Consiglio di Stato Sez. VII n. 3328 del 16 aprile 2025
Ambiente in genere. Valutazione di incidenza ambientale (VINCA)
Il quid iuris della Valutazione di Incidenza Ambientale consiste nell’idoneità del piano o progetto da valutare (e, parimenti, delle sue eventuali modifiche) ad incidere su un determinato sito della rete Natura 2000. Va da sé che anche in caso di V.Inc.A. – così come in caso di VIA – la parte ricorrente non può limitarsi a comprovare l’esistenza di una modifica del progetto inizialmente assentito con V.Inc.A., ma deve provare anche che tale modifica è atta ad esplicare un’incidenza significativa sul sito ricompreso nella rete Natura 2000.
Pubblicato il 16/04/2025
N. 03328/2025REG.PROV.COLL.
N. 09239/2024 REG.RIC.
N. 09311/2024 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9239 del 2024, proposto dalle società Nettis Resort S.r.l. e Ges Net S.r.l., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dall’Avvocato Andrea Sticchi Damiani, con domicilio digitale come da P.E.C. da Registri di Giustizia
contro
Regione Basilicata, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocato Nicola Panetta, con domicilio digitale come da P.E.C. da Registri di Giustizia;
Bianco Mare – Alto Ionio Società Cooperativa, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocato Giuseppe Leporace, con domicilio digitale come da P.E.C. da Registri di Giustizia
nei confronti
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato e domiciliato presso gli uffici della stessa in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
Comune di Pisticci, Comune di Bernalda, Capitaneria di Porto – Guardia Costiera di Taranto, non costituiti in giudizio
sul ricorso numero di registro generale 9311 del 2024, proposto dal Comune di Pisticci, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocato Davide Maggiore, con domicilio digitale come da P.E.C. da Registri di Giustizia
contro
Regione Basilicata, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocato Nicola Panetta, con domicilio digitale come da P.E.C. da Registri di Giustizia;
Bianco Mare – Alto Ionio Società Cooperativa, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocato Giuseppe Leporace, con domicilio digitale come da P.E.C. da Registri di Giustizia;
Capitaneria di Porto di Taranto – Guardia Costiera di Taranto, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato e domiciliata presso gli uffici della stessa in Roma, via dei Portoghesi n. 12
nei confronti
Nettis Resort S.r.l., Ges Net S.r.l., Consorzio Villa degli Argonauti, Comune di Bernalda, Nereide Soc. Coop., non costituiti in giudizio
per la riforma
quanto ad entrambi i ricorsi:
della sentenza n. 225/2024 depositata in data 29 aprile 2024 e non notificata con cui il TAR per la Basilicata ha rigettato i ricorsi
Visti i ricorsi in appello, l’appello incidentale e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti appellate;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 marzo 2025 il Consigliere Michele Tecchia e uditi per le parti gli Avvocati Giuseppe Carlomagno (in sostituzione dell'avv. Andrea Sticchi Damiani) Giuseppe Leporace e Davide Maggiore;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con nota del 16 febbraio 2021, la società Aprimar trasmetteva alla Regione Basilicata un’istanza per il rilascio di una concessione demaniale marittima su uno specchio acqueo di superficie pari a 514.485 mq nella zona di mare prospiciente il litorale dei comuni di Pisticci e Bernalda, ai fini della realizzazione di un impianto polispecie e polifunzionale di acquacoltura avente ad oggetto diverse tipologie di attività, segnatamente la “Ricerca applicata ed Innovazione di prodotti e processi, produzione di molluschi in generale (bivalvi e cefalopodi), di pesce (rombi, ricciole, saraghi, orate, spigole ecc, anche in polispecie tra loro nella medesima gabbia), di crostacei, ed altri animali marini di interesse ambientale e commerciale; nonché di pescaturismo/acquacolturaturismo”. Le coordinate geografiche individuate nell’istanza del 16 febbraio 2021 erano le seguenti: “WGS84 i cui vertici sono di seguito riportati: Punto A: 40° 20,000' N- 016° 50,300' E (40° 20'00" N- 016° 50'18" E); Punto B: 40° 20,300' N - 016° 50,500' E (40° 20'18" N - 016° 50' 30" E); Punto C: 40° 20,300' N 016° 51,000' E (40° 20'18" N - 016° 51' 00" E); Punto D: 40° 20,000' N - 016° 51,000' E (40° 20' 00"N- 016° 51' 00" E)”.
2. Con nota del 2 luglio 2021, la società Aprimar trasmetteva all’ufficio regionale competente anche l’istanza di Valutazione di Incidenza Ambientale (c.d. V.Inc.A.) ai sensi del d.P.R. n. 357 del 1997, avente ad oggetto il summenzionato impianto insistente sullo specchio di mare parzialmente ricadente nel sito R.N. 2000 Costa Ionica – Foce Basento.
3. Successivamente, all’esito di un’interlocuzione procedimentale tra la società Aprimar e l’ufficio regionale competente (durante il quale quest’ultimo chiedeva all’istante alcuni chiarimenti tecnici integrativi), con D.D. del 13 gennaio 2022 la Regione Basilicata emetteva parere favorevole di screening di V.Inc.A. avente ad oggetto l’“impianto di molluschicoltura di specie autoctone nello specchio di mare ricadente, in parte, nel sito R.N. 2000 Costa Ionica – Foce Basento”. In particolare, con tale atto l’ufficio regionale competente si determinava nel senso di:
(i) “esprimere parere favorevole di Screening di V.Inc.A. (Livello I della procedura sancita dall’articolo 6, paragrafo 3, della Direttiva Habitat 92/43/CEE), per “L’impianto di molluschicoltura di specie autoctone” nello specchio di mare ricadente, in parte, nel Sito RN2000 Costa Ionica Foce Basento (codice sito IT9220085), progetto che prevede un impianto di produzione di molluschi bivalvi (Mitylus galloprovincialis) costituito da un impianto di maturazione dei mitili del tipo “long-line” e da captatori) e dall’installazione di due gabbie sperimentali vuote per l’allevamento di specie diverse dai mitili”;
(ii) “escludere dal presente parere le attività didattiche, di ricerca, turistico-ricreativa e di allevamento di altre specie differenti dai mitili, non descritte compiutamente nel progetto presentato e per le quali, qualora si voglia dar loro seguito, occorrerà attivare specifico procedimento di V.Inc.A.”;
(iii) “specificare espressamente che il summenzionato parere, reso ai sensi del D.P.R. n. 357/1997 (e s.m.i.), è riferito alla sola valutazione della compatibilità ambientale dell’intervento con le specie e gli habitat del Sito interessato e che, pertanto, lo stesso non costituisce né sostituisce in alcun modo ogni altro parere, autorizzazione e concessione propedeutici e necessari alle attività di che trattasi”;
(iv) “stabilire, conformemente alle Linee Guida Nazionali per la Valutazione di Incidenza, una validità di 5 (cinque) anni, a partire dalla data del presente atto, e che trascorso tale termine dovrà essere reiterata la procedura di screening”;
(v) “stabilire l’obbligo, per il Proponente, di presentare all’Ufficio Regionale Compatibilità Ambientale nuova istanza di Valutazione d’Incidenza per ogni eventuale variante sostanziale al Progetto valutato”.
4. Con successiva nota del 6 settembre 2022, la Regione Basilicata chiedeva al Comune di Pisticci (ma non anche al Comune di Bernalda) di pubblicare sull’Albo Pretorio comunale l’avviso di concessione demaniale in favore dell’Aprimar, con termine per la presentazione delle osservazioni fissato per il 25 settembre 2022 (poi prorogato al 3 ottobre 2022).
5. A tale avviso faceva seguito la presentazione di osservazioni da parte di Nettis Resort s.r.l., Ges.Net. s.r.l., Consorzio Villa degli Argonauti, Lega Coop Basilicata e del Comune di Pisticci (in particolare dal Dott. Guido Beltrami in qualità di progettista e direttore dei lavori dell’area marittima assegnata al Comune di Pisticci per la realizzazione del progetto pilota “Mare Vivo” finanziato con fondi Feamp 2014-2020 mis. 1.40 per la “protezione e ripristino della biodiversità e degli ecosistemi marini e dei regimi di compensazione di attività di pesca ecosostenibili” in A.T.S. con la cooperativa Nereide ed il WWF di Policoro).
6. Con successiva nota prot. n. 46272 del 27 febbraio 2023, Aprimar rinunciava al rilascio della concessione demaniale. In pari data, tuttavia, con parallela istanza l’odierna controinteressata (id est Bianco Mare – Alto Ionio Società Cooperativa) chiedeva alla Regione Basilicata il rilascio di una concessione demaniale per la realizzazione di un progetto apparentemente identico rispetto a quello indicato nella prima istanza di Aprimar.
7. L’istanza di concessione demaniale presentata dall’odierna controinteressata veniva poi pubblicata sul “portale bandi” della regione Basilicata dal 21 agosto al 9 settembre 2023. Nel suddetto periodo il Comune di Pisticci e gli altri soggetti interessati presentavano osservazioni sul progetto elaborato dall’odierna controinteressata.
8. Infine, con determinazione n. 431 del 22 settembre 2023, la Regione Basilicata – ritenuto superfluo acquisire un nuovo parere V.Inc.A. in considerazione della sostanziale identità tra il primo progetto di Aprimar e il secondo progetto dell’odierna controinteressata – rilasciava la concessione demaniale marittima in favore della controinteressata. In particolare, con il suddetto provvedimento, l’ufficio regionale concedeva all’odierna controinteressata “per un periodo di anni 8 (otto), come da predetto Avviso di Pubblicazione, complessivi mq. 550.311,00 di specchio acqueo, comprensivi di m. 500,00 di area di rispetto dai vertici delle boe perimetrali, per acquacoltura tramite l’installazione di un impianto di molluschicoltura, del tipo “long-line”, di specie autoctone per la produzione di molluschi bivalvi di forma rettangolare i cui vertici sono individuati dalle seguenti coordinate: - SP1 N 4466936,532 E 2676165,676 - SP2 N 4466957,197 E 2677156,756 - SP3 N 4466402,167 E 2677168,356 - SP4 N 4466381.517 E 2676177,276, escludendo le attività didattiche, di ricerca, turistico-ricreativa e di allevamento di altre specie differenti dai mitili, così come prescritto dal citato parere V.Inc.A. n. 23BD.2022/D.00004 del 13.01.2022”.
9. Con due autonomi ricorsi dinanzi al TAR Basilicata (RG 543/2023 e RG 546/2023) rispettivamente proposti da un lato dalle società Nettis Resort S.r.l. e Ges Net S.r.l. (nella qualità di gestori della struttura turistica, ricettiva, portuale e balneare, denominata “Porto degli Argonauti” sita nel Comune di Pisticci) e dall’altro lato dai Comuni di Pisticci e Bernalda, i suddetti soggetti hanno impugnato la concessione demaniale marittima sopra richiamata, nonché tutti gli atti da essa presupposti (ivi incluso il parere favorevole di screening di V.Inc.A.).
10. Nel giudizio RG 543/2023 instaurato dalle società Nettis Resort S.r.l. e Ges Net S.r.l. dinanzi al TAR Basilicata, si sono costituiti la controinteressata Società Cooperativa Bianco Mare-Alto Ionio (che ha insistito per la declaratoria di inammissibilità del ricorso e, comunque, anche per la sua reiezione nel merito) nonché il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti con memoria di stile. Sono inoltre intervenuti, con atto di intervento ad adiuvandum, il Consorzio Villa degli Argonauti, la Società Cooperativa Nereide e l’Associazione Balneari Marina di Pisticci.
