutinio del motivo presuppone la ricostruzione della normativa  relativa  agli accertamenti di rumorosità.
 
 Il d.p.c.m. 14 novembre 1997 che reca “valori limite assoluti di  immissione”  all’art. 3 stabilisce: “1. I valori limite assoluti di immissione come  definiti  all'art. 2, comma 3, lettera a), della legge 26 ottobre 1995, n. 447  (8),  riferiti al rumore immesso nell'ambiente esterno dall'insieme di tutte  le  sorgenti sono quelli indicati nella tabella C allegata al presente  decreto.2.  Per le infrastrutture stradali, ferroviarie, marittime, aeroportuali e  le altre  sorgenti sonore di cui all'art. 11, comma 1, legge 26 ottobre 1995, n.  447 (9),  i limiti di cui alla tabella C allegata al presente decreto, non si  applicano  all'interno delle rispettive fasce di pertinenza, individuate dai  relativi  decreti attuativi. All'esterno di tali fasce, dette sorgenti concorrono  al  raggiungimento dei limiti assoluti di immissione. 3. All'interno delle  fasce di  pertinenza, le singole sorgenti sonore diverse da quelle indicate al  precedente  comma 2, devono rispettare i limiti di cui alla tabella B allegata al  presente  decreto. Le sorgenti sonore diverse da quelle di cui al precedente comma  2,  devono rispettare, nel loro insieme, i limiti di cui alla tabella C  allegata al  presente decreto, secondo la classificazione che a quella fascia viene  assegnata.”
 
 Il successivo art. 4 d.p.c.m. 14 novembre 1997 rubricato valori limite  differenziali di immissione, stabilisce: “1. I valori limite  differenziali di  immissione, definiti all'art. 2, comma 3, lettera b), della legge 26  ottobre  1995, n. 447 (10), sono: 5 dB per il periodo diurno e 3 dB per il  periodo  notturno, all'interno degli ambienti abitativi. Tali valori non si  applicano  nelle aree classificate nella classe VI della tabella A allegata al  presente  decreto. 2. Le disposizioni di cui al comma precedente non si applicano  nei  seguenti casi, in quanto ogni effetto del rumore è da ritenersi  trascurabile: a)  se il rumore misurato a finestre aperte sia inferiore a 50 dB(A) durante  il  periodo diurno e 40 dB(A) durante il periodo notturno; b) se il livello  del  rumore ambientale misurato a finestre chiuse sia inferiore a 35 dB(A)  durante il  periodo diurno e 25 dB(A) durante il periodo notturno. 3. Le  disposizioni di cui  al presente articolo non si applicano alla rumorosità prodotta: dalle  infrastrutture stradali, ferroviarie, aeroportuali e marittime; da  attività e  comportamenti non connessi con esigenze produttive, commerciali e  professionali;  da servizi e impianti fissi dell'edificio adibiti ad uso comune,  limitatamente  al disturbo provocato all'interno dello stesso”.
 
 La tabella C allegata al d.p.c.m. 14 novembre 1997 prevede i valori  limite  assoluti di immissione - Leq in dB (A) (art. 3).
 
 La prima censura lamenta che il tempo di osservazione non è precisamente   indicato mentre il tempo di riferimento è indicato a cavallo tra i due  periodi  diurno e notturno previsti dalla normativa.
 
 Ciò avrebbe falsato i risultati delle misurazioni anche alla luce della  circostanza che il locale rimane aperto fino alle ore 22 onde la  rilevabilità  del rumore residuo poteva essere situata solo successivamente alle ore  22.  Infatti, prima di tale ora, il locale, essendo aperto, produce rumore  che non  può essere eliminato.
 
 La censura non persuade.
 
 E’ vero che nella scheda di rilevamento il tempo di osservazione è  indicato  dalle 19,00 alle 22.30 ma è, altresì, vero che la stessa scheda precisa  che il  tempo di riferimento è quello diurno.
 
 Orbene occorre precisare che l’allegato A al d.m. 16 marzo 1998  rubricato  tecniche di rilevamento e di misurazione dell’inquinamento acustico, il  tempo di  riferimento viene definito come il periodo della giornata all’interno  del quale  si eseguono le misure”. La stessa norma precisa poi che “la durata della   giornata è articolata in due tempi di riferimento: quello diurno  compreso tra le  h 6,00 e le h. 22,00 e quello notturno compreso tra le h 22,00 e le h  6,00”.
 
 La stessa norma definisce poi il tempo di osservazione come il periodo  di tempo  compreso nel tempo di riferimento nel quale si verificano le condizioni  di  rumorosità che si intendono verificare.
 
