Consiglio di Stato Sez. IV n. 5534 del 25 giugno 2025
Rifiuti.Proprietario non responsabile della contaminazione e partecipazione al procedimento di caratterizzazione

Come si evince dalla normativa di settore, al di fuori degli specifici obblighi di comunicazione in capo al proprietario non responsabile della contaminazione, non sussiste alcuna norma che imponga la necessità di far partecipare al procedimento di caratterizzazione anche il proprietario dell’area inquinata. Pertanto, nel caso in cui il procedimento diretto alla caratterizzazione sia avviato su autonoma iniziativa del responsabile dell’inquinamento su cui grava, in via diretta, il relativo onere (art. 242, comma 3, cod. ambiente), non è configurabile alcuna forma di necessaria partecipazione procedimentale dell’incolpevole proprietario dell’area inquinata (dalla cui omissione possano conseguire effetti vizianti), coerentemente con il disegno normativo che è univoco nel prescrivere come gli obblighi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale, a seguito della constatazione di uno stato di contaminazione, siano in capo al suddetto responsabile (con inevitabili conseguenze in punto di individuazione dei soggetti coinvolti nelle diverse fasi in cui si articola l’attività amministrativa di ripristino ambientale), gravando sul proprietario non responsabile dell’inquinamento unicamente l’adozione delle misure di prevenzione di cui all'art. 240, comma 1, lett. i), del D.lgs. n. 152/2006, secondo quanto disposto dall’art. 245, co. 2, del medesimo decreto.


Pubblicato il 25/06/2025

N. 05534/2025REG.PROV.COLL.

N. 04128/2023 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4128 del 2023, proposto da Nicola Straziuso, rappresentato e difeso dall'avvocato Giovanna Bellizzi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Regione Basilicata, non costituita in giudizio;

nei confronti

Società Petrolifera Italiana s.p.a., rappresentata e difesa dall'avvocato Salomone Bevilacqua, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Basilicata (Sezione Prima) n. 00160/2023, resa tra le parti.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Società Petrolifera Italiana s.p.a.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 febbraio 2025 il Cons. Rosario Carrano e uditi per le parti gli avvocati come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. – Il sig. Straziuso Nicola è proprietario di un’area oggetto di un piano di caratterizzazione da parte della Società Petrolifera Italiana s.p.a. (di seguito, anche SPI s.p.a.), quale soggetto responsabile della potenziale contaminazione per l’attività svolta sul fondo in qualità di conduttore.

2. – Con la delibera di giunta regionale (n. 384 del 22 giugno 2022) di approvazione del suddetto piano di caratterizzazione, la Regione ha ritenuto di non dover tener conto delle osservazioni formulate dal ricorrente “non svolgendo un ruolo attivo nel procedimento di caratterizzazione e bonifica”.

3. – Con il ricorso di primo grado, il sig. Straziuso Nicola ha impugnato tale delibera regionale lamentando la mancata partecipazione al procedimento amministrativo finalizzato alla caratterizzazione dell’area di sua proprietà, ma senza far valere vizi sostanziali, salvo la contestazione secondo cui l’indagine ambientale avrebbe dovuto essere estesa ad una zona molto più vasta rispetto a quella oggetto di caratterizzazione.

4. – Con la sentenza impugnata, il T.a.r. ha respinto il ricorso.

5. – Con atto di appello, il sig. Straziuso ha impugnato la sentenza.

6. – Con il primo motivo di appello (pag. 16-18), ha censurato la sentenza nella parte in cui ha escluso la necessità di una partecipazione procedimentale del proprietario incolpevole della contaminazione alle procedure di caratterizzazione.

In particolare, ha dedotto che il “ruolo attivo e partecipe del proprietario” (pag. 17 dell’appello) si desumerebbe dalle norme che gli attribuiscono il compito di adottare le misure di prevenzione (art. 240, comma 1, lett. i), d.lgs. n. 152 del 2006), mentre il T.a.r. gli avrebbe assegnato un “mero ruolo di spettatore inerme al procedimento” (pag. 18 dell’appello).

7. – Con il secondo motivo di appello (pag. 19-20), ha censurato la sentenza nella parte in cui ha ritenuto che la sostanziale estraneità del proprietario dal procedimento di caratterizzazione attivato dal responsabile dell’inquinamento non è smentita dall’eventualità di una spontanea attivazione del proprietario incolpevole in caso di inerzia del responsabile.