11. Nel giudizio RG 546/2023 instaurato dai Comuni di Pisticci e Bernalda dinanzi al TAR Basilicata, si sono costituiti la Regione Basilicata e l’odierna controinteressata, entrambe insistendo da un lato per la declaratoria di inammissibilità e/o irricevibilità del ricorso e, dall’altro lato, per la sua reiezione nel merito.
12. Con la sentenza ora appellata il TAR Basilicata – previa riunione dei due ricorsi sopra menzionati e respinte in via preliminare le eccezioni in rito sollevate nel giudizio RG 546/2023 – ha rigettato nel merito entrambi i ricorsi e assorbito le eccezioni in rito sollevate nel giudizio RG 543/2023.
13. Con i due appelli in epigrafe, da un lato le società Nettis Resort S.r.l. e Ges Net S.r.l. e dall’altro lato il Comune di Pisticci insorgono avverso la suddetta sentenza. Gli appelli sono affidati a plurimi motivi che verranno più avanti diffusamente scrutinati.
14. Nel giudizio di appello instaurato dalle società Nettis Resort S.r.l. e Ges Net S.r.l. (RG 9239 del 2024) si sono costituiti il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (con memoria di stile) nonché la Regione Basilicata e l’odierna controinteressata, queste ultime due sollevando plurime eccezioni sia in rito che nel merito.
15. Nel giudizio di appello instaurato dal Comune di Pisticci (RG 9311 del 2024) si sono costituiti la Capitaneria di Porto di Taranto (con memoria di stile) nonché la Regione Basilicata e l’odierna controinteressata, queste ultime due sollevando plurime eccezioni sia in rito che nel merito.
16. La società controinteressata ha notificato e depositato, inoltre, nel solo giudizio di appello instaurato dal Comune di Pisticci (RG 9311 del 2024), un appello incidentale condizionato, l’interesse alla cui proposizione è esplicitamente subordinato all’ipotesi in cui il Collegio intenda accogliere l’appello principale.
All’udienza pubblica del 11 marzo 2025 il Collegio – previa discussione della causa – ha trattenuto quest’ultima in decisione.
DIRITTO
17. I due appelli principali (in uno all’appello incidentale condizionato del giudizio RG 9311/2024) vanno riuniti in ossequio al disposto dell’art. 96, co. 1, c.p.a., atteso che si tratta di gravami interposti avverso la medesima sentenza.
18. Prima di scrutinare il merito dei motivi di appello, corre l’obbligo di soffermarsi innanzitutto sulle eccezioni in rito.
19. La società controinteressata (Bianco Mare – Alto Ionio Società Cooperativa) eccepisce innanzitutto l’inammissibilità dei due appelli principali per un duplice ordine di motivi: per un verso perché gli appellanti si sarebbero limitati a riproporre le stesse identiche censure già sollevate in primo grado e non avrebbero provveduto, quindi, ad elaborare contestazioni specifiche della sentenza appellata; per un altro verso perché gli appelli conterrebbero “tesi, argomentazioni e censure non originariamente proposte dinanzi al Tar, come tali improponibili in sede di appello”.
L’eccezione in questione – in disparte la sua genericità e intrinseca contraddittorietà – è comunque infondata, atteso che entrambi gli appelli:
(a) contengono una puntuale indicazione sia dei capi di sentenza impugnati sia dei vizi che in tesi affliggono detti capi;
(b) non veicolano censure o doglianze nuove (tanto è vero che la controinteressata non indica quali sarebbero le doglianze asseritamente nuove).
20. Fermo quanto precede, la società controinteressata ha poi ritualmente reiterato ex art. 101 co. 2 c.p.a. (con memoria di costituzione tempestivamente depositata in appello in data 28 gennaio 2025 in ossequio al termine di costituzione di sessanta giorni) alcune eccezioni di inammissibilità del ricorso di primo grado dichiarate assorbite dal primo giudice.
In particolare, per quel che concerne il ricorso proposto dalle società Nettis Resort S.r.l. e Ges Net S.r.l., la controinteressata insiste sul difetto di legittimazione ad agire e di interesse ad agire delle appellanti, invocando sostanzialmente l’assenza di vicinitas, in quanto non vi sarebbe alcuna interferenza tra l’impianto di molluschicoltura oggetto di concessione demaniale marittima e il porto degli Argonauti di cui sono proprietarie le ricorrenti.
In dettaglio, espone la controinteressata che:
a) dal molo foraneo nord (fanale verde) del porto degli Argonauti (di proprietà delle ricorrenti) fino al perimetro esterno dello specchio d’acqua oggetto di concessione, intercorrono 1852 metri;
b) il porto degli Argonauti non avrebbe un “cono di atterraggio”, ciò che riduce ulteriormente la possibilità di interferenze tra l’allevamento oggetto di concessione demaniale e il porto in questione;
c) detto porto è adibito soltanto al diporto, sicché è impossibile che in esso transitino imbarcazioni di dimensioni tali da non poter fare una manovra in un raggio amplissimo di 1852 metri;
d) le spiagge attrezzate riferibili alle appellanti sono a sud del porto, alla notevole distanza di almeno 2,5/3 Km, e sono anche protette dai moli foranei, sicché nessun inquinamento potrebbe giungere nelle spiagge.
20.1. L’eccezione è infondata.
Alla luce, infatti, delle coordinate ermeneutiche forgiate in via generale dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato (si veda, ad esempio, Adunanza Plenaria n. 22 del 2021, i cui principi – seppur elaborati in relazione ai titoli edilizi – ben possono estendersi ad ogni altro atto ampliativo della sfera giuridica del controinteressato) la legittimazione e l’interesse al ricorso ben possono ricavarsi dall’insieme delle allegazioni racchiuse nel ricorso, con l’ulteriore precisazione che dette condizioni possono essere precisate e comprovate dal ricorrente nel corso del processo, laddove le stesse venissero poste in dubbio dalle controparti o la questione rilevata d’ufficio dal giudicante.
Va rammentato, inoltre, che l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato ha affermato “la distinzione e l’autonomia tra legittimazione e interesse al ricorso quali condizioni dell’azione” con la conseguenza che “è necessario in via di principio che ricorrano entrambi e non può affermarsi che il criterio della vicinitas, quale elemento di differenziazione, valga da solo ed in automatico a soddisfare anche l’interesse al ricorso” (Con. Stato, Ad. plen., 9 dicembre 2021, n. 22).
Peraltro, con specifico riferimento alla nozione di vicinitas inserita nell’ambito di attività commerciali latu sensu intese, essa postula la necessità, in caso di impugnazione di atti autorizzativi di attività commerciali (o comunque produttive di vantaggi economici), di dimostrare il pregiudizio derivante dalla realizzazione dell’intervento assentito.
In tal caso il criterio dello stabile “collegamento territoriale” che deve legare il ricorrente all’area di operatività del controinteressato per poterne qualificare la posizione processuale, e conseguentemente il diritto di azione, deve essere riguardato in un’ottica più ampia rispetto a quella usuale, ferma restando la necessità di un interesse personale, attuale e diretto (cfr. Cons. St., sez. VI, 28 marzo 2022, n. 2268)
Orbene, nel caso di specie le odierne appellanti hanno dapprima puntualmente fornito (con il ricorso di primo grado) specifiche allegazioni in materia di legittimazione e interesse a ricorrere.
Inoltre, con relazione tecnica redatta da un perito di parte (cfr. doc. 17 del ricorso di primo grado) le stesse appellanti hanno fornito un principio di prova delle possibili interferenze negative tra l’attività dell’impianto di molluschicoltura e il porto turistico degli Argonauti ad esse riconducibile, interferenze che completano ed integrano il “nudo” dato della vicinitas territoriale (pari a circa 1,8 km).
Tanto basta, pertanto, a radicare l’esistenza delle condizioni dell’azione, fermo restando che l’accertamento di tali condizioni – pur dovendosi basare su puntuali allegazioni e prove all’uopo fornite dalla parte ricorrente – non può però spingersi sino al punto di scrutinare il merito stesso della domanda.
21. La società controinteressata eccepisce, poi, un ulteriore profilo di inammissibilità dei ricorsi di primo grado, evidenziando che “tutti i motivi dell’avverso ricorso di primo grado (e dell’odierno avverso appello) si basano non su quello che è effettivamente l’oggetto delle impugnate concessioni demaniali marittimi e Valutazione di Incidenza Ambientale (V.INC.A.) (mero “IMPIANTO DI MOLLUSCHICOLTURA di specie autoctone”), ma su quello che tale oggetto poteva essere alla luce della risalente istanza di Aprimar srl. Motivi con i quali, conseguentemente, sono state introdotte censure non pertinenti, in quanto non afferenti a ciò che hanno nella realtà riguardato i provvedimenti gravati, ma afferenti ad un impianto polispecie e polifunzionale di acquacoltura e piscicoltura intensiva per nulla oggetto della concessione demaniale marittima e della V.INC.A. per cui è causa” (cfr. pag. 5 della memoria di costituzione depositata dalla controinteressata in data 28 gennaio 2025).
21.1. Anche questa eccezione è infondata, atteso che il nucleo censorio essenziale di entrambi gli appelli principali non è polarizzato sui vizi del primo progetto trasmesso da Aprimar all’Amministrazione, bensì su alcune supposte difformità del secondo progetto (così come da ultimo approvato con la concessione impugnata) rispetto al progetto assentito con V.Inc.A. del 13 gennaio 2022.
22. Tanto chiarito, occorre ora scrutinare il merito dei due appelli principali
SUI MOTIVI DI APPELLO PROPOSTI NEL GIUDIZIO DI APPELLO RG 9239/2024
IN PARTICOLARE: SUL PRIMO MOTIVO DI APPELLO DEL GIUDIZIO RG 9239/2024
23. Con il primo motivo di appello del giudizio RG 9239/2024, le società appellanti richiamano innanzitutto il primo motivo di impugnazione della concessione demaniale avversata nel giudizio di primo grado, con il quale si contestava l’asserita difformità tra il progetto indicato nell’istanza di concessione demaniale presentata dalla società Aprimar in data 16 febbraio 2021 e il progetto di cui alla successiva istanza di concessione demaniale del 27 febbraio 2023.
In base a tale prospettazione, siccome il parere favorevole di screening di V.Inc.A. del 13 gennaio 2022 avrebbe avuto ad oggetto il primo progetto presentato da Aprimar in data 16 febbraio 2021, va da sé che la concessione demaniale marittima impugnata – avendo ad oggetto il secondo diverso progetto presentato dalla controinteressata in data 27 febbraio 2023 – avrebbe finito per validare un progetto privo del necessario parere favorevole di V.Inc.A.
Il primo motivo di impugnazione degli atti amministrativi gravati poggia, pertanto, sulla sostanziale diversità tra il progetto che Aprimar aveva inizialmente sottoposto all’attenzione delle Amministrazioni competenti (e sul quale, quindi, era stata da un lato svolta l’istruttoria per la concessione demaniale e dall’altro lato acquisita la V.Inc.A.) e il progetto che l’Amministrazione ha ultimativamente assentito in favore della società subentrata ad Aprimar (id est l’odierna controinteressata Bianco Mare – Alto Ionio Società Cooperativa).
Tutto ciò al fine di evidenziare che la concessione demaniale rilasciata alla società controinteressata sarebbe basata su un evidente travisamento dei presupposti di fatto e su un difetto di istruttoria, atteso che la stessa sarebbe fondata su un’istruttoria demaniale e su un parere di V.Inc.A. aventi ad oggetto un progetto sostanzialmente diverso rispetto a quello assentito.
23.1. La sentenza appellata ha negato tale diversità sulla scorta della seguente motivazione: “non vi è stato alcun ampliamento della superficie dello specchio acqueo di mare concessa, perché con il provvedimento di Valutazione di Incidenza Ambientale ex Determinazione n. 4 del 13.1.2022 è stata considerata la superficie del progettato impianto di molluschicoltura di 514.485,00 mq., specificando che la predetta area di 514.485,00 mq. “prevede, inoltre, una fascia di rispetto di 500,00 m. dai vertici delle boe perimetrali”, mentre con l’impugnata Determinazione n. 431 del 22.9.2023 è stata concessa la superficie di specchio acqueo di mare di 550.311,00 mq., “comprensivi di m. 500,00 di area di rispetto dai vertici delle boe perimetrali””.