 Le norme trascritte non impongono quindi necessariamente che il tempo di   osservazione sia circoscritto ad uno solo dei due periodi nei quali si  articola  il tempo di riferimento potendo le condizioni di rumorosità da valutare  perdurare per entrambi i periodi in cui si articola il tempo di  riferimento.  Quindi se il tempo di osservazione si protrae anche in periodo notturno  correttamente l’amministrazione né dà conto nella scheda di rilevazione.
 
 Quindi dall’esame complessivo della scheda si evince che il fenomeno  rumoroso è  stato oggetto di attenzione per un tempo che è andato dalle ore 19,00  alle ore  22,30 ma che la misura il cui relativo tempo è stato di tre minuti si è  collocata nel periodo diurno cioè tra le ore 19 e lo ore 22.
 
 Ci si deve interrogare a questo punto sulla rilevanza dell’omissione  dell’indicazione del momento iniziale e del momento finale del tempo di  misura.  La ricorrente contesta, infatti, che non sia possibile evincere se la  misurazione sia stata effettivamente eseguita in periodo diurno ovvero  in  periodo notturno.
 
 L’omissione appare irrilevante. Dalla scheda risulta che i livelli di  rumore  ambientale risultano a finestre aperte di 49,1 db (A) e a finestre  chiuse (36,6)  db (A) tali valori sono comunque al di sotto della limite (60 db(a) nel  periodo  diurno 50 db(A) in quello notturno) stabilito dalla tabella C allegata  al  d.p.c.m. 14 novembre 1997 in relazione all’area III.
 
 Ne consegue che appare del tutto irrilevante la collocazione temporale  del tempo  di misura.
 
 Con la seconda censura si lamenta il fatto che il livello di rumore  residuo sia  stato calcolato con modalità differenti rispetto a quelle usate per il  livello  di rumore residuo. Ciò avrebbe condotto a conclusioni errate. La censura  si  fonda sulla circostanza che il locale chiude alle ore 22 onde per una  misurazione effettiva del rumore residuo sarebbe stato necessario  attendere la  chiusura del locale che avrebbe inevitabilmente proiettato  l’accertamento nel  periodo notturno con conseguente inattendibilità.
 
 La censura non coglie nel segno.
 
 Il rumore ambientale è costituito da tutte le sorgenti di rumore  esistenti in un  dato luogo e durante un determinato tempo. Il rumore ambientale è  costituito  dall’insieme del rumore residuo, dove per tale si intende il rumore  rilevato  quando si esclude la specifica sorgente disturbante, e da quello che  prodotto  dalla specifica sorgente disturbante.
 
 La ricorrente sostiene che l’esclusione della sorgente disturbante non  potesse  avvenire che nel momento in cui il locale è chiuso.
 
 In realtà così opinando l’inquinamento acustico non potrebbe mai essere  rilevato  nel caso di attività continuative. Inoltre se è vero che il locale  chiude alle  ore 22, nondimeno i lavori di pulizia e di riassetto dello stesso si  protraggono  almeno per mezz’ora oltre l’orario di chiusura onde neppure può  sostenersi che  nel periodo 22 – 22,30 la sorgente disturbante fosse completamente e  spontaneamente venuta meno.
 
 In realtà l’esclusione della specifica fonte disturbante deve potere  avvenire  anche in presenza della stessa mediante apposita tecnologia, ad esempio  isolando  le frequenze proprie della fonte disturbante dalle altre ovvero  posizionando  opportunamente l’apparecchiatura di ascolto.
 
 In definitiva quindi non è provato che la misura del rumore residuo sia  necessariamente avvenuta in periodo notturno a fronte di un rilevamento  del  rumore ambientale avvenuto in periodo diurno.
 
 Con la terza censura si lamenta che nel caso di specie sia stato  applicato il  valore differenziale pur non sussistendo le condizioni per  l’applicazione.
 
 A tal riguardo occorre precisare che il valore limite differenziale è  quel  valore dato dalla differenza tra il livello equivalente di rumore  ambientale e  il rumore residuo. Tenendo presente la definizione di rumore residuo che  è il  rumore che residua una volta eliminata la sorgente disturbante il valore   differenziale esprime lo specifico grado di inquinamento acustico della  specifica fonte disturbante.
 
 In altre parole il valore differenziale esprime il contributo che una  specifica  fonte dà al livello di inquinamento generale.
 
 I valori limite sono di 5 db per il periodo diurno e di 3 db per il  periodo  notturno (art. 4 d.p.c.m. 14 novembre 1997).
 
