Consiglio di Stato Sez. IV n. 6159 del 14 luglio 2025
Rifiuti.Cessazione dell'attività di impresa ed obblighi di rimozione
Secondo il diritto eurounitario, i rifiuti devono essere in ogni caso rimossi, anche qualora l'attività dell'impresa cessi: il soggetto responsabile potrà essere individuato nello stesso imprenditore non fallito, oppure in colui che amministra il patrimonio fallimentare. Invero, i costi della gestione dei rifiuti vanno imputati sia al loro produttore iniziale che ai detentori del momento ed ai detentori precedenti, potendo riconoscersi l'esimente prevista all'art. 192, comma 3 del d. lgs. n. 152/2006 soltanto ed unicamente a favore di chi non sia mai stato detentore dei rifiuti e, pertanto, nei confronti, ad esempio, del proprietario incolpevole del terreno
Pubblicato il 14/07/2025
N. 06159/2025REG.PROV.COLL.
N. 07253/2023 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7253 del 2023, proposto dal Fallimento Ecoverde S.n.c. di Paggi Alberto & C, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Massimo Marcucci, con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia;
contro
il Comune di Giano dell'Umbria, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Mirco Ricci, con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia;
nei confronti
della società Ellebi S.r.l., non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza n. 328 del 2023 del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Umbria, Sezione Prima.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Giano dell’Umbria;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 maggio 2025 il Cons. Eugenio Tagliasacchi e viste le conclusioni delle parti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con l’appello in epigrafe, il Fallimento Ecoverde S.n.c. di Paggi Alberto & C ha impugnato la sentenza n. 328 del 2023 del T.a.r. Umbria, con cui è stato respinto il ricorso dal medesimo proposto per l’annullamento dell’ordinanza del Sindaco del Comune di Giano dell’Umbria n. 97 del 30 dicembre 2020, recante l’ordine, emesso ai sensi dell’art. 192, comma 3, del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, di rimozione dei rifiuti abbandonati presso l’area sita in Giano dell’Umbria, frazione Bastardo, Via O. Verdocchi, di proprietà della società Ellebi S.r.l..
Più precisamente, l’anzidetto ordine è stato rivolto al Fallimento Ecoverde S.n.c. di Paggi Alberto & C, in qualità di trasgressore, in solido con la società Ellebi S.r.l., quest’ultima in qualità di proprietaria dell’area ove sono presenti i rifiuti in questione.
2. In punto di fatto, occorre premettere, in estrema sintesi e per quanto rileva in questa sede, che, nell’anno 1997, la società Ecoverde S.n.c. in bonis aveva stipulato un contratto di locazione con la società Ellebi S.r.l., in forza del quale la prima era divenuta conduttrice del sopra menzionato complesso immobiliare sito in Giano dell’Umbria, località Bastardo.
A seguito del mancato pagamento dei canoni, il Tribunale di Spoleto nel gennaio del 2001 ha convalidato lo sfratto, poi eseguito nel 2002. Successivamente, la società Ecoverde S.n.c. è stata dichiarata fallita con sentenza del medesimo Tribunale n. 8 del 2007, depositata il 28 maggio 2007.
Nell’anzidetto complesso immobiliare oggetto del contratto di locazione, a seguito di accertamenti compiuti dai Carabinieri per la tutela ambientale del Nucleo operativo ecologico di Perugia, è stata rinvenuta una significativa quantità di rifiuti e, pertanto, il Sindaco del Comune di Giano dell’Umbria ha emesso una prima ordinanza in data 1 luglio 2019, poi revocata in autotutela e, successivamente, è stata adottata l’ulteriore ordinanza n. 97 del 30 dicembre 2020, oggetto del presente giudizio, per il cui tramite è stato ordinato al Fallimento Ecoverde S.n.c. e alla Ellebi S.r.l. di provvedere alla rimozione dei rifiuti stessi, il primo quale responsabile della condotta di abbandono e la seconda quale proprietaria dell’area.
3. Avverso tale ordinanza ha proposto il ricorso introduttivo del presente giudizio la Curatela del Fallimento Ecoverde S.n.c., la quale – senza contestare l’individuazione della società in bonis quale soggetto responsabile dell’abbandono dei rifiuti – ha sostenuto che il curatore fallimentare non possa essere considerato legittimato passivo del provvedimento di rimozione dei rifiuti ai sensi dell’art. 192, comma 3, del d.lgs. n. 152/2006 “salvo che l’abbandono non sia riconducibile direttamente all’organo di liquidazione, non essendo la stessa curatela né l’autrice della condotta di inquinamento, né l’avente causa a titolo universale del soggetto inquinatore e non avendo, inoltre, il curatore la detenzione del bene immobile su cui insistono i rifiuti da rimuovere e smaltire”.