23.2. Il primo motivo di appello censura proprio questo capo di sentenza e lo fa osservando - preliminarmente - che in base all’art. 36 del Codice della Navigazione (e all’art. 5 del Regolamento di esecuzione di tale codice) ogni istanza di concessione demaniale marittima finalizzata all’installazione di impianti di acquacoltura deve necessariamente indicare alcuni elementi essenziali, id est l’uso che si intende fare dello specchio acqueo in concessione, la durata richiesta, le opere da eseguire e la localizzazione degli impianti che si vogliono installare in detto specchio acqueo.
Ne discende – ad avviso delle appellanti – che se l’istanza di concessione demaniale viene modificata rispetto a detti elementi essenziali, tale modifica integra una variante significativa dell’istanza, con conseguente necessità di ripetere l’istruttoria e riacquisire gli eventuali pareri ambientali (come ad esempio quello di V.Inc.A.) inizialmente acquisiti per l’istanza originaria.
23.3. Fermo quanto precede, le appellanti sostengono che nel caso di specie sarebbero sopravvenute – tra l’originaria istanza di concessione demaniale trasmessa da Aprimar in data 16 febbraio 2021 e la nuova istanza trasmessa dall’odierna controinteressata in data 27 febbraio 2023 – numerose variazioni essenziali dell’istanza originaria.
23.4. In primo luogo, sostengono le appellanti che la prima istanza di concessione demaniale marittima trasmessa da Aprimar in data 16 febbraio 2021 non avrebbe indicato alcuna durata della concessione, mentre la nuova istanza di concessione presentata dalla controinteressata in data 27 febbraio 2023 indica invece una durata di 15 anni.
23.5. In secondo luogo, l’istanza originaria di Aprimar identificava il punto B dello specchio acqueo con le seguenti coordinate geografiche “WGS84”: 40° 20’ 18’’ N – 16° 50’ 30’’ E.
Viceversa, nella successiva istanza della controinteressata il medesimo punto è indicato come SP1 di coordinate geografiche “EPSG” pari a 4466936,532 N – 266165,676 E, le quali – una volta convertite in coordinate “WGS84” – equivarrebbero in tesi a 40° 20’ 18’’ N – 16° 50’ 18’’ E.
Ne discenderebbe – sempre ad avviso delle appellanti – che la traslazione verso l’esterno dell’estremità in esame avrebbe comportato una modifica, con contestuale ampliamento, della superficie di specchio acqueo richiesta in concessione, da 514.485 metri quadrati agli attuali 550.311,00 metri quadrati.
Né tale incremento da 514.485 metri quadrati agli attuali 550.311,00 metri quadrati può essere giustificato – come fatto dal primo giudice – invocando l’area di rispetto dei 500 mt dai vertici delle boe perimetrali: se ai 514.485 metri quadrati iniziali si aggiungesse l’area di rispetto dei 500 mt, infatti, si otterrebbe una superficie in tesi ben maggiore rispetto ai 550.311,00 metri quadrati di cui alla concessione impugnata.
23.6. In terzo luogo, le appellanti evidenziano che la nuova istanza concessoria trasmessa dalla controinteressata avrebbe indicato:
a) una diversa modalità di utilizzo dello specchio acqueo, avendo menzionato un’attività di acquacoltura tramite installazione di un impianto di molluschicoltura e, inoltre, l’installazione di due gabbie sperimentali vuote per l’allevamento di specie diverse dai mitili.
b) un differente arco temporale.
23.7. Le appellanti sostengono, pertanto, che l’istanza di concessione demaniale presentata da Aprimar nel 2021 non sarebbe affatto sovrapponibile all’istanza presentata dalla controinteressata nel 2023, sicché la sentenza appellata sarebbe errata per travisamento dei presupposti di fatto e per omessa parziale pronunzia, lì dove statuisce che l’oggetto delle due istanze sarebbe stato identico.
In proposito, le appellanti richiamano, ad abundantiam, l’art. 24 del Regolamento di esecuzione del Codice della Navigazione, il quale prevede, al comma 2, che “Qualsiasi variazione nell’estensione della zona concessa o nelle opere o nelle modalità di esercizio deve essere richiesta preventivamente e può essere consentita mediante atto o licenza suppletivi dopo l’espletamento della istruttoria”; di talché, se l’ordinamento impone di presentare una nuova domanda di concessione e contempla la necessità di condurre una rinnovata istruttoria a fronte di variazioni apportate rispetto ad una precedente concessione (c.d. concessione suppletiva), a fortiori tale istruttoria andrebbe condotta, in modo completo, nell’ipotesi (come quella in esame) in cui il precedente procedimento concessorio non sia giunto a conclusione.
23.8. Sempre con il primo motivo di appello, inoltre, le appellanti censurano anche quel capo di sentenza che – sul presupposto (in tesi errato) dell’identità dei due progetti rispettivamente indicati nella prima istanza di Aprimar del 2021 e nella seconda istanza della controinteressata del 2023 – ha automaticamente esteso al secondo progetto (ai fini del rilascio della concessione demaniale marittima) il provvedimento favorevole di Valutazione di Incidenza Ambientale ex d.P.R. n. 357 del 1997 rilasciato in relazione al primo progetto.
Osservano in proposito le appellanti che in base all’art. 2 del d.P.R. n. 357/97, la sottoposizione di un progetto a V.Inc.A. dipende unicamente dalla sua localizzazione rappresentata da “un’area geograficamente definita, la cui superficie sia chiaramente delimitata”.
La localizzazione e il contesto territoriale del progetto, quindi, qualificano l’istanza di sottoposizione a V.Inc.A., con la conseguenza che nel caso di specie il provvedimento favorevole di V.Inc.A. – in quanto rilasciato per un ben determinato progetto – non può essere automaticamente traslato su un diverso progetto (quale quello indicato nella nuova istanza di concessione demaniale del 27 febbraio 2023) contraddistinto da un sito geograficamente più esteso (il secondo progetto occupa, infatti, una superficie maggiore del primo a causa dello spostamento geografico di un vertice) nonché da un differente utilizzo dello specchio acqueo, da una differente configurazione delle opere e da una diversa durata della concessione richiesta.
Ad ulteriore conferma di quanto precede, infine, le appellanti sottolineano che la riprova della diversità oggettiva dei due progetti si ricaverebbe dalla stessa condotta di Aprimar che - invece di chiedere la mera voltura dell’istanza di concessione demaniale (come fatto per la V.Inc.A.) - ha ritenuto di dover rinunciare a tale istanza e di acconsentire alla trasmissione ex novo di una nuova istanza da parte della controinteressata.
24. Il motivo è infondato.
24.1. In via preliminare, risulta per tabulas che il primo progetto presentato da Aprimar in data 16 febbraio 2021 è stato ridimensionato e limitato in sede di procedura di V.Inc.A. Ed infatti:
a) l’istanza del 16 febbraio 2021 faceva riferimento ad un “impianto polispecie e polifunzionale di acquacoltura” per lo svolgimento di molteplici eterogenee attività, id est “Ricerca applicata ed Innovazione di prodotti e processi, produzione di molluschi in generale (bivalvi e cefalopodi), di pesce (rombi, ricciole, saraghi, orate, spigole ecc, anche in polispecie tra loro nella medesima gabbia), di crostacei, ed altri animali marini di interesse ambientale e commerciale; nonché di pescaturismo/acquacolturaturismo”;
b) viceversa il parere favorevole di screening di V.Inc.A. del 13 gennaio 2022 contemplava “un impianto di produzione di molluschi bivalvi (Mitylus galloprovincialis) costituito da un impianto di maturazione dei mitili del tipo “long-line” e da captatori e dall’installazione di due gabbie sperimentali vuote per l’allevamento di specie diverse dai mitili”, con espressa esclusione di “attività didattiche, di ricerca, turistico-ricreativa e di allevamento di altre specie differenti dai mitili, non descritte compiutamente nel progetto presentato e per le quali, qualora si voglia dar loro seguito, occorrerà attivare specifico procedimento di V.Inc.A.”.
In estrema sintesi, quindi, il primo progetto del 2021 era più ampio rispetto al progetto assentito con lo screening di V.Inc.A., atteso che il primo consisteva in un impianto di acquacoltura (ovverossia un impianto che - oltre a produrre mitili - serviva anche ad allevare pesci e altri animali marini, nonché a svolgere attività di pescaturismo) mentre il secondo consisteva in un più “modesto” impianto di molluschicoltura.
Né deve trarre in errore il riferimento (contenuto nel parere favorevole di V.Inc.A. del 13 gennaio 2022) alle “due gabbie sperimentali vuote per l’allevamento di specie diverse dai militi”, atteso che lo stesso parere chiarisce che “l’installazione delle due gabbie sommergibili per l’allevamento dei pesci è solo a carattere sperimentale, finalizzata alla verifica dei parametri ambientali dell’area di ubicazione e non prevede in questa fase alcun tipo di allevamento in aggiunta a quello dei mitili descritto in precedenza; le stesse, pertanto saranno mantenute vuote”: ne deriva, pertanto, che l’impianto assentito con il parere favorevole di V.Inc.A. del 13 gennaio 2022 è indubitabilmente un impianto di allevamento di soli mitili (id est molluschicoltura).
24.2. Fermo quanto precede, al fine di valutare se il progetto assentito con la concessione demaniale impugnata sia stato (o meno) oggetto dei dovuti approfondimenti istruttori, la comparazione va fatta non già tra il progetto indicato nell’istanza del 16 febbraio 2021 e il progetto indicato nell’istanza del 27 febbraio 2023, bensì tra il progetto assentito con la concessione demaniale del 2023 e il progetto assentito con parere favorevole di V.Inc.A. del 13 gennaio 2022.
Orbene, da tale comparazione emerge la piena identità oggettiva dei due progetti: ed infatti, sia il parere favorevole di V.Inc.A. del 13 gennaio 2022 che il provvedimento concessorio del 2023 hanno ad oggetto un impianto di molluschicoltura di specie autoctone nello specchio di mare parzialmente ricadente nel Sito RN2000 Costa Ionica Foce Basento (codice sito IT9220085) per la produzione di molluschi bivalvi (Mitylus galloprovincialis) con sistema di maturazione dei mitili di tipo “long-line” e captatori, nonché con installazione di due gabbie sperimentali vuote per l’allevamento di specie diverse dai mitili.
24.3. Fermo quanto precede, ovviamente non si ignora il fatto che la concessione demaniale del 2023 riporta – a differenza del parere favorevole di V.Inc.A. del 13 gennaio 2022 – uno specchio acqueo più esteso (550.311,00 mq anziché 514.485 mq) nonché una durata anch’essa superiore (8 anni anziché 5 anni) ed un soggetto istante diverso (l’odierna controinteressata anziché Aprimar).
Cionondimeno, tanto non basta ad inficiare la legittimità del provvedimento concessorio impugnato.
24.4. Sovviene a tal proposito, infatti, la giurisprudenza del Consiglio di Stato recentemente formatasi su una fattispecie analoga a quella in esame (cfr. Cons. St. n. 7884 del 1° ottobre 2024) e cioè quella in cui l’Amministrazione omette di sottoporre a nuova Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) le eventuali modifiche di un progetto imprenditoriale già assentito con una prima VIA.