 Tali valori differenziali non si applicano quando comunque il rumore  ambientale  è al di sotto di determinati valori e precisamente 50 db(A) per il  periodo  diurno e 40 db (A) per il periodo notturno misurati a finestre aperte e  35 db(A)  per il periodo diurno e 25 db (A) per il periodo notturno misurati a  finestre  chiuse.
 
 Si tratta ovviamente di limiti da applicarsi disgiuntamente nel senso  che anche  il superamento di uno solo di essi consente l’applicazione del valore  differenziale. Ciò è fatto palese dalla circostanza che il rumore viene  definito  in tali casi trascurabile. Orbene è evidente che, essendo il rumore  sempre lo  stesso, per ritenersi trascurabile non deve superare i parametri di cui  sopra  per cui il superamento anche di uno solo di essi implica l’applicazione  dei  valori limite differenziali.
 
 Nel caso di specie risulta che, a finestre aperte, il rumore era di 49, 1  db  mentre, a finestre chiuse, era di 36,6 db, superiore quindi per 1,6 db  rispetto  al limite in cui scatta l’applicazione del valore differenziale.
 
 Il valore differenziale riscontrato poi era pari a 3,6 db a finestre  aperte e a  6.9 a finestre chiuse, onde a finestre chiuse era superato il limite di 5  db  stabilito dall’art. 4 d.p.c.m. 14 novembre 1997.
 
 Si noti che tali valori ove fossero stati riscontrati in periodo  notturno  sarebbero stati comunque rilevanti onde anche sotto questo profilo le  contestazioni non paiono cogliere nel segno.
 
 Con il secondo motivo si deduce violazione degli artt. 9 e 10 l.  447/1995,  incompetenza, atipicità del provvedimento, difetto di presupposto,  sviamento e  carenza di potere, in quanto il provvedimento sarebbe atipico e non  esisterebbe  il potere del dirigente di ingiungere l’adozione di misure atte ad  abbattere le  emissioni sonore.
 
 Il motivo non è fondato.
 
 Il rilascio dell’autorizzazione di un pubblico esercizio comprende il  potere  dell’amministrazione di imporre le prescrizioni necessarie nel pubblico  interesse (art. 9 r.d. 773/1931), tra le quali devono ritenersi comprese  anche  quelle relative alle emissioni sonore.
 
 Con il terzo motivo si deduce violazione dell’art. 3 l. 241/90, difetto  di  motivazione e di istruttoria, genericità, in quanto il contenuto del  provvedimento non sarebbe specifico.
 
 Peraltro neppure può ritenersi che il provvedimento sia privo di  oggetto;  piuttosto deve rilevarsi come l’amministrazione abbia optato, forse  anche in  relazione all’esiguità dello sconfinamento rispetto ai valori di legge,  per un  provvedimento dal contenuto minimamente lesivo per il destinatario,  essendo  lasciata alla scelta di quest’ultimo l’adozione di una concreta modalità  (al  limite anche l’idonea sensibilizzazione del personale e dei clienti) di  contenimento piuttosto che un’altra.
 
 Con il quarto motivo si deduce violazione dell’art. 7 l. 241/90 in  quanto la  comunicazione di avvio del procedimento avrebbe assegnato un termine  eccessivamente breve (7 giorni) per produrre osservazioni.
 
 Il motivo è infondato.
 
 Deve rilevarsi come, in seguito alla comunicazione di avvio del  procedimento, la  ricorrente sia stata in grado di interloquire con nota 9 marzo 2004 onde  deve  escludersi l’eccessiva esiguità del termine di interlocuzione concesso o  se ne  deve comunque ritenere l’irrilevanza..
 
 In conclusione il ricorso deve essere respinto con condanna della  ricorrente al  pagamento delle spese di giudizio.
 P.Q.M.
 il Tribunale Amministrativo Regionale della Liguria, sezione prima,  definitivamente pronunciando, respinge il ricorso epigrafe.
 
 Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della resistente  amministrazione  comunale, delle spese di giudizio, che si liquidano in complessivi €.  2000,00  (duemila/00) oltre IVA e CPA come per legge.
 
 Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità  amministrativa.
 
 Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 28 gennaio  2010 con  l'intervento dei Signori:
 
 Santo Balba, Presidente
 Paolo Peruggia, Consigliere
 Luca Morbelli, Primo Referendario, Estensore
 
 L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
 
 
 DEPOSITATA IN SEGRETERIA
 Il 15/03/2010
                    