4. Con la sentenza n. 328 del 2023, il T.a.r. Umbria ha respinto il ricorso richiamando i principi affermati dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato nella sentenza 26 gennaio 2021, n. 3 e ritenendo infondata la sopra menzionata tesi della Curatela, dal momento che la massa fallimentare si pone in continuità, sotto il profilo economico, con il patrimonio dell’imprenditore fallito, sicché le poste negative derivanti dall’esercizio dell’attività imprenditoriale debbono rimanere a carico dello stesso patrimonio e incidono pertanto “sulla formazione dell’attivo del fallimento e sulla sua ripartizione tra i creditori, e ciò a prescindere dalla circostanza che il curatore fallimentare abbia (o abbia avuto) la detenzione dell’immobile su cui i rifiuti insistono”.
5. Avverso tale sentenza ha proposto appello il Fallimento Ecoverde S.n.c. di Paggi Alberto & C, formulando un unico motivo di gravame per il cui tramite ha insistito nel sostenere l’illegittimità dell’ordinanza impugnata, in quanto, a suo avviso, la Curatela non potrebbe essere considerata né produttrice dei rifiuti né detentrice degli stessi, in quanto non vi sarebbe mai stata, da parte dalla Curatela fallimentare, la detenzione dei luoghi ove sono stoccati i rifiuti.
In particolare, la Curatela non potrebbe essere ritenuta responsabile dell’abbandono dei rifiuti né quale successore del fallito né quale “co-autore o agevolatore” dell’abbandono dei rifiuti medesimi, dal momento che “i cumuli sono stati prodotti unicamente dal fallito prima della dichiarazione di fallimento” e la Curatela non ha continuato l’esercizio dell’impresa fallita.
Da ultimo, secondo l’appellante, non si potrebbe neppure configurare la fattispecie di cui all’art. 192, comma 3, del d.lgs. n. 152 del 2006, poiché si tratterebbe non già di abbandono incontrollato di rifiuti, bensì di “stoccaggio di materiale”.
6. Si è costituito in giudizio il Comune di Giano dell’Umbria facendo presente che nelle more del giudizio la società Ellebi S.r.l. ha dato completa esecuzione alle operazioni di rimozione e smaltimento dei rifiuti, ripristinando lo stato dei luoghi e dandone comunicazione al Comune stesso. Per tale ragione, l’amministrazione appellata ha chiesto che venga dichiarata l’improcedibilità dell’appello per sopravvenuta carenza di interesse.
7. Con la memoria di replica del 16 aprile 2025, tuttavia, l’appellante Fallimento Ecoverde S.n.c. di Paggi Alberto & C ha manifestato la propria opposizione alla dichiarazione di improcedibilità dell’appello, sostenendo che la circostanza che la società Ellebi S.r.l. abbia adempiuto all’ordinanza non sia sufficiente a ritenere improcedibile l’appello stesso, essendo interesse della Curatela ottenere una sentenza che dimostri la sua “estraneità ai fatti contestati”.
8. Tanto premesso, il Collegio – trattenuta la causa in decisione all’udienza pubblica dell’8 maggio 2025 – reputa che l’appello sia infondato nel merito, per le ragioni che di seguito si espongono, con la conseguenza che si può prescindere dall’esame dell’eccezione di improcedibilità sollevata dalla difesa del Comune.
9. Occorre premettere che la dichiarazione di fallimento non determina un fenomeno successorio ma ha come solo effetto la perdita, da parte della società fallita, della legittimazione a disporre dei propri beni, al fine di salvaguardare le ragioni dei creditori; in questo senso si è espressa anche l’Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato con la sentenza n. 3 del 2021, secondo cui: “deve escludersi che il curatore possa qualificarsi come avente causa del fallito nel trattamento di rifiuti, salve, ovviamente le ipotesi in cui la produzione dei rifiuti sia ascrivibile specificamente all’operato del curatore, non dando vita il Fallimento ad alcun fenomeno successorio sul piano giuridico”.
9.1. Ciò posto, il caso di specie appare caratterizzato dalla particolare circostanza che risulta incontestato tra le parti – e, anzi, è stato espressamente ammesso dalla difesa della Curatela appellante – che la condotta di abbandono dei rifiuti è materialmente imputabile alla società fallita (cfr. pag. 8 dell’appello ove l’appellante ha espressamente dichiarato che “i cumuli sono stati prodotti unicamente dal fallito”).