Orbene, tale giurisprudenza prende le mosse dalla definizione normativa (contenuta nell’art. 5, comma 1, lett. l-bis, del d.lgs. n. 152/2006) di “modifica sostanziale” di un progetto od opera o impianto già sottoposto a valutazioni ambientali: tale modifica consiste nella “variazione delle caratteristiche o del funzionamento ovvero un potenziamento dell’impianto, dell’opera o dell’infrastruttura o del progetto che, secondo l’autorità competente, producano effetti negativi e significativi sull’ambiente o sulla salute umana”.
In base a detta giurisprudenza, qualora si contesti la mancata effettuazione di una nuova valutazione di impatto ambientale (ovvero di incidenza ambientale) di eventuali modifiche sostanziali di un progetto già assentito con VIA, la contestazione può essere accolta soltanto se la parte ricorrente fornisce “prova della sussistenza di impatti negativi e significativi scaturenti dalla modifica progettuale”; più in particolare, è stato condivisibilmente affermato che “va rimarcato come la norma imponga ai fini della qualificazione della modifica come “sostanziale”, che la parte che agisce in giudizio per censurare la valutazione dell’amministrazione deduca la produzione di effetti al contempo “negativi” e “significativi” sulle due matrici indicate, gravando, dunque, su chi contesta l’illegittimità della valutazione dell’amministrazione l’onere della prova circa l’inattendibilità della valutazione compiuta dall’amministrazione nell’ambito del procedimento di compatibilità ambientale e il verificarsi di questi effetti” (cfr. Cons. St. n. 7884 del 1° ottobre 2024).
Detto in altri termini, se la parte ricorrente afferma che è intervenuta una modificazione sostanziale del progetto originariamente assentito con VIA, la stessa parte ricorrente è onerata di provare non soltanto l’esistenza della modifica, ma anche la sua incidenza negativa e significativa sull’ambiente circostante (cfr. in questo senso – oltre a Cons. St. n. 7884 del 1é ottobre 2024 – anche Cons. Stato, sez. IV, 7 luglio 2022, n. 5670, §. 12, laddove il principio è affermato con particolare riferimento all’imposizione delle prescrizioni ambientali).
24.5. Orbene, ferme restando le note differenze tra V.I.A. e V.Inc.A. (le quali differiscono per finalità, basi normative unionali e iter procedurali) cionondimeno non può essere sottaciuto che il summenzionato principio ben può essere traslato mutatis mutandis alla fattispecie ora in esame.
Com’è noto, infatti, l’art. 6, par. 3, della Direttiva 92/43/CEE “Habitat” prevede che “Qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna valutazione dell'incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. Alla luce delle conclusioni della valutazione dell'incidenza sul sito e fatto salvo il paragrafo 4, le autorità nazionali competenti danno il loro accordo su tale piano o progetto soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l’Integrità del sito in causa e, se del caso, previo parere dell'opinione pubblica”.
Il quid iuris della Valutazione di Incidenza Ambientale consiste, pertanto, proprio nell’idoneità del piano o progetto da valutare (e, parimenti, delle sue eventuali modifiche) ad incidere su un determinato sito della rete Natura 2000.
Va da sé che anche in caso di V.Inc.A. – così come in caso di VIA – la parte ricorrente non può limitarsi a comprovare l’esistenza di una modifica del progetto inizialmente assentito con V.Inc.A., ma deve provare anche che tale modifica è atta ad esplicare un’incidenza significativa sul sito ricompreso nella rete Natura 2000.
24.6. Tale prova non è stata fornita, tuttavia, nel caso di specie. Le allegazioni attoree sono incentrate, infatti, sui soli dati della diversa estensione territoriale dello specchio acqueo, della diversa durata e della differente identità del soggetto istante. Sennonché, tali elementi – se da un lato disvelano la presenza (in sede di concessione demaniale del 2023) di una parziale modifica del progetto assentito con il parere di V.Inc.A. del 13 gennaio 2022 – dall’altro lato non bastano a dimostrare che tali variazioni possano incidere significativamente su un’area della rete Natura 2000.
Più in particolare, non risulta che le appellanti – una volta conosciuta la maggiore estensione dello specchio acqueo e la sua diversa localizzazione geografica – abbiano prodotto una relazione tecnica focalizzata sulla specifica incidenza ambientale di tale ampliamento geografico e temporale del progetto.
Non si ignora la relazione tecnica di parte a firma dell’Ing. Todaro versata in atti sub allegato n. 17 del ricorso di primo grado, ma se ne deduce l’irrilevanza atteso che essa – lungi dal soffermarsi sulla specifica incidenza negativa delle modifiche territoriali e temporali apportate in sede di rilascio della concessione demaniale (e, quindi, sulla necessità di una V.Inc.A. suppletiva) – si è invece limitata a contestare in toto l’intero progetto (ivi inclusa, pertanto, la parte di progetto già validata con la V.Inc.A. iniziale).
Ciò che continua a mancare, pertanto, anche dopo l’esame della suddetta relazione tecnica, è la prova dell’effettiva necessità di un parere suppletivo di V.Inc.A. con specifico riguardo all’ampliamento territoriale e temporale sopravvenuto tra il parere iniziale di V.Inc.A. del 13 gennaio 2022 e la concessione demaniale del 2023 (ovverossia in relazione all’effettiva incidenza ambientale di tale ampliamento).
24.7. Per tutto quanto sopra esposto, pertanto, il primo motivo di appello va respinto in quanto infondato.
SUL SECONDO MOTIVO DI APPELLO DEL GIUDIZIO RG 9239/2024
25. Con il secondo motivo di appello, le appellanti ritornano sul secondo motivo del ricorso di primo grado con cui si erano dolute, in particolare, della violazione delle garanzie del giusto procedimento, atteso che l’Amministrazione intimata avrebbe rilasciato la concessione demaniale marittima senza considerare le istanze esposte dalle odierne appellanti.
25.1. A tal riguardo, la sentenza appellata ha rilevato che le osservazioni presentate in fase procedimentale dalle appellanti sono state debitamente “esaminate e valutate nelle riunioni dell’11.10.2022 e del 23.11.2022”.
25.2. Le appellanti obiettano che nel corso del procedimento amministrativo le stesse avevano trasmesso motivate osservazioni/opposizioni (cfr. doc. 7 fasc. I grado) con cui avevano evidenziato:
a) le ripercussioni negative della concessione demaniale per impianto di molluschicoltura sia sulle esigenze di sicurezza della navigazione (in considerazione delle interferenze negative tra detto impianto e l’attività portuale svolta nel Porto turistico degli Argonauti gestito dalle odierne appellanti) sia sull’attività imprenditoriale turistica svolta dalle appellanti nell’ambito dei servizi di balneazione;
b) gli impatti ambientali negativi che sarebbero conseguiti dalla realizzazione dell’impianto di molluschicoltura.
Tali considerazioni venivano condivise e fatte proprie anche dal Comune di Pisticci, che esprimeva parere contrario al rilascio della concessione (doc. 9 fasc. I grado).
Ad avviso delle appellanti, la concessione demaniale impugnata si sarebbe erroneamente limitata a rilevare che le osservazioni del Comune di Pisticci “per contenuto, sono state già valutate nell’iter istruttorio di cui al procedimento amministrativo riguardante l’istanza avanzata dalla Aprimar s.r.l.”, senza dar conto in tesi delle criticità esposte dalle appellanti, nonché dal Comune di Pisticci e dagli altri soggetti intervenuti nel procedimento.
25.3. Le appellanti censurano la sentenza gravata, inoltre, per non aver considerato il difetto di motivazione che in tesi affliggerebbe il provvedimento concessorio impugnato, posto che l’Amministrazione non avrebbe indicato le ragioni a favore della sottrazione del bene demaniale al suo normale uso generale pubblico ex art. 36 Cod. Nav., né la compatibilità del rilascio della concessione con gli altri interessi (pubblici e privati) confliggenti: ciò sull’assunto che l’affermazione provvedimentale secondo cui “la richiesta di rilascio della concessione demaniale marittima avanzata dalla Società “Aprimar s.r.l.” è stata valutata positivamente”, non rappresenterebbe una motivazione sufficiente.
In tal senso, le appellanti evidenziano che il richiamo per relationem alla verbalizzazione delle riunioni del 11 ottobre 2022 e 23 novembre 2022 (riunioni tenutesi nell’ambito del procedimento concessorio instaurato da Aprimar) sarebbe insufficiente, posto che: (i) detto procedimento si è concluso per rinunzia di Aprimar ancor prima di essere esitato positivamente; (ii) detto procedimento è autonomo e distinto rispetto al procedimento sfociato (su istanza della controinteressata) nella concessione ora impugnata; (iii) la suddetta verbalizzazione non sarebbe mai stata portata a conoscenza delle parti osservanti (tra cui le odierne appellanti).
26. Il motivo in esame – ove globalmente valutato, e cioè considerando sia i profili di mancata valutazione dei rilievi partecipativi delle appellanti, sia i profili di difetto di motivazione e istruttoria – è complessivamente fondato.
26.1. Come noto, infatti, i beni del demanio marittimo elencati dall’art. 822 co. I c.c. sono beni pubblici “puri”, in quanto non rivali, né escludibili, essendo accessibili a tutti e suscettibili di godimento congiunto simultaneo da parte di più soggetti, tale che l’uso ad opera di taluno non esclude il pari utilizzo contemporaneo ad opera di altri.
Come rilevato da consolidata giurisprudenza anche di questa Sezione (cfr. per tutte Cons. St., sez. VII, 16 agosto 2023 n. 7768) la complessa valutazione degli interessi pubblici coinvolti dalla decisione di rilasciare (o meno) la concessione di beni demaniali culmina in “un giudizio comparativo di eventuale preminenza dell’interesse pubblico potenzialmente soddisfatto dal peculiare utilizzo del bene che il concessionario si sia impegnato a garantire rispetto all’interesse pubblico attuale a mantenere il libero uso del bene da parte della collettività, al punto da imporre una sintesi tra il primo in funzione propulsivo-innovativa ed il secondo in funzione oppositivo-conservativa, posto che, secondo quanto desumibile dall’art. 36 cod. nav., l’utilizzo esclusivo può essere concesso compatibilmente con le esigenze del pubblico uso”.
Sennonché, il contemperamento tra l’uno e l’altro costituisce una componente determinante ma da sola non sufficiente a contraddistinguere lo scopo giustificativo della concessione, concorrendo anche le finalità individuali perseguite dal concessionario.
In sintesi, quindi, all’atto di rilasciare o meno la concessione demaniale marittima, l’ufficio regionale competente dovrebbe effettuare una comparazione – tipicamente discrezionale e per così dire “sintetica” – tra l’interesse pubblico (oltre che privato) al rilascio della concessione, e gli interessi pubblici e privati antagonisti (questi ultimi diretti a mantenere il libero uso del bene demaniale da parte della collettività).
26.2. Tanto chiarito, nel caso di specie quel che emerge dagli atti è che l’ufficio regionale del demanio marittimo – seppur edotto nel corso del procedimento amministrativo dell’esistenza di plurimi interessi pubblici e privati potenzialmente confliggenti con il rilascio della concessione demaniale marittima (non soltanto l’interesse alla tutela dell’ambiente ma anche l’interesse alla sicurezza della navigazione e le esigenze di salvaguardia delle attività turistico-ricreative svolte in loco dalle appellanti) – ha cionondimeno obliterato in toto la valutazione di alcuni degli interessi antagonisti eccepiti dalle appellanti, limitandosi a soppesare unicamente l’interesse ambientale.
A seguito della pubblicazione dell’avviso di rilascio della concessione demaniale, infatti, le odierne appellanti – lo si ripete – non avevano eccepito soltanto profili di incompatibilità ambientale, ma anche profili di sicurezza della navigazione e di pregiudizio alle attività imprenditoriali turistiche ivi svolte (cfr. osservazioni procedimentali trasmesse all’Amministrazione in data 30 settembre 2022).
