Pres. De Maio Rel. marmo Ric. Nucci
Caccia e animali. Danno all\'immagine della Provincia
La Corte, richiamando un precedente del 2002, secondo cui la condotta di violazione del divieto di cacciare con mezzi vietati è idonea a cagionare un danno all\'immagine della Provincia, cui compete, infatti, il dovere di assicurare il corretto esercizio della caccia stessa, precisa che tale danno deve ritenersi sussistere anche con riguardo ad attività di esercizio della caccia posta in essere, più in generale, in violazione dei divieti e dei vincoli posti dalla normativa, tra i quali anche il divieto di cacciare in periodo non consentito, a prescindere dal danneggiamento specifico di animali o dall\'uso di armi.(fonte Corte di cassazione)
 
Con sentenza pronunciata il 2 novembre 2005 il Tribunale di Arezzo dichiarava  Claudio Nucci responsabile del delitto di cui agli artt. 81 cpv. c.p., art. 1  comma 1 della legge regionale n. 20 del 2002, 21 comma 1 lettera u e 30, comma  primo lettera a), h) e b) della legge n. 157 del 1992 perché, con più azioni  esecutive di un medesimo disegno criminoso, esercitava la caccia in periodo di  divieto generale, pasturando gli ungulati a breve distanza da un capanno con  feritoie ed andando più volte a controllare, di notte, con un fuoristrada, la  presenza di animali, munito di carabina monocolo dotata di silenziatore, di  costruzione artigianale, di ottica di puntamento e di attacco per il faro (per  fatto commesso in Arezzo dai primo del mese di luglio al 17 luglio 2004) e,  ritenute le circostanze attenuanti generiche, lo condannava alla pena  complessiva di € 1.200,00 di ammenda, oltre che al pagamento delle spese  processuali.
 
Condannava inoltre l\'imputato a risarcire alla provincia di Arezzo, costituitasi  parte civile, in persona del Presidente pro tempore, i danni morali e a  rifondere alla medesima le spese di costituzione e difesa.
   
Ha proposto ricorso per cassazione l\'imputato chiedendo l\'annullamento della  sentenza impugnata per i motivi che saranno nel prosieguo analiticamente  esaminati.
 
La provincia di Arezzo il 2 gennaio 2008 ha depositato in cancelleria memoria  difensiva con la quale ha chiesto il rigetto del ricorso e la condanna alle  spese di lite del ricorrente.
 
MOTIVI DELLA DECISIONE
 
Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione di cui all\'art. 606  primo comma lettera b) del codice di procedura penale (inosservanza e/o erronea  applicazione della legge penale) con riferimento agli artt. 185 c.p., 2043 c.c.  e 2059 c.c. e la violazione di cui all\'art. 606 n. 1 lettera e) del codice di  procedura penale (mancanza di motivazione relativamente ad alcune parti della  sentenza e manifesta illogicità della stessa).
 
Deduce il ricorrente che la statuizione di condanna al risarcimento dei danni  nel confronti della costituita parte civile era priva di motivazione.
 
Anche se era corretto ritenere in astratto che l\'Ente Provincia fosse persona  offesa dal reato, non era esatto statuire, in mancanza di prova e di idonea  motivazione, che la parte civile fosse stata effettivamente danneggiata dal  reato in questione.
La sussistenza dei reati era stata intatti ritenuta integrata soltanto per il  compimento di attività preliminari alla caccia in quanto non vi era stato  abbattimento di animali e non erano stati sparati colpi di arma fuoco.
 
Il motivo è palesemente infondato e va dichiarato inammissibile.
 
Come ha precisato questa Corte (Cass. pen. sez. III sent. 35868 del 2002,  Falconi) "la violazione del divieto di cacciare con mezzi vietati comporta danno  all\'immagine della Provincia cui compete il dovere di assicurare il corretto  esercizio della caccia". Tale danno, rileva il Collegio, sussiste quindi anche  soltanto per l\'attività di caccia con mezzi vietati in spregio dei divieti e dei  vincoli posti dalla normativa e sulla cui osservanza devono vigilare gli organi  della. Provincia, a prescindere dal danneggiamento specifico di animali o  dall\'uso di armi e, nel caso in esame, l\'imputato è stato sorpreso in  atteggiamento di chi esercita la caccia in periodo vietato. 
 
Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione di cui all\'art. 606  primo comma lettera b) c.p.p. (inosservanza e l\'erronea applicazione della legge  penale o di altre norme giuridiche) con riferimento all\'art. 1 comma primo della  legge regionale numero 20 del 2002, dell\'art. 21 comma 1 lettera u) e 30 primo  coma lettera a) e b) della legge n.157 del 1992, art. 12 commi 1, 2 e 3 della  legge n. 1587 del 1992 ed inoltre mancanza di motivazione relativamente ad  alcune parti della sentenza e manifesta illogicità della stessa (art. 606 n. 1  lettera e).
 
Deduce il ricorrente che il giudice di merito aveva ritenuto provato il fatto  che egli esercitasse la caccia dì cinghiali in periodo vietato soltanto in  quanto gli agenti della polizia provinciale di Arezzo lo avevano sorpreso  all\'interno della sua proprietà a bordo di un\'autovettura in cui vi era anche la  figlia tredicenne con una carabina caricata con un colpo e munita di  silenziatore.
 
