Lexambiente - Rivista Trimestrale di Diritto Penale dell'Ambiente
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Cass. Sez. III n. 10247 del 12 marzo 2024 (CC 29 feb 2024)
Pres. Ramacci Rel. Reynaud Ric. Servitur
Ambiente in genere.Occupazione suolo demaniale
Per accertare la sussistenza del reato cui all’art. 1161 cod. nav., quando l’imputato invochi la liceità dell’occupazione di suolo demaniale in forza di provvedimenti concessori ottenuti, il giudice penale ben può affermare l’arbitrarietà della condotta ritenendo l’illegittimità dei provvedimenti amministrativi, essendo a ciò impedito soltanto quando la legittimità dell’atto sia stata affermata da una sentenza irrevocabile del giudice amministrativo. Tale preclusione non si estende ai profili di illegittimità, fatti valere in sede penale, che non siano stati dedotti ed effettivamente decisi in quella amministrativa. Quest’operazione, peraltro, non comporta la disapplicazione dell’atto illegittimo nel senso di cui all’art. 5 l. 20 marzo 1865, n. 2248, All. E (legge abolitrice del contenzioso amministrativo, di seguito, l.a.c.a.).
TAR Basilicata Sez. I n. 87 del 19 febbraio 2024
Rifiuti.Misure di prevenzione ed inquinamento storico
Le “misure di prevenzione” possono essere imposte anche nei confronti del gestore incolpevole dell’area contaminata, come si evince dall’art. 245, co. 2, del D.lgs. n. 152/2006 (“Fatti salvi gli obblighi del responsabile della potenziale contaminazione di cui all'articolo 242, il proprietario o il gestore dell'area che rilevi il superamento o il pericolo concreto e attuale del superamento della concentrazione soglia di contaminazione (CSC) deve darne comunicazione alla regione, alla provincia ed al comune territorialmente competenti e attuare le misure di prevenzione secondo la procedura di cui all'articolo 242”). Esse costituiscono, ai sensi dell’art. 240, co. 1, lett. i), del D.lgs. n. 152/2006, “le iniziative per contrastare un evento, un atto o un'omissione che ha creato una minaccia imminente per la salute o per l'ambiente, intesa come rischio sufficientemente probabile che si verifichi un danno sotto il profilo sanitario o ambientale in un futuro prossimo, al fine di impedire o minimizzare il realizzarsi di tale minaccia”. La descritta qualificazione non si colloca affatto in un contesto emergenziale e, dunque, non si appalesa incompatibile con una situazione di inquinamento “storico”, richiedendo più propriamente l’esistenza di un nesso di correlazione temporale e funzionale tra il fenomeno inquinante e le relative iniziative di contenimento
Cass. Sez. III n. 10242 del 12 marzo 2024 (CC 15 feb 2024)
Pres. Ramacci Rel. Reynaud Ric. Comune Vituliano
Protezione civile.Interventi di somma urgenza
La speciale procedura della somma urgenza non prevede, neppure con riguardo al caso – disciplinato nel successivo comma sesto – in cui lo stato di urgenza sia conseguente ad una calamità naturale, che i lavori interessino i beni colpiti dall’evento calamitoso. Ciò che l’art. 163, commi 1 e 6, cod. app. abr. richiede è che si tratti di interventi volti alla eliminazione di situazioni dannose o pericolose per la pubblica o privata incolumità, eventualmente derivanti da evento calamitoso, che legittimano di procedere con la semplificata procedura imposta dalla somma urgenza.