Questi ultimi due profili – per quanto emerge dall’istruttoria – non sono stati in alcun modo considerati dall’ufficio regionale in sede di rilascio della concessione demaniale impugnata.
Se si esamina, infatti, la verbalizzazione delle riunioni del 11 ottobre 2022 e 23 novembre 2022 che si sono tenute per valutare le osservazioni proposte dai soggetti interessati a valle del procedimento instaurato da Aprimar, e se si considera anche la motivazione stessa del successivo provvedimento concessorio, ci si avvede facilmente che:
a) l’ufficio regionale si è premurato di chiarire che la concessione viene rilasciata “per le esclusive finalità attinenti all’uso temporaneo” e che, pertanto, non sono stati in alcun modo scrutinati né i profili di sicurezza della navigazione, né i profili di possibile significativo pregiudizio alle attività turistiche (id est servizi di balneazione) ivi svolte;
b) nel verbale della riunione del 23 novembre 2022 l’ufficio regionale dà atto di aver chiesto alla Capitaneria di Porto di Taranto un parere circa l’eventuale contrasto tra l’impianto in questione e le esigenze di sicurezza della navigazione, nonché di aver ricevuto una nota endo-procedimentale con cui detta Capitaneria ha chiarito che una “compiuta valutazione” della sicurezza della navigazione avrebbe potuto essere effettuata soltanto dopo il rilascio del provvedimento di concessione demaniale nell’ambito del successivo procedimento finalizzato al rilascio dell’autorizzazione all’esercizio degli impianti di acquacoltura in mare siti ad una distanza superiore a 1 Km dalla costa (disciplinato dal D.M. del 3 novembre 2017, il cui art. 2 prevede che l’istanza deve essere presentata alla Capitaneria di Porto territorialmente competente e che il provvedimento autorizzatorio viene rilasciato dalla Direzione Generale della Pesca marittima e dell’Acquacoltura del Ministero dell’Agricoltura).
Va da sé che è completamente difettata una qualunque valutazione dell’eventuale contrasto tra l’impianto di molluschicoltura e le esigenze di sicurezza della navigazione, nonché dell’eventuale conflitto tra detto impianto e l’attività turistico-ricettiva ivi svolta.
26.3. La natura obiettivamente assorbente di tale deficit istruttorio e motivazionale non può essere superata invocando la summenzionata nota endo-procedimentale della Capitaneria di Porto di Taranto (secondo la quale in base al D.M. del 3 novembre 2017 del Ministero delle Politiche Agricole la valutazione delle esigenze di sicurezza della navigazione non andrebbe effettuata nel procedimento “a monte” di competenza dell’ufficio regionale demaniale per il rilascio della concessione demaniale sullo specchio acqueo, bensì nel procedimento “a valle” di competenza del Ministero delle Politiche Agricole per l’autorizzazione all’esercizio degli impianti di acquacoltura in mare siti ad una distanza superiore a 1 Km dalla costa).
La suddetta nota endo-procedimentale è illegittima in quanto:
a) innanzitutto il succitato D.M. del 3 novembre 2017 del Ministero delle Politiche Agricole non prevede affatto che la Capitaneria di Porto debba effettuare la valutazione delle esigenze di sicurezza della navigazione esclusivamente nell’ambito del procedimento “a valle” di autorizzazione all’esercizio degli impianti di acquacoltura in mare siti ad una distanza superiore a 1 Km dalla costa, posto che tale decreto si limita soltanto a prevedere che nel suddetto procedimento le istanze sono presentate al Ministero delle Politiche agricole “per il tramite della Capitaneria di Porto competente”;
b) l’ampio spettro degli interessi pubblici che sono connessi all’uso del demanio marittimo (e che, pertanto, in ossequio alla giurisprudenza sopra richiamata, vanno ricompresi in una valutazione globale e sintetica tipicamente espressiva di discrezionalità amministrativa) non può non includere anche le esigenze di sicurezza della navigazione qualora il bene demaniale consista – come nel caso di specie – nello specchio marino;
c) il tentativo della Capitaneria di Porto di Taranto di tenere temporalmente separati il procedimento di rilascio della concessione demaniale e il procedimento di autorizzazione all’esercizio dell’impianto di acquacoltura, risulta smentito per tabulas dal D.M. n. 79 del 14 febbraio 2013 del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, il quale prevede un procedimento unico e contestuale di rilascio di entrambi i titoli (id est concessione demaniale e autorizzazione dell’impianto); in particolare, l’art. 3, co. 3, del suddetto D.M. dispone che la Direzione Generale della pesca marittima e dell’acquacoltura (istituita nell’ambito del Ministero delle Politiche Agricole) “trasmette l’istanza al Capo del Compartimento marittimo, il quale svolge l’istruttoria convocando apposita conferenza di servizi, ai sensi dell’articolo 14, legge n. 241/1990 per l’acquisizione di intese, concerti, nulla osta o autorizzazioni o assensi comunque denominati da parte delle amministrazioni competenti finalizzate al rilascio della concessione demaniale ad uso acquacoltura”, mentre il successivo art. 3, co. 5, dispone che “La Direzione Generale, sulla base della proposta di cui al comma precedente, adotta il provvedimento di concessione demaniale marittima e di autorizzazione all’esercizio dell’attività di acquacoltura, ovvero provvedimento motivato di diniego”.
In breve, quindi, l’atto di rilascio della concessione demaniale marittima deve essere preceduto da una valutazione complessiva di tutti i principali interessi pubblici connessi all’uso del demanio marittimo.
Diversamente opinando, del resto, l’atto di concessione demaniale marittima si esaurirebbe in una valutazione di compatibilità ambientale, ciò che non può essere in quanto, come visto, la concessione ex art. 36 del Codice della Navigazione si pone al “crocevia” di plurimi ed eterogenei interessi sia pubblici che privati, interessi che – ove sollecitati in sede di contraddittorio procedimentale – non possono essere completamente obliterati.
26.4. Ne discende, pertanto, che in riforma della sentenza appellata il secondo motivo del giudizio appello RG 9239/2024 va accolto, con conseguente annullamento della concessione demaniale marittima per difetto di istruttoria e motivazione nei limiti di quanto sopra esposto, impregiudicato restando, quindi, il parere favorevole di V.Inc.A. già rilasciato, nonché salva la riedizione del potere rispetto ai soli profili istruttori risultati carenti (id est sicurezza della navigazione e possibili impatti della concessione sull’attività turistico-ricettiva in loco volta).
SUL TERZO MOTIVO DI APPELLO DEL GIUDIZIO RG 9239/2024
27. Con il terzo motivo di appello, le appellanti ritornano sul terzo motivo del ricorso di primo grado con cui si erano dolute, in particolare, della mancata acquisizione - nel corso dell’istruttoria strumentale al rilascio della concessione demaniale - del parere di competenza della Capitaneria di Porto in relazione ai profili tecnico-nautici attinenti alla sicurezza della navigazione (parere ritenuto in tesi indispensabile per il rilascio della concessione demaniale).
27.1. La sentenza appellata ha respinto tale motivo sulla scorta di una già richiamata nota della Capitaneria di Porto versata in atti, secondo cui “una “compiuta valutazione” della sicurezza della navigazione avrebbe potuto essere effettuata solo dopo il rilascio del provvedimento di concessione demaniale nell’ambito del successivo procedimento, finalizzato al rilascio dell’autorizzazione all’esercizio degli impianti acquacoltura in mare”.
27.2. Le appellanti contestano questo capo di sentenza e rilevano, in senso contrario, che la Capitaneria di Porto sarebbe obbligata a rendere il parere sulla sicurezza della navigazione non già nel corso del procedimento autorizzatorio “a valle” (avente ad oggetto l’esercizio dell’impianto di acquacoltura) bensì nel corso del procedimento concessorio “a monte” (avente ad oggetto l’utilizzo del bene demaniale).
28. Il motivo va accolto per tutte le ragioni già ampiamente illustrate in relazione al secondo motivo di appello, alle quali si rinvia integralmente in ossequio al principio di sinteticità che governa il processo amministrativo (cfr. art. 3 c.p.a.).
SUL QUARTO MOTIVO DI APPELLO DEL GIUDIZIO RG 9239/2024
29. Con il quarto motivo di appello, le appellanti ritornano sul quarto motivo del ricorso di primo grado con cui si erano dolute, in particolare, della violazione del legittimo affidamento ingenerato nelle appellanti da anni titolari di concessioni demaniali per l’esercizio di attività portuali e turistiche.
29.1. A tal proposito, la sentenza appellata richiama i contenuti riportati nel parere favorevole di cui alla nota prot. n. 34666 del 22 dicembre 2021 dell’Ufficio Parchi, Biodiversità e Tutela della Natura, nonché nel parere di screening VINCA n. 4/2022 e nella concessione demaniale, senza però avvedersi – a dire delle appellanti – che in nessuno di tali provvedimenti sarebbe stato condotto un attento bilanciamento degli interessi pubblici e privati coinvolti. Ad ulteriore sostegno di tale motivo, le appellanti evidenziano che:
a) con concessione n. 6866 del 30 marzo 2004, successivamente modificata con atto rep. n. 15910 del 25 novembre 2014, la Regione Basilicata ha concesso alla Nettis Resort l’utilizzo di beni demaniali marittimi “per complessivi mq. 70.880, di cui mq. 29.120 di arenile e mq. 41.760 di specchio acqueo” per l’esercizio dell’attività turistica e da diporto nel Porto degli Argonauti, per la realizzazione di: i) moli interni ed esterni della infrastruttura portuale; ii) un tratto di spiaggia artificiale all’interno dell’avamporto per l’alloggio e il varo di piccole imbarcazioni; iii) avamporto e canale di accesso portuale dell’infrastruttura portuale;
b) le ricorrenti confidavano nel fatto che l’Amministrazione avrebbe considerato le esigenze di salvaguardia del settore turistico-ricettivo, nonché le specifiche modalità di utilizzo (nel corso degli ultimi vent’anni) del litorale in questione, sì da non arrecare alcun pregiudizio agli obiettivi perseguiti dalle appellanti con il conseguimento delle predette concessioni demaniali;
c) l’esercizio di un impianto di molluschicoltura nell’area prospicente il porto turistico privato arrecherebbe un grave pregiudizio all’attività portuale esercitata sul litorale: l’impianto verrebbe, infatti, collocato in uno specchio acqueo incompatibile con gli spazi necessari per le manovre in mare, con pregiudizio alla sicurezza della navigazione. La presenza dell’impianto nell’area concessa determinerebbe, quindi, l’introduzione di un sicuro ostacolo all’interno dell’area marina abitualmente trafficata dagli avventori del porto, con il serio rischio che ciò possa indurre questi ultimi a trasferire altrove la propria imbarcazione. Il posizionamento di un simile impianto, fortemente inquinante, nello specchio acqueo antistante il tratto di litorale destinato alla balneazione e a finalità ricreative (peraltro ad alta vocazione turistica) avrebbe ripercussioni negative non soltanto sull’ecosistema marino, ma anche sull’attività esercitata lungo la costa, trattandosi di un impianto incompatibile con la realtà in cui si inserisce.
29.2. Sempre con il quarto motivo di appello, inoltre, le appellanti ritornano sulla prospettata violazione (oltre che del principio del legittimo affidamento) anche dei principi di proporzionalità e ragionevolezza dell’azione amministrativa, rispetto ai quali nulla sarebbe stato detto dal giudice di prime cure.
Le ricorrenti sostengono, infatti, che la concessione demaniale rilasciata alla controinteressata sarebbe irragionevole e sproporzionata, in quanto non avrebbe adeguatamente considerato la specificità dei luoghi interessati prospicenti un’area di rilevanza naturalistica e ambientale (ed infatti, l’area ricade marginalmente nella ZSC “Costa Ionica Foce Basento” ed è prossima alla zona SIC “Mare della Magna Grecia”) nonché gli impatti ambientali e le modalità di svolgimento dell’attività di molluschicoltura.