In particolare, la parte appellante ha richiamato sul punto la potenziale responsabilità del proprietario per omessa vigilanza, con conseguente riconoscimento di un suo diritto a partecipare al procedimento di caratterizzazione.

8. – Con il terzo motivo di appello (pag. 20-21), ha dedotto un vizio di carenza di motivazione della sentenza nella parte in cui ha respinto la censura sulla necessità di estendere l’indagine ambientale, per la genericità di tale doglianza.

In particolare, ha dedotto che l’individuazione di una zona di indagine più ampia sarebbe già di per sé un suggerimento preciso e circostanziato; inoltre, la Regione Basilicata non si sarebbe pronunciata nel merito di tali osservazioni di parte, limitandosi a stabilire “di non dover tener conto delle osservazioni”.

9. – Con apposita memoria, si è costituita la società SPI s.p.a., chiedendo il rigetto del ricorso oltre ad eccepire l’improcedibilità dell’appello per sopravvenuta carenza di interesse a seguito della conclusione delle attività di monitoraggio e verifica e alla successiva convocazione della conferenza di servizi decisoria e della relativa approvazione della delibera di Giunta regionale n. 80/2024 del 9 febbraio 2024 che avrebbe superato quella precedente.

10. – All’udienza pubblica del 27 febbraio 2025, la causa è stata trattenuta per la decisione. 

11. – Preliminarmente, il Collegio ritiene di poter trattare congiuntamente i motivi di appello in quanto strettamente connessi.

12. – L’appello è infondato.

Invero, anche a prescindere dall’eccezione di improcedibilità sollevata dalla resistente per sopravvenuta carenza di interesse, tutti e tre i motivi di appello sono infondati.

Si tratta, infatti, di censure alquanto generiche e non pertinenti rispetto alle argomentazioni utilizzate dal T.a.r. nella motivazione della sentenza impugnata che non risultano quindi essere scalfite dai motivi di appello per come articolati.

13. – Innanzitutto, occorre richiamare la normativa di riferimento.

Come è noto, il d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (c.d. codice dell’ambiente), prevede una serie di obblighi in capo al responsabile dell’inquinamento (art. 242), mentre con riferimento ai soggetti non responsabili della potenziale contaminazione (art. 245), la legge pone in capo al proprietario o al gestore dell’area che rilevi un superamento (o un pericolo, concreto e attuale, di superamento) della concentrazione soglia di contaminazione (CSC), solamente l’obbligo di “darne comunicazione” agli enti territoriali competenti, oltre all’obbligo di “attuare le misure di prevenzione” (art. 245, comma 2) secondo una precisa procedura consistente nell’adozione di tali misure entro 24 ore dalla verificazione dell’evento, con onere di immediata comunicazione (art. 242, comma 1) agli enti territoriali competenti di tutti gli aspetti pertinenti della situazione (art. 304, comma 2).

Ai sensi della medesima normativa, inoltre, le “misure di prevenzione” adottabili dal soggetto non responsabile dell’inquinamento consistono in quelle iniziative per contrastare un evento che ha creato una “minaccia imminente per la salute o per l’ambiente”, intendendo tale minaccia come “rischio sufficientemente probabile che si verifichi un danno sotto il profilo sanitario o ambientale in un futuro prossimo”, con la finalità di “impedire o minimizzare il realizzarsi di tale minaccia” (art. 240, comma 1, lett. i), cod. amb.).

Inoltre, si prevede che in caso di superamento dei valori di concentrazione della soglia di contaminazione, la Provincia diffida con ordinanza motivata il responsabile della potenziale contaminazione (art. 244, comma 2) all’adozione delle relative misure (cfr. art. 242), la cui ordinanza “è comunque notificata anche al proprietario del sito ai sensi e per gli effetti dell’articolo 253” (art. 244, comma 3).

Nell’ipotesi di mancata individuazione del responsabile, o di mancata esecuzione degli interventi in esame da parte dello stesso – e sempreché non provvedano spontaneamente né il proprietario del sito né altri soggetti interessati – le opere di recupero ambientale sono eseguite dall’Amministrazione competente (art. 250), che potrà rivalersi sul proprietario del sito, nei limiti del valore dell’area bonificata, anche esercitando, ove la rivalsa non vada a buon fine, le garanzie gravanti sul terreno oggetto dei medesimi interventi (art. 253).