Conseguentemente, posto che l’appellante non contesta, ma anzi per l’appunto riconosce in modo esplicito, la riferibilità della condotta di abbandono dei rifiuti alla società in bonis, si deve ritenere che l’ordine di rimozione sia stato legittimamente rivolto anche alla Curatela, in considerazione della sostanziale continuità esistente tra il patrimonio del fallito e l’attivo fallimentare, a prescindere dalla circostanza che l’attività di abbandono non sia imputabile alla Curatela.
Questa Sezione, del resto, ha già chiarito che: “secondo il diritto eurounitario, i rifiuti devono essere in ogni caso rimossi, anche qualora l'attività dell'impresa cessi: il soggetto responsabile potrà essere individuato nello stesso imprenditore non fallito, oppure in colui che amministra il patrimonio fallimentare. Invero, i costi della gestione dei rifiuti vanno imputati sia al loro produttore iniziale che ai detentori del momento ed ai detentori precedenti, potendo riconoscersi l'esimente prevista all'art. 192, comma 3 del d. lgs. n. 152/2006 soltanto ed unicamente a favore di chi non sia mai stato detentore dei rifiuti e, pertanto, nei confronti, ad esempio, del proprietario incolpevole del terreno (Consiglio di Stato, sez. IV, 20 novembre 2023, n. 9928)” (Cons. Stato, Sez. IV, 5 marzo 2025, n. 1883).
L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con la già menzionata sentenza n. 3 del 2021, ha, altresì, affermato che: “la Curatela fallimentare, che ha la custodia dei beni del fallito (...), anche quando non prosegue l'attività imprenditoriale” non può andare esente da responsabilità “lasciando abbandonati i rifiuti risultanti dall'attività imprenditoriale dell'impresa cessata”. Diversamente argomentando, infatti, i costi “finirebbero per ricadere sulla collettività incolpevole, in antitesi non solo con il principio comunitario "chi inquina paga", ma anche in contrasto con la realtà economica sottesa alla relazione che intercorre tra il patrimonio dell'imprenditore e la massa fallimentare di cui il curatore ha la responsabilità che, sotto il profilo economico, si pone in continuità con detto patrimonio”.
Da ultimo, la soluzione che precede risulta coerente anche con l’ulteriore ratio decidendi esplicitata dall’Adunanza Plenaria secondo cui: “In altre parole, poiché l’abbandono di rifiuti e, più in generale, l’inquinamento, costituiscono ‘diseconomie esterne’ generate dall’attività di impresa (cd. “esternalità negative di produzione”), appare giustificato e coerente con tale impostazione ritenere che i costi derivanti da tali esternalità di impresa ricadano sulla massa dei creditori dell’imprenditore stesso”.
9.2. Ne consegue che, applicando al caso di specie i principi sopra enunciati, deve reputarsi che l’espressa ammissione da parte della difesa della Curatela appellante dell’effettiva materiale riconducibilità della condotta di abbandono dei rifiuti alla società in bonis giustifichi l’adozione dell’ordinanza di rimozione nei confronti della Curatela, in considerazione del principio, più volte evocato, di continuità tra il patrimonio dell’imprenditore fallito e la massa fallimentare.
9.3. Infine, è appena il caso di rilevare che la tesi secondo cui si tratterebbe non già di un’ipotesi di abbandono incontrollato di rifiuti, bensì di “stoccaggio di materiale” risulta solo genericamente prospettata dall’appellante ed è priva di supporto probatorio, nonché in contrasto con gli accertamenti compiuti dai Carabinieri per la tutela ambientale del Nucleo operativo ecologico di Perugia.
10. Dalle considerazioni che precedono discende, dunque, il rigetto dell’appello.
11. Le spese processuali del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna il Fallimento Ecoverde S.n.c. di Paggi Alberto & C alla rifusione, in favore del Comune di Giano dell’Umbria, delle spese processuali del presente grado di giudizio, che liquida in euro 4.000,00, oltre 15% per spese generali, IVA e CPA come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 maggio 2025 con l'intervento dei magistrati:
Luigi Carbone, Presidente
Francesco Gambato Spisani, Consigliere
Giuseppe Rotondo, Consigliere
Emanuela Loria, Consigliere
Eugenio Tagliasacchi, Consigliere, Estensore