30. Anche questo motivo va accolto per le ragioni già esposte in relazione al secondo motivo di appello, alle quali si rinvia integralmente.
Va soggiunto, in proposito, che la concessione demaniale impugnata è stata rilasciata in assenza di qualsiasi valutazione globale e sintetica che includesse (nel suo perimetro valutativo) anche gli asseriti impatti negativi sull’attività turistico-ricettiva svolta in loco dalle odierne appellanti.
Va da sé che anche tale profilo – in uno a quello della sicurezza della navigazione – dovrà essere valutato dall’ufficio regionale competente in sede di riedizione del potere, fermo restando che nessun vincolo conformativo può essere dettato sul contenuto di tale accertamento istruttorio (bensì soltanto sull’an dello stesso) in considerazione del divieto di esercizio di poteri amministrativi ancora non esercitati ex art. 34 co. 2 c.p.a.
SUL QUINTO MOTIVO DI APPELLO DEL GIUDIZIO RG 9239/2024
31. Con il quinto motivo di appello, le appellanti ritornano sul quinto motivo del ricorso di primo grado con cui si erano dolute, in particolare, dell’omessa valutazione degli impatti ambientali negativi della concessione impugnata.
31.2. A tal riguardo, la sentenza rileva che: (i) i filari di molluschi sono stati realizzati con reti biodegradabili, compatibili con l’ambiente marino; (ii) i filari di mitili, caduti per le mareggiate sul fondale, sono stati mangiati e digeriti dai pesci; (iii) le emissioni in atmosfera dei motori delle barche utilizzate per la coltivazione dei molluschi sono state le stesse di quelle delle barche degli utenti del “Porto degli Argonauti”.
31.3. In proposito, le appellanti rilevano che “Natura 2000” è il principale strumento della politica dell’Unione Europea per la conservazione della biodiversità. Si tratta di una rete ecologica diffusa su tutto il territorio dell’Unione istituita ai sensi della Direttiva 92/43/CEE “Habitat” al fine di garantire il mantenimento a lungo termine degli habitat naturali e delle specie di flora e fauna minacciati o rari a livello comunitario. A tal fine, l’art. 6 della Direttiva Habitat prevede che “qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito [ZSC], singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna valutazione dell’incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo”.
La V.Inc.A. prevede un primo livello di verifica (c.d. Livello I di screening) finalizzato a determinare se il piano/progetto è direttamente connesso al sito o necessario alla sua gestione e, in secondo luogo, se è probabile che eserciti incidenze significative sullo stesso.
31.4. Nel caso di specie, le appellanti sostengono che l’Amministrazione – oltre ad estendere erroneamente al nuovo progetto (di cui all’istanza della controinteressata del 2023) l’atto favorevole di V.Inc.A. rilasciato per il progetto iniziale trasmesso da Aprimar nel 2021 – avrebbe anche trascurato che detta V.Inc.A. non attesterebbe: (i) né la stretta connessione tra il progetto in questione e il relativo sito; (ii) né la necessità di tale progetto per la gestione del sito; (iii) né infine l’assenza di incidenze significative sul sito.
In proposito, le appellanti ritengono di poter documentare (attraverso la relazione tecnica dell’ing. Todaro versata in atti) che l’impianto di molluschicoltura può arrecare pregiudizio sia ai siti appartenenti a Rete Natura 2000 sia all’intero litorale (doc. 17 fasc. I grado). In particolare, i prospettati fattori di pericolo sono i seguenti: emissioni in atmosfera; scarichi idrici; risorse idriche; risorse energetiche; rifiuti e sottoprodotti di origine animale; immissione di inquinanti suolo, sottosuolo e acque superficiali; immissione di inquinanti in ambiente marino e costiero; sostanze chimiche pericolose; rumore; materie prime e ausiliarie.
A ciò si accompagna una puntuale contestazione, da parte delle appellanti, di alcuni passaggi contenuti nella relazione tecnica favorevole all’installazione dell’impianto ed allegata all’istanza di concessione demaniale trasmessa dalla controinteressata.
32. Il motivo in esame è in parte inammissibile e in parte infondato.
32.1. Al riguardo non si può non principiare dai consolidati principi che il Consiglio di Stato ha più volte affermato sulla natura del potere e sull’ampia latitudine della discrezionalità tecnica esercitata dall’amministrazione in sede di valutazioni ambientali.
Dalla disamina della giurisprudenza (unionale e nazionale) emerge, infatti, la natura ampiamente discrezionale delle scelte effettuate con il giudizio di compatibilità ambientale, giustificate alla luce dei valori primari ed assoluti coinvolti (cfr., da ultimo, Cons. Stato, sez. IV, 14 marzo 2022, n. 1761; Corte giust. UE, 25 luglio 2008, c-142/07; Corte cost., 7 novembre 2007, n. 367, cui si rinvia a mente del combinato disposto degli artt. 74, co.1, e 88, co. 2, lett. d), c.p.a.).
È stato chiarito che, nel rendere il giudizio di valutazione di impatto ambientale, l’Amministrazione esercita un’amplissima discrezionalità che non si esaurisce in un mero giudizio tecnico, in quanto tale suscettibile di verificazione tout court sulla base di oggettivi criteri di misurazione, ma presenta al contempo profili particolarmente intensi di discrezionalità amministrativa e istituzionale in relazione all’apprezzamento degli interessi pubblici e privati coinvolti; la natura schiettamente discrezionale della decisione finale risente dunque dei suoi presupposti sia sul versante tecnico che amministrativo.
Non si disconosce che a seguito di una decisione storica del Consiglio di Stato (cfr. sez. IV, 9 aprile 1999, n. 601) il sindacato giurisdizionale sugli apprezzamenti tecnici dell’amministrazione può svolgersi attraverso la verifica diretta dell’attendibilità delle operazioni compiute da quest’ultima (sotto il profilo della loro correttezza quanto a criterio tecnico ed a procedimento applicativo) ma cionondimeno è comunque pacifico che il controllo del giudice amministrativo sulle valutazioni discrezionali deve essere svolto nei limiti della rilevabilità ictu oculi dei vizi di legittimità dedotti, essendo diretto ad accertare il ricorrere di seri indici di invalidità e non a sostituire la valutazione tecnica dell’amministrazione (nel qual caso si sconfinerebbe inammissibilmente nel merito dell’attività amministrativa).
Tale sindacato deve poi tenere distinti i profili meramente accertativi da quelli valutativi (a più alto tasso di opinabilità) rimessi all’organo amministrativo, potendosi esercitare più penetranti controlli, anche mediante c.t.u. o verificazione, solo avuto riguardo ai primi (Cons. Stato, sez. V, n. 1640 del 2012; successivamente si vedano sez. IV, n. 7384 del 2021; n. 3597 del 2021; n. 1714 del 2021).
Sicché, il sindacato del giudice amministrativo in materia è pertanto necessariamente limitato alla manifesta illogicità e incongruità, al travisamento dei fatti o a macroscopici difetti di istruttoria o di motivazione (cfr. ex multis Cons. Stato, sez. II, n. 5451 del 2020; sez. II, n. 5379 del 2020; sez. V, n. 1783 del 2013; sez. VI, n. 458 del 2014).
32.2. Facendo applicazione dei suesposti principi alla vicenda de qua, va rilevato che il quinto motivo di appello – fermo restando quanto già osservato in relazione al primo motivo di appello circa la piena identità tra l’oggetto del parere favorevole di V.Inc.A. del 13 gennaio 2022 e l’oggetto della concessione demaniale impugnata –impinge nel merito delle valutazioni ampiamente discrezionali riservate all’autorità ambientale competente.
Più in particolare, il suddetto quinto motivo di appello finisce sostanzialmente per contrapporre al parere favorevole di V.Inc.A. del 13 gennaio 2022 una (completamente diversa) valutazione ambientale, ciò che dovrebbe condurre il Collegio ad esercitare un inammissibile potere sostitutivo.
32.3. Va soggiunto, per completezza, che lo screening di V.Inc.A. di cui all’art. 6 Direttiva 92/43/CEE “Habitat” non presuppone affatto – ai fini del suo esito favorevole – che il relativo progetto sia indispensabilmente connesso o necessario alla gestione del sito (fino al punto che qualsiasi progetto non strettamente necessario alla gestione del sito non potrebbe mai ottenere il parere favorevole di V.Inc.A.).
Tale censura è infondata perché si basa su una lettura non corretta del suddetto art. 6, il cui par. 3 dispone quanto segue: “Qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna valutazione dell'incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. Alla luce delle conclusioni della valutazione dell'incidenza sul sito e fatto salvo il paragrafo 4, le autorità nazionali competenti danno il loro accordo su tale piano o progetto soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l’Integrità del sito in causa e, se del caso, previo parere dell'opinione pubblica”.
Orbene, come correttamente evidenziato in proposito dalle Linee Guida nazionali per la valutazione di incidenza (V.Inc.A.) del Ministero dell’Ambiente (in seguito: Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica) pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana in data 28 dicembre 2019 (cfr. figura n. 2 di pag. 41 di dette Linee Guida) lo screening iniziale consiste nell’accertare se il progetto sia direttamente connesso o necessario alla gestione del sito ai fini della conservazione della natura.
In caso di risposta affermativa a tale domanda, la valutazione positiva di incidenza ambientale dovrà essere automaticamente rilasciata.
In caso di risposta negativa, invece, la valutazione positiva potrà essere resa soltanto se (e nella misura in cui) il progetto non produca incidenze significative sul sito ambientale, oppure abbia incidenze che comunque non pregiudicano l’integrità del sito.
Il che palesa l’infondatezza dell’assunto di parte appellante secondo cui il progetto imprenditoriale della controinteressata avrebbe dovuto essere (ai fini del rilascio del parere favorevole di V.Inc.A.) sempre strettamente necessario o connesso alla gestione del sito marino de quo.
32.4. Per tutto quanto sopra esposto, pertanto, il quinto motivo di appello del giudizio RG 9239/2024 va dichiarato in parte inammissibile e in parte respinto in quanto infondato.
33. In conclusione, quindi, per quel che concerne il giudizio di appello RG 9239/2024, in riforma della sentenza appellata l’appello va accolto soltanto in parte qua, con esclusivo riferimento al secondo, terzo e quarto motivo di appello, con conseguente annullamento della concessione demaniale marittima per difetto di motivazione, nonché per difetto di istruttoria e di contraddittorio procedimentale, salvo il riesercizio del potere limitatamente ai profili istruttori e motivazionali rimasti sinora inevasi, id est quelli della sicurezza della navigazione e delle ricadute del progetto di molluschicoltura sull’attività turistico-ricettiva svolta dalle società appellanti.
Il primo motivo di appello va invece respinto in quanto infondato, mentre il quinto motivo di appello va in parte dichiarato inammissibile e in parte respinto perché infondato.
SUI MOTIVI DI APPELLO PROPOSTI DAL COMUNE DI PISTICCI NEL GIUDIZIO RG 9311/2024
IN PARTICOLARE: SUL PRIMO MOTIVO DI APPELLO DEL GIUDIZIO RG 9311/2024
34. Con il primo motivo di appello, anche il Comune di Pisticci contesta la sentenza di primo grado per aver erroneamente ritenuto identici i due progetti di molluschicoltura rispettivamente dedotti nella prima istanza trasmessa da Aprimar in data 16 febbraio 2021 e nella seconda istanza trasmessa dalla controinteressata in data 27 febbraio 2023.
35. Il motivo è infondato per le stesse ragioni già esposte con riguardo all’appello RG 9239/2024, alle quali si rinvia integralmente.