Consiglio di Stato Sez. III n.1747 del 22 febbraio 2024
Beni ambientali.Aree protette e nulla osta Ente Parco per silenzio-assenso
L’art. 13 l. 394/1991 sancisce che il “nulla osta verifica la conformità tra le disposizioni del piano e del regolamento e l'intervento ed è reso entro sessanta giorni dalla richiesta. Decorso inutilmente tale termine il nulla osta si intende rilasciato”, subordinando logicamente la formazione del silenzio assenso alla previa approvazione degli atti generali e pianificatori a cui è demandata la cura dei valori e degli interessi ambientali sottesi all’istituzione del parco. A differenza di una valutazione di compatibilità, la verifica di conformità - che solo accerta la conformità degli interventi concretamente prospettati alle figure astrattamente consentite - non comporta un giudizio tecnico-discrezionale autonomo e distinto da quello già dettagliatamente fatto e reso noto, seppure in via generale, mediante gli strumenti del Piano per il parco e del Regolamento del parco. Questi strumenti definiscono ex ante le inaccettabilità o limiti di accettabilità delle trasformazioni e costituiscono il presupposto indefettibile per l’operatività dello stesso silenzio-assenso previsto dall’art. 13. In questa cornice, il nulla osta dell’art. 13 ha per legge la stretta funzione di verifica della corrispondenza, con la prefigurata cura del patrimonio naturale, dell’intervento immaginato in concreto. Il silenzio assenso nella materia de qua si giustifica, infatti, per la natura dell’accertamento che ente parco è chiamato a compiere che è di mera conformità senza residui margini di apprezzamento.
Cass. Sez. III n. 10236 del 12 marzo 2024 (UP 15 feb 2024)
Pres. Ramacci Rel. Reynaud Ric. Consiglieri
Rifiuti.Violazione delle prescrizioni impartite nell’AIA.
Secondo la definizione contenuta nell’art. 183, lett. n), d.lgs. 152/2006, per “gestione dei rifiuti” s’intende, per quanto qui interessa, anche «lo smaltimento dei rifiuti, compresi la supervisione di tali operazioni e gli interventi successivi alla chiusura dei siti di smaltimento». In forza della vigente legislazione è evidente come le operazioni di estrazione, captazione, recupero energetico o termodistruzione del biogas prodotto dai rifiuti conferiti in discarica – comprese le relative operazioni di controllo e di manutenzione degli impianti a tal fine predisposti – siano rilevanti, qualificanti e funzionali rispetto alla corretta gestione ed allo smaltimento dei rifiuti medesimi, senza che al proposito rilevi la possibilità di qualificare o meno il biogas come rifiuto. La violazione delle prescrizioni al proposito impartite nell’A.I.A., in conformità a quelle specifiche disposizioni di legge che ne attestano la significatività rispetto alla gestione dei rifiuti, integra dunque la fattispecie penale contestata all’imputato e non ricade tra quelle riconducibili al residuale illecito amministrativo previsto dall’art. 29 quattuordecies, comma 2, d.lgs. 152 del 2006.
Consiglio di Stato Sez. II n. 1767 del 22 febbraio 2024
Urbanistica.Acquisizione al patrimonio del comune per omessa demolizione e demolizione tardiva.
Il termine di novanta giorni entro il quale deve essere ottemperata ai sensi dell’art. 31, comma 3, d.p.r. n. 380/2001 l’ingiunzione di demolizione, deve considerarsi un termine perentorio. L’effetto traslativo della proprietà avviene ipso iure e costituisce l’effetto automatico della mancata ottemperanza all’ingiunzione a demolire. In coerenza con tale assunto, il provvedimento di acquisizione presenta una natura meramente dichiarativa, non implicando alcuna valutazione discrezionale dell’ente. L’atto di acquisizione del bene al patrimonio comunale, emesso ai sensi dell’art. 31, comma 3, del d.P.R. n. 380 del 2001, ha natura dichiarativa e comporta – in base alle regole dell’obbligo propter rem - l’acquisto ipso iure del bene identificato nell’ordinanza di demolizione alla scadenza del termine di 90 giorni fissato con l’ordinanza di demolizione. Qualora per la prima volta sia con esso identificata l’area ulteriore acquisita, in aggiunta al manufatto abusivo, l’ordinanza ha natura parzialmente costitutiva in relazione solo a quest’ultima (comportando una fattispecie a formazione progressiva). È, pertanto, irrilevante l’eventuale adempimento tardivo al fine di evitare il trasferimento della proprietà a favore del Comune e qualora l’ordinanza di demolizione sia eseguita tardivamente, l’Amministrazione deve emanare il provvedimento dichiarativo di acquisizione (di un bene ormai suo), anche se risulti che l’ordinanza sia stata eseguita dopo la scadenza del termine di novanta giorni. Resta comunque illecita la demolizione posta in essere dal privato successivamente a tale passaggio di proprietà. Il Comune potrebbe, infatti, decidere di non demolire l’opera nei casi di cui all’art. 31, comma 5, d.p.r. n. 380/2001.
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