Pertanto, il proprietario incolpevole non è tenuto a porre in essere gli interventi di messa in sicurezza d’emergenza e di bonifica, ma ha solo la facoltà di eseguirli per mantenere l’area libera da pesi (art. 245).

14. – Orbene, come si evince dalla normativa sopra richiamata, al di fuori degli specifici obblighi di comunicazione in capo al proprietario non responsabile della contaminazione, non sussiste alcuna norma che imponga la necessità di far partecipare al procedimento di caratterizzazione anche il proprietario dell’area inquinata.

Pertanto, come correttamente ritenuto dal primo giudice, nel caso in cui il procedimento diretto alla caratterizzazione sia avviato su autonoma iniziativa del responsabile dell’inquinamento (come nel caso di specie) su cui grava, in via diretta, il relativo onere (art. 242, comma 3, cod. ambiente), non è configurabile alcuna forma di necessaria partecipazione procedimentale dell’incolpevole proprietario dell’area inquinata (dalla cui omissione possano conseguire effetti vizianti), coerentemente con il disegno normativo che è univoco nel prescrivere come gli obblighi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale, a seguito della constatazione di uno stato di contaminazione, siano in capo al suddetto responsabile (con inevitabili conseguenze in punto di individuazione dei soggetti coinvolti nelle diverse fasi in cui si articola l’attività amministrativa di ripristino ambientale), gravando sul proprietario non responsabile dell’inquinamento unicamente l’adozione delle misure di prevenzione di cui all'art. 240, comma 1, lett. i), del D.lgs. n. 152/2006, secondo quanto disposto dall’art. 245, co. 2, del medesimo decreto (Cons. Stato, sez. IV, 22 novembre 2024, n. 9397; Cons. Stato, Sez. IV, 17 luglio 2023, n. 6957; Cass. Civ., SS.UU., 1° febbraio 2023, n. 3077; Cons. Stato, Ad. Plen., 25 settembre 2013, n. 21).

15. – In secondo luogo, deve anche condividersi l’assunto del primo giudice secondo cui la sostanziale estraneità del proprietario al procedimento di caratterizzazione avviato su impulso del responsabile dell’inquinamento (art. 242, comma 3, cod. ambiente) non è inficiata dall’eventualità che questi possa attivare spontaneamente gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale ovvero ancora, in caso di inerzia del responsabile, debba attuare i necessari interventi per garantire la mitigazione del danno e il ripristino ambientale (cfr. art. 245 cod. ambiente), trattandosi di circostanze non pertinenti rispetto al caso di specie, oltre che meramente ipotetiche.

16. – In ogni caso, carattere dirimente assume la circostanza, già evidenziata in primo grado, per cui l’appellante è stato comunque coinvolto nel procedimento in questione, in quanto destinatario della convocazione alla conferenza di servizi decisoria propedeutica all’adozione dell’avversato provvedimento (cfr. nota regionale del 10 maggio 2021) ed avendo egli, altresì, potuto interloquire mediante la produzione delle relative osservazioni (pur non accolte dall’amministrazione procedente); il che, per altro verso, priva di pregio anche la dedotta violazione dell’art. 9 della L. n. 241/1990 (in punto di facoltà di intervento nel procedimento).

17. – Infine, quanto all’ultima censura relativa alla necessità di estendere l’indagine ambientale, deve essere ugualmente respinta in considerazione del carattere discrezionale della relativa attività amministrativa rispetto alla quale non è stata formulata alcuna censura di irragionevolezza o illogicità, avendo la parte appellante lamentato esclusivamente l’omessa considerazione delle proprie osservazioni finalizzate solamente a “suggerire, e indicare, una zona più ampia di indagine” (pag. 21 dell’appello).

In conclusione, quindi, l’appello deve essere respinto.

18. – Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la parte appellante al pagamento delle spese di lite in favore della Società Petrolifera Italiana s.p.a. che si liquidano in complessivi € 5.000,00, oltre al rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15%, IVA e CPA.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 febbraio 2025 con l'intervento dei magistrati:

Luigi Carbone, Presidente

Michele Conforti, Consigliere

Luca Monteferrante, Consigliere

Paolo Marotta, Consigliere

Rosario Carrano, Consigliere, Estensore