Lexambiente - Rivista Trimestrale di Diritto Penale dell'Ambiente
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TAR Lombardia (MI) Sez. IV n. 518 del 27 febbraio 2024
Urbanistica. Silenzio assenso e conformità intervento alla normativa urbanistica
La conformità dell’intervento alla normativa urbanistica non costituisce condizione necessaria ai fini della formazione del silenzio-assenso. La conformità dell’intervento alla normativa urbanistico edilizia costituisce requisito di validità del titolo tacito formatosi con il silenzio-assenso e non requisito di perfezionamento della fattispecie: il titolo edilizio si forma quindi per il solo decorso del tempo salva la possibilità per l’amministrazione, qualora accerti che l’intervento non sia conforme, di intervenire esercitando il potere di autotutela. Si precisa che, diversamente opinando, la norma che prevede la formazione del silenzio-assenso sarebbe di scarsa utilità per colui che, dopo aver proposto la domanda di rilascio del permesso di costruire, non riceva alcuna risposta dall’amministrazione posto che quest’ultima potrebbe sempre intervenire senza oneri e vincoli procedimentali, disconoscendo in qualunque tempo gli effetti della domanda stessa. A supporto di questa conclusione va anche richiamato l’art. 2, comma 8-bis, della legge n. 241 del 1990 (introdotto dal decreto-legge n. 76 del 2020, convertito dalla legge n. 120 del 2020), nella parte in cui afferma che “Le determinazioni relative […] agli atti di assenso comunque denominati, adottate dopo la scadenza dei termini di cui agli articoli […] 20, comma 1, [...] sono inefficaci, fermo restando quanto previsto dall'articolo 21-nonies, ove ne ricorrano i presupposti e le condizioni”. Questa norma, precisando che l’amministrazione può intervenire in autotutela per annullare il titolo tacito illegittimo, ammette infatti che il silenzio-assenso possa formarsi anche quando la domanda non sia conforme alla vigente normativa (mentre la soluzione opposta, che esclude che sulla domanda riguardante un intervento non conforme possa formarsi il silenzio-assenso, sottrae questa fattispecie alla disciplina della annullabilità).
TAR Lombardia (MI) Sez. IV n. 510 del 26 febbraio 2024
Urbanistica.Fascia di rispetto acque pubbliche e sanatoria
L’art. 96 comma 1 lettera f) del R.D. n. 523/1904 stabilisce che sono “vietati in modo assoluto sulle acque pubbliche, loro alvei, sponde e difese i seguenti:…f) le piantagioni di alberi e siepi, le fabbriche, gli scavi e lo smovimento del terreno a distanza dal piede degli argini e loro accessori come sopra, minore di quella stabilita dalle discipline vigenti nelle diverse località, ed in mancanza di tali discipline, a distanza minore di metri quattro per le piantagioni e smovimento di terreno e di metri dieci per le fabbriche e per gli scavi”. La norma include, sotto la dizione onnicomprensiva “fabbriche e scavi” gli interventi edilizi che comportino alterazioni o modificazioni dello stato dei luoghi della fascia di rispetto. Il divieto di costruzione di opere dagli argini dei corsi d’acqua ha carattere legale, assoluto ed inderogabile, essendo finalizzato “ad assicurare non solo la possibilità di sfruttamento delle acque demaniali, ma anche il libero deflusso delle stesse, garantendo le operazioni di ripulitura e manutenzione ed impedendo le esondazioni delle acque. Il divieto si applica anche ai casi in cui il corpo idrico sia stato coperto, poiché tale circostanza non fa venir meno le ragioni di tutela che presiedono al vincolo di inedificabilità assoluta operante nella fascia di rispetto di legge, atteso che, a parte il caso che possano o meno essere riportati in qualsiasi momento allo stato precedente, anche per tali corsi d’acqua occorre consentire uno spazio di manovra, nel caso di necessarie attività di manutenzione e ripulitura delle condutture. Da tali presupposti discendono conseguenze rilevanti anche sul piano della sanabilità delle opere e delle modalità per pervenire alla loro regolarizzazione, poiché l’amministrazione non può perfezionare la pratica di sanatoria se non ha consapevolezza dello lo stato legittimo del fabbricato – cioè se e in che termini sia stata originariamente autorizzata l’edificazione in fascia di rispetto – e, soprattutto, se non è stata acquisita l’autorizzazione dell’ente competente alla tutela del vincolo idraulico.