SUL SECONDO MOTIVO DI APPELLO DEL GIUDIZIO RG 9311/2024
36. Con il secondo motivo di appello, il Comune di Pisticci censura la sentenza appellata per avere erroneamente ritenuto che il progetto in esame fosse soggetto a V.Inc.A. (Valutazione di Incidenza Ambientale) anziché a VIA (Valutazione di Impatto Ambientale).
36.1. A tal proposito, la sentenza appellata ha affermato che:
“- l’art. 6, comma 7, D.Lg.vo n. 152/2006 prevede che la Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) “è effettuata per i progetti di cui agli Allegati II-bis” (tale Allegato si riferisce ai progetti sottoposti alla verifica di assoggettabilità alla VIA di competenza statale) “e IV” (tale Allegato si riferisce ai progetti sottoposti alla verifica di assoggettabilità alla VIA di competenza regionale) “alla Parte Seconda del presente Decreto, relativi ad opere o interventi di nuova realizzazione, che ricadono, anche parzialmente, all’interno di aree naturali protette come definite dalla L. n. 394/1991 ovvero all’interno di siti della rete Natura 2000”;
- tra i 6 progetti sottoposti alla verifica di assoggettabilità alla VIA di competenza regionale del settore economico Agricoltura il predetto Allegato IV alla Parte Seconda del D.Lg.vo n. 152/2006 alla lett. e) contempla gli “impianti di piscicoltura intensiva per una superficie complessiva oltre i 5 ettari”, cioè oltre 50.000 mq.;
- poiché gli impianti di acquacoltura si suddividono in impianti di itticoltura o piscicoltura, impianti di crostaceicoltura ed impianti di molluschicoltura e poiché gli impianti di piscicoltura intensiva sono quelli nei quali le specie ittiche non si alimentano in maniera naturale, deve ritenersi che l’impianto di molluschicoltura di cui è causa, costituito da filari di molluschi con reti biodegradabili, compatibili con l’ambiente marino, e dotati di captatori, che catturano sia le larve di riproduzione, sia l’alimentazione dei mitili, entrambe presenti in mare, non rientra tra gli impianti di piscicoltura intensiva di oltre 50.000 mq. di cui alla predetta lett. e) del settore economico Agricoltura dell’Allegato IV alla Parte Seconda del D.Lg.vo n. 152/2006;
-la stessa cosa vale per il combinato disposto di cui all’art. 4, comma 1, lett. c), e punto 1, lett. g), dell’Allegato B della L.R. n. 47/1998, in quanto il predetto punto 1, lett. g), dell’Allegato B della L.R. n. 47/1998 si riferisce esclusivamente agli impianti di piscicoltura e non anche agli impianti di molluschicoltura”.
36.2. Al riguardo, il Comune appellante rileva che:
a) la stessa relazione tecnica trasmessa da Aprimar in sede di rilascio della V.Inc.A. con riferimento al primo progetto, prevede che la produzione di mitili e pesci avvenga anche all’interno di “gabbie sommergibili per diverse specie quali spigole, orate, saraghi, ricciole con densità di allevamento di 11-15 kg/mc e produzione sino a 75-90 ton/gabbia, ma anche per rombi e sogliole per le quali sono studiate e messe a punto gabbie specifiche” (cfr. relazione tecnica pag. 28);
b) l’impianto in questione si estende per una superficie superiore a 50.000 mq, posto che la concessione è “10 volte superiore a quanto indicato dalla norma” e “nel progetto non è specificato se l’area destinata alla piscicoltura fosse inferiore a quella indicata dalla norma”;
c) ne consegue che “l’attività che il progetto si propone di svolgere rientra nella piscicoltura intensiva, intesa quale attività di allevamento in cui le specie ittiche, allevate in gabbie marine, non si alimentano in maniera naturale, ma vengono alimentate dall’uomo, per una superficie superiore certamente a 50.000 mq”.
36.3. Sulla scorta di tali considerazioni, pertanto, il Comune appellante evidenzia che il progetto in esame avrebbe dovuto essere oggetto di V.Inc.A. (anziché di VIA) con conseguente erroneità del capo di sentenza sul punto.
37. Il motivo è infondato.
37.1. Dalla stessa esposizione del motivo di doglianza si evince, innanzitutto, che il Comune appellante non contesta l’assunto di partenza del capo di sentenza impugnato, e cioè che la Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) è richiesta soltanto in presenza di impianti di piscicoltura intensiva di oltre 50.000 mq. e non anche in presenza di impianti di molluschicoltura.
Ad essere contestato, invece, è un elemento di fatto, in quanto il Comune appellante ritiene che nel caso di specie l’impianto in questione sarebbe – contrariamente a quanto affermato dal primo giudice – un impianto di piscicoltura intensiva di oltre 50.000 mq. e non un impianto di molluschicoltura.
La contestazione non risulta fondata, atteso che – come già visto in relazione al ricorso RG 9239/2024 – l’impianto assentito con parere favorevole di V.Inc.A. e poi reso oggetto della concessione demaniale impugnata è indubitabilmente un impianto di molluschicoltura di specie autoctone nello specchio di mare parzialmente ricadente nel Sito RN2000 Costa Ionica Foce Basento (codice sito IT9220085) per la produzione di molluschi bivalvi (Mitylus galloprovincialis) con sistema di maturazione dei mitili di tipo “long-line” e captatori, nonché con installazione di due gabbie sperimentali vuote per l’allevamento di specie diverse dai mitili.
Nella motivazione del parere favorevole di V.Inc.A. è chiaramente specificato che “l’installazione delle due gabbie sommergibili per l’allevamento dei pesci è solo a carattere sperimentale, finalizzata alla verifica dei parametri ambientali dell’area di ubicazione e non prevede in questa fase alcun tipo di allevamento in aggiunta a quello dei mitili descritto in precedenza; le stesse, pertanto saranno mantenute vuote”.
Va da sé che l’impianto in questione non contempla alcuna forma di allevamento di pesci, sicché esso non è un impianto di piscicoltura, ciò che esclude la prospettata necessità di acquisire la Valutazione di Impatto Ambientale.
37.2. Tanto basta a respingere il secondo motivo di appello del giudizio RG 9311/2024.
SUL TERZO MOTIVO DI APPELLO NEL GIUDIZIO RG 9311/2024
38. Con il terzo motivo di appello, il Comune di Pisticci censura la sentenza appellata per aver ritenuto corretta la scelta della Regione di procedere – anziché alla bocciatura dell’intero progetto sottopostole dalla società istante – alla validazione di una parte di esso.
38.1. A tal proposito, secondo il primo giudice “va disattesa la seconda censura, con la quale è stata sostenuta la tesi che, poiché l’originaria istanza del 2.7.2021 prevedeva numerose attività e la produzione di diverse specie di pesci e di mitili, l’Ufficio regionale Demanio Marittimo avrebbe dovuto respingere la domanda, anziché autorizzare la sola produzione di molluschi bivalvi, sia perché il principio di conservazione ex art. 1367 C.C. si applica anche ai procedimenti amministrativi, sia perché i principi ex art. 1 L. n. 241/1990 di economicità, efficacia ed efficienza del procedimento amministrativo impediscono il riavvio di un procedimento, se l’istanza del soggetto privato può essere accolta parzialmente”.
38.2. Al riguardo, il Comune appellante rileva che il richiamo al principio di conservazione dei contratti ex art. 1367 c.c. sarebbe in tesi erroneo, in quanto non verrebbe in rilevo un rapporto di natura negoziale. Obietta inoltre il Comune che comunque il progetto avrebbe dovuto essere valutato unitariamente (e non arbitrariamente frazionato).
39. Il motivo è infondato.
Il richiamo al principio di conservazione degli atti – in disparte la questione della pertinenza o meno della menzione dell’art. 1367 c.c. – è comunque corretto, atteso che tale principio permea l’intero ordinamento sia civile che amministrativo. Nel campo del diritto amministrativo detto principio trova il suo punto di emersione nel principio di non aggravamento del procedimento (cfr. art. 1, co. 2, legge n. 241 del 1990, secondo il quale “la pubblica amministrazione non può aggravare il procedimento se non per straordinarie e motivate esigenze imposte dallo svolgimento dell’istruttoria”) con l’ulteriore precisazione che il divieto di aggravamento procedimentale costituisce un evidente corollario applicativo del principio costituzionale di buon andamento della pubblica amministrazione ex art. 97 cost.
Né ha rilievo il tentativo di parte appellante di sostenere che nel caso di specie il progetto ittico – così come descritto nella prima istanza di Aprimar del 2021 – non avrebbe potuto essere oggetto di frazionamento e/o ridimensionamento a causa delle caratteristiche intrinseche che lo contraddistinguono.
La contestazione appare generica, non avendo parte appellante dedotto alcun elemento specifico (né allegatorio né probatorio) atto a suffragarla.
Tanto basta, pertanto, a respingere il terzo motivo di appello del giudizio RG 9311/2024.
SUL QUARTO MOTIVO DI APPELLO NEL GIUDIZIO RG 9311/2024
40. Con il quarto motivo di appello, il Comune di Pisticci censura la sentenza appellata per non avere esaminato le doglianze di cui ai punti C, D ed E del ricorso introduttivo sull’assunto – in tesi erroneo – che tali doglianze sarebbero basate sulla diversità oggettiva dei due progetti rispettivamente presentati in data 16 febbraio 2021 e in data 27 febbraio 2023.
40.1. Osserva in senso contrario l’appellante che le doglianze in questione prescindono dalla questione dell’identità (o meno) dei due progetti, ciò che spinge l’appellante a ripresentarle con l’odierno atto di appello.
40.2. In particolare, l’appellante deduce che:
i) la concessione demaniale marittima impugnata è illegittima per mancato previo rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, autorizzazione in tesi necessaria per gli allevamenti ittici e gli impianti di coltura di mitili e molluschi, in quanto questi ultimi fuoriescono dal novero degli interventi silvi-agro-pastorali ex art. 149, lett. b), d.lgs. n. 42 del 2004 e, dunque, abbisognano dell’autorizzazione ogniqualvolta comportino un’alterazione permanente dello stato dei luoghi;
ii) nel corso del procedimento sfociato nel rilascio della concessione demaniale impugnata, il Comune appellato ha presentato le proprie osservazioni e ha espresso, in particolare, un parere negativo in ragione della vicinitas dell’area in questione rispetto a quella già assegnata al Comune per il progetto pilota “Mare Vivo” (finanziato con fondi Feamp 2014-2020 mis. 1.40) avente ad oggetto la protezione e il ripristino della biodiversità e degli ecosistemi marini e dei regimi di compensazione di attività di pesca ecosostenibili in A.T.S. con la cooperativa Nereide ed il WWF di Policoro; tali osservazioni sarebbero state in tesi completamente ignorate dall’Amministrazione regionale competente in fase di rilascio della concessione;
iii) nel procedimento instaurato a seguito della prima istanza dell’Aprimar (all’esito del quale è stato rilasciato l’atto di V.Inc.A.), la Regione avrebbe omesso di coinvolgere il Comune di Bernalda, al quale è stato quindi impedito di far valere il proprio apporto partecipativo;
iv) l’omessa considerazione degli interessi dei Comuni coinvolti (Pisticci e Bernalda) sarebbe vieppiù grave avuto riguardo al riconoscimento della Bandiera Blu e della Bandiera Verde per le aree in questione;
v) la concessione demaniale impugnata è stata rilasciata senza chiedere il parere preventivo dell’Ufficio del genio civile, della Capitaneria di Porto e dell’Agenzia del demanio; in particolare, con specifico riferimento al parere della Capitaneria di Porto, esso sarebbe stato necessario al fine di verificare che la zona in questione non interferisca con le rotte di navigazione e non arrechi ad esse inutili restrizioni.
41. Il motivo è fondato lì dove lamenta che il primo giudice avrebbe dovuto pronunziarsi sulle censure di cui ai punti C, D ed E del ricorso introduttivo, atteso che tali censure non presuppongono la diversità oggettiva dei due progetti.