Il giudice, senza alcuna ragione ed erroneamente, non aveva preso in  considerazione la tesi difensiva di esso ricorrente, secondo cui, il cibo  considerato esca per i cinghiali era stato collocato al solo fine di tenere  lontani detti animali dalla propria abitazione, e la carabina era destinata ad  esigenze di difesa personale e a tenere lontani pastori maremmani che, in  passato, lo avevano aggredito.
 
Anche il secondo motivo è palesemente infondato e va dichiarato inammissibile.
 
Il giudice di merito ha infatti esaminato la tesi difensiva e l\'ha valutata come  inattendibile, ritenendo invece, alla luce di una serie di logiche  considerazioni, che ricorressero invece indizi gravi, precisi e concordanti in  ordine alla presenza sul posto dell\'imputato al fine di abbattere cinghiali.
 
Ha rilevato in particolare che pattugliamento dell\'oliveto a bordo dell\'auto che  procedeva lentamente in prossimità del luogo della pasturazione, effettuata  secondo la tipica tecnica di caccia, (con occultamento sotto i sassi), ed il  possesso di un fucile carico, pronto all\'uso e munito di silenziatore elementi  sintomatici sono dell\'atteggiamento di caccia tenuto dall\'imputato". Il  Tribunale ha poi rilevato che il Nucci è cacciatore, quindi soggetto con  evidente propensione all\'abbattimento di animali, e che la presenza sul luogo di  tracce di sangue faceva anche presumere l\'avvenuto abbattimento dì animali. Alla  luce dell\'adeguata, coerente e logica motivazione del giudice di merito il  motivo deve ritenersi inammissibile anche in quanto, come ha specificato questa  Corte a Sezioni Unite ( v. per tutte SU sent. 31 maggio 2000, n. 12) " in tema  di controllo sulla motivazione al giudice di legittimità è normativamente  preclusa la possibilità non solo di sovrapporre la propria valutazione delle  risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, ma anche di  saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione mediante  un raffronto tra l\'apparato argomentativi che la sorregge ed eventuali altri  modelli di ragionamento mutuati dall\'esterno".
 
Consegue alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso l\'obbligo del  ricorrente al pagamento delle spese processuali e al pagamento della sanzione  pecuniaria in favore della Cassa delle ammende nella misura indicata in  dispositivo.
 
Il ricorrente va inoltre condannato, per la soccombenza, alla refusione delle  spese sostenute nel grado dalla parte civile, che si reputa congruo liquidare in  complessive euro 1.350,00, oltre I.V.A. e accessori di legge.
 
P.Q.M.
 
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle  spese processuali e della somma di € mille in favore della Cassa delle ammende.
 
Condanna inoltre il ricorrente alla refusione delle spese sostenute nel grado  dalla parte civile liquidate in complessive euro 1.350,00 oltre IVA e accessori  di legge
Così deciso in Roma, il 22.1.2008.
Depositato in cancelleria il 17/03/2008
Commento
La Suprema Corte di cassazione, con la sentenza della III Sezione n. 11752 depositata il 17 marzo 2008, ha confermato la sentenza del Tribunale di Arezzo del 2 novembre 2005 e riconosciuto la risarcibilità del danno all’immagine subito dalla Provincia di Arezzo da parte di un cacciatore locale, C.N., che “con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, esercitava la caccia in periodo di divieto generale, pasturando gli ungulati a breve distanza da un capanno con feritoie ed andando più volte a controllare, di notte, con un fuoristrada, la presenza di animali, munito di carabina monocolo dotata di silenziatore, di costruzione artigianale, di ottica di puntamento e di attacco per il faro” nell’estate del 2004. Tale pronunciamento merita particolare attenzione in quanto la Corte ha ribadito e precisato alcuni principi fondamentali nella materia. La perlustrazione di un’area con arma da fuoco a bordo di un autoveicolo in prossimità di luogo di pasturazione sono elementi sintomatici dell\'atteggiamento di caccia, comportanti la violazione delle specifiche disposizioni concernenti il divieto di caccia (artt. 81 cpv. cod. pen.; 21, comma 1°, lettera u, e 30, 1° comma, lettere a, h, b della legge n. 157/1992; art. 1, comma 1°, della legge regionale Toscana n. 20/ 2002). La violazione delle disposizioni si verifica anche in assenza di uccisione o ferimento della fauna selvatica, qualora avvenga in periodo di divieto di caccia. La condotta relativa alla violazione del divieto di cacciare con mezzi vietati è idonea a cagionare un danno all\'immagine della Provincia, cui compete, infatti, il dovere di assicurare il corretto esercizio della caccia stessa: tale danno deve ritenersi sussistere anche con riguardo ad attività di esercizio della caccia posta in essere, più in generale, in violazione dei vari divieti e dei vincoli posti dalla normativa, così come da precedente giurisprudenziale della stessa Sezione (Cass. pen., sez. III, n. 35868 del 2002).
dott. Stefano Deliperi
 
                    