Cass. Sez. III n. 10247 del 12 marzo 2024 (CC 29 feb 2024)
Pres. Ramacci Rel. Reynaud Ric. Servitur
Ambiente in genere.Occupazione suolo demaniale
Per accertare la sussistenza del reato cui all’art. 1161 cod. nav., quando l’imputato invochi la liceità dell’occupazione di suolo demaniale in forza di provvedimenti concessori ottenuti, il giudice penale ben può affermare l’arbitrarietà della condotta ritenendo l’illegittimità dei provvedimenti amministrativi, essendo a ciò impedito soltanto quando la legittimità dell’atto sia stata affermata da una sentenza irrevocabile del giudice amministrativo. Tale preclusione non si estende ai profili di illegittimità, fatti valere in sede penale, che non siano stati dedotti ed effettivamente decisi in quella amministrativa. Quest’operazione, peraltro, non comporta la disapplicazione dell’atto illegittimo nel senso di cui all’art. 5 l. 20 marzo 1865, n. 2248, All. E (legge abolitrice del contenzioso amministrativo, di seguito, l.a.c.a.).
TAR Basilicata Sez. I n. 87 del 19 febbraio 2024
Rifiuti.Misure di prevenzione ed inquinamento storico
Le “misure di prevenzione” possono essere imposte anche nei confronti del gestore incolpevole dell’area contaminata, come si evince dall’art. 245, co. 2, del D.lgs. n. 152/2006 (“Fatti salvi gli obblighi del responsabile della potenziale contaminazione di cui all'articolo 242, il proprietario o il gestore dell'area che rilevi il superamento o il pericolo concreto e attuale del superamento della concentrazione soglia di contaminazione (CSC) deve darne comunicazione alla regione, alla provincia ed al comune territorialmente competenti e attuare le misure di prevenzione secondo la procedura di cui all'articolo 242”). Esse costituiscono, ai sensi dell’art. 240, co. 1, lett. i), del D.lgs. n. 152/2006, “le iniziative per contrastare un evento, un atto o un'omissione che ha creato una minaccia imminente per la salute o per l'ambiente, intesa come rischio sufficientemente probabile che si verifichi un danno sotto il profilo sanitario o ambientale in un futuro prossimo, al fine di impedire o minimizzare il realizzarsi di tale minaccia”. La descritta qualificazione non si colloca affatto in un contesto emergenziale e, dunque, non si appalesa incompatibile con una situazione di inquinamento “storico”, richiedendo più propriamente l’esistenza di un nesso di correlazione temporale e funzionale tra il fenomeno inquinante e le relative iniziative di contenimento
Cass. Sez. III n. 10242 del 12 marzo 2024 (CC 15 feb 2024)
Pres. Ramacci Rel. Reynaud Ric. Comune Vituliano
Protezione civile.Interventi di somma urgenza
La speciale procedura della somma urgenza non prevede, neppure con riguardo al caso – disciplinato nel successivo comma sesto – in cui lo stato di urgenza sia conseguente ad una calamità naturale, che i lavori interessino i beni colpiti dall’evento calamitoso. Ciò che l’art. 163, commi 1 e 6, cod. app. abr. richiede è che si tratti di interventi volti alla eliminazione di situazioni dannose o pericolose per la pubblica o privata incolumità, eventualmente derivanti da evento calamitoso, che legittimano di procedere con la semplificata procedura imposta dalla somma urgenza.
Consiglio di Stato Sez. III n.1747 del 22 febbraio 2024
Beni ambientali.Aree protette e nulla osta Ente Parco per silenzio-assenso
L’art. 13 l. 394/1991 sancisce che il “nulla osta verifica la conformità tra le disposizioni del piano e del regolamento e l'intervento ed è reso entro sessanta giorni dalla richiesta. Decorso inutilmente tale termine il nulla osta si intende rilasciato”, subordinando logicamente la formazione del silenzio assenso alla previa approvazione degli atti generali e pianificatori a cui è demandata la cura dei valori e degli interessi ambientali sottesi all’istituzione del parco. A differenza di una valutazione di compatibilità, la verifica di conformità - che solo accerta la conformità degli interventi concretamente prospettati alle figure astrattamente consentite - non comporta un giudizio tecnico-discrezionale autonomo e distinto da quello già dettagliatamente fatto e reso noto, seppure in via generale, mediante gli strumenti del Piano per il parco e del Regolamento del parco. Questi strumenti definiscono ex ante le inaccettabilità o limiti di accettabilità delle trasformazioni e costituiscono il presupposto indefettibile per l’operatività dello stesso silenzio-assenso previsto dall’art. 13. In questa cornice, il nulla osta dell’art. 13 ha per legge la stretta funzione di verifica della corrispondenza, con la prefigurata cura del patrimonio naturale, dell’intervento immaginato in concreto. Il silenzio assenso nella materia de qua si giustifica, infatti, per la natura dell’accertamento che ente parco è chiamato a compiere che è di mera conformità senza residui margini di apprezzamento.
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