41.1. Passando ad esaminare, poi, le singole censure, per quel che concerne la prima doglianza incentrata sull’asserita necessità della preventiva autorizzazione paesaggistica, va osservato che la concessione demaniale marittima impugnata nel presente giudizio – lungi dal negare la necessità di un’autorizzazione paesaggistica – si è soltanto limitata a rilevare che non sono stati esaminati i profili paesaggistici (demandando tale esame ad un separato procedimento).
Fermo quanto precede, la censura è inammissibile perché induce il Collegio a pronunziarsi rispetto a poteri ancora non esercitati in violazione dell’art. 34 co. 2 c.p.a.
Ciò non toglie, tuttavia, che in fase di riedizione del potere (a valle dell’annullamento giudiziale della concessione impugnata) nell’espletando procedimento da avviarsi ai sensi del D.M. n. 79 del 14 febbraio 2013 del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali (il quale prevede – come visto – un procedimento unico e contestuale di rilascio di entrambi i titoli, ovverossia la concessione demaniale e l’autorizzazione dell’impianto) i profili paesaggistici dovranno essere necessariamente valutati.
Il già citato art. 3, co. 3, del suddetto D.M. dispone, infatti, che la Direzione Generale della pesca marittima e dell’acquacoltura (nell’ambito del Ministero delle Politiche Agricole) “trasmette l’istanza al Capo del Compartimento marittimo, il quale svolge l’istruttoria convocando apposita conferenza di servizi, ai sensi dell’articolo 14, legge n. 241/1990 per l’acquisizione di intese, concerti, nulla osta o autorizzazioni o assensi comunque denominati da parte delle amministrazioni competenti finalizzate al rilascio della concessione demaniale ad uso acquacoltura”.
41.2. Per quel che riguarda, poi, l’asserita omessa valutazione delle osservazioni procedimentali del Comune appellante, la doglianza è infondata, atteso che la verbalizzazione delle riunioni del 11 ottobre 2022 e 23 novembre 2022 attesta irrefutabilmente la compiuta ed analitica analisi di tali osservazioni.
41.3. Inammissibile, invece, per carenza di legittimazione e interesse, è la doglianza imperniata sull’omesso coinvolgimento procedimentale del Comune di Bernalda, atteso che la parte deducente è il solo Comune di Pisticci, il quale non può dolersi di vizi procedimentali che, ove mai riscontrati, ledono la sfera giuridica di un soggetto diverso da sé (per l’appunto il Comune di Bernalda che non ha appellato la sentenza ora gravata).
41.4. Va accolta, invece, la doglianza imperniata sul mancato coinvolgimento della Capitaneria di Porto e, in particolare, sulla mancata valutazione istruttoria delle esigenze di sicurezza della navigazione, ciò sulla scorta delle stesse considerazioni già ampiamente esposte in relazione all’appello RG 9239/2024 (alle quali si rinvia integralmente in ossequio al principio di sinteticità degli atti processuali).
41.5. Sono infine inammissibili, in quanto generiche e non circostanziate, le censure con cui il Comune appellante si duole dell’omessa acquisizione dei pareri del Genio Civile e dell’Autorità Doganale, non avendo detto Comune allegato l’esistenza delle specifiche condizioni in presenza delle quali tali pareri devono essere acquisiti.
42. In conclusione, quindi, per quel che concerne il giudizio di appello RG 9311/2024, in riforma della sentenza appellata l’appello principale va accolto soltanto in parte qua, con esclusivo riferimento al quarto motivo di appello e nei limiti di quanto sopra esposto, con conseguente annullamento della concessione demaniale marittima per difetto di motivazione e di istruttoria in relazione al profilo della sicurezza della navigazione. Ciò, lasciando impregiudicato il riesercizio del potere limitatamente al profilo sinora non esaminato.
I restanti motivi vanno respinti, in quanto in parte infondati e in parte inammissibili.
SULL’APPELLO INCIDENTALE CONDIZIONATO PROPOSTO NEL GIUDIZIO RG 9311/2024
43. Come anticipato, nel giudizio RG 9311/2024 la società controinteressata ha notificato e depositato anche un atto di appello incidentale condizionato, con cui ha esternato la volontà di appellare (in caso di accoglimento dell’appello principale) la sentenza di primo grado nella parte in cui la stessa ha respinto una specifica eccezione in rito della controinteressata.
Si tratta dell’eccezione di irricevibilità del ricorso di primo grado per omessa tempestiva impugnazione della nota del 7 agosto 2023 con cui l’Ufficio Demanio Marittimo della Regione aveva trasmesso ai Comuni di Pisticci e di Bernalda un nuovo avviso di pubblicazione dell’istanza di concessione demaniale presentata dalla controinteressata in data 27 febbraio 2023.
In base a tale eccezione, la nota in questione avrebbe consentito al Comune di Pisticci di venire al corrente, sin dal 7 agosto 2023, sia del parere favorevole di screening di V.Inc.A. del 13 gennaio 2022, sia della nota dell’Ufficio Compatibilità Ambientale della Regione Basilicata del 19 luglio 2023, con cui era stato attestato che il secondo progetto presentato in data 27 febbraio 2023 non doveva essere oggetto di alcuna nuova Valutazione di Incidenza Ambientale (essendo sufficiente quella eseguita sul primo progetto trasmesso dalla Aprimar in data 16 febbraio 2021). Ne discenderebbe, pertanto, l’irricevibilità del ricorso di primo grado notificato soltanto in data 30 novembre 2023.
43.1. A tal riguardo, la sentenza appellata ha statuito quanto segue: “1) l’omessa impugnazione entro il termine decadenziale del precedente provvedimento di Valutazione di Incidenza Ambientale ex Determinazione n. 4 del 13.1.2022 non risulta ostativa all’impugnazione del successivo provvedimento di concessione demaniale ex Determinazione n. 431 del 22.9.2023; 2) la ricezione da parte dei Comuni di Pisticci e di Bernalda, in data 7.8.2023, del nuovo avviso di pubblicazione dell’istanza di concessione demaniale marittima della controinteressata, essendo un atto endoprocedimentale, non doveva essere impugnato prima della conclusione del relativo procedimento amministrativo”.
43.2. La controinteressata censura tale capo di sentenza con l’appello incidentale condizionato e rileva, in particolare, che “sin dal 7 agosto 2023 gli odierni ricorrenti Comuni non solo conoscevano estremi e contenuti del Decreto di Valutazione di Incidenza Ambientale del 13.01.2022, ma conoscevano la determinazione dell’Amministrazione competente (citata nota prot. n. 159436/23AH dell'Ufficio Compatibilità Ambientale, del 19.07.2023) circa la non necessità di Valutazione di impatto Ambientale per l’impianto di molluschicoltura in questione. Ed allora nei successivi 60 giorni dal 7 agosto 2023, rectius dal 1 settembre 2023 per sospensione feriale dei termini e dunque ENTRO IL 30 OTTOBRE 2023, i Comuni ricorrenti avrebbero dovuto impugnare giudiziariamente detta V.Inc.A. e soprattutto detta determinazione del 19 luglio 2023 di non necessità VIA, aventi entrambe autonoma valenza provvedimentale ed immediata lesività (su cui il Tar potenza illegittimamente tace in sentenza) di cui i Comuni erano ben consapevoli (si consideri che Pisticci aveva già manifestato formalmente ferma contrarietà all’impianto). Invece il ricorso avverso di prime cure è stato notificato solo il 30 novembre 2023 con conseguente irricevibilità/inammissibilità dello stesso, la cui pronuncia si chiede in questa sede, solo nell’inconcessa ipotesi di accoglimento dell’avverso appello principale”.
44. L’appello incidentale è improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse ad agire, atteso che l’originaria doglianza di irricevibilità non aveva ad oggetto, in realtà, l’intero ricorso di primo grado, bensì soltanto quei motivi di impugnazione diretti a caducare il parere di V.Inc.A. e l’atto con cui il parere di V.Inc.A. è stato esteso all’odierna controinteressata (nonché la concessione demaniale nella parte in cui essa faceva proprio il suddetto parere).
Ebbene, l’appello principale del Comune di Pisticci non è stato accolto per vizi propri del parere di V.Inc.A., bensì per vizi propri del provvedimento di concessione demaniale marittima, lì dove quest’ultimo ha omesso di considerare uno specifico interesse pubblico “antagonista” (id est l’interesse alla sicurezza della navigazione).
Va da sé che anche se l’appello incidentale de quo venisse accolto, tale accoglimento non comporterebbe comunque alcuna concreta utilità per la controinteressata, atteso che:
a) la declaratoria di irricevibilità non avrebbe ad oggetto tutti i motivi di impugnazione originariamente proposti dal Comune di Pisticci, bensì soltanto quei motivi che avevano ad oggetto il parere di V.Inc.A., motivi che all’esito dell’odierno giudizio di appello sono stati comunque respinti in quanto infondati;
b) i motivi di impugnazione aventi ad oggetto i vizi propri della concessione demaniale marittima (ivi incluso il difetto di motivazione inerente le esigenze di sicurezza della navigazione) continuerebbero ad essere ricevibili, sicché l’accoglimento dell’appello principale per detti vizi resterebbe impregiudicato.
Ne discende, pertanto, che l’appello incidentale condizionato va dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse ad agire.
45. Pertanto:
a) per quel che concerne l’appello principale proposto nel giudizio RG 9239/2024, in parziale riforma della sentenza appellata, l’appello va accolto soltanto in parte qua, con esclusivo riferimento al secondo, terzo e quarto motivo di appello, con conseguente annullamento della concessione demaniale marittima per difetto di motivazione, nonché per difetto di istruttoria e di contraddittorio procedimentale, salvo il riesercizio del potere limitatamente ai profili istruttori e motivazionali rimasti sinora inevasi, id est quelli della sicurezza della navigazione e delle ricadute del progetto di molluschicoltura sull’attività turistico-ricettiva svolta dalle società appellanti. Il primo motivo di appello va invece respinto in quanto infondato, mentre il quinto motivo di appello va in parte dichiarato inammissibile e in parte respinto perché infondato;
b) per quel che concerne l’appello principale proposto nel giudizio RG 9311/2024, in parziale riforma della sentenza appellata, l’appello va accolto soltanto in parte qua, con esclusivo riferimento al quarto motivo di appello e nei limiti di quanto sopra esposto, con conseguente annullamento della concessione demaniale marittima per difetto di motivazione e di istruttoria in relazione al profilo della sicurezza della navigazione. I restanti motivi vanno respinti in quanto in parte infondati e in parte inammissibili;
c) per quel che riguarda, infine, l’appello incidentale condizionato proposto nel giudizio RG 9311/2024, esso è improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse ad agire.
46. Quanto alle spese del doppio grado di giudizio, avuto riguardo alla soccombenza reciproca e alla complessità dei fatti da accertare, il Collegio ritiene che sussistano giustificati motivi per disporne la compensazione.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Settima), definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti e successivamente riuniti, così dispone:
a) per quel che concerne l’appello principale proposto nel giudizio RG 9239/2024, lo accoglie in parte qua e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, annulla gli atti impugnati nei limiti di cui in parte motiva;
b) per quel che concerne l’appello principale proposto nel giudizio RG 9311/2024, lo accoglie in parte qua e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, annulla gli atti impugnati nei limiti di cui in parte motiva;
c) per quel che concerne l’appello incidentale condizionato proposto nel giudizio RG 9311/2024, lo dichiara improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse ad agire.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 marzo 2025 con l’intervento dei magistrati:
Claudio Contessa, Presidente
Fabio Franconiero, Consigliere
Massimiliano Noccelli, Consigliere
Daniela Di Carlo, Consigliere
Michele Tecchia, Consigliere, Estensore